14 febbraio 2023

Presadiretta – i risultati delle elezioni e l’acqua che manca

Puntata dedicata ad una risorsa preziosa come l’acqua: Presadiretta nel secondo servizio racconterà di cosa va fatto per non sprecarne nemmeno un goccio.

Ma prima dell’acqua Presadiretta si occuperà del voto nel Lazio e nella Lombardia, col dato incredibile dell’astensione: la maggioranza degli elettori non ha vota, non ha fiducia in questa politica, in questi candidati.

In studio a commentare il voto Marco Damilano: il giornalista ha citato un saggio di Saramago, dove in un paese spuntano solo schede bianche, gli elettori non si interessano alla politica.
La cosa che preoccupa è quando l’elettore non crede più nella politica, nelle elezioni locali e in quelle nazionali.

È come se segassimo il ramo dove siamo seduti – il commento di Iacona: nella capitale solo il 33% ha votato, nei giorni in cui abbiamo festeggiato la nostra Costituzione.

Cosa ha portato a questo?
Giovanni Diamanti di Youtrend ha commentato il consenso nelle due regioni: dal 2016 al 2023 il centrosinistra è sparito nel Lazio, dopo dieci anni di governo nella regione. Stesso discorso anche nelle città, come Latina e Rieti.
Agli elettori è stato chiesto quanto è stata importante la scelta dei rifiuti nel voto: circa l’83% dei votanti ha detto che era importante, del resto il termovalorizzatore ha bloccato l’alleanza nel Lazio tra Pd e 5 stelle ed è stata una delle cause della caduta del governo Draghi.

I rifiuti a Roma

Con le elezioni le strade di Roma sono abbastanza pulite, ma nei mesi passati l’immagine di Roma è legata ai rifiuti: i cittadini di un quartiere della capitale è arrivata a voler fare una azione legare contro il comune per tutta la montagna di rifiuti.
Il termovalorizzatore è stato al centro della discordia: dovrebbe essere costruito tra i comuni di Pomezia e Albano Laziale e dovrebbe raccogliere tutti i rifiuti di Roma e delle periferie.
Oggi non è possibile fare a meno dell’inceneritore, forse in un futuro, ma al momento la raccoltsa differenziata non consente una scelta diversa.
Il problema è che comuni come Albano Laziale la differenziata la fanno al 70%, la presenza dell’inceneritore è una beffa per il sindaco della città: assieme ad altri sindaci della zona ha scritto a Gualtieri, dove esprime la sua preoccupazione di diventare la pattumiera di Roma.
Ad Albano c’è anche la discarica di Roncigliano, riaperta dalla Raggi dal 2021 che sta prendendo i rifiuti anche ora.
A Guidonia c’è l’impianto di trattamento rifiuti che ora è sotto collaudo dopo anni in cui è rimasto fermo: anche a Guidonia fanno la differenziata e non sono contenti di questo vecchio impianto che verrà ora aperto.
Il Lazio ha una % di differenziata del 53%: la metà dei rifiuti organici viene gestiti fuori regione che ha una ricaduta in termini di costi per i cittadini laziali.
Ad incidere sui costi dei rifiuti è il loro trasporto verso le altre regioni, fino in Olanda.
I rifiuti sono un problema vero: è uno scandalo che Roma non sia riuscito in questi anni a risolvere il problema, in questi anni non si è fatta alcuna politica in tal senso.
I rifiuti sono stati usati come arma politica, la politica ha abdicato al suo compito: i rifiuti sono l’oro per molte persone, che li usano per condizionare sindaci e amministratori.
Si doveva fare la sintesi di politica – racconta Damilano: si dovevano ritrovare sindaci per trovare una soluzione d’accordo, come nel caso del sindaco di Guidonia che ha scritto al sindaco di Roma senza avere risposta. Ma poi c’è anche qualcuno che deve prendere una decisione.

