18 aprile 2025

La mia più oscura preghiera di S.A. Cosby


La vendetta è la confessione di un antico dolore.

Antico proverbio

PROLOGO

Vidi i fari fendere l’oscurità e la foschia che ammantavano il cimitero. Sapevo che Skunk andava piano perché il sentiero era pieno di buche e di dossi. La Chiesa Battista del Getsemani si trova all’estremità opposta della contea, vicino al North River. Scavare una fossa dietro quella chiesa è come scavare un pozzo.
[..]
Nessuno, fa parte me e Skunk, avrebbe saputo che quella fossa era il luogo dell’eterno riposo di due anime defunte, anziché una soltanto.

Nathan Waymaker è un becchino o, meglio come si definisce lui stesso, uno che si occupa dei corpi delle persone morte e che i familiari affidano loro per prepararle all’ultimo viaggio.

Mi occupo dei corpi. È quello che dico quando mi chiedono cosa faccio di mestiere. Mi sono reso conto che di solito la gente tende a reagire in due modi: o allontanandosi lentamente per poi guardarmi storto e starmi alla larga

Ex marine o, sempre per usare le parole di Nathan, un marine in congedo. Ex poliziotto e questa volta veramente ex: dalla polizia di Queen County, nello stato del Virginia, era uscito dopo una brutta faccenda legata alla morte dei genitori, morti in un incidente stradale.

Le prove che avrebbero inchiodato il responsabile – bianco, rampollo di una famiglia importante – erano misteriosamente sparite dall’ufficio della polizia, come non fossero mai esistite. Così Nathan aveva abbandonato la divisa, dopo aver buttato fuori dalla finestra il poliziotto responsabile di quelle prove sparite.

Perché Nathan, anche per quel passato importante, ha un problema che fa fatica a controllare: si tratta di quel demone dentro di lui che esce fuori quando si sente sotto pressione o minacciato da qualcuno. E allora la sua furia spazza tutto quello che si trova davanti.

È questa la persona che incontriamo in questo primo romanzo di S.A. Cosby, un ex poliziotto che ora si prende cura dei corpi, con grande rispetto e professionalità.

Persone come il reverendo Esau Watkins, il pastore della Chiesa Battista della Nuova Speranza, trovato morto nella sua casa.

Esau Watkins era noto come «E-Money» Watkins. Era un ladro, uno spacciatore e un ricettatore occasionale.

Siamo nell’America del sud, quella dei predicatori e della buona novella del pastore che si occupa del suo gregge, in particolare il gregge che dona i loro averi alla chiesa per la gloria del signore (o forse del pastore). Anche Esau era una pecorella smarrita una volta, prima di essere colpito dalla luce del signore. Prima di mettere su quella Chiesa Battista.

Secondo la polizia è morto suicida, si è sparato un colpo di pistola e via.

Fuori dalla porta trovai due anziane signore nere assai a modo. Una era alta e magra, con un certo luccichio negli occhi. L’altra era più bassa, con una faccia che aveva visto la sua dose di giornate no

Sono due donne della congregazione di padre Watkins che sulla morte del pastore hanno un’idea diversa: avevano scoperto uno strano giro di donazioni versate alla chiesa, migliaia di dollari, che arrivavano ogni settimana da un personaggio poco incline alle preghiere verso il signore e molto incline ad altri traffici.

No, il reverendo non si è ucciso, non era da lui: le due signore chiedono a Nathan di fare qualche domanda all’ufficio dello sceriffo per capire come vanno le indagini.

Le due signore sono accompagnate dalla figlia di Esau, Lisa Watkins, una bella donna che aveva frequentato la stessa scuola di Nathan. Diversamente dalle due donne della congregazione, Lisa non ha intenzione di versare nessuna lacrima per la morte del padre con cui aveva rotto i rapporti anni prima e che considerava solo un truffatore, altro che predicatore della parola di Dio:

«Ha detto che era la truffa più redditizia a cui si fosse mai dedicato. Persino meglio del giro di droga. Ecco, quello era mio papà.»

In effetti, anche analizzando il corpo del reverendo, qualche dubbio sulle dinamiche di questo presunto suicidio, viene fuori. Nathan, diversamente dalle due signore, sa che il dipartimento di polizia si può comprare, le indagini si possono insabbiare, come successo per i suoi genitori.

Così Nathan inizia una sua indagine facendo delle domande in giro, allo sceriffo, alla figlia Lisa. Perché comunque una volta era poliziotto, faceva quel lavoro per proteggere i più deboli, per dare sicurezza:

La sicurezza è un’illusione. Non esiste sicurezza. Ci sono solo i tempi morti fra una tragedia e l’altra.

Questa indagine sul reverendo e sulla sua congregazione però si rivela subito un vespaio: le donazioni portano ad un piccolo gangster di paese che alle spalle ha un criminale molto più pericoloso chiamato “ombra”.

Ci sono poi i rapporti con un altro reverendo di una congregazione vicina, un altro predicatore che promette il posto in prima fila davanti a Dio, pagando la giusta offerta.
Nemmeno si rende conto bene in quale guaio si è cacciato Nathan, trovandosi contro da una parte l’ufficio dello sceriffo e dall’altra questo piccolo criminale, chiamato “Fella” (in omaggio al film di Scorsese) e i suoi scagnozzi. Tutti sembrano voler mettere una pietra sopra sull’indagine di Nathan, non solo metaforicamente: sarà Lisa, la figlia del predicatore, a portarlo sulla direzione giusta per capire quali traffici si svolgevano dietro la chiesa della Nuova Speranza.

Nascerà una relazione intensa tra Lisa e Nathan, entrambi prigionieri dei fantasmi del proprio passato: chi era veramente il pastore Esau Watkins? Come si è vendicato Nathan per la morte dei genitori?

Per uscirne vivo da questa faccenda Nathan dovrà usare tutte le sue forze e rivolgersi anche all’aiuto dei suoi amici, Walt, Raheem e soprattutto Skunk per portare a galla un intreccio criminale che metterebbe in imbarazzo troppe persone in quella parte della provincia americana.

Non c’è un finale consolatorio in questo romanzo, pieno di azione, violenza e sangue: né sulla giustizia qui in terra e nemmeno sulla giustizia divina, per chi ci crede. Non sempre le nostre preghiere a Dio trovano una risposta:

Sta tutta qui, alla fine, la grande tragedia di questa cosa che chiamiamo vita, no? O nessuna delle nostre preghiere trova ascolto, oppure trovano ascolto tutte. Persino quelle più oscure.


Gli altri libri dell'autore S.A. Cosby.

La scheda del libro sul sito di Rizzoli

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13 aprile 2025

Danzate su di me di Massimo Carlotto

Quattro racconti brevi con al centro quattro donne di cui conosceremo le loro storie, le vite, le sofferenze, le ambizioni, i sogni. Un romanzo al femminile perché, come racconta l’autore “sono convinto che un autore abbia il dovere di esplorare l’universo femminile.
Dopo tanti libri in cui Massimo ha “stanato” quel sommerso maschile poco conosciuto, ora tocca alle donne: un’amante che ha perso il suo amore e che ora deve nascondersi dalla vedova.

Poi una madre che cerca solo il bene per la figlia. Una signora che deve difendere l’immagine della sua “bella” famiglia, infine una ex croupier che, stanca dalla vita, ha deciso che “il mondo non le deve nulla”.

Dimentichiamoci per un momento Massimo Buratti, l’alligatore, Giorgio Pellegrini o il Francese: i personaggi che incontreremo nei racconti sapranno sorprenderci, anche in negativo se vogliamo, per il loro cinismo, per la determinazione, per la capacità di sognare pur di sopravvivere ad una realtà che assomiglia più ad un carcere che ad una vita vera.

Danzate su di me

Da quando il mio amore segreto è morto in uno stupido incidente stradale, ho l’impressione che il tempo mi scivoli addosso e di non essere padrona di nulla. Frase già letta e sentita troppe volte, però non saprei in che altro modo esprimere il concetto.

Un musicista famoso e una cassiera di un supermercato, due mondi così lontani che però si sono incontrati una sera dopo un concerto. Così è nata la relazione tra la protagonista del primo racconto e questo jazzista famoso e, purtroppo per lei, sposato.
Ora a lei non rimangono che i ricordi, per sfuggire a quella vita di fatiche e di privazione, un marito, l’amore una volta alla settimana, i piccoli soprusi al lavoro..

Mio marito è un brav’uomo. L’ho amato tanto. Da diversi anni provo per lui una specie di “affetto maturo”

A volte i ricordi, le storie che ci facciamo in mente, sono l’unico modo per salvarci dal presente dentro cui viviamo.

