Ad un anno dall’invasione dei russi la guerra non è terminata, sta diventando più feroce e più internazionale, ci siamo dentro anche noi che stiamo aiutando gli ucraini. Bakhmut è diventato uno dei punti più caldi del conflitto, sarebbe la prima vittoria da mesi e per lo stesso motivo l’Ucraina sta difendendo questa città per far partire da qui la controffensiva.
Questo è lo scandalo della
guerra, la follia della guerra: ci si uccide per pochi metri,
pensando che da qui passi il destino della guerra. La follia di
pensare che la pace si possa costruire con una vittoria chiara:
questo è il messaggio d’altronde di Zelensky che agli italiani
chiede “non abbiate paura, datemi armi e vincerò la guerra”.
Biden
è andato oggi nel centro della guerra, dove ha promesso al
presidente ucraino tutti gli aiuti per vincere questa guerra, a breve
arriverà anche la presidente Meloni.
Dal fronte è arrivata la
testimonianza di Nello Scavo: siamo in un inverno durissimo, con la
neve, il freddo, l’acqua che manca, il logoramento si sente nella
gente. L’arrivo di Biden – racconta Scavo – ha motivato gli
ucraini, ha ridato forza alle persone, che comunque manifestano
sempre la volontà di difendersi.
Oltre alle armi serve una
controffensiva di pace: oggi Putin non ha accolto con le bombe Biden,
almeno questo. Ci muoviamo sul filo del rasoio, ad un passo da un
conflitto mondiale col rischio di una escalation nucleare.
Si
potrà arrivare ad una vittoria? Senza una opzione diplomatica,
altrimenti la guerra andrà oltre il 2023: qualche segnale potrebbe
arrivare oltre che da Putin anche dalla Cina – ha concluso Nello
Scavo.
Questa guerra si può vincere sul campo e la pace
si può ottenere solo con una vittoria militare? Presadiretta è
andata in Svezia a Uppsala dove si studiano le guerra, nella più
antica università del paese, al dipartimento di ricerca sulla pace e
sui conflitti.
L’università della pace
La pace è un argomento di ricerca - Peter Wallenstein docente del Dipartimento di Ricerca sulla Pace e sui Conflitti – ha fondato il suo dipartimento dopo la crisi dei missili di Cuba, quando il paese è stato ad un passo di un conflitto nucleare. “Abbiamo ritenuto che fosse importante studiare le guerre e la pace”: qui hanno analizzato tutti i conflitti dalla seconda guerra mondiale, “Le vittorie militari spesso hanno portato a nuovi conflitti dieci, venti anni dopo, mentre gli accordi di pace, se attuati correttamente, ci consegnano una pace molto più duratura nel tempo”. Perché chi vince una guerra instaura un regime che poi fa scaturire nuove tensioni e nuove guerra, come in Afghanistan. La via per la pace è quella negoziale – racconta.
La ricetta della pace passa per il compromesso, anche dicendo che
nessuno dei due contendenti si prende il territorio conteso, come
successo in diversi conflitti tra Egitto e Israele ,questo è il
potere della negoziazione.
Grazie al loro database i ricercatori
di Uppsala hanno studiato tutti i recenti conflitti: non ci sono solo
i paesi contendenti, ma ci sono anche i paesi coinvolti
indirettamente, come oggi in Ucraina.
Questi significa che i
conflitti siano difficili da risolvere, durano di più e ne provocano
di nuovi. Questa internazionalizzazione dei conflitti dura ancora
oggi, con la guerra all’Isis ad esempio: la guerra è oggi
diventato uno strumento per risolvere i conflitti, anche in Europa
come in Kosovo.
Si usano le armi per difendere le sfere di
influenza, vale per la Nato come la Russia.
Gli studiosi sono
preoccupati anche dalla minaccia nucleare: il conflitto nucleare è
vicino e concreto, per la minaccia di Putin che oggi non sta vincendo
con armi tradizionali. Altri paesi sarebbero poi spinti per
rinforzare i loro arsenali e così via ancora altri. Tanti paesi
potrebbero pensare che l’unico modo per proteggersi è usare armi
nucleari: il nucleare è un altro tabù saltato con la guerra in
Ucraina.
Questo conflitto unilaterale in cui Putin non consente all’Ucraina il diritto di esistere, è difficile da risolvere coi negoziati, ma questi si devono trovare perché serve trovare una pace che valga per i prossimi anni, che sia duratura.
In studio era presente Mario Giro della Comunità di Sant’Egidio: un costruttore di pace che ha girato tutta l’Africa e il mondo per risolvere i tanti conflitti.
