26 luglio 2018

Tutto torna: il primo caso del bandito Mazzacani – Leonardo Palmisano



Incipit
Due settimane prima La pioggia s’inchiodava al parabrezza dell’Audi Q7 nera. I tergicristalli assecondavano il ritmo del temporale, senza riuscire davvero a pulire gli sputi di sabbia sahariana mista ad acqua che cadevano dal cielo. Sul sedile posteriore Antonio De Guido – meglio noto come Zì Nino o più semplicemente Nino – giocava a briscola online contro un avversario sconosciuto, accarezzando la piccola testa bruna di Maria, la sua unica nipote.

No, non avete capito male: il personaggio che in questo romanzo ha il compito dell'investigatore è proprio un bandito: “Carlo Mazzacani – quarantacinque anni, un metro e ottanta di muscoli un poco appassiti”.
Un bandito che una volta aveva una sua banda, la banda dei Santi, criminali ma non mafiosi, ben diversi dai santisti pugliesi della Sacra Corona Unita, a cui aveva fatto perfino concorrenza, fino al giorno in cui il suo braccio destro non era stato ucciso in uno scontro a fuoco, chiudendo definitivamente la loro storia.

Ora che è scampato alla morte e al carcere (grazie alla collaborazione col capo della DIA, il commissario Curiale), come ricordo di quel periodo si è lasciato i baffi lunghi.

..la cupola della complicata architettura sacrista, erano in agitazione da un paio di mesi. Da quando Vito Pennetta, ’nu strunzu di Brindisi, si era messo in testa di entrare nella consorteria forzando la serratura.

Ma il periodo di pace per Mazzacani, per gli equilibri all'interno commissione e con gli altri gruppi criminali, sono destinato a finire.
La nipote del boss Antonio De Guido viene rapita mentre è in macchina col nonno: chi si è potuto permettere un gesto del genere? E' un tentativo di intimidirlo e di compromettere la sua immagine di capo supremo?
Settimane prima era stato ritrovato il corpo (senza testa) di un suo prestanome nella provincia di Brindisi: un omicidio che portava la firma proprio di un killer della vecchia banda dei Santi.

A mettersi sulle tracce della bambina rapita non c'è solo il vecchio boss, zi Nino, ma si muove anche l'ambiguo commissario Curiale, un poliziotto con forti agganci dentro il ministero dell'Interno che tutti i successi in carriera, che costringe Mazzacani ad indagare nel mondo della criminalità, mettendo pure a rischio la sua pelle.
Tutto torna: torna il momento di rimettersi in azione, prima che qualcuno non lo faccia diventare comodo capro espiatorio per il rapimento e la morte del boss Palano (il senza testa).
E per scoprire cosa sta dietro questi movimenti in commissione e il rapimento, Mazzacani chiede l'aiuto del suo ex compare nella banda, Luigi Mascione, “il gigante”.

Si guardarono. Erano i superstiti di una grande banda di rapinatori. Due morti viventi tenuti sotto chiave dalla polizia e dalla mala.

Dentro la commissione sacrista, un organismo simile a quello che esisteva per la mafia siciliana, i vecchi e consolidati equilibri che vedevano i De Guido egemoni alla guida delle famiglie sono ora in crisi: la colpa sono le ambizioni del giovane boss Pennetta, che non solo vorrebbe entrare nell'elite mafiosa ma vorrebbe prendere anche il posto di Zi Nino. E forse è proprio lui ad essere coinvolto proprio in quel rapimento.
E non solo: dietro queste tensioni tra le famiglie c'è un nuovo business che sta partendo, la coltivazione della Marijuana da parte dello Stato per produrre un farmaco di nuova concezione, il Cansativ.
La droga verrebbe coltivata su campi di proprietà delle famiglie mafiose sotto il controllo dell'esercito, per essere sintetizzata in laboratori chimici vicini ad un politico che a Roma sta portando avanti il progetto. Oltre ai politici a Roma (rispettivamente del governo e dell'opposizione), in questo affare sono coinvolti anche i vertici militari con la benedizione della 'ndrangheta (che sul business della droga di Stato ha la vista lunga, come dicono le cronache recenti).