Niente, più niente al mondo

Devo mettere a posto la spesa. Tra poco arriveranno e non voglio che trovino la casa in disordine. Ne troveranno solo nella sua camera ma lì niente più niente al mondo potrà mettere ordine.

Quale madre non desidererebbe il meglio per la figlia? Specie se vive in un quartiere ex operaio di Torino, con un padre cassintegrato, con poche speranze per il futuro?

Soltanto che, in questo mondo dove l’ascensore sociale è fermo al piano terra, l’unico modo è sperare nella botta di fortuna, farsi notare dalla televisione, perché avete visto che carriera ha fatto Costantino (un ex tronista se non lo sapete)?

Ho cominciato cinque anni fa a ritagliare da “Novella 2000” articoli e fotografie di matrimoni e a incollarli sulle pagine di un quaderno per preparare quello della bambina

Peccato che questi giovani non ne vogliano sapere di metter su una famiglia normale, una madre, un padre che lavora e porta a casa tanti soldi, dei bambini felici. Bambini belli e bianchi, mica vorrete mischiarvi con quelli li?

Dunque… Una vita normale. Padre, madre e figlia. Sì, dirò così. Padre, madre e figlia. Famiglia piemontese. Madre. Figlia. La mia bambina.

Il giardino di Gaia

Gaia si aggiustò il grembiule immacolato e iniziò a servire la pasta a figlio e marito. “E allora, cosa mi raccontano i miei due ometti?” cinguettò.

Una madre, un padre e un figlio, la classica immagine della famiglia felice. Soltanto che, per la famiglia di Gaia, è solo apparenza. In questo racconto scopriremo un intero mondo di intrecci, corna, gelosie, invidia e bramosia. Al centro questa figura femminile quasi luciferina e attorno solo maschi inetti, incapaci di prendere una decisione.

Spero ti sia chiaro che questa è una famiglia, che noi siamo una coppia benedetta in chiesa e così sarà fino alla fine dei nostri giorni. Noi ci siamo scelti e ogni giorno rinnoviamo il nostro impegno e bla bla bla e bla bla bla. Giusto?”

Il mondo non mi deve nulla

Il ladro si sedette sulla panchina e sospirò di sollievo. Era stanco, viale Principe Amedeo sembrava più lungo del solito, quella sera. Intendeva percorrerlo fino alla fine, infilarsi nel sottopasso e raggiungere la stazione, dove aveva lasciato la bicicletta.

Questo racconto era già stato pubblicato da E/O nel 2014: c’è un ladro improvvisato, uno dei tanti ex operai bruciati dalla crisi costretti a trovarsi un altro lavoro che si trova e una finestra aperta, in una bella casa lungo una bella via in quel di Rimini. Un colpo di fortuna, finalmente, per portare qualcosa a casa. Ma dentro quella casa, Adelmo, il ladro, incontrerà nella casa una signora di origine tedesca, Lise, una ex croupier stanca di vivere. Il mondo, non le deve nulla.

«Ho avuto a che fare con gli uomini con tutta la vita» attaccò in tono gelido.
«E proprio perché li conosco le dico che lei è solo un poveraccio. Come maschio sta al gradino più basso della scala. Perfino i suoi ceffoni non hanno qualità. sono degli di un subalterno. di un dipendente di infimo ordine. Per osare schiaffeggiare una donna è necessaria un'autorevolezza che inviti immediatamente al perdono. Lei non sa nemmeno di cosa sto parlando, vero?»

Due persone che più diverse non si potrebbe, distanti per censo, cultura, per la vita che hanno vissuta. Ma due persone sole, che si incontrano e, a modo loro, si amano in quella notte.

Un incontro che cambierà per sempre le loro esistenze.

La scheda del libro sul sito di Sem

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Anteprima Presadiretta – Europa, la sfida industriale

I dazi di trump colpiscono l’Europa nel suo momento di massima debolezza economica, con la Germania che rallenta mentre cresce la competizione tecnologica cinese. E l’Italia?

In aspettando Presadiretta si parlerà della crisi idrica nelle regioni del sud, in particolare in Basilicata e Sicilia. Lo scorso dicembre Presadiretta era andata sulla diga della Camastra a girare le immagini dell’invaso, la diga era completamente vuota. Ma in realtà tutti gli invasi della Basilicata sono vuoti e questo è il motivo per cui la regione che ha sempre dato l’acqua a tutto il sud si è ora trovata senz’acqua e hanno dovuto chiudere i rubinetti delle case.

Ma il tema della siccità e della gestione idrica è comune ad altre regioni d’Italia, che diventerà ancora più importante ora che sta arrivando l’estate.
In che modo la Sicilia si sta attrezzando all’arrivo dell’estate? Il team di Presadiretta ha attraversato l’isola andando a verificare lo stato in cui versano le grandi infrastrutture idriche fondamentali per garantire l’approvvigionamento idrico.
Sul sito Agricolae.eu trovate una anticipazione del servizio:

«Partendo dagli eventi estremi della siccità dello scorso anno, abbiamo deciso di indagare su come la regione con il più alto livello di severità idrica d’Italia si stia preparando all’estate imminente», dichiara l’inviato Pablo Castellani. «Ci siamo concentrati in particolare sulle grandi dighe, infrastrutture fondamentali per garantire l’approvvigionamento idrico alle aree circostanti», aggiunge la collega Roberta Pallotta.

Il team ha attraversato l’isola documentando lo sversamento di acqua dalla diga Trinità, a Castelvetrano, completata nel 1959 ma mai collaudata, per poi spostarsi alla diga Comunelli, definita da Castellani «un gioiello ormai inutilizzabile a causa della mancata manutenzione». Il viaggio prosegue con la grande incompiuta di Blufi e la diga Ancipa, al centro della cosiddetta “guerra dell’acqua” tra i comuni di Enna e Caltanissetta del dicembre 2024. «Quello che abbiamo registrato è un quadro di carenze strutturali, mancanza di manutenzione e assenza di una pianificazione efficace per il futuro, che lascia sconcertati», osserva Pallotta. «La prossima siccità rischia di essere drammatica».

Nel corso del reportage, la redazione ha intervistato anche la Coldiretti Sicilia, che ha descritto una situazione drammatica per gli agricoltori, alle prese con raccolti compromessi e costi in aumento per far fronte alla scarsità d’acqua. Spazio anche all’ANBI, l’Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue: il direttore generale Massimo Gargano ha parlato della cronica mancanza di manutenzione delle dighe in Italia e in Sicilia. «Serve una cultura dell’economia e della manutenzione delle nostre dighe», ha dichiarato.

«Abbiamo chiesto chiarimenti alla cabina di regia per l’emergenza siccità, coordinata dall’ingegnere Salvo Cocina», aggiunge Castellani, «per capire come si stiano attrezzando per affrontare le crisi idriche future».

Il reportage si sposta poi nell’area di Butera, dove sono in corso lavori di trivellazione per la costruzione di nuovi pozzi, e nei luoghi dove saranno installati tre dissalatori mobili già a partire da giugno. «Tutti provvedimenti importanti, ma non sappiamo se basteranno», conclude Pallotta.

Europa - La sfida industriale


Il racconto della crisi industriale in Europa passa dalla Germania: a Dusseldorf i mille operai della Vallourec hanno celebrato il funerale degli impianti dove hanno lavorato per anni. Era il 14 settembre 2023 e col suono di una sirena si sono chiusi più di 40 anni di attività.

A maggio 2022, pochi mesi dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, Vallourec aveva deciso di spostare tutta la produzione siderurgica dalla Germania al Brasile.

Qui dentro lavoravamo in 3000 all’inizio” racconta uno degli operai che è anche presidente del Consiglio di Fabbrica “abbiamo proposto di tutto pur di non chiudere, abbiamo ridotto il personale, chiesto di fare prodotti di maggior valore, ma l’azienda non voleva investire, guardava solo al flusso di cassa e voleva andarsene dall’Europa. Abbiamo chiesto aiuto alla politica ma non siamo stati ascoltati, per loro non eravamo strategicamente importanti..”

A Berlino, il 16 dicembre si apriva la crisi di governo che ha portato i tedeschi nuovamente alle urne nel pieno di una vera e propria de-industrializzazione: tra chiusure e delocalizzazioni, dal 2019 la Germania ha perso il 10% della sua produzione manifatturiera, solo nel 2024 il calo è stato del 4% e gli indici continuano a scendere.
I siti come quello della Vallourec, nella Ruhr non torneranno più – continua Vilson Gegic – “qui è pieno di aziende storiche, sono tutte in crisi e se chiudono tutte come finirà l’Europa? Lo standard di vita che abbiamo avuto fino ad oggi, gli stipendi, il sistema sociale , li avremo ancora in futuro? Possibile che non ci siano nuove tecnologie in grado di salvarci?”