La guerra in Ucraina nasce da lontano: anni fa si fecero gli accordi
di Minsk per evitare la guerra, occorre oggi capire come mai hanno
fallito, in modo da poter avere strumenti per trovarne di nuovi di
accordi.
La pace mancata
Kiev 21 novembre 2013: i cittadini in piazza chiedono di entrare in
Europa, nel giorno in il presidente Janukovyc decise di rafforzare
i legami con la Russia. La piazza Maidan diventa il centro delle
proteste, dove si ritrovano studenti e anche i nazionalisti anti
russi.
Si arriva al 18 febbraio 2014 quando le truppe speciali
spararono sulla folla che aveva tenuto la piazza per tre mesi:
centinaia di feriti e altrettanti morti fu il bilancio di quella
repressione.
Il presidente Janukovyc fu costretto alla fuga,
la folla fece irruzione nella sua villa, pochi mesi dopo arrivò il
nuovo presidente che firmò gli accordi con l’Europa spingendo
l’Ucraina lontano dalla Russia. Fu un passaggio inaspettato per
Mosca, dimostrò che i cittadini potevano cambiare la situazione in
un paese filo russo – racconta l’analista Fabbri.
Quei tre
mesi hanno cambiato i rapporti tra Ucraina e Russia: le cancellerie
europee si mossero per trovare un accordo che non scontentasse né
Russia né gli Ucraini, mentre gli Stati Uniti avevano puntato tutto
sull’Ucraina. L’inviata di Obama Nolan fece una battuta passata
alla storia “fuck UE”.
La Germania e la Francia non volevano
rompere i rapporti con la Russia mentre l’Italia aveva rapporti
commerciali come per il gas con Putin, dunque non alzò la voce, non
fu considerata per le trattative.
Nel 2014 La Russia occupò la
Crimea, poi referendum per trasformare questa regione in una
repubblica a sé stante sotto il controllo della Russia.
Sempre nel 2014 cominciano gli scontri tra milizie ucraine e quelle
filo russe nelle regione del Donbass, con armi vere, morti veri e
sfollati.
Gli accordi di Minsk dovevano servire ad arrivare ad
una pace tra Ucraina e Russia: l’amministrazione Obama era
preoccupata da questa guerra, controllava le armi che inviava alle
milizie filo ucraine, ma gli Stati Uniti non si sono mai spesi nelle
trattative, assieme a Germania e Francia.
Il trattato prevedeva
il cessate il fuoco bilaterale, impegnava l’Ucraina a fare una
riforma che avrebbe trasformato le regione separatiste come regioni
speciali con poteri speciali: ma l’accordo non fu mai rispettato,
né da una parte né dall’altra- racconta l’ambasciatore turco
che aveva un ruolo come osservatore dell’OCSE nel Donbass.
Gli
accordi di Minsk falliscono perché l’Ucraina li considerava come
il prodromo della secessione, la Russia li vedeva come l’occasione
per prendersi di più.
Così questi accordi falliscono, portando
ad una guerra a bassa intensità, con 14mila morti, con villaggi
distrutti e con la fine della possibilità di un dialogo tra le
parti.
Con l’invasione del 24 febbraio scorso la tensione si
trasforma in guerra totale: ancora oggi non ci conoscono i numeri dei
morti e dei feriti, intere città sono state distrutte.
L’occidente
è oggi coinvolto nella guerra con l’invio di armi e istruttori,
col sostegno allo sforzo bellico: oggi parole come cessate il fuoco,
negoziati sono tabù.
La pace viene vista come la pace del
vincitore, solo dopo che la Russia verrà sconfitta arriverà la pace
raccontano dall’Ucraina. Unica voce di pace rimane quella di Yuri
Sheliazenko, del movimento pacifista: a Putin chiederei di ascoltare
le esigenze della gente, che non vuole la guerra – racconta a
Presadiretta – dobbiamo resistere all’idea che l’unica strada
sia quella delle armi. Il movimento pacifista ucraino è in contatto
con gli obiettori in Russia.
Ma fare i pacifisti oggi in Ucraina
è difficile: chi scappa dalla chiamata alle armi viene preso alla
frontiera e mandato al fronte contro la sua volontà.
Nel
Donbass la Russia si gioca la sua difesa, perché allontana il nemico
dalle sue frontiere: questo spiega l’importanza di questa regione
per Putin.