Il voto in Lombardia

Il centro sinistra non ha mai vinto in Lombardia, cinque anni fa – racconta Giovanni Diamanti – la partita sembrava contesa, oggi invece è una regione completamente a destra. La provincia di Milano è divisa a metà. C’è anche un solco tra le città e le province: nelle grandi città il centro sinistra è davanti, ma poi fuori dai capoluoghi aumenta il vantaggio del centro destra.
La domanda fatta da Youtrend riguardava la sanità: la sanità ha inciso il voto? Il 91% ha risposto si, in modo trasversale. Evidentemente molti lombardi che hanno votato sono soddisfatti da questo modello.
A Milano Letizia Moratti ha preso il 12% dei voti, molto poco.

La sanità in Lombardia

Anche la sanità, come i rifiuti, è un tema vero: nella mia regione la sanità sta diventando a pagamento. Per chi ha i soldi, per chi se lo può permettere. A Vimodrone 2000 cittadini non hanno un medico, né un pediatra e nemmeno la guardia medica.

In Lombardia c’è l’eccellenza sui grandi ospedali, mentre per le visite si deve andare nel privato, perché le agende degli ospedali pubblici sono chiuse, perché le liste d’attesa sono lunghe.
Provate voi a chiamare il numero verde del cup e ad ascoltare la musica fastidiosa.
Ma a parlare di questi argomenti, a parte Presadiretta e Report, c’è molta poca informazione: delle liste d’attesa ne parla ogni settimana il dottor Agnoletto nella trasmissione di Radio Popolare.
Ci sono esami in Lombardia che hanno tempi di attesa di più di 1 anno, come la colonscopia: ma se chiami il privato e paghi qualche centinaia di euro, basta aspettare pochi giorni.
La Lombardia ha tanti CUP, non c’è una sola struttura che vede tutte le agende pubbliche e private: questo produce il fatto che siamo prede dei privati accreditati - racconta la professoressa Sartor – ma sono i privati che scelgono loro quali esami fare e quali no, quelli più convenienti e remunerativi.
Sotto elezione però Fontana ha trovato i soldi per snellire le liste d’attesa, strano.

Se si vuole cambiare questo modello, bisogna far pagare ai privati, quelli che hanno aperto centri prelievi o di controllo perfino nelle metropolitane.
Caro cittadino sei insoddisfatto del servizio pubblico? Ci sono le smart clinic del privato, che decide lui quali servizi offrire al pubblico, decide lui quanto aprire delle sue agende.

Della sanità ne ha parlato il giornalista Michele Sasso: chi non può permettersi di spendere in Lombardia non può curarsi e questo aumenterà l’ingiustizia sociale.
Noi cittadini paghiamo le tasse affinché un sistema politico distruggesse i nostri diritti, il nostro sistema sanitario nazionale.

In Lombardia la coalizione di centro destra si è rafforzata, il PD ha rintuzzato l’attacco di Conte e dei 5 stelle, ma è una magra consolazione.
Stiamo arrivando ad una situazione di democrazia bloccata, una democrazia che esclude i molti a favore dei pochi, una democrazia per i clientes, per chi ha i danè.

Acqua meno 40%

Che bello il sole d’inverno: ma significa anche meno giornate di pioggia, le acque del fiume Po al minimo storico, la neve sulle montagne non placa la siccità del più grande fiume italiano.
I fiumi che scendono dal Monviso verso Torino sono desertificati: i segnali della siccità sono visibili da decenni, i nostri ambienti alpini sono caratterizzati da lunghe fasi di carenza idrica – racconta il professor Fenoglio a capo dell’osservatorio del Monviso.
Le Alpi non sono più un serbatoio alpino e così i fiumi diventano pericolosi anche dal punto di vista sanitario: le Alpi stanno sperimentando una crisi idrica senza precedenti.
Le nevicate sono poi spazzate via dal caldo, non si sciolgono più nella primavera: i ghiacciai sono arretrati anche di duecento metri.
A secco sono anche i laghi, come il Maggiore, come il Garda ai minimi storici: siamo a 70 cm in meno, acqua che non può entrare nei canali e nei campi da irrigare.
La prossima estate sarà difficile aprire il lago per dare acqua ai fiumi e ai canali: Michele Prunetti è un ricercatore del CNR, a Presadiretta racconta di come il 2022 sia stato l’anno con più siccità e anche l’anno più caldo, a soffrirne sono state le regioni del nord ovest.
Ma questo è un trend non una eccezione: negli ultimi 20 anni il nord si è scaldato sempre, ogni anno. L’inverno sarà sempre più corto, specie nelle montagne, stiamo perdendo la neve sulle montagne e questo significa meno acqua nei fiumi.
Il Po ha perso 5 mld di metri cubi di acqua: nel corso del fiume sorgono delle isole, tanto il fiume è basso. Le portate sempre inferiori del Po avranno un impatto sulla popolazione che vive attorno, sono 20 ml di abitanti di 4 regioni, che oggi dovrebbero occuparsi di questo problema andando nella stessa direzione.
Il Veneto ha 400 idrovore, migliaia di km di canali per portare l’acqua dove serve: la rete dell’acqua alimenta il territorio del Veneto, ma oggi le cattedrali dell’acqua sono in difficoltà.
Meno acqua, meno energia idroelettrica (come quella dalle turbine sul Brenta), meno acqua per i campi.
I consorzi agrari stanno pensando a ricaricare le valli con le risorgive, canali che imprigionano l’acqua.
Ma alla foce del Po si capisce bene l’entità del problema: qui l’acqua è infiltrata da quella salata del mare che crea problemi agli allevatori delle vongole e di altri molluschi.
I pescatori del consorzio del Po cosa faranno quando l’acqua del mare risalirà ancora di più verso il fiume?