L’Europa non ha una visione industriale comune come non ha nemmeno una visione comune sulla tassazione: in Irlanda si paga solo il 12,5% di tasse sui profitti, una cifra irrisoria che spiega come mai le multinazionali americane hanno sede proprio in quel paese.

In Italia la tassazione è del 24% e negli Stati Uniti è del 21%: alle multinazionali conviene investire in questo piccolo paese. Le più importanti sono qui infatti, tra queste le principali aziende americane della digital economy, la maggior parte delle quali ha la sede nella zona dell’ex porto oggi completamente riqualificata e ora piena di grattacieli e locali alla moda. L’hanno soprannominata la silicon dox. Google, Linkedin, Tik Tok, AirBnb, X, Dropbox, Amazon e Indeed. E ovviamente Meta, ovvero Facebook, Instagram e Whatsapp. Queste multinazionali pagano in realtà tasse per meno del 12,5%. Se si analizzano i bilanci si scopre che pagano tra il 2 e il 5% di tasse – spiega a Presadiretta  Kieran Allen professore di sociologia a Dublino. Assieme al collega Brian O’Boyle hanno scritto un libro intitolato “Tax haven Ireland”.

L’Irlanda è sicuramente un paradiso fiscale, è principalmente strutturata per favorire le multinazionali americane, visto che le multinazionali pagano pochissime tasse, il peso fiscale si sposta sui lavoratori irlandesi che pagano una aliquota fiscale relativamente alta per servizi di qualità molto scarsa.Per esempio se hai un bambino, mandarlo all’asilo nido qui a Dubino ti costa fino a 1200 euro al mese e se non ha una assicurazione sanitaria privata, e un terzo della popolazione non ce l’ha, potresti aspettare anni per una operazione all’anca o un altro banale intervento.”

Aziende che fanno profitti in Europa, lasciando qui solo poche briciole. Forse queste cose qualcuno dovrebbe spiegarle al presidente Trump proprio adesso che ci sta prendendo a schiaffi coi dazi.
Come raccontano le anteprime dei servizi, per le società la tassazione in Irlanda è molto favorevole

Anche questo è un segno della debolezza europea di fronte alle grandi potenze del pianeta, gli USA da una parte e la Cina dall’altra, per cominciare.
Un’Europa che – come spiega Iacona presentando la puntata – si trova davanti ad una sfida industriale pazzesca, tra gli Stati Uniti che ci riempiono di dazi e la capacità produttiva e competitiva della Cina.

Presadiretta ci porterà in Germania, dove l’economia si è fermata, poi in Italia, poi Iacona ci riporterà in Cina (già visitata nel servizio dedicato alle energie rinnovabili) e in Irlanda.

L’Europa ad ottobre 2024, in difesa delle proprie industrie automobilistiche ha emanato dazi che vanno dal 17 al 35% sull’importazione degli autoveicoli elettrici dalla Cina. E come hanno risposto a questa mossa i grandi gruppi automobilistici cinesi?

Lo spiega Stella Li, vicepresidente di BYD, prima aziende produttrice di auto elettriche al mondo: “non penso che sia intelligente da parte dell’Unione Europea applicare i dazi perché alla fine danneggiano i consumatori finali europei che dovranno pagare di più. Tuttavia BYD già due anni fa, prima che si iniziasse a parlare di dazi, aveva deciso di investire in Europa, apriremo uno stabilimento in Ungheria.”
Anche in Italia potreste aprire una fabbrica?
“Siamo aperti ad ogni paese, man mano che continueremo a crescere avremo bisogno di maggiore capacità, ogni paese in Europa potrebbe essere un candidato per la nostra seconda o terza struttura.”
Lo stabilimento ungherese dovrebbe iniziare la produzione di auto elettriche a fine 2025. Anche la cinese CATL, il più grande produttore di batterie al mondo, aprirà uno stabilimento in Ungheria: partirà così la prima filiera elettrica cinese in Europa, che produrrà centinaia di migliaia di autovetture all’anno, che potranno essere vendute senza dazi.

Dalla BYD al gruppo Chery, il secondo marchio cinese di auto che nel 2024 ha venduto 2,6 ml di vetture, un incredibile +40% rispetto al 2023, con un fatturato di 67 miliardi di dollari, 100mila dipendenti di cui un terzo lavorano nel settore ricerca e sviluppo.

Presadiretta è entrata dentro uno degli stabilimenti, accolti da un robot che riconosce facce e voci, frutto dei lavori di ricerca del gruppo, capace anche di rispondere.
È grazie alla mobilità elettrica che Chery diventa una vera e propria compagnia tecnologica.

Lo spiega il presidente Zhang Guibing: “le auto elettriche sono auto sempre più intelligenti, il cockpit è intelligente e le tecnologie di guida autonoma sono intelligenti. Anche le batterie sono intelligenti e ce le produciamo da soli con la nostra ricerca e sviluppo perché dobbiamo essere indipendenti dal punto di vista tecnologico. Le nostre batterie hanno una ricarica veramente rapida, veloce, in cinque minuti puoi raggiungere 400 km di autonomia e questo vale anche per i motori elettrici. Hanno consumi di energia molto bassi, circa 9,9kw/ora per 100 km [il consumo medio di una batteria è di circa 13,5 kw/ora]. Con le auto elettriche hai la forza, hai la potenza, hai la velocità di accelerazione, tutto quello che vuoi. Ecco perché ora in Cina anche BMW, Mercedes, Audi, Porsche, vendono di meno.”
Quindi la vera innovazione è davvero l’auto elettrica – ha chiesto Iacona

L’elettrificazione è la chiave, è fondamentale. Poi le tecnologie per la guida autonoma intelligente sarà la prossima chiave. L’intelligenza artificiale in interconnessione col guidatore e i big data. Questo sarà il nostro futuro e anche su questo stiamo lavorando.

Anche il gruppo automobilistico cinese Chery ha investito in Europa: nel 2024 è nata una joint venture con una azienda spagnola a Barcellona, con la realizzazione di uno stabilimento capace di produrre 150 mila auto l’anno su piattaforma e tecnologia cinese. Alla firma dell’accordo era presente anche il presidente spagnolo Sanchez insieme ai vertici dell’azienda cinese.

Dalla Spagna, le auto elettriche Chery verranno vendute in Europa e ancora una volta senza dazi. Lo slogan di Chery è “in Europe, for Europe”.
Cosa significa lo spiega a Iacona il presidente Zhang Guibing: “noi non vogliamo semplicemente vendere le nostre auto in Europa, noi vogliamo integrarci con l’industria locale europea, con la catena di approvvigionamento e i fornitori europei, coi governi europei. Non solo i nostri clienti devono rimanere soddisfatti, ma anche i governi lo devono essere e i lavoratori europei, e la società europea. Ecco cosa significa per noi in Europa per l’Europa.”
Significa che volete produrre sempre di più in Europa?
“Se vogliamo essere un grande attore dobbiamo sicuramente produrre in Europa.”
E’ vero che volete aprire un centro design in Italia e che sareste interessati a comprare la Maserati – ha chiesto il conduttore.
Il presidente ha risposto positivamente per il centro di design mentre ha preferito non rispondere sulla Maserati, “posso solo dire che siamo molto interessati a diversi marchi di alta gamma”.
Come commenta il fatto che l’Europa non stia spingendo come la Cina sulla mobilità elettrica, il fatto cioè che in Europa si vendano così poche auto elettriche?
“E’ chiaro che le infrastrutture elettriche non sono sviluppate come in Cina e questo è un problema, ma negli ultimi due anni ci sono stati grandi cambiamenti, l’innovazione tecnologica si sta sviluppando molto velocemente, noi le chiamiamo auto super ibride perché dentro la città possono fare dai cento ai trecento chilometri solo in modalità elettrica e in guida mista si può arrivare a 1200 km di autonomia. Anche in Cina le super ibride stanno crescendo: ancora una volta è la ricerca tecnologica che sta dando tutte le risposte e che farà crescere il mercato delle elettriche anche in Europa.”


Hangzhou la chiamano la città dell’acqua perché attraversata dal grande fiume Qiantang, quando arriva in città è largo e gonfio di acqua prima di gettarsi nel mar Cinese meridionale. Poi c’è il lago dell’ovest che fa parte della lista dei beni patrimonio dell’umanità protetti dall’Unesco, sempre pieno di turisti che vengono qui a visitarlo.


