I
18 milioni di euro in arrivo per la sanità, dai fondi del pnrr,
salveranno solo le mura degli ospedali o anche i pazienti?
Dopo
la sanità, un servizio sulla fu Scala del calcio, lo stadio di San
Siro, ex Meazza, che oggi rischia di essere abbattuto per lasciare
spazio all’ennesima speculazione edilizia camuffata dal progetto
per il nuovo stadio.
Poi
un servizio su come il Fondo monetario sta aiutando l’Ucraina e un
aggiornamento sulla morte del ricercatore Giulio Regeni.
Come
il fondo monetario aiuta l’Ucraina
In
che modo il fondo monetario sta aiutando l’Ucraina, ancora da prima
della guerra che sta sostenendo dopo l’invasione dell’esercito
russo?
Nel
2018 FMI ha concesso un prestito da 3,9 miliardi di dollari in cambio
della liberalizzazione esplicita delle terre agricoli cedute dallo
stato alle grandi multinazionali del settore agricolo.
Campi
che oggi sono rovinati dalle “big pharm” che fanno un uso intenso
dei prodotti chimici: Report ha racconto le proteste dei piccoli
agricoltori che si trovano schiacciati da questi giganti, come Vitaly
Konfederat che nel passato è stato ufficiale di una brigata di
assalto e che in guerra è stato ferito al petto. Ora Vitaly è nella
riserva ed è tornato a casa nella regione di Odessa, nella terra
nera dell’Ucraina, la più fertile del continente che rende questo
paese da secoli il granaio d’Europa
“LE
squadre delle grandi aziende arrivano, lavorano e se ne vanno”
racconta Vitaly “noi piccoli agricoltori teniamo in vita i
villaggi, gli asili, le scuole, ma nelle piccole fattorie mancano gli
uomini, sono andati al fronte lasciando le terre incolte.”
La
legge sulle liberalizzazioni delle terre agricole consente ai privati
di acquistare fino a 10 mila ettari ed è entrata in vigore a guerra
in corso nel gennaio 2024.
Anche
l’Italia avrebbe voluto acquistare delle terre, anche Vitaly ha
ricevuto delle richieste di acquisto della sua terra, “ma io ho
combattuto al fronte per questa terra, voglio lasciarla ai miei
figli, nipoti fa male vedere che lo stato lascia spazio a questi
speculatori, loro possono comprare io no, ho chiesto un prestito alla
banca e mi hanno risposto che non potevano darmelo perché sono un
militare e potrei restare ucciso da un momento all’altro..”
La
scheda del servizio: LAB REPORT: AAA UCRAINA VENDESI
Di
Manuele Bonaccorsi e Chiara D’Ambrosio
Collaborazione
Madi Ferrucci
L'Ucraina
piegata dalla guerra rischia di vedersi sottratte le sue principali
risorse: i terreni agricoli e i minerali. Non solo dalla Russia, che
ha conquistato con le armi un terzo del territorio ucraino. Ma anche
dagli alleati occidentali. Trump ha imposto un accordo che prevede la
gestione del 50% delle royalties su qualsiasi nuova estrazione
mineraria, con l'obiettivo di controllare materiali strategici per
l'industria della difesa. E il Fondo monetario internazionale ha
chiesto e ottenuto di liberalizzare la vendita delle terre agricole.
Mentre gli agricoltori sono impegnati al fronte, poche grandi
compagnie, spesso con sede in Europa e negli USA, si espandono e
controllano ormai centinaia di migliaia di ettari di terreno fertile.
Un modello di agroindustria che rischia di svuotare le campagne e di
impoverire milioni di piccoli contadini.
Come
spenderemo i fondi del Pnrr sulla sanità
Doveva
essere l’occasione per rinforzare la sanità territoriale, quel
presidio a tutela della nostra salute che avevamo scoperto essere
fragile, per la carenza delle strutture.
Coi
fondi del pnrr avremmo potuto finalmente avere ospedale sul
territorio (e non solo nelle grandi città) per gestire visite ed
esami e alleggerire il carico sulle grandi strutture e nei pronto
soccorso.
Ma
ci si è dimenticati di un aspetto importante: mancano medici e
infermieri da mettere in queste case di comunità che potrebbero
diventare delle strutture vuote.
