24 febbraio 2022, 24 febbraio 2023: è passato un anno dall'operazione speciale di Putin, la sua guerra di invasione dei territori dell'Ucraina con la scusa della denazificazione e per proteggere la popolazione russofona nelle regioni dell'est del paese.
Dopo un anno la guerra è in una situazione di stallo: i russi non hanno sfondato, hanno distrutto città, commesso crimini di guerra, cambiato comandanti.
Dall'altra parte l'esercito ucraino, supportato con le armi dall'America e da diversi paesi europei è riuscito a resistere.
Questa guerra è stata raccontata (e continua ad essere raccontata) in modo binario: buoni contro cattivi, resistenti contro putiniani, quelli a favori delle armi senza se e senza ma e dall'altra parte i traditori.
A me personalmente la retorica degli eroi, delle armi, della guerra come qualcosa di ineluttabile, qualcosa che serve per risolvere i conflitti, fa paura.
A Presadiretta lunedì scorso Mario Giro della Comunità di Sant’Egidio raccontava di come non ci si debba arrendere a questa narrazione della guerra, come qualcosa di necessario: non sono coloro che chiedono la pace ad essere deboli, ma è vero il contrario, voler proseguire un negoziato per arrivare ad una pace (che sia giusta, che riconosca le colpe) è un segno della forza delle nazioni.
Dietro all'eroismo dei resistenti, ci sono le persone sotto le bombe, c'è un paese in cui serviranno anni per ricostruirlo. C'è l'industria delle armi, che si arricchisce oggi con lo svuotamento degli arsenali (e con le richieste della Nato di investire ancora risorse in armamenti).
Dietro questa guerra c'è l'ipocrisia di molti politici, specie in Italia che con la guerra si sono riposizionate sul fronte atlantico: il mostro Putin l'abbiamo creato noi, quando abbiamo stretto accordi vincolanti per il gas (per esempio). Quando lo abbiamo visto distruggere la Cecenia (perché combatteva contro Al Qaeda), quando lo abbiamo visto incarcerare giornalisti, quando ha invaso la Crimea..
Oggi non sembrano esserci sbocchi, a questa guerra, c'è giusto la proposta della Cina (che ha i suoi interessi in Taiwan): sia Putin che Biden hanno espresso le loro volontà di andare avanti. Nessuno può tornare indietro, né Putin, né Biden e nemmeno Zelensky (ci sarebbero ripercussioni sul fronte interno, gli ucraini non vogliono finire nella mani del regime russo). Speriamo che dietro questi annunci, continuino sottotraccia dei negoziati per trovare una soluzione che, sempre come raccontava Presadiretta, non vuol dire cedere dei territori.
Perché l'alternativa è, per noi, rimanere qui a guardare l'evoluzione di questa guerra senza porci domande: fino a dove vogliamo arrivare? Possiamo accettare il rischio che si arrivi alle armi nucleari?
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