A Hangzhou c’è il quartiere generale della Geely, altro gruppo industriale nel settore dell’automotive con 11 stabilimenti e 50mila dipendenti.
La storia della Geely rappresenta bene quello che è successo nel settore dell’automotive: negli anni 90 sono arrivati i grandi marchi dall’occidente a produrre macchine in joint venture con le aziende cinesi e così c’è stato il trasferimento tecnologico.

Oggi grazie alle auto elettriche il rapporto si è rovesciato: sono le grandi case automobilistiche cinesi che godono di un vantaggio tecnologico rispetto ai concorrenti stranieri.

Così è partita la scalata dei gruppi cinesi nei confronti di quelli occidentali.
Iacona ha visitato uno degli stabilimenti della Geely che può produrre fino a 300mila autovetture l’anno, settecento al giorno, pronte per partire per tutto il mondo.

Questa è la fabbrica della Link&Co una joint venture con la Volvo Cars di cui la Geely è diventata proprietaria. Ma la campagna acquisti non è finita qui: Geely è il maggior azionista di Volvo group, il gruppo che produce autocarri e anche della Lotus cars, della Daimler, della Aston Martin.

L’ultima acquisizione Geely l’ha fatta nel 2019 quando ha comprato da Mercedes il 50% di Smart: oggi la nuova Smart si fa in Cina, il design è tedesco, ma la piattaforma e la tecnologia è tutta cinese.

Sono auto dove la guida è assistita, il guidatore deve tenere le auto sul volante, ma la macchina si guiderebbe da sola, in grado di evitare gli ostacoli sulla strada.
Tutta questa intelligenza costa molti soldi – spiega Tong Xiangbei AD di Smart – perché la macchina è dotata di diversi sensori, ma è qualcosa che va fatto, “se non fai questo salto tecnologico perdi il treno dell’innovazione per sempre.”


Che poi è quello che sta succedendo ai marchi europei, che hanno perso il treno della mobilità elettrica e che oggi pensano di difendersi dal futuro bloccando in Europa le leggi sul green deal. Barattando profitti a breve termine col futuro, con la difesa dell’ambiente.

E l’Italia? Ci sono aziende che hanno sposato e investito molto nell’innovazione: Presadiretta è entrata dentro gli stabilimenti della VHIT, un’azienda che produce sistemi lubrificanti e frenanti per i motori. Tutti i macchinari registrano in continuazione ogni processo e inviano un mare di dati all’intelligenza artificiale per monitorare l’efficienza dell’impianto, riducendo il costo del lavoro diretto. Si risparmiano soldi alla fine che finiscono in testa d’opera, ovvero ricerca e sviluppo – spiega Corrado Laforgia Addi VHIT – di nuovi processi e prodotti, “questa azienda nel 2014 disegnava e produceva soltanto componenti per motori a combustione interna, dal 2014 la stessa funzione viene fatta da un motore elettrico, da una scheda elettronica, da un software. Per fare questo abbiamo investito in nuove competenze, eravamo dei meccanici, oggi siamo diventati dei meccatronici. Abbiamo imparato cos’è il software, cos’è l’elettronica, cos’è un motore elettrico, quindi ci stiamo preparando per il futuro.”
E’ questa l’innovazione che può salvare le aziende italiane?

Le aziende italiane possono salvarsi se riescono a capire dove mettersi all’interno di questa nuova catena del valore, non è più soltanto un problema di produrre, a produrre ormai sono capaci tutti, quello che fa la differenza è, davanti ad un problema, ad una necessità di mercato, io come la risolvo molto meglio degli altri?”

Ma ci sono altre azienda che in questo momento stanno facendo i conti con la “tempesta perfetta” che si sta abbattendo sul settore manifatturiero: Presadiretta ha visitato il distretto industriale di Brescia, una delle provincie a più alto valore aggiunto in Italia con le sue 13mila aziende, che esportano i loro prodotti per il 19% in Germania e che ora per la crisi tedesca hanno visto calare l’export di 440 ml.
Dunque la crisi in Germania che colpisce anche le azienda in Italia, ma poi c’è anche il costo dell’energia che costituisce un grave problema per le aziende nel settore siderurgico: “L'Italia ancora oggi è la nazione all'interno dell'Europa che paga un costo dell'energia più alto. Questo non ci consente di essere competitivi” racconta Giuseppe Pasini di Feralpi Group.
Si tratta di una crisi senza precedenti che ha costretto molte di queste aziende a ricorrere alla cassa integrazione con fermi di produzione prolungati.

Sta andando in crisi un modello di produzione basato sulla piccola-media impresa, a condizione familiare e che ora non è in grado, da sola, a gestire questo cambiamento di mercato, perché manca la mentalità del cambiamento, per essere pronti a gestire queste nuove tecnologie: le tecnologie green, l’intelligenza artificiale, un modello di produzione dove l’operaio non è un robot ma un tecnico con forti competenze tecnologiche.
Non basteranno i sussidi che il governo Meloni ha messo in campo prendendo i soldi dal PNRR e dai fondi di coesione per risolvere questa situazione.

La scheda del servizio:

In apertura la carenza idrica in Basilicata e Sicilia

La carenza e la cura inadeguata delle risorse idriche sono al centro di “Aspettando PresaDiretta”, in onda domenica 13 aprile alle 20.30 su Rai 3. Due sono le situazioni emblematiche analizzate: la Basilicata, riserva idrica per l’Italia del sud, dove in pieno inverno migliaia di persone si sono ritrovate con i rubinetti a secco. Qui le dighe sono semivuote e i tassi di dispersione del 60 per cento. E poi la Sicilia, dove in 30 anni la disponibilità di acqua è diminuita del 25 per cento. L’inchiesta è incentrata su grandi opere incompiute, mancati collaudi, insufficiente manutenzione, danni all’agricoltura e agli allevamenti, disagi per i cittadini. Ospite in studio Antonello Pasini, climatologo del Cnr, parla di crisi idrica, di eventi climatici estremi e di cosa fare per cambiare rotta.

PresaDiretta” prosegue con la puntata “Europa la sfida industriale”, sui dazi di Trump che colpiscono il vecchio continente nel suo momento di massima debolezza economica.

Sull’industria tedesca pesa il rischio recessione. Le acciaierie, i cantieri e le fabbriche di auto in Germania sono alle prese – come mostrano le telecamere di “PresaDiretta” - con migliaia di licenziamenti, scioperi, delocalizzazioni, chiusure di impianti. Pesanti le ripercussioni anche in Italia, soprattutto nel bresciano, area legata a doppio filo all’industria tedesca, non a caso definita il diciassettesimo Land. Un viaggio negli stabilimenti siderurgici, meccanici e della filiera dell’auto, che vivono il crollo delle esportazioni.

Sul fronte opposto, la Cina e il suo primato mondiale di veicoli elettrici. Il reportage di Riccardo Iacona racconta un sistema che conta 40 gruppi automobilistici, più di 100 marchi, 4 milioni e mezzo di lavoratori. Non solo, oggi sono le aziende cinesi a portare avanti joint venture e acquisizioni in Europa. Mentre in Italia a Termoli, gli stabilimenti Stellantis si svuotano di operai e di produzione. E anche il grande progetto di costruire una gigafactory per realizzare batterie elettriche non è mai decollato: sempre meno posti di lavoro, sempre più ore di cassa integrazione.

Eppure, i soldi per sostenere l’economia ci sarebbero, se anche le multinazionali pagassero le tasse. Come dimostra l’Irlanda: dal settore farmaceutico a quello tecnologico, dalle comunicazioni ai servizi finanziari hanno lì la propria sede ben 1.800 multinazionali, in maggioranza americane. Perché lì le tasse sono molto più basse rispetto a Italia o Usa.

Ospite in studio per analizzare la crisi e le nuove sfide industriali Emiliano Brancaccio, docente di Economia politica all’Università Federico II di Napoli.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

07 aprile 2025

Almeno tu, di Carlo Lucarelli

Una volta io pregavo.

Tutte le sere, prima di addormentarmi, fin da bambino.

Non che fossi particolarmente religioso, non lo sono mai stato, giusto le solite cose per uno come me, battesimo, comunione e cresima, l’ora di religione a scuola, a messa qualche domenica, con i nonni, e verso i quattordici anni basta. Se me lo chiedevano, non so, una volta, un prete, quando sono andato in montagna con una settimana bianca organizzata da una parrocchia, dicevo umanista laico di origine cattolica, e a parte la definizione cosí un po’ da liceo classico, di piú non sarei riuscito ad approfondire, perché non era una cosa a cui pensavo molto, anzi, quasi mai.

