27 agosto 2019

Il corriere colombiano, di Massimo Carlotto


Il corriere colombiano si sentì fottuto quando inquadrò lo sguardo del poliziotto. Conosceva il genere d'occhiata. L'aveva vista mille volte nelle strade di Bogotà. Era quella che gli sbirri riservavano a un sospetto prima di fermarlo. Si guardò attorno. Gli altri passeggeri del volo Air France Parigi-Venezia attendevano i bagagli chiacchierando, scherzando e ridendo. Come veri turisti. In mezzo a più di centocinquanta persone lo sbirro aveva deciso che lui era l'unico a non averne l'aria.

Scritto a cavallo del nuovo millennio, quando ancora si parlava in lire e l'Europa Unita era ancora un ideale lontano, questo romanzo di Carlotto, uno dei primi della serie dell'Alligatore, anticipa le trasformazioni delle nuove mafie nel nordest italiano, terreno del miracolo economico delle piccole imprese, dei soldi che giravano nelle tasche delle persone che passavano la settimana al lavoro ma poi nel fine settimana non vedevano l'ora dello sballo.
Ecco pronte, da parte delle mafie di mezzo mondo, la ricetta della felicità: la coca, tagliata a livelli infidi per moltiplicare i guadagni nei passaggi intermedi dai narcos sudamericani.
E poi le altre droghe sintetiche, sottoprodotti chimici per un divertimento a buon mercato:
Se l'eroina era diventata la droga dei disperati, identificabili in una ben precisa sacca di emarginazione, l'uso di cocaina e di sostanze sintetiche come l'ecstasy, legate soprattutto ad un consumo occasionale, era ricollocabile invece ad una vastissima area di cittadini socialmente ben inseriti. Era evidente che la droga piaceva, e molto. Tante brave persone sentivano il bisogno di sballare durante il weekend.[..] scoprimmo che l'insediarsi delle nuove mafie straniere nel territorio aveva reso incontrollabile il mercato. Dai russi, ai nigeriani, ai croati, alla camorra e alla mafia, tutti si erano ritagliati una fetta di torta. E poi c'era il fenomeno degli indipendenti.

Il corriere colombiano è la storia di banditi che ancora cercano di rispettare le vecchie regole del crimine, come per esempio il non tradire i compagni. Di nuove mafie, italiane e straniere, che queste regole non le rispettano avendo trasformato il crimine (il traffico della droga, degli esseri umani, le rapine) in una guerra dove non ci si ferma di fronte al nulla.
E di una operazione dei corpi speciali della Guardia di Finanza e della polizia contro una nuova banda di narcotrafficanti tra Italia e Colombia in cui, pur di arrivare al risultato degli arresti e dello smantellamento della banda, si può anche calpestare qualche regola, evitare tutta quella burocrazia che fa da intralcio.
E pazienza se in mezzo a questa rete ci finisce una persona, un criminale con qualche delitto pesante alle spalle, ma che è stato accusato ingiustamente anche di essere il tramite italiano di questa nuova rete che vuole inondare il nordest con la coca e queste nuove droghe sintetiche.
Quella era una storia di sbirri contro sbirri, e giocare sporco in un'operazione speciale di polizia e guardia di finanza poteva costarci molto caro. L'unica cosa saggia sarebbe stata ritirarsi in buon ordine, abbandonando Nazzareno al suo destino.

La persona finita in questa partita sporca, accusato di traffico internazionale di droga, si chiama Nazzareno Corradi, quasi sessant'anni e con una lunga carriera di ladro alle spalle.
Il suo avvocato contatta Marco Buratti detto l'Alligatore, in memoria del suo passato da frontman blues prima di finire in carcere e ritrovarsi con la “gola seccata”, per cercare di salvare il suo cliente da una condanna ad una lunga detenzione in carcere.
Un incarico che porterà avanti coi suoi amici, Beniamino Rossini, “uno degli ultimi rappresentanti della malavita vecchio stampo” e Max “La memoria”, uno dei reduci degli anni della contestazione, finito in galera per una vecchia storia degli anni settanta e graziato dal presidente della Repubblica.

L'Alligatore deve affrontare il nuovo caso cercando di dare una risposta ad una serie di domande: chi era il vero contatto italiano di questa nuovo gruppo criminale?
Perché si è mobilitata un'operazione speciale con dentro polizia e la Guardia di Finanza per incastrare Corradi?
E poi, soprattutto, che faccia ha il nemico in questa guerra?
La faccia spietata della “Tia”, Rosa Gonzales Cueva, la signora dei narcos e dei suoi sicarios.
La faccia degli spacciatori indipendenti radicati in quel nordest, che non si fanno scrupolo di spacciare droga davanti le scuole, di importare dall'est o dalle altre aree povere del mondo giovani donne da mettere nei locali, per far divertire la loro clientela.

In questa guerra, contro i narcos e contro lo Stato, quali regole rispettare e quali infrangere? Fino a che punto si potranno spingere l'Alligatore e i suoi soci nella guerra?
«Sia qual è il tuo problema, Marco?» 
«Quale tra i tanti?» tentai di scherzare. 
«Tu non hai ancora capito che le cose sono cambiate. Se vuoi continuare con questo mestiere, accettando casi che riguardano la mala, ti devi adeguare all'idea di giocare sporco. Sempre e comunque». 
«Lo abbiamo già fatto». 
«Si. Ma le altre volte siamo stati costretti per salvarci il culo. In questo caso è una nostra scelta». 
«Una dichiarazione di guerra agli sbirri è pura follia». 
«Un tempo lo sarebbe stata, quando esistevano regole precise, ma oggi è diverso. Con l'arrivo delle organizzazioni straniere è cambiata la malavita, e sono cambiati anche sbirri e giudici. Nemmeno loro rispettano più le regole».

Racconta Carlotto, nelle note finali come, Il corriere colombiano, pur in modo romanzato, racconti una storia vera. quella di un suo amico, finito in carcere per non aver voluto infrangere della vecchia mala: “Non si esce di galera accusando altri”.

La scheda del libro sul sito di Edizioni e/o
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