Anche
qui in Lombardia dove l’amministrazione di destra che governa da
decenni la regioni si fregia di avere una sanità da eccellenza: il
territorio della Martesana comprende 53 comuni e 630 mila abitanti ed
è il distretto sanitario più popoloso della regione, ma anche qui
mancano medici e infermieri tanto da essere ultima in regione coi
suoi 4 sanitari per ogni mille abitanti. 13 mila cittadini poi sono
senza medici di base, sono quasi 100 i posti vacanti nel 2024: tutto
questo è causa di grani disagi per i cittadini che per settimane si
sono dati appuntamento davanti la sede dell’azienda sanitaria per
protestare.
I
cittadini chiedevano ai sindaci della Martesana di attivarsi con
tutti i mezzi a disposizione presso tutti gli organi competenti
affinché si facciano carico della soluzione: trovare medici per
assicurare un servizio garantito dalla Costituzione.
Secondo
la regione in questo distretto le liste di attesa per le visite
urgenti o a breve termine sono peggiorate negli ultimi anni, le dieci
case di comunità previste dal piano di potenziamento sarebbero un
toccasana.
Curzio
Rusnati è portavoce del comitato cittadini per la salute della
Martesana: per mesi hanno organizzato un presidio davanti ad una casa
di comunità, nel comune di Gorgonzola, “sono venuti i funzionari
della ASST” racconta a Report “a promuovere i servizi che ci
sarebbero stati per i cittadini, ad accesso libero, h24..”
Ma
cosa c’è veramente nella casa di comunità di Gorgonzola,
inaugurata a dicembre 2022 (prima della elezioni regionali del 2023)
poi chiusa a luglio 2024 per problemi alla struttura. I lavori alla
struttura dovrebbero terminare a gennaio 2026: in una domenica
mattina il giornalista di Report ha trovato dentro solo il medico di
guardia, spostato dentro la casa di comunità.
A
Report il medico racconta che al di fuori dei giorni festivi non si
trova sempre un medico: “perché o ti doti della possibilità di
fare le rx, la possibilità di fare emogas, elettrocardiogramma,
hanno messo semplicemente qua sopra per 4 mesi un hotspot dove facevi
i tamponi di influenza covid .. quello che se ne sta più grave se ne
va al pronto soccorso..”
Assenti
anche i servizi infermieristici promessi, non c’è nessun
infermiere ad aiutare il lavoro del medici di guardia che comunque
rimane in struttura fino alle 20.30. Se uno si sente male dopo vai al
pronto soccorso.
Come
finirà la storia delle case di comunità? Finirà che saranno date
in gestione ai privati che si ritroveranno gratis nuove strutture e
un bacino di utenti bisognosi di cure, a pagamento.
Il
presidio medico di Palazzo Chigi
Se
devi sentirti male, meglio stare a Palazzo Chigi dove è presente un
presidio medico ben fornito, diversamente da quanto visto nelle case
di comunità e nei pronto soccorso.
Ben
dotato non solo come medici e infermieri ma anche come strumentazione
sanitaria con defibrillatori, cardiografo portatile, strumenti
oculistici, sei lettini, farmaci per urgenze, dispositivi vari..
quasi un pronto soccorso, forse anche troppo considerando che Palazzo
Chigi si trova al centro di Roma con diversi ospedali vicini.
Quanto
costa questa struttura? Palazzo Chigi non ha risposto alle domande di
Report così i giornalisti hanno fatto i conti da soli: il costo del
personale ammonterebbe almeno a 2,3 ml l’anno.
La
scheda del servizio: PALAZZO CHIGI HOSPITAL
di
Chiara De Luca
Collaborazione
Eleonora Numico, Carlo Tecce
A
Palazzo Chigi c’è il Presidio sanitario più invidiato d’Italia:
4 medici dirigenti, 9 infermieri e 13 amministrativi, due oculisti e
un medico del lavoro per alcune ore settimanali più una convenzione
con l’ASL per medici rianimatori con uno costo di 2 milioni e 300
mila euro l’anno.
A
dirigere il Presidio fino a qualche settimana fa è stata la
Dottoressa Brunella Vercelli che è anche medico di base a Roma.