Però pregavo.

(Incipit preso da Incipitmania)

Cosa sappiamo della vita dei nostri figli? Di quello che fanno quando accanto a loro? Di quello che pensano di noi, gli adulti, i genitori, i “grandi”?
Pochi romanzi come questo riescono a condensare tanti argomenti al loro interno e a metterci di fronte a domande a cui non sappiamo veramente dare risposta.

Lucarelli lo fa a modo suo, con un romanzo molto intimo e allo stesso tempo molto duro: non un giallo, dove alla fine c’è una soluzione consolatoria con la scoperta dell’assassino.

Vittorio e Paola sono una coppia come tante: una vita senza grandi emozioni, i soliti alti e bassi, c’è stata una scintilla, anni prima, ma ora la vita ha spento questo fuoco.
A darle una scossa è la notizia della morte della loro bambina, Elisa. Una adolescente in realtà ma, si sa, per i genitori i figli rimangono sempre i loro bambini.

- Elisa è stata investita da un'auto ed è … mi dispiace, insomma è morta.

- Ma come, - dice Vittorio, con la voce.
E non significa come successo, significa perché.
Ma come .
Ma perché.
Perché Elisa.
Elisa perché.

Elisa è stata investita da una macchina mentre era in montagna, in vacanza a casa di un’amica.

Il trauma investe le loro vite come un pugno: la necessità di capire il come, i perché, l’incredulità e il non voler accettare quello che è successo. E poi la reazione alla morte, da una parte Paola che non si rassegna a quella relazione dei carabinieri di Pozzuolo, il paesini a cinquanta minuti da Faenza dove vivono. Vittorio invece si lascia andare nei ricordi. I ricordi della sua Elisa..

È stata lei a chiederglielo già la prima seduta, cosa le manca di sua figlia, e Paola ‘mi manca il tempo’.
Un buco. Una voragine, ha detto l'ultima volta che gli siamo andati assieme.
Io no. Io non la vedo così. Per me Elisa c'è sempre, ogni attimo, ogni momento, ogni istante.

La prima volta che l’ha vista nella culla. La prima volta che quella manina piccola ha stretto un suo dito infilato nella culla. Le volte che si sono addormentati assieme sulla poltrona..

Eppure, come gli in faccia Paola, Vittorio è stato un padre assente, uno che urlava, che nemmeno sapeva quanti anni aveva la figlia.

E ora Elisa non c’è. E c’è questa “avvocaticchia” che, assieme a Paola, gli sta mostrando delle carte che insinuano un dubbio. Che forse non è stato un incidente. Che due ragazzi che quella sera erano in auto con Elisa, qualche estate prima erano finiti dentro una storia brutta, con una ragazza caduta dal balcone della loro camera..

Questa notte l'ho sognata. Aveva due anni ed era cosí piccola, mi si arrampicava su una spalla come un topolino, rideva. Nel sogno avvicina la bocca al mio orecchio e il suo fiato caldo mi fa il solletico, ma quando sussurra ha una voce da grande. Dice: devi ammazzarli tutti.

L’uomo tranquillo, l’insegnante che ora ha smesso di andare a scuola, lentamente si trasforma in altro. Un altro uomo, non solo fisicamente, per quella barba che si fa crescere, per quel tic all’occhio, quella specie di contrazione all’angolo della bocca, come un semi-ictus.
È la trasformazione dell’uomo comune in un assassino che, all’inizio in modo artigianale, inizia a spiare la vita dei ragazzi che quella sera erano lì, assieme a sua figlia.

Devi ammazzarli tutti..

La vendetta del buon padre contro chi ha ucciso la sua bambina? No,così sarebbe troppo semplice. Perché, come man mano scopriremo, nemmeno Vittorio è stato un buon padre.

E gli altri ragazzi, che nemmeno sono dei santi, sono cresciuti così prendendo su di loro le colpe dei padri e delle madri.

L’ossessione per essere maschi e rispettosi dei precetti cristiani. Il desiderio dei soldi facili. Il poter fare quello che si vuole perché tanto c’è papà che ci pensa a salvarmi dai guai.
Il desiderio di essere ammirata da tutti sui social..

E poi Vittorio, l’uomo qualunque, quello che non penseresti mai, che si trova quella canzone in testa, che non va più via.

Una canzone che inizia con quei versi, “sai, la gente è strana.. ”

Non cambierai, dimmi che per sempre sarai sincero, e che mi amerai davvero.

Di più, di più, di più.
Di certo in quel momento affonderebbe la faccia deformata come una maschera dentro le mani aperte, piegato sulle ginocchia, la schiena curva fino a infilarci la testa in mezzo, e se non piangesse forte con la voce lo farebbe lo stesso dentro, con tutto il corpo teso, a dondolarsi avanti e indietro e se proprio riuscisse a parlare direbbe scusa, scusa, scusa.
La mia bambina.

Almeno tu nell'universo.

È amore quello di Vittorio? Oppure è solo l’incapacità di accettare che la sua Elisa crescesse?
E che dire degli adolescenti, l’altro binario su cui scorre questa storia? Ragazzi all’apparenza duri che dentro nascondono le loro fragilità, che arrivano a confidarsi con sconosciuti sui social piuttosto che coi genitori, così lontani e incomprensibili.

Vengono in mente, arrivati fino in fondo a questa storia dura e cupa, le pagine dei romanzi Simenon dove l’autore belga ci porta dentro le tragedie familiari, i drammi di quella borghesia all’apparenza felice se vista da fuori. Ma dentro malata e infelice. Dove si sente l’odore della tragedia, che incombe in quelle stanze chiuse.

La scheda del libro sul sito di Einaudi
I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

 

06 aprile 2025

Anteprima Presadiretta – porte chiuse



Migranti devono fare code chilometriche davanti alle Questure per ottenere un permesso di soggiorno e poter vivere in questo paese nella legalità.

Un paese dove i percorsi ufficiali per arrivare, nel rispetto della legge (coi vari decreti flussi), sono complessi e nemmeno soddisfano la domanda da parte delle imprese italiane. Non solo, anche per le seconde generazioni, come ha raccontato Presadiretta poche settimane fa, ottenere la cittadinanza italiana è un processo lungo e complesso.
Tutto questo succede per le leggi fatte in Italia dai politici italiani che creano l’irregolarità tra i migranti che arrivano qui: persone che diventano così invisibili, sono criminali per una legge che li condanna non per quello che hanno fatto ma per lo stato in cui si trovano.

Persone costrette poi a subire ogni ricatto per avere un lavoro, in nero, senza diritti.

Questa domenica in “aspettando Presadiretta ” sarà ospite Stefano Guarnieri, fondatore dell’associazione in memoria del figlio Lorenzo, morto in un incidente stradale.

Stefano sta portando avanti una sua battaglia contro gli incidenti sulle nostre strade dove a morire sono spesso i ragazzi come Lorenzo, morto a soli 17 anni investito da un uomo che era in stato di ebrezza.
Presadiretta nell’anteprima parlerà anche del nuovo codice della strada e poi verranno presentati i reportage per fare un’opera di prevenzione nei confronti dei ragazzi anche con l’aiuto di Daniele Grasucci di Scuola.net perché a morire sulle strade sono proprio i ragazzi.

In un anno – racconta l’anteprima del servizio - in Europa sono morte più di ventimila persone e l’Italia è al nono posto su 31 nella classifica dei paesi: si muore per distrazione, per l’uso dei telefonini, per l’abuso di alcool e di stupefacenti (che la stessa Presadiretta aveva raccontato nel servizio “Generazione alcolica”).
Il giornalista di Presadiretta si è prestato ad una dimostrazione in pista: mostrare quanto è difficile governare un’auto quando il fondo stradale è bagnato e le ruote perdono aderenza. Anche solo a 50km orari la perdita di aderenza è stata totale: non è semplice governare la vettura in condizioni difficili, i muri d’acqua che dovevano simulare un ostacolo da evitare sono stati presi in pieno.

L’istruttore che ha affiancato il giornalista di Presadiretta – Matteo Colognola, istruttore al centro Aci di Roma - ha poi mostrato come gestire una situazione comune, provare a schivare un ostacolo che appare all’improvviso, più alta è la velocità del mezzo più è difficile evitare l’impatto, perché diminuisce il tempo di reazione.
Anche per un guidatore esperto è difficile evitare gli ostacoli se la velocità è alta.