L’ammiraglio chiuse il fascicolo. “Di che si tratta?” “Mi sta chiedendo di violare il segreto militare, ammiraglio.” “Come suo superiore glielo domando.” “In tal caso… si tratta di una sostanza derivata dalla marijuana.”
L'utilizzo ufficiale del farmaco fa solo da paravento per il vero fine che hanno in mente questi personaggi, che intendono in realtà vendere la droga di stato ai libici, sfruttando le missioni di ricognizione nel Mediterraneo.

A quale scopo?” 
“Non lo ha ancora capito, ammiraglio? Il farmaco sarà testato a bordo.” 
L’ammiraglio sgranò gli occhi. “Sui migranti?”.

È un gioco in cui tutti mentono, fanno il doppio gioco e dove sono pronti a tradire pur di raggiungere i loro fini. Un gioco criminale in cui ci sono i mafiosi senza regole, avidi di potere e poi vecchi banditi come Mazzacani (che ricorda i vecchi banditi della serie dell'Alligatore di Carlotto) il gigante.
Due cattivi che ora si trovano schiacciati in mezzo tra la polizia e il vecchio boss De Guido
Il capomafia diede un calcio alla sabbia, che si sparse verso il canneto. “Ti salvo la vita se ritrovi mia nipote”, disse all’improvviso. Mazzacani ebbe un sussulto.Se la trovo, tutto si deve azzerare. Voglio essere lasciato in pace per sempre.” Nino De Guido si prese del tempo prima di accettare. “Va bueno.” Carlo Mazzacani

E i buoni che fine han fatto in questo romanzo?
Sulle tracce di Mazzacani, zi Nino e degli altri boss si muove anche la procuratrice Buonamica, a capo della DRAP, la direzione antimafia regionale:
Teresa Buonamica aveva sgobbato sui libri per diventare un buon magistrato. Aveva sgomitato e si era fatta valere col sudore. La vita umile l’aveva portata a intuire i pregi e i difetti dei delinquenti che aveva incontrato sulla sua strada. Mazzacani era forse il più singolare.

Tra il poliziotto Curiale di cui comprende i rapporti con la criminalità, dove finisce l'infiltrazione nelle bande e la collaborazione, e il bandito Mazzacani, la procuratrice arriva a fidarsi più del bandito, comprendendone la sua capacità di sapersi trasformare, da contrabbandiere a rapinatore ad informatore suo malgrado della polizia.

“Tutto torna” è un noir durissimo, non solo per la violenza di cui sono capaci le mafie (non solo la sacra corona, ma anche la Camorra, la ndrangheta calabrese, la mafia albanese) e che in questo romanzo non ci viene risparmiata. E che non viene risparmiata nemmeno alle persone più indifese come i bambini.
È duro perfino il dialetto usato dai personaggi, che ricorda molto l'albanese parlato dall'altra sponda dell'Adriatico.
È duro per l'intreccio del male, per l'assenza di qualsiasi morale, di qualsiasi scrupolo che emerge dal racconto: l'egemonia della ndrangheta e la sua pericolosa capacità di avvicinare la politica per comprarsi pezzi dello Stato.
E' duro per la sensazione di abbandono che emerge dalle pagine del libro, per chi vive in queste regioni, dove la giustizia e il rispetto delle leggi sono ogni giorno messe in discussione.
Non solo per il piombo dei banditi e il loro senso di impunità.
Tra i luoghi in cui si svolge l'azione (e che l'autore mostra in una cartina ad inizio libro, chiamandoli i “luoghi di Mazzacani”) c'è anche la povera Taranto, il quartiere Tamburi ammorbato dai veleni dell'Ilva:

Mazzacani capì col naso di essere nei pressi di Taranto. L’odore di gomma bruciata che l’Ilva spandeva sull’ultimo tratto di statale era inconfondibile.

Tutto torna.
E tornerà a trovarci anche il bandito Mazzacani, che non è né un eroe né un buono. Personaggio inventato, ma non troppo, dall'autore Leonardo Palmisano, giornalista esperto di mafie, di migranti, di trafficanti che in questo romanzo ha voluto raccontare tutto quello che ha visto nella sua professione.

La scheda del libro sul sito di Fandango
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