Mentre la Cina, che rimane uno dei paesi che più inquinano al mondo, sta spingendo su eolico, solare e sulla mobilità elettrica per una vera transizione energetica, la nuova Europa sta passando dal green deal al war deal.
Si fa campagna elettorale contro le rinnovabili, si predispongono piani per un ritorno al nucleare (pagato coi contributi pubblici) e nell’America di Trump aumenteranno le estrazioni di petrolio (drill, baby drill!). Una conversione ad u delle politiche energetiche poco lungimirante e non sostenibile per il nostro pianeta.
Nell’anteprima
della puntata, Aspettando Presadiretta, si parlerà del disordine
mondiale sul “cambiamento radicale” nelle relazioni nel mondo
intero da quando Trump è diventato presidente degli Stati Uniti,
prendendo sin da subito tante decisioni.
Cosa comporteranno per
l’Europa le sanzioni, un reportage sui tagli ad Usaid, l’agenzia
internazionale statunitense che aiutava il mondo intero, si parlerà
delle mire di Trump in Groenlandia e poi si racconterà di cosa
significa veramente lo slogan “drill, baby drill” ovvero
l’aumento delle perforazioni di gas e petrolio.
Metteremo dazi e tasse ai paesi stranieri per arricchire i nostri cittadini – ha detto il neo presidente Trump nel discorso di insediamento il 20 gennaio scorso: è il suo guanto si sfida lanciato al commercio mondiale per una battaglia senza confini a colpi di dazi. Una battaglia che prima o poi colpirà le famiglie americane – ha risposto subito l’ex presidente Trudeau, mentre la Cina ha risposto con suoi dazi al 15% sui prodotti americani.
“L’Unione
europea è stata creata per fottere gli stati uniti” questo ha
avuto il coraggio di dire Trump: dazi da una parte e dazi in risposta
dall’altra, anche dai paesi europei, divisi tra di loro.
Sono
bastati pochi mesi di questa amministrazione per sconvolgere le
relazioni commerciali tra i paesi per come eravamo abituati a
conoscerle.
Dazi
annunciati poi sospesi, a che gioco sta giocando Trump?
È una
strategia voluta per creare un terreno di trattativa in cui gli Stati
Uniti partono in posizione avvantaggiata, di forza, quasi da bulli –
risponde Sissi Bellomo giornalista de Il sole 24 ore.
Una uscita
da bullo anche quella contro la Groenlandia: vi porteremo a livelli
di ricchezza come non ne avete mai avuti prima, a patto che scegliate
liberamente di diventare uno degli stati americani.
Ma noi non
siamo una merce, siamo un popolo, una democrazia – risponde Naaja
Nathanielsen ex ministra dell’economia della Groenlandia, “abbiamo
il nostro parlamento, il nostro sistema giudiziario e ci aspettiamo
che i nostri alleati lo rispettino. Quello che non vogliamo è essere
annessi, comprati o scambiati.”
Nathanielsen ha avuto la
delega anche alle industrie minerarie il vero tesoro dell’isola: se
gli Stati Uniti vogliono più concessioni minerarie: “La
Groenlandia è già aperta agli investimenti americani eppure ad
oggi solo una licenza mineraria è in mano ad una compagnia
statunitense, contro le 23 canadesi e 23 britanniche. Trump vuole
qualcosa che è già disponibile, basta investire.”
In realtà
Trump vuole dividere l’Europa – continua l’ex ministro degli
esteri Likketoft “basta vedere come Musk stia sostenendo partiti
antieruopei in Gran Bretagna e in Germania. Trump ha iniziato con la
Groenlandia, col canale di Panama, col Messico, col Canada, cercando
di portarli sotto il suo controllo, vujole portare il mondo sotto la
dottrina Monroe, il mondo diviso in sfere di influenza tra le grandi
potenze. Questo ci porta davanti ad un’altra domanda: significa che
Trump riconoscerà a Putin il diritto di prendersi l’Ucraina? La
vera prova sarà l’Ucraina. Gli stati uniti cercheranno di
influenza il referendum in Groenlandia, come le interferenze dei
russi in Moldavia e negli stati vicini.”
Rinnovabili
indietro tutta
Su Raiplay
potete trovare una anteprima del servizio sulla rivoluzione verde in
Cina: qui le infrastrutture sia per i mezzi pubblici, per i taxi che
per le auto private, sono di fabbricazione cinese, sopra le pensiline
per le ricariche delle auto elettriche sono presenti pannelli solari,
collegati a grandi batterie di accumulo per avere energia pulita per
le ricariche.
Qui
un kw/ora di ricarica costa 20 centesimi, come prezzo orario più
alto perché da mezzanotte fino alle otto del mattino si paga la
metà, dieci centesimi di euro, sei volte di meno di quanto costa da
noi in Italia. È anche questo uno dei motivi per cui in Cina i
consumatori hanno scelto e premiato le auto elettriche: a Shenzhen
più del 50% delle auto private in circolazione è elettrico, tutte
auto con le targhe verdi, per la gioia delle case automobilistiche
cinesi.