Report è andato a verificare se i pazienti comuni sono stati
trattati come gli inquilini di Palazzo Chigi.
Le
luci si spengono su San Siro
La
canzone di Vecchioni è forse quella adatta come colonna sonora per
questi ultimi mesi dello stadio di San Siro: i privati hanno fatto
una proposta di acquisto che è stata giudicata congrua per lo stadio
e ora potranno farci quello che vogliono.
Lo
stadio fu inaugurato nel lontano 1926, il secondo anello fu costruito
nel dopoguerra e solo per i mondiali di Italia 90 viene realizzata la
copertura e il terzo anello.
San
Siro ha una sola particolarità – racconta lo stesso Vecchioni –
è solo uno stadio, non ci sono ristoranti, bar, piste per
l’atletica, è solo stadio “quando sei dentor lì, il mondo non
c’è più”. La storia di questo stadio finirà come la canzone,
“le luci non si accenderanno più”..: sulle ceneri del vecchio
stadio ne sorgerà uno nuovo attorniato da ristoranti, centri
commerciali, palazzi per clientela vip.
L’appassionato
di calcio è visto come un limone da spremere – racconta a Report
l’ex vicesindaco di Milano Luigi Corbani – “il modello non è
quello delle tartine di gamberetti ma dovrebbe essere quello della
gente che vuole vedere il calcio ..”
Il
sindaco Sala, ancora nel 2019 per paura che le società andassero via
da Milano aveva messo il piatto anche la vendita dello stadio che,
all’epoca, non era la priorità per le società.
Il Milan
infatti rilanciò prima col nuovo stadio personale nel parco della
Maura e, infine, a San Donato Milanese in un’area nel mezzo
dell’autostrada e delle linee ferroviarie a sud di Milano.
Facendo
sorgere subito la reazione negativa dei comitati locali, contrari
all’opera: Innocente Curci è un esponente di questo comitato che a
Report racconta di come questa zona sia un imbuto “attualmente
accessibile solo da un sottopasso”.
In questo imbuto secondo
il Milano sarebbero dovuti arrivare circa 70 mila tifosi ogni partita
in un comune che conta solo 30 mila abitanti.
“Immaginate
che San Donato non ha parcheggi” spiega la consigliera di
opposizione Gina Falbo “addirittura hanno immaginato per i
parcheggi dello stadio di far lasciare le macchine degli ospiti della
struttura all’aeroporto di Linate, alcuni hanno addirittura
rappresentato i parcheggi del supermercato Esselunga.”
Il
sindaco di San Donato Squeri – area centro destra – si giustifica
dicendo che quel fazzoletto di terra sembra piccolo ma “guardando
il progetto lo stadio ci starebbe, verrebbero fatti dei parcheggi
sotto, non sono tutti sufficienti, ma noi abbiamo ad un km e mezzo
circa ci sono i parcheggi della metropolitana ..”
Ma
che impegno economico ha assunto il Milan per comprare l’area? Il
Milan parla di 40 ml di euro, una cifra alta se
si pensa che il solo San Siro potrebbe essere adesso venduto dal
comune di Milano per soli 73 ml di euro.
Il
terreno è stato comprato definitivamente dal Milan? Parrebbe di si,
spiega la consigliera Falbo “ma questo contratto non l’ha mai
visto nessuno, nemmeno il comune ha copia di questo contratto ”.
Sullo
stadio San Siro c’era il vincolo della Soprintendenza che scatta,
per un’opera di proprietà pubblica, dopo i 70 anni dalla
costruzione e diversi comitati che si oppongono al progetto di
abbattimento dello stadio si sono basati su questo vincolo.
Veronica
Dini è legale del comitato San Siro: “abbiamo raccolto
documentazione fotografica che dimostra il fatto che a partire dalla
fine del 1954 ma sicuramente dal gennaio – giugno 55 si sono
giocate partite a San Siro nelle quali il pubblico era seduto anche
al secondo anello, quindi non solo era eseguito lo stadio, come
richiede la legge, ma era agibile per il pubblico. La cosa singolare
che è venuta fuori dall’archivio di Stato è che non ci sono
stranamente proprio o documenti progettuali di San Siro..”
