23 luglio 2018

Sulla vicenda Marchionne e sul mondo del lavoro in generale

Anche sui commenti della vicenda (putroppo) capitata all'ex AD della FCA Sergio Marchionne, ci siamo divisi in tifo.
Marchionne quello che ha salvato la FIAT, portandola fuori dalla crisi e dai debiti.
Il manager che ha rivoluzionato i rapporti col sindacato, che ha cambiato il volto alla Fiat, che la portata nel mondo.
Sul TG1 veniva perfino presentato come il manager dal volto umano.

E, dall'altra parte, quanti hanno approfittato del momento per augurare il peggio ad una persona di cui, all'improvviso, si è capito che non sarebbe più tornato quello di prima.
Molti commenti, post, tweet mi sono sembrati peggio di un necrologio, decisamente fuori luogo.

Il cambio al vertice di FCA dovrebbe farci riflettere su quello che potrebbe succedere negli stabilimenti italiani della Fiat (che è quello che interessa veramente, in termini di occupazione e indotto).
Svaniti gli investimenti miliardari del piano Italia, svanito il miraggio della piena occupazione, ancora da venire i nuovi modelli (magari con nuovi motori), che ne sarà di Mirafiori, Pomigliano (la Fiat aveva deciso di spostare la Panda in Polonia), Melfi, Cassino?

Certo, possiamo ancora riempirci la bocca con l'internazionalizzazione, coi posti di lavoro creati (per modo di dire, visto che gli stabilimenti vuoti non hanno ragione d'esistere), con la Fiat salvata (che è quello per cui viene pagato, e bene, un executive manager).
Ma poi, alla fine, dobbiamo fare i conti con la realtà.
La cassa integrazione, i turni sfiancanti, l'incertezza del futuro.

Lo stesso ragionamento va riportato sulle leggi del lavoro, di cui il jobs act è solo l'ultimo anello.
Se ci affidiamo ai sondaggi (quello del Corriere ad esempio), il 30% lo stravolgerebbe e il 43% lo cambierebbe senza eliminarlo.
Se ci affidiamo al mondo reale, tutte le riforme pensate sul lavoro hanno solo gonfiato numeri portando ad una ripresa che ha toccato la sostanza delle persone.


Roberta Carlini, Espresso del 22 luglio

Come ha scritto su l'Espresso Roberta Carlini, la maggiore occupazione è legata a lavori a bassa qualità.

Con una sinistra che si è arroccata in una guerra di posizione sui dati dell'Istat lasciando al M5S il tema della precarietà, senza nemmeno vedere se nel decreto dignità ci fosse qualcosa di buono.

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