Queste aziende infatti hanno visto crescere la vendita
delle auto elettriche, sia full che hybrid, al punto che oggi il 45%
delle auto in circolazione sono elettriche. Nella zona del porto
commerciale di Shenzhen c’è il quartier generale di un colosso
della produzione di auto elettriche, BYD, un marchio conosciuto in
tutto il mondo: questa azienda ha cominciato nella progettazione e
produzione di batterie dove è diventata leader, poi dal 2004 attorno
alle batterie ci ha costruito le macchine. In venti anni il gruppo è
passato da 20 a 900 mila dipendenti con trenta stabilimenti e filiali
in tutto il mondo. Oggi Byd produce veicoli commerciali, autobus,
macchine da lavoro, treni e decine di modelli di auto, di ogni
dimensione e per tutti i portafogli, dalle utilitarie alle auto
sportive.
Il
2024 è stato un anno record per il gruppo, Byd ha venduto 4,3 ml di
veicoli con un incremento delle vendite del +41,26%, numeri
incredibili rispetto al basso mercato europeo e italiano. Come hanno
fatto?
Iacona ha incontrato Stella Li, vicepresidente esecutivo
del gruppo, secondo Forbes una delle donne più importanti del
settore, tanto da essere stata nominata
nel 2025 World car person, persona dell’anno nel settore
automotive, un prestigioso riconoscimento internazionale per la prima
volta dato ad una donna.
Come hanno fatto dunque? “La
tecnologia è la risposta” spiega Stella Li, “ecco perché stiamo
andando così bene, il 10% dei nostri dipendenti sono ingegneri, sono
110 mila e lavorano in 11 diversi istituti di ricerca e sviluppo.
Produciamo circa 32 brevetti al giorno e portiamo continue
innovazioni tecnologiche sulle macchine.”
Quanti investono in
ricerca e sviluppo?
“L’anno scorso più di 5 miliardi di
dollari in un solo anno, attualmente la spesa in ricerca e sviluppo
rappresenta il 7% del fatturato totale. È una cifra enorme e
crediamo che il futuro della mobilità sia ancora elettrico.”
Quanto
è stata importante la scelta del governo cinese di spingere verso la
transizione energetica?
“Si, è stato importante, ogni nazione dovrebbe fissare obiettivi sostenibili, se guardi alla Cina, venti anni fa hanno detto nel futuro incoraggeremo tutta l’industria a spingere verso veicoli a nuova energia. Questa politica non è mai cambiata in venti anni, non hanno mai cambiato direzione, hanno fissato un obiettivo e l’hanno mantenuto. Come azienda privata abbiamo bisogno di certezze per il futuro. Questa incertezza è un problema per l’Europa ma anche per altri paesi: le aziende automobilistiche in Europa sono spaventate perché non sanno se esiste una direzione chiara o no, in Cina invece il governo ha investito molto nell’infrastruttura, nella ricarica e nelle energie rinnovabili per portare elettricità a costi bassi nelle città. E’ questo cambiamento che abbiamo visto in Cina che ha reso il nostro paese un leader globale nelle auto elettriche. ”
Stellantis
investe in ricerca e sviluppo una quota molto inferiore rispetto al
fatturato (2,9% una delle quote più basse del settor) e anche
questo marca le differenze.
Eppure l’Italia avrebbe
enormi potenzialità nel settore delle energie pulite: nel servizio
di parlerà del parco eolico di San Severo in Puglia, 12 generatori
ognuno dei quali ha una potenza di 4,5 MegaWatt. “Con il parco
eolico in funzione siamo in grado di fornire energia a 55 mila
famiglie ogni anno” racconta ai giornalisti Fabrizio Pucacco
project manager di RWE. Questa infrastruttura è stata costruita su
terreni privati col loro supporto, su terreni dove si continua a fare
agricoltura (smentendo una fake news per cui la transizione
energetica ruba spazio all’agricoltura), “le rinnovabili possono
coesistere in un ambiente dove l’agricoltura è un fattore
fondamentale”.
I cittadini hanno potuto partecipare a questo
progetto con 200mila euro con un investimento libero di minimo di 250
euro fino ad un massimo di 5000 euro. Per tutti loro c’è un
rendimento garantito dell’ 8% l’anno, che diventa del 9% se sei
locale.
“Rendere i benefici economici di questi impianti più
democratici è stato sicuramente uno degli elementi che mi ha spinto
ad investire” racconta a Presadiretta uno di questi investitori: “è
un orgoglio, sento l’appartenenza al progetto, alla
tecnologia”.
Cosa ne pensano queste persone che, alla
transizione ecologica, hanno creduto tanto da metterci dei loro
soldi, dell’ostilità che c’è verso queste tecnologie?
“Io
credo che sia ingeneroso è probabile che ci siano dei casi isolati
di speculazione ma nel complesso le evidenze scientifiche dicono che
è una tecnologia pulita e necessaria in questo momento..”