L’ultima simulazione fatta è stata quella di guidare mentre si guarda uno smartphone: il risultato anche per un guidatore esperto come lui è inevitabile, si sfonda il muro d’acqua, “guardando il cellulare è difficile avere un buon campo visivo, l’ostacolo si vede all’ultimo momento e solo con la coda dell’occhio, e sono a cavallo della striscia bianca, ho navigato all’interno della corsia e potrei aver preso tranquillamente il new Jersey, il guardrail, qualche persona”

La puntata però è dedicata alle politiche sui migranti di questo paese: Presadiretta ha intervistato alcuni dei migranti che sono stati portanti nei centri in Albania in quelle strutture pensate dal governo Meloni come luoghi di “identificazione e rimpatrio”, costati al contribuente quasi 800 ml di euro e al momento inutilizzati.
Secondo le procedure stabilite dal governo in Albania possono finire i migranti salvati in mare dai mezzi navali italiani che siano maschi, adulti, sani e provenienti da paesi sicuri.
I tre ragazzi intervistati da Presadiretta rientravano in queste categorie, uno era egiziano e gli altri due del Bangladesh: hanno preferito non mostrare il loro volto in televisione, perché hanno fatto richiesta di asilo e sono in attesa di una risposta. Temono che l’intervista possa compromettere questa procedura da cui dipende la loro vita.
“Quando siamo arrivati in Albania ci hanno fatto salire su un pullman, scortato da macchine della polizia, come fossimo dei criminali… Per il primo giorno non ci hanno dato niente da mangiare, solo un pezzo di pane, un barattolo di latte, e una bottiglietta d’acqua.”

Continua un altro ragazzo: “C’era una grande pressione psicologica, c’era stato detto che c’era la possibilità di scegliere un avvocato gratuitamente e io ne ho scelto uno a caso..”
Per questi ragazzi quella in Albania è stata vissuta come una permanenza in carcere, per fortuna breve: nell’arco di pochi giorni i magistrati italiani hanno stabilito che il trasferimento in Albania era illegale e sono stati riportati in Italia al centro di Bari. Qui hanno fatto domanda di asilo.
L’avvocato Dario Belluccio ha assistito alcuni di questi migranti: li ha trovati devastati da questa esperienza, “sono ancora in una situazione di vulnerabilità”.
Ma il governo andrà avanti anzi, usando la loro terminologia nostalgica da ventennio, il governo tirerà diritto, nonostante gli ammonimenti dei giudici.
Quei centri in Albania verranno usati come CPR ovvero carceri dove detenere persone che non hanno commesso reati, ma a cui è stato negato un permesso di soggiorno.

Ma come si vive nei CPR? Presadiretta è entrata dentro quello di Macomer una struttura isolata nel cuore della Sardegna, un ex carcere di massima sicurezza che conteneva detenuti al 41 bis.

Oggi è destinato a migranti in attesa di rimpatrio: al momento sono 47 i migranti detenuti, per una capienza di 50 posti.
Appena i detenuti notano la presenza dei giornalisti nel cortina iniziano ad urlare il loro disagio, per le violenze, “stiamo morendo lentamente.. entrate per vedere la nostra situazione, viviamo peggio dei cani..”.
“C’è gente passa qua” racconta un ragazzo una volta che le telecamere sono entrate dentro la struttura “c’è gente che sclera, gente che si sta impiccando, c’è gente che vuole morire, un ragazzo portato in ospedale che ancora non è rientrato..”
Nessuno aveva informato i giornalisti di questo episodio: un signore che aveva un lavoro e la residenza e che una volta finito qui dentro non ce l’ha fatto e si è impiccato.
Le telecamere – nell’anteprima del servizio - registrano poi un via vai degli addetti e delle forze di polizia, anche in tenuta antisommossa che entrano nei blocchi dei detenuti: un detenuto che fino a dieci minuti prima aveva parlato coi giornalisti viene poortato via da un operatore “perché io non sono autorizzato a trattenerlo con lei”. Questo ragazzo racconta di un tentato suicidio da parte di un altro detenuto che voleva parlare coi giornalisti, “qua stiamo morendo, stiamo morendo lentamente ”.

Eccole le ragioni del trambusto - racconta il giornalista di Presadiretta che ha accompagnato la deputata di AVS Francesca Ghirra dentro il CPR: l’ennesimo tentativo di suicidio di una persona di cui non sappiamo nulla e che avrebbe dovuto parlare con Presadiretta.
Si sa solo che è stata portata in urgenza in ospedale, solo la deputata è riuscita a vederlo mentre era a terra con i soccorritori attorno: aveva dei tagli su un braccio, dei tentativi di autolesionismo prima di appendersi perché “usano le lenzuola ignifughe che ci sono nelle stanze.”
Il ragazzo voleva parlare con Presadiretta perché gli avevano spostato l’udienza per il rimpatrio nel 2027.


Finalmente vediamo quello che succede dentro questi cpr, struttura nate con la legge Turco Napolitano (governo di centro sinistra) che, secondo i piani del governo, dovrebbero esserne presenti uno per regione.
“Siamo trattati peggio dei cani” gridano i migranti da dietro le sbarre, “per favore entrate e parliamo come civili.”
Che livello di civiltà può esserci in un paese che detiene persone in un carcere solo perché sono entrate nel paese infrangendo quel sistema di leggi che è pensato solo per complicare la vita alle persone? Dopo più di vent’anni di discussioni inutili, noi siamo ancora fermi alla Bossi Fini.


La scheda del servizio:

Nella puntata in onda domenica 6 aprile alle 20.30 su Rai 3, "PresaDiretta" si occupa di migranti, mentre "Aspettando PresaDiretta", di sicurezza stradale e del nuovo Codice della strada. Tremila persone l’anno, 8 vittime al giorno, una ogni 3 ore. Una strage quella che si consuma sulle strade italiane, la prima causa di morte tra i giovani. Le storie di chi ha perso la vita e l’impegno di chi fa prevenzione. E poi l’inchiesta di "PresaDiretta" dentro i Centri di permanenza per il rimpatrio, tra disagio, psicofarmaci e atti di autolesionismo. Insieme alle testimonianze dei primi migranti inviati nei centri di accoglienza in Albania e alla ricostruzione della vicenda di Moussa Diarra, ucciso davanti alla stazione di Verona. E un reportage in Spagna, per conoscere le nuove norme sui migranti del governo Sanchez.

"Aspettando PresaDiretta", nella prima parte della serata, dalle 20.30 fino alle 21.25 circa, si occuperà del nuovo Codice della Strada in vigore da pochi mesi e i suoi effetti sulla sicurezza stradale. In Europa in un solo anno sono morte più di 20 mila persone sulle strade, e l’Italia è al 9° posto su 31 paesi. Le cause sono ben note: velocità, distrazione, telefonini, alcol e stupefacenti. Le storie di Francesco Valdiserri e Simone Sperduti. L’esperienza della città di Bologna e del limite dei 30 km orari. Ospiti in studio: Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net, e Stefano Guarnieri, che presiede la “Lorenzo Guarnieri Onlus” fondata dopo la morte del figlio, vittima di un incidente.

E poi la puntata "Porte chiuse". Un viaggio nei Centri di permanenza per il rimpatrio e nelle strozzature delle politiche migratorie italiane fatte di burocrazia impazzita, file incivili davanti alle questure, appuntamenti per il rinnovo del permesso di soggiorno rimandati, documenti negati e tagli ai servizi. E poi una storia, che ne racconta tante altre. Un nome e un cognome: Moussa Diarra, originario del Mali, da 8 anni in Italia, morto sotto i colpi della pistola di un agente ferroviario a 26 anni, il 20 ottobre 2024, davanti alla stazione di Verona. Una storia di ricerca di integrazione e speranze infrante, fino al disagio mentale.

Le telecamere di PresaDiretta sono entrate nel Cpr di Macomer, in Sardegna, che ha da poco cambiato gestione. E hanno registrato le parole dei migranti e degli operatori, i disagi, le violenze, gli abusi di psicofarmaci, fino a testimoniare un drammatico tentativo di suicidio. E poi il racconto dell’esperienza nelle strutture in Albania di alcuni dei migranti del primo gruppo, inviato l’ottobre scorso, dopo essere stato intercettato nelle acque del Mediterraneo. La loro storia, dai Paesi d’origine alle prigioni libiche. E l’attesa oggi, per la richiesta d’asilo in Italia. Ultima tappa la Spagna, con un approfondimento sul nuovo regolamento del governo Sanchez che, per rispondere a questioni sociali ed esigenze economiche, punta a un milione di regolarizzazioni nei prossimi tre anni. Ospiti in studio di Riccardo Iacona, Silvia Albano giudice della sezione immigrazione del Tribunale di Roma e Fabio Anselmo, avvocato nel processo Cucchi, per discutere delle politiche migratorie dell'Italia e dell’Europa, e del sistema di accoglienza e di integrazione.