Il
sindaco Sala si è sempre speso per il progetto di abbattimento dello
stadio, sin dal 2021, usando la scusa che le squadre erano contrarie
ai vari progetti di ristrutturazione (come se il compito del sindaco
non fosse anche quello, essendo sindaco anche dei cittadini contrari
all’abbattimento), “se le squadre non lo vogliono fare [la
ristrutturazione] se qualcuno si sente più bravo di me, venga
avanti..”
Così
a fine 2023 si fa avanti un gruppo di professionisti guidati
dall’architetto Giulio Fenyves con un progetto da ristrutturazione
da 300 ml di euro, obiettivo era creare un’area dedicata ai tifosi
tra il primo e il secondo anello, per dare alle squadre l’opportunità
di aumentare gli introiti con ristoranti, skybox, aree alberghiere,
tutte strutture con vista campo. Con tanto di copertura acustica sul
tetto dello stadio per non dare fastidio al quartiere, “che questo
stadio smetta di essere così rumoroso.”
Il
progetto prevedeva, nel rispetto del piano regolatore, anche due
torri e attività terziarie come uffici e alberghi, “abbiamo dato
una risposta laica al tema” spiega l’architetto a Report, per
conservare e valorizzare l’attuale impianto.
Ma
la scelta politica del sindaco di Milano è stata quella di vendere
lo stadio di San Siro, inserendo l’opera nel piano di alienazione
del comune. Fondamentale per questo è il documento chiesto
all’Agenzia delle Entrate sul valore dello stadio, che secondo
l’agenzia vale 73 milioni di euro, 124 ml quello delle aree
circostanti per un totale di 197 ml di euro. Significa un valore di
440 euro al metro quadro, un prezzo molto basso considerando che in
centro si viaggia anche fino a 5000 euro al metro quadro.
Ma
l’Agenzia delle entrate è un ente dello stato, risponde Sala, a
chi dovremmo chiedere il valore dello stadio? Ma di fatto si è preso
a scatola chiuso quello che ha riportato nel suo documento –
commenta l’ex vicesindaco Corbani che aggiunge “a Parigi il
sindaco Hidalgo di fronte al qatariota che gli proponeva di
acquistare il Parco dei Principi per 50 ml gli ha risposto no, perché
è un’offesa ai parigini. Anche lì il qatariota minacciava di
andare da altre parti a fare lo stadio e il comune gli ha detto
‘benissimo vai da altre parte’ ..”
Che
qualcosa non vada nella valutazione dell’agenzia delle entrate lo
dimostra l’ultimo atto di Sala: si scopre che a fine aprile ha
affidato senza gara una consulenza a due professori della Bocconi e
del Politecnico per un’altra valutazione.
“è
stata fatta per avere maggiore certezza” ha spiegato Sala a Report
per poi aggiungere “i professori sono stati scelti in base alla
loro capacità, ma l’agenzia delle entrate costituisce una grande
garanzia”.
Un
voler tappare il buco o rafforzare la valutazione dell’agenzia?
Report
ha scoperto che entrambi i consulenti scelti da Sala hanno rapporti
con l’Agenzia delle Entrate: Giacomo Morri della Bocconi fa parte
del comitato scientifico di una rivista dell’ADE, mentre Alessandra
Oppio del Politecnico è dentro la commissione censuaria
dell’Agenzia.
La
scheda del servizio: LUCI SPENTE A SAN SIRO
di
Luca Chianca
Collaborazione
Alessia Marzi
Il
3 ottobre del 2017, dopo che il Milan di Berlusconi era stato da poco
venduto a Mr. Lì per 740 milioni di euro e l'Inter era già nelle
mani del gruppo cinese Suning, il sindaco Sala ufficializza la
volontà di ristrutturare lo stadio San Siro. È l'inizio di una
telenovela che ci accompagna da quasi 8 anni e che a breve potrebbe
terminare, con la vendita alle due squadre dello stadio e dell'area
circostante per costruire un hotel, un centro commerciale e un nuovo
impianto per aumentare i posti riservati dedicati ai tifosi. Chi
realmente beneficerà della vendita è ancora un mistero, ma il
sindaco tratta da 8 anni in via esclusiva con le squadre. Di sicuro
c'è un profondo interesse tra la società Hynes, che qualche anno fa
ha comprato l'area dell'ex-trotto accanto allo stadio per realizzare
immobili, e il nuovo progetto presentato ufficialmente dalle due
squadre.
