Sono giorni caotici, questi.
Non si può condannare un politico, la magistratura non può interferire in questo modo nella vita politica, ma nemmeno può entrare la vita delle imprese.
Interferendo su scalate, acquisizioni, sulla produzione.
L'Ilva di Taranto, le tangenti di Saipem, quelle di Finmeccanica.
La sentenza comprata per Mondadori.
I fondi neri rimpinzati da fatture gonfiate per frodare il fisco.
E' possibile cacciare dalla vita politica un leader così carismatico, che ha raccolto milioni di voti, che guida un partito dentro la coalizione di governo?
Secondo il diritto, la separazione dei poteri, la carta Costituzionale (su cui tutti lorsignori hanno giurato) si.
Ma per queste persone, la legge non è uguale. Separazione dei poteri significa "io so io ..", le leggi vanno interpretate, disattese se il caso (perfino la legge Severino, da loro votata).
Il presidente della Repubblica valuerà cosa fare.
Il segretario dell'opposizione dice che non farà sconti.
L'editorialista concede la sua lezione:
Così come non c'è mai stata nessuna Seconda Repubblica, la condanna di Berlusconi non farà nascere la Terza. La Repubblica è una soltanto, sempre la stessa. Che cambino o meno uomini, partiti o leggi elettorali. Ed essendo la stessa, le sue tare e i suoi conflitti di fondo si perpetuano. Così è per lo squilibrio di potenza fra magistratura e politica, uno squilibrio che secondo molti, compreso lo scomparso presidente della Repubblica Francesco Cossiga, risale a molto tempo prima delle inchieste di Mani Pulite di venti anni fa.
Al momento, apparentemente, tutto è come al solito: con Berlusconi e la destra contrapposti alla magistratura e la sinistra abbracciata ai magistrati. Gli uni reagiscono a quella che ritengono una orchestrata persecuzione. Gli altri si aggrappano alla magistratura, un po' per antiberlusconismo, un po' perché una parte dei loro elettori considera i magistrati (i pubblici ministeri soprattutto) delle semi-divinità o giù di lì, e un po' perché sperano in trattamenti «più comprensivi» di quelli riservati alla destra.C'è uno squilibrio, dicono. Tra chi chiede di rispettare le leggi, e chi le viola. E che fino a ieri godeva dell'impunità.
Ma lo squilibrio di potenza c'è (anche i magistrati più seri lo riconoscono) e, insieme alla grande inefficienza del nostro sistema di giustizia, richiederebbe correttivi. Una seria riforma della giustizia, del resto, l'ha chiesta anche il presidente della Repubblica, di sicuro non sospettabile di interessi partigiani.
Allora, lottiamo contro la corruzione, il clientelismo, contro chi porta i soldi all'estero?
Ma nemmeno per sogno:
Serve una contro riforma della giustizia, fatta secondo lo spirito delle altre contro riforme (come quella sul lavoro da precarizzare che non ha creato niente):
Ma non ci sarà nessuna «riforma della giustizia» se per tale si intende una azione che tocchi i nodi di fondo: separazione delle carriere, trasformazione del pubblico ministero da superpoliziotto in semplice avvocato dell'accusa, revisione delle prerogative e dei meccanismi di funzionamento del Csm, cambiamento dei criteri di reclutamento e promozione dei magistrati, riforma dell'istituto dell'obbligatorietà dell'azione penale, eccetera. La classe politica, in tanti anni, non è riuscita nemmeno a varare una decente legge per impedire la diffusione pilotata delle intercettazioni. Altro che «riforma della giustizia».Capite. Se Fonsai è a rischio, è colpa dei pm. Se Telecom è stata svuotata dall'inteno, è colpa dei giustizialisti. Se la Rai è in rosso, è colpa dei giudici. Se le banche italiane sono a rischio è colpa del diritto.
[..]
È ormai inaccettabile, ad esempio, che un magistrato, o un amministratore, possano intervenire su delicate questioni finanziarie o industriali senza conoscenze approfondite di finanza o di economia industriale. È inaccettabile che gli interventi amministrativi o giudiziari siano fatti da persone non addestrate a valutare l'impatto sociale ed economico delle norme e delle loro applicazioni. Il diritto è uno strumento di regolazione sociale troppo importante per lasciarlo nelle mani di giuristi puri.
Non di amministratori, politici, dirigenti, giornalisti incapaci.
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