"Porte chiuse è un racconto di Riccardo Iacona e Maria Cristina De Ritis con Liza Boschin, Pablo Castellani, Irene Fornari, Giuseppe Laganà, Roberta Pallotta, Emilia Zazza, Amedeo Bersani, Fabio Colazzo, Fabrizio Lazzaretti, Elia Mansueto e Massimiliano Torchia.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

03 aprile 2025

L'innocenza dell'iguana, di Paolo Roversi


La moto è nera, lucida. Come il casco integrale e la tuta di pelle. Arriva da piazza della Repubblica, sobbalzando sul pavé di via Turati, e accosta al marciapiede dove camminano due uomini. Uno, sulla quarantina, avanza a passo deciso.

Undicesimo romanzo della serie con protagonista l’hacker-investigatore Enrico Radeschi, “L’innocenza dell’iguana” chiude, forse, un ciclo, quello che riguarda Il Danese, questo enigmatico ex contrabbandiere che Radeschi aveva incontrato a Cipro nel corso della sua fuga dal mondo (una storia raccontata nel romanzo Cartoline dalla fine del mondo), per sfuggire da un killer che gli aveva dichiarato guerra.
L’azione di questo romanzo si svolge su due piani, infatti: da una parte una nuova indagine in cui Radeschi, assieme alla sua nuova aiutante, Liz (incontrata nel corso della precedente indagine L’ombra della solitudine), un’altra hacker forse ancora più abile di lui, devono aiutare il vicequestore Loris Sebastiano a risolvere un caso di cronaca. Usando tecniche più o meno illegali.
Dall’altra Radeschi deve aiutare l’amico, il Danese, a risolvere il suo enigma, ritrovare la figlia scomparsa che credeva morta in un attentato anni prima.

Indossa un cappello di feltro a tesa larga, occhiali da sole con lenti azzurrate, giacca a vento scura e ha un Iphone tra le dita.
L’altro, più anziano, ha i capelli grigi, guanti, un cappotto color cammello e porta una ventiquattrore di marca.

Due uomini, il giovane con l’Iphone e l’anziano con la ventiquattrore, sono stati colpiti da un killer in via Turati che dopo aver sparato i tre colpi, si dilegua in moto.
Sono un conduttore di una trasmissione radiofonica famosa che si occupa anche di indagini di cronaca e che ha suscitato diverse polemiche per lo stile in cui vengono condotte le inchieste e per lo stile sopra le righe del conduttore, Michele Carras.
L’altra persona è il proprietario di una concessionaria famosa, Giovanni Fontana: per lui, il colpo che l’ha colpito alla nuca, è stato fatale, tanto da condurlo alla morte.
Cosa possono aver in comune uno speaker della radio tanto amato e odiato per lo stile volutamente polemico delle sue trasmissioni e un imprenditore milanese?
Le telecamere di sorveglianza non sono di aiuto, il killer ha occultato la targa.
Sebastiani, il poliziotto che conduce le indagini assieme all’agente Rivolta (“l’elemento migliore in forza alla squadra Mobile ed è anche l’unica donna”) avrebbe bisogno delle intuizioni e del supporto informatico di Radeschi, che già lo ha aiutato nel passato.

«Sul motoscafo ci tornerai col tuo fidanzato.»
«Chi ti dice che mi piacciano i maschi?»
«Non ti piacciono?»
«Non è questo il punto, Enrico.» Sospiro e lascio cadere la conversazione: ne uscirei a pezzi, come sempre.

Ma purtroppo adesso Radeschi si trova a Venezia assieme a Liz, la giovane aiutante figlia di origini filippine, a metà tra Lisbeth Salander e Mercoledì della famiglia Addams: non sono lì per una vacanza, ma per incontrare il Danese, questo strano personaggio che ha attraversato molte vite e anche la morte, simulando un incidente.

Per gli amici è solo il Danese, in virtù del fatto che, per un certo periodo, ha gestito un chiosco di pizze a Christiania, il quartiere hippy delle droghe libere di Copenaghen.

Ora Il Danese ha una missione, ritrovare la figlia, Iris, seguendo una flebile pista che forse è solo un’illusione, ufficialmente Iris, assieme alla moglie, è saltata in aria a Belgrado tanti anni prima, in un attentato che dietro avrebbe un altro criminale-contrabbandiere di cui conosce solo il soprannome, Trgovac, il Mercante.
Deve trovare questo “Mercante” per capire se la figlia sia viva o meno e per fare questo l’amico Radeschi è l’unica persona al mondo che può aiutarlo, con le due doti magiche.

Il racconto scorre così sui due binari: da una parte le indagini sulle due vittime, l’imprenditore (morto per il colpo alla nuca) e lo speaker della radio. Il primo aveva appena licenziato un socio per delle divergenze: che possa essere questa la causa dell’agguato? E cosa c’entra allora il conduttore radiofonico? In alcuni servizi, più di stampo giustizialista che da cronaca giudiziaria, si era occupato anche di mafia

« … Quello che ha raccontato sul maxisequestro al mercato comunale dell’Isola ai danni della cosca dei Rinaldi è esemplare in questo.»

«Cosa vuole dire?» «Che non è giornalismo, ma giustizialismo»

La mafia allora? E cosa c’entra la mafia con l’imprenditore che vendeva auto di lusso ai vip?

Sull’altro binario, questo strano “team” molto eterogeneo, il cronista Radeschi, l’hacker anticonformista (e cresciuta troppo in fretta) Liz e il Danese, grazie ad una intuizione di Liz, si mettono sulle tracce delle persone che potrebbero essere “il mercante”.
In questa indagine non autorizzata incontreranno persone in fuga dal mondo, come il Broker che, dopo essersi arricchito sulle disgrazie degli altri, ha deciso di ritirarsi sui monti in compagnia di due lupi. Per sentirsi libero.

Chrestos esita un attimo. «Sono un sopravvissuto che non vuole più vivere.»

«Lo siamo tutti in qualche modo.»

La soluzione sul doppio agguato in via Turati, arriverà da Liz grazie ad una intuizione che, una volta, sarebbe arrivata anche al nostro Radeschi se non fosse che la mente del cronista di Milanonera è ora occupata da troppi pensieri: la preoccupazione per l’ossessione del suo amico Chrestos nel voler ritrovare la figlia prima di tutto e per la cattiva influenza che potrebbe lasciare su Liz. Poi è il dolore ancora forte per la perdita di Amanda, la sua fidanzata e del suo adorato Buk, il golden retriever che tanto amore gli aveva regalato.
Ma la giustizia trionferà ancora una volta, regalandoci una soluzione del caso dentro cui troveremo tanti ingredienti, mixati tra loro dal caso, perché a volte le coincidenze esistono.

E che ne sarà de Il Danese, alla fine di questa storia? Un ciclo della sua storia si chiude qui, ma sono certo che tornerà ancora a trovarci, prima o poi.

Regalandoci altre pillole di saggezza, come questa:

«Ma certo! La quinta è anche la mia preferita, perché funziona in ogni lingua e situazione. Ed è molto semplice: quando non capisci una sola parola di quello che ti stanno dicendo, annuisci e sorridi. E poi fa’ come ti pare.»

La scheda del libro sul sito di Marsilio

Il blog di Paolo Roversi
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30 marzo 2025

Anteprima Presadiretta – ragazzi fuori

Ragazzi bulli che tormentano i loro coetanei, che uccidono per un banale litigio, che finiscono nelle carceri, sempre più piene e tutti coloro che li aiutano, perché nessuno è perduto per sempre

Questa sera Presadiretta si occuperà dei ragazzi, quella che potrebbe diventare visti i venti di guerra e le politiche militaristiche, la nuova generazione perduta.

Sarà un reportage mia visto prima – spiega presentato la puntata il conduttore Riccardo Iacona - sulle migliaia di bambine e bambini che dai 0 ai 14 anni hanno un profilo social e postano tutto il giorno, per altro facendo muovere la macchina dei social in maniera incredibile perché fanno milioni di visualizzazioni su Instagram e Tik Tok. Un fenomeno incredibile che ha anche l’autorizzazione dei genitori perché senza la loro autorizzazione i bambini non potrebbero avere un profilo social.

