26 agosto 2019

La città è dei bianchi, di Thomas Mullen



Era quasi mezzanotte quando uno dei nuovi lampioni installati su Auburn Avenue andò incontro allo sfortunato destino di essere il primo lampione centrato in pieno da una macchina. I frammenti del fanale di una Buick bianca si sparpagliarono sul marciapiede ai piedi del palo colpito e piegato.

Un romanzo che è anche un colpo allo stomaco, per il suo realismo, per la sua brutalità con cui racconta come funzionava la segregazione razziale nell'America post seconda guerra mondiale.
Quella che è considerata la nazione delle libertà, land of opportunity, la nazione che col suo intervento nel conflitto mondiale ha sconfitto il nazifascismo era (e in parte rimane) una nazione dove i neri non erano considerati cittadini a tutti gli effetti, come gli altri.
Anche se potevano iscriversi alle liste elettorali per votare, venivano tenuti lontani a colpi di bastone e di fucile.
Bastonate e fucilate che venivano prese anche dai veterani della guerra che si permettevano di sfilare in divisa dell'esercito americano: no, i “negri” (nel libro l'autore ha scelto consapevolmente di usare questo termine) non erano considerati degni di indossare quella divisa.
La segregazione copriva ogni momento della vita delle persone: negli alberghi c'erano ingressi separati per bianchi e neri, edifici a uso ufficio dove ai neri l'ingresso era consentito solo per lustrare le scarpe, locali con bagni separati. Nemmeno da morti, potevano giacere a fianco, nell'obitorio ..

Se il film “Mississippi burning” ha raccontato la situazione del segregazionismo in una contea della campagna del sud, in questo romanzo Thomas Mullen (romanzato, ma che si basa su storie vere) ci porta in Georgia, ad Atlanta, nel 1948:qui forse le cose sembrano andare meglio, per la comunità, che è riuscita ad ottenere dal sindaco che i quartieri dei neri (separati dai quartieri bianchi) di “Darktown” siano pattugliati da coppie di agenti di colore, otto in tutto.
Possono portare la divisa, perfino una pistola, ma senza disporre di un'auto né della possibilità di fare indagini personali né tanto meno mettere piede nei quartieri bianchi.
E devono sottostare agli insulti dei “colleghi” bianchi che non hanno accettato che la divisa del corpo di polizia sia indossata anche da neri.
Nemmeno nelle aule di un tribunale, davanti ad uno di quei giudici bianchi chiamati a giudicare dei reati degli uomini di colore, assieme ad una giuria di persone bianche:
La prima volta che era stata necessaria la presenza di due agenti di colore a un processo, il giudice si era rifiutato di ammetterli in aula in uniforme, chiedendo che entrassero in abiti da negro.

Il romanzo racconta la storia di due coppie di poliziotti di Atlanta: la coppia di colore Boggs e Smith, che incontriamo sin dall'inizio quando la Buick guidata da un bianco quasi abbatte un palo della luce (in un quartiere di neri, avere l'illuminazione pubblica e avere anche un servizio di raccolta rifiuti non era considerato un diritto).
A fianco dell'uomo, una ragazza di colore che se ne sta zitta e che per questo attira la loro attenzione.

Nemmeno fanno in tempo a chiedere le generalità ai due, che l'auto se ne va via, semplicemente, come se per l'autista (che poi scopriremo essere un ex poliziotto cacciato dal corpo) ritenesse l'essere fermato da uomini di colore sebbene in divisa solo una scocciatura.
La Buick era partita, ma senza nemmeno la decenza di prendere velocità. Il bianco non stava scappando, si era solo stufato di fingere che l’esistenza di quei due contasse qualcosa.

C'è un'altra coppia di poliziotti in pattuglia, quella sera, due uomini bianchi: il veterano Dunlow e il suo partner Rakestraw, ex militare e in polizia da poco.
Dunlow colpì ancora il negro. «Allora, te lo chiedo di nuovo: hai sentito cosa ho detto, muso nero?» 
L’uomo stava cercando di dire qualcosa, notò Rakestraw ...

