Il decreto dignità è un primo passo in controtendenza, sulle norme nel mondo del lavoro: non sono i cosacchi a San Pietro e nemmeno il PCI degli anni 80 (povera Meloni cosa non si fa per farsi ricordare sui social).
Sono solo piccole norme che riportano al centro le persone e il lavoro: con questo decreto si aumenta l'indennizzo a causa di un licenziamento illecito e si inseriscono le causali per motivare un contratto a termine.
Tutto qua.
Scrivere e raccontare che tutto questo blocca l'industria manifatturiera, blocca le assunzioni, fa fare un salto indietro come dice Confindustria è semplicemente ridicolo.
Il loro, sì, sembra tanto un furore ideologico, per la loro visione di un mondo senza regole e vincoli.
Non è un caso se anche Salvini si è dimostrato freddo nei confronti di questo decreto, perché ha cercato di tranquillizzare Confindustria e la lobby del gioco d'azzardo "tanto si modifica in parlamento".
Certo, prima gli italiani: come gli imprenditori che hanno bisogno di contributi statali per assumere, per fare corsi di formazione, per svecchiare gli asset.
E prima gli italiani anche quando scommettono (abbiamo superato la soglia dei 100 miliardi, spesi dagli italiani nel gioco, nelle sue varie forme), chi se ne frega se poi queste società hanno sede in paradisi fiscali e non sono il massimo della trasparenza (mi parliamo delle ONG).
Ma dietro il gioco online ci sono anche le tasse allo stato: ma il gioco vale la candela, ovvero dobbiamo contare anche gli effetti della ludopatia.
Se ci fosse una vera opposizione si infilerebbe dentro questo decreto dignità (leggete cosa scrive Robecchi), per cercare di rompere l'asse Salvini - 5 stelle, specie ora che Salvini scopre la sua anima berlusconiana parlando di "processo politico".
Certo, servirebbe una opposizione che non si occupasse di popcorn, delle foto di Toscani, che non cercasse un fronte repubblicano su twitter.
Una opposizione che sapesse guardare oltre i numeri dell'Istat, senza irridere alla povertà e ai problemi delle persone.
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