Nell’anteprima si parlerà dell’impatto sui social sui minorenni: in che modo gestire la condivisione di contenuti dove appaiono bambini? Nel mondo è nato un fenomeno chiamato sharenting, ovvero condivisione dei contenuti costante coi genitori.
La Francia è l’unico paese dove è stato regolamentato e i giornalisti di Presadiretta sono andati in questo paese per vedere come funziona in un piccolo paese poco lontano da Parigi, incontrando una giovane influencer madre di tre figli, Oralie Guenzi.
“Non utilizzo i miei figli, condivido parte della mia vita e a volte compaiono anche i miei figli, faccio molta attenzione nel non dare troppe informazioni sul loro conto, non dico dove viviamo, che attività fanno, qual è la loro scuola, non do nessuna informazione sulla loro salute, non li mostro mai in situazioni imbarazzanti che potrebbero metterli a disagio nel futuro. Mi chiedo sempre, ‘io avrei voluto che mia madre condividesse questa cosa di me?’ La protezione dei bambini è estremamente importante per me, perla mia agenzia, per molte persone nel settore degli influencer ..”
Nei profili social di Oralie i figli non appaiono sempre nelle immagini condivise, però i post con i bambini sono retribuiti come gli altri: “per ogni collaborazione commerciale dove compaiono i miei figli firmo un contratto di lavoro in qualità di rappresentante legale, è la legge, tanto meglio per i miei figli, partecipano al mio lavoro, vengono pagati.”

Ma dentro il mondo dei social ci sono storie come quella di Alessandro Cascone, un ragazzino di 13 anni che si è suicidato lanciandosi da una finestra: dietro ci sarebbe una storia di bullismo, sul suo telefonino sono stati trovati tanti messaggi di odio.
Erano messaggi dalla piattaforma NGL “Messaggi che non mi fanno stare male” aveva confidato alla madre: hai le corna, fai schifo, ti devi ammazzare ..
Come si deve sentire un ragazzino di 13 anni – si chiedeva il padre – fino ad arrivare a delle vere e proprie minacce.

Questa sarà tutta una puntata dedicata ai ragazzi e ragazze che delinquono, delitti sempre più feroci – continua Iacona nella presentazione della puntata – dove si arriva anche ad uccidere perché sono ragazzi che hanno le armi per uccidere, sono i “ragazzi fuori” che poi finiscono nelle carceri minorili che in Italia sono stra-affollate (e coi decreti Caivano, per la solita logica fintamente securitaria andrà sempre peggio), tanto è vero che scoppiano le rivolte, l’ultima pochi giorni fa al carcere Beccaria di Milano.

Presadiretta è entrata dentro quelle carceri e racconterà come si vive in queste carceri.

Si parlerà anche dei ragazzi che usano i social per fare del male, i bulli, una cosa che può essere molto pericolosa.

Infine c’è tutto il mondo di educatori, gente che con passione e amore aiuta questi ragazzi perché nessuno è perduto per sempre.

Il viaggio sul tema della violenza tra giovani e giovanissimi, parte dalle storie di tre vite spezzate:

Emanuele Tufano, 24 ottobre. Santo Romano, nella notte tra il 1° e il 2 novembre. Arcangelo Correra, 9 novembre. Tre giovani vite spezzate dalla violenza di altri giovani. L'anteprima del racconto di PresaDiretta ci porta in una normale notte di venerdì a Napoli, al fianco delle forze dell'ordine tra controlli, pistole e coltelli. Un viaggio nel cuore della città, tra tensione e pericolo, ma anche nel dolore profondo dei genitori che hanno perso i loro figli.

Santo era un ragazzo di 19 anni ucciso tra il 1 e il 2 novembre del 2024 a Casoria, nella provincia di Napoli. La mamma Mena e il fratello Antonio, la famiglia e i suoi amici si sono ritrovati in piazza nel trigesimo della morte per ricordarlo. Ad uccidere Santo è stato un minorenne con un colpo di pistola: “un minorenne cresciuto col mito del terrore, a marcare il territorio con la violenza” – racconta una ragazza venuto a raccontare quello che succede nelle strade. Ragazzini che si sentono superiori ai ragazzi della bella Napoli solo perché stringono un’arma, che si arrogano il diritto di scegliere se una persona può o meno continuare a vivere, “ma non sono superiori, non lo saranno mai, basta con questa violenza insensata basta con un sistema che protegge i carnefici e che abbandona le famiglie distrutte, basta con le vite spezzate troppo presto come quella di mio cugino!”

Noi adesso viviamo per lui” raccontano ai giornalisti di Presadiretta gli amici “viviamo due vite, una nostra e una la sua, basta vittime di 18-19 anni..”
Come si fa a non far succedere queste tragedie, cosa serve?

Si deve disarmare Napoli” perché è semplice avere un’arma in mano.


Il governo Meloni ha risposto all’emergenza della violenza giovanile con il decreto Caivano che prevede ancora più carcere per reati che coinvolgono minori, senza preoccuparsi né della prevenzione e nemmeno della situazione delle carceri minorili.

Presadiretta ha intervistato un ragazzo che è stato detenuto in queste strutture: “Succedono troppi casini, con tutte le persone messe così insieme, tutte in un gruppo così tante persone non va bene .. in cella eravamo in cinque, in quattro, arrivavamo anche a stare in sei in cella.. c’è chi dormiva per terra, infatti io ho dormito anche per terra..”
Nelle celle non c’è spazio per farci stare sei letti tutti assieme.
“Tu devi avere i tuoi spazi, non puoi stare attaccato ad un altro, cioè letteralmente attaccato con un letto ad un altro, che ti svegli e ti trovi questo, giri la testa e ti trovi questo, non è una bella cosa ..”

In questo momento la capienza è sicuramente quasi pari al doppio, abbiamo una trentina di ragazzi in più dentro – racconta la responsabile dell’area pedagogica dell’istituto Beccaria Elvira Narducci: “sono tanti, considerato che l’aggancio, il trattamento inizia dal primo giorno, sono tutti da prendere in carico, quindi diventa una difficoltà e per le risorse ma anche per gli spazi, non solo di vita ma anche laboratoriali. Quindi su questo noi ci dobbiamo ricalibrare ogni giorno, dobbiamo inventarci delle soluzioni possibili per garantire ai ragazzi le medesime opportunità”

La scheda della puntata:

Adolescenti tra disagio, cyberbullismo e piattaforme social

PresaDiretta” si occupa questa settimana di adolescenti tra crimine, disagio, cyberbullismo e piattaforme social. Il programma di Riccardo Iacona, con il reportage “Ragazzi Fuori”, in onda domenica 30 marzo alle 20.30 su Rai 3, entra nel carcere per minori di Nisida, a Napoli e nel Cesare Beccaria, a Milano, dove da mesi è un susseguirsi di rivolte, dove ha incontrato i giovani reclusi, gli operatori e le forze dell’ordine tra dolore, malessere e riscatto.

Sempre parlando di ragazzi, una pagina viene dedicata ai più fragili - quelli presi di mira dai bulli, sul web e quelli che non riescono più a sopportare di vivere - partendo dalla Campania, dopo la morte, in pochissimi giorni, di tre giovani: Santo, Arcangelo ed Emanuele, tutti e tre uccisi dalla violenza di loro coetanei. Il racconto dei genitori, degli operatori, delle forze dell’ordine, tra dolore e disagio, armi e volontà di recupero.

Ma nella vita degli adolescenti è sempre più presente anche il mondo digitale: lo dimostra la dolorosa ricostruzione della storia di Alessandro Cascone, che a soli 13 anni si è tolto la vita. Gli investigatori, nel suo telefonino hanno trovato un fiume di messaggi violenti e di insulti agghiaccianti da parte del branco di bulli che lo perseguitava. Ultima tappa, la sala operativa della polizia postale, per capire come difendersi dal cyberbullismo, un fenomeno che colpisce vittime sempre più piccole. In aumento anche casi di sextorsion e deepfake, con richieste di soldi e uso di intelligenza artificiale per spogliare giovani ragazze.

Aspettando PresaDiretta”, la prima parte del programma, si concentra invece sulla relazione giovani e social, dal fenomeno dei baby influencer alle famiglie youtuber: le storie di Mia, Ylenia, Chiara, Diego e dei tanti minorenni alle prese ogni giorno con video da realizzare e centinaia di migliaia di follower, con il parere degli esperti su privacy, marketing, conseguenze sul loro sviluppo. E infine l’esempio della Francia che ha normato per legge autorizzazioni dell’ispettorato del lavoro, certificati medici, giorni di riprese, retribuzione depositata in banca fino alla maggiore età dei giovanissimi influencer del web.

Ospite in studio con Riccardo Iacona Elisa Giomi, commissaria AgCom e docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università Roma Tre, per capire quali strumenti mettere in campo per regolamentare le piattaforme social per i giovanissimi.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.