Sono stati chiamati da Boggs per segnalare quest'auto e l'infrazione commessa: ma a Dainlow, che dimostra una certa confidenza con l'autista, fa andare via l'auto, senza segnare nulla. Né il palo divelto né la ragazza che ha un livido sull'angolo delle labbra.

Benvenuti in Atlanta, Georgia negli anni successivi alla guerra:
Due quinti di Confederati razzisti, due quinti di negri e un quinto di qualcosa che non ha ancora un nome. Né città né campagna, ma un’improbabile combinazione delle due..

La guerra aveva sviluppato le industrie del sud che avevamo richiamato una marea di operai, di colore sottopagati e non sindacalizzati, dalle campagne, nella speranza di una vita migliore, lontano dalle vessazione dei latifondisti.
Una marea di neri che vivevano in tuguri in quartieri senza illuminazione, strade senza pavimentazione: non tutti vedevano di buon occhio la presenza nel quartiere dei poliziotti di colore, perché erano loro che dovevano far rispettare la legge, contrastare i reati commessi dalla loro gente, come il contrabbando di alcolici, il gioco d'azzardo, i piccoli furti. Ma non basta una divisa con dentro un uomo col tuo stesso colore della pelle, per dar fiducia nella giustizia:
Tentare di far capire concetti come quello di rispetto della legge e dell’ordine a persone cui non era mai stata data ragione per crederci, e che pertanto avevano sempre cercato e trovato giustizia in sanguinarie faide

Perché oltre a Boggs e Smith, il figlio di un predicatore istruito e cortese e un veterano della guerra con tanta voglia di vendicare i soprusi, nella città girano poliziotti come Dunlow: un poliziotto sporco, così ce lo presenta fin dall'inizio l'autore, che prende il pizzo (o l'accordo) dai piccoli delinquenti di quartiere tanto da mettere in difficoltà il suo collega Rake, che “lo aveva visto intascare mazzette da contrabbandieri e faccendieri e maîtresse di bordello”.

Dalle campagne era arrivata anche una ragazza di colore, di carnagione più bianca, proprio la ragazza che Boggs e Smith avevano visto in quell'auto, con quel livido, auto da cui era poi scappata. Per finire ammazzata, con un colpo al cuore, e gettata dentro una discarica di rifiuti dentro Darktown.
Poi la vide. La pelle sulle prime non gli sembrò pelle, era completamente priva di colore. Ma il vestito lo riconobbe. Il vestito giallo canarino.

La morte di una ragazza di colore, sparata e gettata in una discarica improvvisata, non interessa a nessuno nella polizia, almeno ai poliziotti bianchi: a nessuno eccetto che ai due poliziotti di colore che l'avevano vista quella sera in auto, con quella persona strana, l'ex poliziotto, il cui nome era stato tolto dal verbale redatto da Boggs.
A nessuno eccetto che a Rake, l'altro poliziotto bianco, il poliziotto a metà (come forse metà poliziotti sono i due uomini di colore) che inizia a mettere assieme i fatti.
L'amicizia tra il suo socio, Dainlow e quell'uomo, che si chiama Brian Underhill, e che forse è stato l'ultimo a vedere la ragazza da viva.
Il fatto che il suo socio non abbia fatto nessun verbale e non lo abbia nemmeno citato per nome.

Inizia così una doppia indagine non autorizzata sulla morte di questa ragazza, la ragazza con vestito giallo: quella di Boogs e Smith, che fanno uscire la notizia del delitto su un quotidiano locale, con un direttore di colore chiaramente, sperando che qualche familiare o conoscente possa riconoscerla.