Medinskij è capo dei negoziatori russi in
Ucraina: a Presadiretta aveva raccontato di come l’allargamento
della Nato ad est aveva allarmato e umiliato la Russia e Putin. Della
stessa opinione l’ex consulente di Clinton Charles Kupchan e l’ex
ambasciatore Burms in Russia: quest’ultimo aveva avvisato la
presidenza Bush che l’adesione dell’Ucraina, ventilata nel 2008,
potevano creare problemi nei rapporti con la Russia, potevano portare
a nuove tensioni.
L’occidente dovrebbe occuparsi anche di
creare un tavolo di pace, oltre che inviare armi – continua l’ex
consulente Kupchan: sul tavolo si potrebbe mettere la neutralità
dell’Ucraina, ma questa sarebbe una trasformazione molto forte per
Zelensky, che non ammetterà mai la cessione di territori alla
Russia, come la Crimea, per questo porterebbe ad un crollo del fronte
interno.
Si potrà arrivare ad una pace per procura? Gli Stati Uniti traggono
vantaggio da questa guerra, che ha rilanciato la Nato e indebolito la
Russia, ma sono preoccupati dalla partita con la Cina e dai suoi
rapporti con la Russia. Quest’ultima potrebbe essere usata poi in
una futura guerra contro la Cina dunque – concludeva l’analista
Fabbri – potrebbe succedere che tra qualche anno America e Russia
arriveranno ad un tavolo di pace.
Ad oggi gli Stati Uniti
non stanno costruendo alcun tavolo di pace: sono loro che hanno le
chiavi per il negoziato – spiegava Mario Giro – anche la
narrativa bellicista deve tener conto che prima o poi si arriverà a
dei trattati, ripartendo da quanto fatto a Minsk, una “pace
sprecata”. Dopo questi accordi l’Europa non si è sforzata
affinché gli accordi fossero rispettati, accettando una guerra a
bassa intensità e minimizzandone i rischi.
Negli ultimi 30 anno non ci sono guerre vinte, anzi le guerre si sono
moltiplicate: la difesa dell’Ucraina è legittima ed eroica, ma con
la stessa intensità con cui si sono aiutati gli ucraini a
difendersi, si devono trovare gli accordi tra le parti. Anche la
debolezza percepita dell’Italia potrebbe giocare a nostro favore:
serve la volontà politica di tutti, anche di soggetti terzi di dire
basta. Poi la retorica bellicista si sgonfierà da sola.
L’economia di guerra
Ogni giorno si consumano missili, proiettili, armi: la Nato sta chiedendo ai paesi dell’Europa di aumentare la produzione di armi, di arrivare al 2% della spesa militare sul PIL (noi siamo al 1,38%). Una soglia che per l’Italia è difficile da raggiungere, dovremmo arrivare ad una economia di guerra, per evitare che manchino armi per la confroffensiva russa.
Eppure secondo alcuni analisti del Pentagono, sarebbe meglio se la
guerra non durasse a lungo, ci si dovrebbe curare degli altri
interessi nazionali, come anche dell’egemonia cinese.
Secondo
il capo dei generali americani, “sarà difficile cacciare dal
territorio occupato la Russia”, secondo Stoltenberg l’opzione
nucleare non è esclusa, l’unico rischio è quello della vittoria
russa.
La pace in Sierra Leone
Come si è arrivati alla pace in Sierra Leone, dopo 11 anni di guerra
civile? Qui si sono scontrate milizie anche civili e militari
dell’esercito, le stime parlano di 50mila morti, oltre ai feriti e
ai profughi. Si è però accettato di fermare la guerra e di arrivare
ad una pace ad ogni costo, anche accettando una amnistia – racconta
Patrick Fatoma dalla capitale Freetown. Nel museo della memoria si
parla delle vittime della guerra, affinché nessuno si dimentichi.
Anche degli episodi di cannibalismo. Eppure sono arrivati alla pace:
“volete nel paese che succedano queste cose? Allora serve la pace,
perché senza diritti umani, questo è quello che succede.”
La
prima cosa da fare è la verità, raccontare i fatti e ricordarli.
Poi la giustizia affinché i responsabili dei crimini di guerra
fossero processati. Pace e giustizia sono correlate: senza giustizia
non esiste pace, senza pace l’uomo scende ai livelli della bestia.
La violenza è un atto di egoismo.
La commissione sulla
pace e sulla verità che è stata creata ha coinvolto tutti quanti,
vittime e ribelli, per riconciliare il popolo: tutti volevano la
pace, ma che fosse duratura, conquistata dal lavoro di tutti i giorni
dei membri della comunità.