A Porto Tolle hanno dovuto comprare un desalinizzatore dalla Spagna per avere acqua dolce: il riso è andato, racconta la sindaca, forse si salva qualcosa nell’entroterra.
Ma oltre che sensibilizzare la regione e Roma non possono fare nel comune di Porto Tolle: sanno che succederà di nuovo, questa estate, non avranno più acqua per le culture.

Il sale del mare brucia le campagne del Polesine: l’acqua dei canali è salata e le risaie così spariscono, arrivando alla desertificazione del territorio.
È un problema comune alle provincie di Rovigo e Ferrara: niente insalate IGP, niente radicchio, niente riso.

Senza acqua non possiamo fare niente, racconta a Presadiretta un agricoltore: dovrebbe essere un problema, anzi il problema di cui dovrebbero discutere i governanti alle varie COP.
A rischio sono anche le falde, anche loro sono a rischio, come i nostri consumi: già oggi i cambiamenti climatici, all’origine della siccità e della mancanza di pioggia e di neve, stanno creando problemi all’agricoltura.

A Pavia, zona di risaie, il paesaggio sta già cambiando: le tradizionali culture devono essere sostituite da nuove culture, meno idro-esigenti ma anche meno redditizie.

Alessandro Macina è andato a visitare l’azienda del signor Tacchini, che aveva 80 ettari di riso, “specialmente di qualità, come il riso Carnaroli, Volano, Arborio, che vengono usati specialmente nei ristoranti. Io ho perso nella mia azienda dal 65 al 70% di produzione lorda vendibile, non recuperabili. Io quest’anno ho già cambiato la mia produzione seminando dei cereali come l’orzo, la colza ..”
Questo scelta è fatta per cercare di far quadrare i conti, ma la resa non è la stessa: non è bastato nemmeno passare alla semina in asciutta del riso, con meno acqua, per salvare il raccolto.
“Il riso non si può fare senz’acqua: qui l’acqua arrivava con alla goccia oppure il canale era asciutto. Se vengono ancora annate così certe aziende chiudono. Vedendo le mie campagne bruciare e il secco, mi sentivo non in pianura Padana ma nel deserto. ”

Nella provincia di Lodi a fare le spese della siccità sono stati i campi di mais, che in estate hanno bisogno di tanta acqua.
I prati stabili della zona catturano la co2, danno foraggio di qualità per le mucche, che senza foraggio e acqua non produce latte e non si ingravida.
Meno cibo, meno latte, meno bovini: nel lodigiano potrebbero decidere di abbattere dei capi a causa della siccità: un problema rilevante per questa zona dove si produce il Grana Padano.
Il direttore del Consorzio del Grana Padano racconta che stanno addirittura pensando di riciclare l’acqua delle deiezioni.

In Emilia Romagna stanno studiando le irrigazioni intelligenti, con micro-irrigatori efficienti, controllati da remoto, per mantenere quell’agricoltura di qualità che avevano fino a qualche anno fa.

