03 luglio 2018

Il purgatorio dell'angelo - anticipazione del libro


Un estratto del secondo capitolo dell'ultimo romanzo di Maurizio De Giovanni, "il purgatorio dell'Angelo" (Einaudi)

Certo il tram non era il massimo per raggiungere il luogo in cui era stato rinvenuto un cadavere, ma, come aveva detto serafico al commissario Ricciardi (…) si trattava appunto di un cadavere che, per sua natura, non aveva fretta. 
“Io poi mi domando e dico, commissa’. ma queste due macchine mi spiegate che le teniamo a fare? Meglio sarebbe che ci dessero, che so tre o quattro biciclette. O qualche carrozzella coi cavalli, sapete, come ci stavano una volta. Invece abbiamo questi due catorci, uno sempre scassato e l’altro a disposizione del signor questore e della famiglia sua. E ci chiamano pure squadra mobile, ci chiamano”.
Ricciardi, accomodandosi sul sedile di legno del tram, scosse il capo e sorrise tra sé. L’aria della primavera ormai inoltrata gli rallegrava l’umore solitamente cupo e, anche se brontolava, lo stesso Maione gli sembrava euforico, contento. Con loro c’erano due guardie (…), Camarda e Vaccaro (…). Ricciardi si mise a osservare le strade che scorrevano di fianco al tram. In quella primavera del 1933, o anno XI come dicevano i fascisti, la città andava rapidamente cambiando pelle. C’erano cantieri ovunque, e anche prima dell’inizio ufficiale della bella stagione flussi imponenti di turisti scendevano dalle navi ormeggiate nel porto e si addentravano curiosi per vedere le famose bellezze del luogo. (…) Poi il tram si fermò sferragliando e Maione disse: “Commissa’, prego, dobbiamo scendere”.
 
Quando il tram fu ripartito Maione si guardò attorno, allargo le braccia, e disse: “Respirate profondamente, commissa’: questa è aria buona. Ci sta la campagna e ci sta il mare. Posillipo, il posto degli innamorati e della verdura, di contadini e pescatori! (…) Vaccaro si tolse il cappello e se lo sventolò davanti al naso. “Non per contraddirvi, brigadie’, ma io sento solo la puzza dei maiali e delle galline. È inutile, sono proprio un cittadino: non sono fatto per la campagna”. (…) 
Il cammino, seppur agevolato dalla discesa, non fu breve. Ci vollero più di venti minuti per arrivare a destinazione, e a tratti si doveva attraversare una sterpaglia pungente in cui si impigliavano i vestiti. Lanciando un’imprecazione, Maione si lamentò: “Ecco qua, mo’ chi la convince a Lucia che mi sono strappato i pantaloni per lavoro?”.
Alla fine della stradina i ragazzi che li precedevano lungo il tragitto, e che non avevano smesso di cantare e prendersi in giro tra loro, si fermarono di botto come di fronte a uno spettacolo improvviso. I poliziotti si fecero largo e videro una stretta rampa di gradini scavati nel tufo, e una lingua della stessa roccia che si protendeva nel mare color azzurro profondo, fermo come un lago. Il sole era ormai alto, e l’aria era calda. Il ragazzo più grande, portavoce del gruppo, si avvicinò a Maione e disse, solenne: “Brigadie’, noi qua facciamo i ranci e le cozze. Ma mo’ che ci è morto ’o prevete non ci possiamo scendere più?”.
Maione guardò in fondo alla scala, scorgendo una piccola folla di adulti disposti a cerchio attorno a qualcosa che giaceva a terra. Allungò la mano per una ruvida carezza sulla testa del bambino e lo rassicurò: “Non ti preoccupare. Tornerà tutto a posto e potrete pescare di nuovo i granchi”. Poi si avviò, seguendo Ricciardi e precedendo Camarda e Vaccaro. C’erano quattro donne e due uomini.
(…) Il commissario teneva gli occhi fissi sul corpo. Il viso del morto era rivolto al suolo e non si vedeva, i radi capelli bianchissimi e sottili si muovevano appena per la brezza che saliva dal mare.
Sul cranio era evidente una larga depressione insanguinata, e sulla pietra si distingueva una macchia scura, ormai secca. Il vestito era la tunica nera, inconfondibile, di un prete.
Maione chiese: “Chi è che l’ha trovato?”.
 
Uno dei due uomini si fece avanti. Era giovane, bruno, la pelle cotta dal sole e gli occhi circondati da un reticolo di rughe. Indicò con un secco gesto della testa una barca da pesca ormeggiata nei pressi della spiaggia, a una ventina di metri. “Io, brigadie’. Renzullo Tommaso. Pescatore”. 
Ricciardi sospirò piano. Era arrivato il momento. Maione comprese la volontà del superiore e si rivolse agli altri: “Va bene, venite tutti con me”.
Il purgatorio dell'angelo - Confessioni per il commissario Ricciardi

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