Ancora
sul rapimento e sull’omicidio Regeni
Report
tiene accese le luci sull’omicidio Regeni, prima che prevalga
l’oblio o la ragione di stato, per difendere i nostri interessi in
Egitto.
Nel
servizio di stasera si racconterà dei viaggi in Egitto dei vertici
di Eni, all’indomani del rapimento del ricercatore italiano, come
quello del numero due di Eni, il 27 gennaio. Un viaggio che
equivaleva a quello di un diplomatico di alto livello – racconta a
Report una fonte all’interno dell’azienda, come fosse un capo di
stato.
Vella,
come emerge da delle mail di cui Report è entrata in possesso,
avrebbe incontrato il primo ministro egiziano, ufficialmente per
definire dei dettagli per un accordo su un giacimento di gas in mare
che faceva gola ad Eni. Erano però i giorni dove il governo egiziano
aveva chiuso le porte a quello italiano per la scomparsa di Giulio
Regeni.
In
aula, nelle udienze per il processo sulla morte del nostro
connazionale, l’AD di Eni è stato chiamato come testimone: quegli
incontri erano per concordare gli ultimi dettagli prima di chiudere
il contratto per il giacimento.
Ma
il 28 febbraio 2016, dopo il ritrovamento di Regeni e quando la
macchina egiziana dei depistaggi è già al lavoro, una mail interna
all’Eni comunica l’arrivo di Descalzi a Il Cairo: in Eni la prima
linea della dirigenza era consapevole che quella visita poteva
generare imbarazzo di fronte all’opinione pubblica.
Sono
i giorni in cui la diplomazia e la magistratura italiana sono ai
ferri corti con le istituzioni egiziane per cui a fine febbraio il
capo della security Rapisarda manda due mail, nella prima chiede che
sia mantenuto il riserbo sulla visita e nella seconda aggiunge “da
non diffondere..”
Viaggi
riservati, non pubblicizzati: “i miei viaggi sono sempre riservati
per la sicurezza mia” ha spiegato in aula lo stesso Descalzi (poi
non sempre
è così).
La
realtà che sta dietro i comunicati ufficiali, le parole di
circostanza per la morte del nostro connazionale Giulio Regeni è ben
diversa e parla dei rapporti commerciali e strategici tra l’Italia
e l’Egitto di Al Sisi, con a fianco l’Europa.
Per
l’Italia, dopo la fine del gas russo, l’alternativa doveva essere
il gas egiziano (alla faccia della transizione ecologica): lo ha
ammesso lo stesso Descalzi in aula, parlando di gas dall’Algeria,
dalla Libia e dall’Egitto (e pazienza se non sono proprio esempi di
democrazie).
Né
i nostri governi e nemmeno l’Unione Europea (vi ricordate i famosi
valori occidentali che dobbiamo difendere?) può permettersi di
infastidire Al Sisi – racconta a Report un diplomatico in forma
anonima.
Con
le bombe in Ucraina e a Gaza l’Egitto è un partner importante per
l’Europa nel Mediterraneo, anche nella gestione delle politiche
migratorie: ecco perché il 7 maggio 2024 il governo italiano lo
inserisce nella lista dei paesi sicuri, quelli dove non esistono atti
di persecuzione, tortura né altre forme di pena con trattamenti
degradanti.
A
voler l’Egitto nella lista dei paesi sicuri è stato il ministro
degli Interni Piantedosi, dopo uno scontro col ministro degli Esteri
(Tajani si era opposto proprio per la vicenda Regeni) – continua la
fonte dentro la Farnesina.
Piantedosi
ha dovuto forzare la mano per questa scelta: nell’aprile del 2024
Piantedosi ha scritto una lettera a Tajani in cui chiede
esplicitamente che l’Egitto fosse incluso nella lista. L’Unione
Europea (che nel 2024 aveva già promesso all’Egitto un pacchetto
di aiuti europei da 7 miliardi) si accoda alla scelta italiana il 16
aprile 2025 inserendo Egitto e Bangladesh nella lista comune europea
dei paesi sicuri.