Ci
sono luoghi dove una pala è certamente impattante, ma ci sono anche
zone come San Severo dove non è certamente una pala eolica quella
che impatta sul paesaggio tanto da scegliere una fonte fossile – è
l’opinione di un altro di questi cittadini investitori.
Ma il clima politico attorno alla transizione energetica è cambiato anche a seguito dell’elezione di Trump: nonostante gli stati petroliferi come la California e il Texas siano ai primi posti al mondo per nuove installazioni di rinnovabili e accumuli, negli Stati Uniti oggi la retromarcia è totale, al grido di “drill, baby, drill”: sempre più perforazioni con evidenti mire alla Groenlandia e al Golfo del Messico. Ritorna la retorica trumpiana del green deal come enorme bufala.
In Europa l’attacco frontale alle rinnovabili arriva dalle destre: nella sua campagna elettorale AFD ha attaccato la legge che destina il 2% della superficie della Germania alle energie rinnovabili, accusata di voler distruggere le foreste.
Grazie alle battaglie contro le politiche verdi, oltre ai temi tradizionali come migranti e sicurezza, l’estrema destra ha raccolto consensi fino ad arrivare il secondo partito in Germania e il primo in stati federali come la Turingia.
“Penso
che le politiche verdi ci stiano rovinando, i verdi sono il partito
dei divieti, sono una setta ideologica” dicono i dirigenti del
partito: queste posizioni hanno però spinto i grandi partiti come la
CDU a tornare sulle proprie posizioni. La CDU è il partito di Angela
Merkel che aveva chiuso le centrali nucleari in favore delle
rinnovabili: oggi il nuovo leader Merz dice che non si sarebbero mai
dovute chiudere le centrali, “è stata una follia, sta danneggiando
la nostra industria.. ”
Le stesse parole della leader di AFD
che nella campagna elettorale spiega chiaro che metterà fine alla
transizione energetica per uscire dalle politiche climatiche europee,
“quando saremo al potere abbatteremo tutte le pale eoliche, mai più
questi mulini a vento..”
La scheda del servizio:
Le nuove politiche di Trump e la transizione energetica saranno al centro della puntata dal titolo “Rinnovabili indietro tutta” del programma “PresaDiretta” in onda domenica 23 marzo alle 20.30 su Rai 3. Nell’anteprima “Aspettando PresaDiretta” ci sarà un approfondimento sull’economia mondiale di fronte alle decisioni di Donald Trump: l’analisi con economisti ed esperti , delle misure che, secondo le stime, potrebbero avere per l’Europa un impatto tra i 40 e i 50 miliardi di euro, per riflettere sulle conseguenze per l’Europa e per l’Italia. Nel reportage dalla Danimarca, l'analisi delle mire di Trump sulla Groenlandia. E un’inchiesta sul taglio dei fondi per USAID l’agenzia federale che da decenni fornisce aiuti umanitari e assistenza per lo sviluppo in decine di paesi in tutto il mondo, con quali conseguenze?
A seguire, nella puntata di “PresaDiretta”, un reportage esclusivo di Riccardo Iacona in Cina, la nazione che spende di più per la transizione energetica, ben 1.600 miliardi di dollari solo negli ultimi due anni, con l’obiettivo emissioni zero entro il 2060. Da Shenzhen che a sud-est fronteggia Hong Kong fino all’altopiano desertico di Yinchuan nella regione autonoma di Ningxia, passando per la città di mare Shanwei e poi Dunhuang, sulla via della Seta. Un viaggio per conoscere da vicino “i nuovi tre”: fotovoltaico, eolico e mobilità elettrica. Dai taxi agli autobus, dalle metropolitane al parco auto privato, tutto rigorosamente a emissioni zero. “PresaDiretta” è riuscita a entrare nel quartier generale di uno dei colossi della produzione di auto elettriche, nella più grande base portuale per l’energia eolica offshore di tutta la Cina e nel parco di 12 mila eliostati, specchi che seguono il percorso del sole.
Si parlerà anche dell’Italia con un reportage in Sardegna, in rivolta contro le rinnovabili. Comitati di protesta, raccolte di firme, sabotaggi e fake news per fermare i progetti eolici e solari. Ultima tappa, la Puglia. Dal nuovo parco eolico di San Severo finanziato anche dai cittadini alla grande fabbrica di una multinazionale danese che a Taranto produce pale rotanti vendute in tutto il mondo, ma in Italia sempre meno. In studio con Riccardo Iacona: il professor Nicola Armaroli del CNR, esperto di energia rinnovabile per fare chiarezza sulla transizione energetica tra luoghi comuni e fake news.
“Rinnovabili indietro tutta” è un racconto di Riccardo Iacona e Maria Cristina De Ritis con Marianna De Marzi, Irene Fornari, Lorenzo Grighi, Alessandro Macina, Elena Marzano, Paola Vecchia, Emilia Zazza, Fabrizio Lazzaretti, Paolo Martino, Massimiliano Torchia.
Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.