La Sierra Leone è uno dei paesi
più poveri nel mondo, nonostante sia un paese ricco di materie
prime, come ferro e diamanti. La pandemia di Ebola ha poi peggiorato
la situazione nel paese.
La pace in questo paese va costruita
ogni giorno, per contrastare la malnutrizione, come fa Emergency, la
corruzione, la disoccupazione.
“Ho visto bambini violentati, persone sparate, ma sono orgogliosa
di quello che ha fatto il mio governo per la pace. Se usi la violenza
per finire la guerra, questa in realtà non finirà mai, perché ci
sarà sempre qualche vendetta, qualche rappresaglia. Mandare armi e
soldi per combattere non credo sia la risposta giusta, bisogna
negoziare ” - questa è la storia di Margaret, infermiera, dalla
Sierra Leone nell’ospedale di Emergency dove si curano decine di
migliaia di persone l’anno, gratis, nonostante manchino dottori,
infermieri. Ma la pace passa anche da questo, dalla sanità per
tutti.
Da Freetown Presadiretta si è spostata a Lundsa,
nella sede dei padri Murialdini: qui hanno visto scene che nessuno
dovrebbe mai nemmeno concepire, bambini amputati delle loro mani dai
ribelli. Questa sede fu occupata dai ribelli: oggi è un centro dove
i ragazzi imparano un mestiere, vanno a scuola. In questo centro,
finita la guerra, stavano a fianco persone che prima erano in guerra
tra loro, perché obbligati alla guerra.
L’educazione è
importante oggi per rilanciare il paese, per formare quella
generazione di ragazzi che non devono più vedere la guerra: perché
ancora oggi c’è il rischio che nuove tensioni, per la povertà,
portino a nuovi scontri.
Questo è un paese benedetto – racconta il vescovo Paganelli – i diamanti della Sierra Leone non portano ricchezza al paese: bisogna evitare che le tensioni tra le comunità portino a nuovi conflitti.
Le persone non devono smettere di parlarsi - spiegano i volontari di
Fambul Tok, una ONG che gira il paese per raccogliere la verità
sulla guerra, per creare un dialogo e riconciliazione all’interno
delle varie comunità.
Quello di Fanbul Tok è stato un
lavoro paziente di ricucitura tra vittime e carnefici, perché
l’unico modo per spegnere il fuoco è il dialogo, la vendetta
avrebbe portato ad altri conflitti e ad altri orrori.
La guerra
perenne non deve essere accettata: mai più guerre, mai più
conflitti tra le persone, mai più conflitti come strumento per
risolvere i problemi e le diatribe.
Non è vero che la guerra è
necessaria, che sia tristemente necessaria: abbiamo sprecato la pace
e dobbiamo rimetterci a credere che la pace sia possibile, sia
politicamente possibile. È una scelta politica – conclude Mario
Giro.
L’Onu era intervenuto in Sierra Leone, ma non sta
intervenendo in Ucraina: le guerre vanno spente, diventano un
contagio.
Esther Oman è un’altra costruttrice di pace: nel Camerun dal 2016 c’è una guerra civile di cui nessuno parla, nata negli anni 60 con l’indipendenza del paese.
Di fronte a questa tragedia Esther ha deciso di portare la pace, villaggio dopo villaggio, con le donne: le donne sono madri, sorelle, mogli e riescono ad entrare in contatto con tutte le parti in conflitto, la donna è pace racconta a Presadiretta e ad Elena Stramentinoli.
La prima cosa da fare per la pace è riportare gli studenti nelle
scuole: grazie al dialogo di Esther, le costruttrici di pace sono
riuscite a far riaprire metà delle scuole chiuse, andando a parlare
sia coi ribelli separatisti che coi governativi.
Queste donne
sono andate a parlare all’Onu, non hanno paura delle minacce e
continueranno ad andare avanti a parlare con le persone.
Ci aspettano giornate importanti: la Cina si sta impegnando nella
risoluzione del conflitto ucraino, vede male questa guerra dove perde
in commercio, non tutti sono d’accordo con la posizione cinese, ma
l’importante è il dialogo. La presenza di Biden a Kiev è stata
criticata dai cinesi: questo viaggio provocherà reazioni pericolose
– riporta un tabloid cinese.
I cinesi hanno un problema di
leadership con gli Stati Uniti, ognuno si guarda con sospetto in
questo momento dove la pace viene mostrata debole, specie da chi ha
interesse a portare avanti una guerra, ma invece è una dimostrazione
di forza tra i paesi.
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