Il
giornalista di Report ha provato a chiedere al ministro Piantedosi le
ragioni della sua scelta, senza ottenere una risposta, Report
ha poi
presentato
richiesta di accesso agli atti negata dal ministero dell’Interno.
La
scheda del servizio: ALLA CORTE DEL FARAONE
di
Daniele Autieri
Collaborazione
Andrea Tornago, Alessandra Teichner
L’inchiesta
ricostruisce le dinamiche di potere che hanno consolidato il legame
profondo tra Italia e Egitto e tra il Paese guidato dal Presidente
Al-Sisi e l’Unione Europea. Una delle voci autorevoli è quella del
Ministro del Turismo Egiziano, Sherif Fathy, che rilascia a Report
un’intervista esclusiva nella quale risponde sui rapporti politici
tra il governo Meloni e il governo Al-Sisi.
L’inchiesta
rivela anche i retroscena della decisione politica che ha portato
all’inserimento dell’Egitto nella lista dei “Paesi sicuri”
nonostante il presunto coinvolgimento di membri degli apparati di
sicurezza egiziani nel rapimento, nelle torture e nell’assassinio
di Giulio Regeni.
L’influenza di Mori e De Donno sulla
commissione antimafia
Diceva
Falcone, in una audizione al Csm, che qualora le sue ipotesi sugli
omicidi politici avvenuti in Sicilia tra gli anni settanta e ottanta,
fossero confermate, la storia della mafia e dell’Italia andrebbe
riscritta.
Mettendo
assieme, non in contrapposizione, la pista nera con quella mafiosa
dietro delitti come quello del presidente della regione Mattarella.
Ma
sono piste che danno fastidio, mettendo in discussione quel racconto
consolatorio che si è consolidato in questi anni: la mafia è stata
sconfitta, ha vinto lo stato, amen.
Non
cercate altre piste dietro le stragi di mafia Capaci, via d’Amelio,
altro che servizi, altro che trattativa, tutta colpa dei colleghi di
Borsellino.
Questa
sera Paolo Mondani si occuperà dell’attivismo del generale Mori
per condizionare l’azione della commissione antimafia presieduta
dalla deputata Colosimo, per spingere le indagini sulle stragi del
1992-93 verso il famoso dossier mafia-appalti, togliendo di mezzo
l’imbarazzante (per il governo) pista nera. Riscrivere la storia
dell’antimafia secondo una formula consolatoria e che tolga una
volta e per sempre di mezzo i famosi rapporti tra mafia e politica,
tra cosa nostra e apparati dello stato.
Ne
parla Marco Lillo in un articolo del Fatto Quotidiano
Ranucci&C.:
“Mario Mori pilota così l’antimafia”. Il generale intercettato
nel 2023-‘24
di
Marco Lillo
Nel
racconto inedito di un investigatore le trame dell’ufficiale
(indagato a Firenze) per riscrivere la storia del 1992-1993
Uno
scoop che farà discutere quello annunciato da Report per la puntata
di domenica dal titolo “Mori va alla guerra”: il generale dei
carabinieri in pensione è stato intercettato dalla Dia di Firenze
(per altri fatti) mentre parlava con ex collaboratori, avvocati,
giornalisti e soggetti legati alla politica per influenzare le mosse
della Commissione Antimafia, guidata dalla presidente FdI, Chiara
Colosimo.
Report
ricostruisce il contenuto delle conversazioni risalenti al 2023-24
grazie alle dichiarazioni di un investigatore anonimo. Mario Mori è
indagato per le stragi del 1993 con l’aggravante della finalità
mafiosa e terroristica. Per Mori vale la presunzione di non
colpevolezza e va ricordato che è stato già processato altre tre
volte per accuse diverse e sempre assolto. I pm di Firenze,
coordinati allora dall’aggiunto Luca Tescaroli, gli hanno inviato a
maggio 2024 un invito a comparire nel quale l’accusa era così
riassunta: “Pur avendone l’obbligo giuridico, non impediva,
mediante doverose segnalazioni e/o denunce all’autorità
giudiziaria, ovvero con l’adozione di autonome iniziative
investigative e/o preventive, gli eventi stragisti di cui aveva avuto
plurime anticipazioni” eventi poi verificatisi a Firenze, Roma e
Milano tra maggio e luglio 1993. In particolare, secondo l’accusa,
Mori era stato “informato, dapprima nell’agosto 1992, dal
maresciallo Roberto Tempesta, del proposito di Cosa Nostra,
veicolatogli dalla fonte Paolo Bellini, di attentare al patrimonio
storico, artistico e monumentale della nazione e, in particolare,
alla Torre di Pisa” e, qualche tempo dopo, anche dal pentito Angelo
Siino “il quale [il 25 giugno 1993] gli aveva espressamente
comunicato che vi sarebbero stati attentati al Nord”.