Che senso ha questa indagine di così importante, su un delitto che per la centrale è solo da archiviare, e che causerà loro non pochi problemi, non solo dal punto di vista disciplinare (gli agenti di colore non possono fare indagini)?
Non solo per dare un esempio alla popolazione, perché loro vogliono essere cittadini esemplari
Per i due poliziotti a metà quella ragazza ha diritto a quella giustizia che è mancata a tutte le vittime della segregazione degli uomini di colore: come Maceo Snipes, “Colpito alla schiena per essere stato il primo elettore nero nella contea di Taylor”.
Per tutti i neri linciati perché si erano permessi di indossare una divisa alla fine delle due guerre mondiali.
Sai cosa è successo solo qualche mese dopo, mentre sfilava in parata con altri fieri veterani? L’hanno linciato. Pestato a sangue e impiccato a un albero. Perché l’uomo bianco non può, anzi no, proprio non sopporta di vedere un negro con una bella uniforme

Per quei neri linciati perché cercavano di registrarsi al voto (e spesso erano gli stessi poliziotti a presenziare a questi delitti).

Anche Rake comincia una sua indagine, mettendosi alle costole di questo Underhill: Rake, il cui cognome completo è Rakestraw, è figlio di immigrati tedeschi, una famiglia che ha sperimentato sua pelle cosa significhi il razzismo.
Sa come si comportano i poliziotti bianchi nei confronti delle persone di colore, sebbene ancora giustifichi la segregazione (e che i quartieri neri siano controllati solo dai neri), quel delitto che tutti vogliono archiviare in fretta, ha dentro qualcosa che lo turba e che lo costringe a capire.

Saranno due indagini complicate in cui i tre agenti arriveranno anche a rischiare la vita, perché effettivamente quel delitto nasconde dietro una brutta storia di stupri, di politici progressisti ma solo di facciata e per raccogliere il voto della comunità nera, di una squadra di ex poliziotti chiamata a fare i lavori sporchi che ufficialmente non si possono fare, per tenere i “negri” al loro posto e per procacciare qualche bella ragazza di colore da far usare a suo piacimento a qualche bianco.

La città è dei bianchi racconta il lato nero dell'America del sud, la sua anima razzista, secondo cui è scritto nella Bibbia che neri e bianchi devono stare separati.
Ma c'è anche il racconto l'anima fascista dentro questa parte della popolazione: l'America che aveva combattuto i fascisti e i nazisti in Europa era anche l'America del Ku Klux Klan, il paese dove ai tempi della depressione erano uscite sui giornali storie inventate di stupri di donne bianche da parte di uomini di colore. Storie che avevano portato alla rivolta, una sorta di progrom, contro le persone di colore.
Prese e impiccate ai pali lungo le strade, su cui erano stati lasciati i cappelli delle persone uccise,
..per anni ricordò quei cappelli, e ripensandoci quando era più grande capì che erano lì perché appartenevano ai negri uccisi o picchiati dalla folla, copricapi legati là sopra come tanti trofei. Una distanza minima separava quelle persone da certe tribù che conficcavano le teste del nemico sulle lance perché gli avvoltoi venissero a beccare.

Era (è) l'America dove i manager degli hotel “erano stati accusati dalle Silver Shirts e dalle Brown Shirts e da altri gruppi fascistoidi di tradire la razza bianca assumendo i negri mentre molti bianchi morivano di fame”.
L'America dove a questi gruppi era consentito a marciare a passo dell'oca per le strade della città, per marcare la loro presenza.

La città è dei bianchi è la storia di una indagine che è anche una sfida alla città, la città dei bianchi razzisti e segregazionisti: una sfida per una rivoluzione che forse ancora si deve completare e che passerà per altre battaglie, come quella di Selma del reverendo Martin Luther King per il diritto di voto.
«Come fai a sopportarlo, Lucius?» gli chiese Percy, come se gli leggesse nella mente. 
«Gli sguardi per strada. Questa follia. Sono matti, qui, tutti. Abbiamo sconfitto i fascisti in Europa, ma qui sono loro che comandano.» 
«Le cose stanno migliorando»

Una rivoluzione che ha ingranaggi lenti ma che almeno consentirà di dare giustizia ad una ragazza di colore che era venuta in città in cerca di un futuro migliore, senza dover convivere con la paura e la violenza. Ingranaggi che passano anche per un lampione acceso:
L’agente Boggs raddrizzò le spalle mentre passava oltre. Non vedeva l’ora di trovare quel lampione acceso, la prossima volta che avrebbe camminato per Auburn Avenue durante il turno.

La scheda del libro sul sito di Rizzoli
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