In Pianura Padana, al CREA, stanno già selezionando il grano che avrà bisogno di meno acqua: selezionano i geni delle piante che possano resistere alle maggiori temperature e alla minore irrigazione.
Piante pronte a tutto: il mondo della ricerca sta cercando il modo di selezionare piante che possano resistere domani. La stessa ricerca la fanno alla AgroInnova a Torino, con lavori di ricerca sui parassiti: qui raccontano di come le culture si sposteranno verso il nord, con un impatto importante sul PIL. Avremo le banane coltivate in Sicilia, ma anche l’avocado, il mango, che prendono il posto degli agrumeti, come se fossimo in un paese tropicale.

Quando piove, poco, perdiamo pure l’acqua dal cielo: tutta colpa della cementificazione dei campi per dar spazio alle autostrade, ai capannoni dei poli logistici che spuntano sempre più in Pianura Padana.
Il consumo di suolo è stato maggiore in Lombardia ed Emilia, le regioni che oggi soffrono di più della siccità: il suolo libero è capace di stoccare acqua – racconta il professor Sileri del Politecnico– acqua che viene poi distribuita alle falde. Ma con la cementificazione tutto questo è perso.

Non sappiamo quanta acqua consumiamo, non sappiamo quanta acqua cade sul territorio: conosciamo pochissimo una risorsa così preziosa, perché ci sono molti enti che non si scambiano dati, perché al sud ci sono molti enti privati che prelevano acqua direttamente dai bacini.
Dovremmo fare come in Umbria dove da 20 anni monitorano l’acqua consumata, l’acqua che esce dalle fonti, l’acqua che si perde nella rete di distribuzione.

L’idea della regione è collegare tutti i canali, le dighe, in una sola rete: la parola d’ordine è interconnessione, perché non esistono sorgenti infinite.

Che fare?

Secondo l’ANBI, l’associazione dei consorzi di bonifica, dobbiamo mettere le politiche di adattamento alla siccità in cima all’agenda politica: purtroppo delle acque se ne occupano tanti enti e diversi ministeri, non esiste una piano unico idrogeologico.

Il presidente di Anbi chiede che ci sia un solo ente che si occupi di questo problema, perché i cambiamenti climatici non aspettano i tempi della burocrazia.

Che proposte hanno fatto al governo? Il piano “laghetti” per creare riserve di acque nei momenti di siccità, piccoli invasi da creare sul territorio nazionale. Mancano i soldi però, sebbene l’idea funzioni, come si vede a Ravenna a Poggio san Ruffillo, dove i laghetti sono tutti collegati.
Potremmo fare lo stesso in Lombardia, nel bresciano nella zona dei fontanili: i laghetti li stanno costruendo nelle cave dismesse.
Si potrebbe recuperare l’acqua dalle acque reflue depurate, ma mancano gli impianti di recupero.

In Sardegna hanno fatto scorta di acqua col sistema delle dighe, gestite da un unico ente, la regione: l’acqua degli invasi serve poi nei periodi estivi, con meno precipitazioni. Le dighe sarde funzionano perché sono in comunicazione, possono trasferire l’acqua da un bacino all’altro, cosa importante quando piove in modo irregolare.

Nemmeno delle dighe abbiamo un censimento nazionale però, perché molte regioni non forniscono allo stato centrale tutte le informazioni: eppure come sanno in Spagna, le dighe sono fondamentali per contrastare la siccità.

In Olanda la sfida è oggi trattenere l’acqua, non tenerla fuori dai porti: a Rotterdam hanno realizzato dei laghetti urbani che raccolgono la pioggia, per non creare problemi alle case (e agli scantinati che si allagavano con la pioggia) e non disperderla.

Altra soluzione è aumentare le falde acquifere dei fiumi: usare il sottosuolo come una banca dove immagazzinare l’acqua, prendendola dai fiumi. Ci sono anche interventi di rimodulazione dell’alveo dei fiumi, sempre con l’obiettivo di tenerla nel sottosuolo ed evitare che arrivi nel mare.

Sono tutte tecniche che dovremmo mettere a fattor comune, senza dimenticarci poi l’obiettivo della lotta ai cambiamenti climatici, abbassando le emissioni, abbassando la temperatura del pianeta.

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