Lapista nera di cui Report più volte si è occupata è quella che vede
coinvolte nelle stragi del 1992-93 gli stessi personaggi delle stragi
degli anni ‘70, tra questi Stefano Delle Chiaie.
Nel
servizio di questa sera Report rivelerà un nuovo testimone che
afferma come il fondatore di Avanguardia Nazionale fosse presente a
Palermo nel marzo del 1992, confermando la versione che l’allora
capitano dei carabinieri Gianfranco Cavallo aveva raccolto grazie
alle confidenze di Maria Romeo, sorella dell’autista di Delle
Chiaie e compagna del collaboratore di giustizia Alberto Lo Cicero:
ne
parla ancora Marco Lillo in un secondo articolo
“Nel
’92 vidi Delle Chiaie a Palermo, era al giornale”
di
Marco Lillo
Il
giornalista siciliano Intervistato da Paolo Mondani. La testimonianza
inedita può rilanciare la “pista nera” dietro all’attacco allo
Stato da parte di Cosa Nostra
Stefano
Delle Chiaie era a Palermo nel febbraio-marzo del 1992. L’ennesima
smentita all’informativa dell’allora capo della Mobile di
Palermo, Arnaldo La Barbera del dicembre 1992, che negava la presenza
dell’estremista di destra in Sicilia giunge da un testimone scovato
da Report. Si tratta di un giornalista che allora lavorava per Il
Giornale di Sicilia, Giuseppe Martorana. A Paolo Mondani, autore del
servizio che andrà in onda domani, ha raccontato che il fondatore di
Avanguardia Nazionale, più volte indagato per le stragi della
strategia della tensione degli anni 60, 70, 80 e pure 90, ma sempre
prosciolto, per due volte fu avvistato in redazione. “Una mattina
vennero una coppia di persone (…) vidi un viso che conoscevo. Era
Stefano Delle Chiaie (…) era l’inizio del ’92. Tra febbraio e
marzo”. La testimonianza inedita è la leva argomentativa per
rilanciare la ‘pista nera’ delle stragi di mafia alle quali la
trasmissione di Rai3 ha dedicato già numerosi servizi. Report
ripercorre la vicenda della nota dell’ottobre 1992 del capitano dei
Carabinieri di Palermo (ora generale di corpo d’armata) Gianfranco
Cavallo. La nota era basata sulle confidenze riferite anonimamente da
Maria Romeo, sorella dell’autista di Stefano Delle Chiaie in
Sicilia (Domenico Romeo) ma allo stesso tempo compagna del
collaboratore di giustizia Alberto Lo Cicero, autista del boss di
Cruillas Mariano Tullio Troia.
La
scheda del servizio: MORI VA ALLA GUERRA
di
Paolo Mondani
Collaborazione
Roberto Persia
Mentre
proseguono le indagini sulla pista nera a Caltanissetta, Report
aggiunge una testimonianza sulla presenza di Stefano Delle Chiaie in
Sicilia a ridosso della morte di Giovanni Falcone.
A
Roma invece continuano i lavori della Commissione parlamentare
antimafia. Nelle ultime audizioni il generale Mori e il colonnello
De Donno hanno sostenuto che proprio il dossier mafia e appalti
sarebbe dietro l’accelerazione della morte di Paolo Borsellino,
lanciando accuse ai magistrati della procura di Palermo quali
responsabili morali della sua morte. Report propone una testimonianza
che racconta quanta influenza, il generale Mori e il colonnello De
Donno, avrebbero avuto sui lavori della Commissione Antimafia.
Le
anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate
sulla pagina FB o
sull'account Twitter
della trasmissione.