25 febbraio 2023

L'incertezza della rana di Giorgio Bastonini


 

Prologo

Non aveva paura, forse. Si ripeté ancora una volta che le informazioni che custodiva erano così preziose da escludere che gli potessero fare del male. Sarebbero stati autolesionisti. Sorrise, senza riuscire però a mettere completamente a tacere la sottile inquietudine che gli guizzava sottopelle.

«A noi interessa solo quella caz.. di droga» aveva ripetuto Spaghetto, sordo ad ogni tentativo da parte sua di chiarire. Stavano prendendo una colossale cantonata, c’era in ballo molto di più..

Ritorna lo “strano pm” di Latina, Paolo Santarelli magistrato presso la procura di Latina che avevamo conosciuto nel precedente giallo uscito ormai quasi due anni fa: strano perché molto distante dall’immagine seriosa che possiamo avere di un magistrato. Paolo è uno di quelli che arriva in ufficio, presso la procura di Latina, con le Converse e una felpa. La macchina di servizio? Macché, già nello scorso racconto (dove aveva risolto un complicato delitto avvenuto dentro una famiglia tunisina) lo avevamo visto sfrecciare per le vie della cittadina con la sua bici: in questo romanzo lo vedremo persino sfrecciare sopra un Malaguti 50, ottenuto gentilmente in prestito da un vecchio signore conosciuto nel corso dell’indagine.

Strano, o forse sarebbe meglio dire complesso, il rapporto con le donne: una ex alle spalle e una fidanzata con cui ha un rapporto a distanza, fatto anche di messaggi agli orari più strani della giornata.

Pochi amici, anche in città, tra cui Livio, il proprietatrio del bar dove raccoglie le voci che arrivano dalla strada di questa città che lo considera ancora un alieno, per le sue origini campane. Una città che conserva ancora i segni del suo passato, e presente, fascista:

Alla sua destra il Palazzo Emme, edificio storico costruito al momento della fondazione della città, che all’epoca si chiamava Littoria.

Proprio dentro il bar di Livio viene a sapere di una sparatoria:

«Pochi minuti fa hanno ammazzato a pistolettate Gianluca Romano. In una piazzola sul lungomare di Rio Martino.»
«Minchia.»
«Hai lasciato il cellulare in ufficio?»

Ecco, l’indagine che dovrà affrontare questa volta strana non lo è, almeno all’apparenza: sul litorale, in uno spiazzale, qualcuno ha sparato al giovane rampollo del clan Romano “una famiglia malavitosa di rom stanziali che aveva il monopolio di spaccio, usura ed estorsioni”.
Il responsabile del delitto viene scoperto quasi subito, non svelo nulla della trama né dell’intrigo che si svelerà solo alla fine: si tratta di Emanuele
Locatelli, un giovane chimico che era in società proprio con “Spaghetto” e con cui aveva litigato quella sera sulla piazzola. Emanuele avvicina in un vicolo il procuratore rivelandogli di quei colpi di pistola e anche della sua paura per la vendetta del clan Romano.

«Lei è il dottor Santarelli, vero? Ho bisogno di parlarle.» L’uomo grassottello gli comparve davanti come per magia, sbucato dalla stradina laterale..

Non fa in tempo a raccontare nulla a Santarelli, oltre ad ammettere della lite a causa della loro società, parlare di un casale, dei risultati delle sue ricerche. Da una 500 bianca sbucata all’improvviso qualcuno si mette a sparare al ragazzo, uccidendolo davanti ai suoi occhi.

Due delitti e due responsabili che vengono individuati quasi subito: il primo, Emanuele per sua stessa ammissione, assassino a sua volta assassinato. Il secondo, quello di Emanuele, verrà individuato grazie alle intercettazioni sugli esponenti del clan.
Due omicidi risolti in poco tempo, tutto facile: molti magistrati farebbero carte false per chiudere entrambi i fascicoli senza troppi problemi. Ma Paolo Santarelli è “uno strano pubblico ministero”: non è solo l’essere anticonformista, poco attento alle gerarchie coi superiori e anche a qualche parola di troppo che si fa scappare ogni tanto.
Santarelli vuole vederci chiaro: cosa ci faceva questo giovane chimico in società col clan Romano, che campa con l’usura e la vendita della droga?
La perquisizione della casa del chimico non porta a nulla: nessun computer e nessun documento sulle sue ricerche, a cui doveva tener molto, come aveva fatto capire in quel vicolo allo stesso pm. La vicina di casa, invece, si rivela molto più interessante: vive facendo la cartomante, era forse la persona più vicina ad Emanuele. Ma Santarelli dovrà faticare prima di vincere la sua diffidenza, nei confronti della legge e dei suoi rappresentanti.

Ancora più interessante l’azienda agricola di cui Emanuele era titolare: all’interno gli investigatori scoprono una serra dentro cui trovano un pezzo di Amazzonia portato nell’Agro Pontino

.. piccoli stagni disseminati ovunque con una rigogliosa vegetazione esotica: piante a basso fusto, cespugli dai fiori colorati e sconosciuti, flora acquatica.

Negli stagni tante rane, prese a dar la caccia al loro cibo preferito, i grilli. Sdraiato su una amaca, un indio “come quelli che si vedono nei documentari o nei film. Mission ..”.
Cosa se ne facevano i romano di quel pezzo di foresta portano nella loro campagna e che razza di ricerche faceva Emanuele? Stava facendo degli esperimenti sulle rane? O su quell’ecosistema che sembrava mantenersi in perfetto equilibrio?
Cassandra, la vicina di casa, sembra sapere qualcosa di più di quello che inizialmente racconta,
tanto che la sua abitazione subisce un furto.
La scoperta della verità, sulle cause del primo delitto e sul perché di quella serra, arriverà dopo
la conoscenza con un indio di nome Carlos, dopo un’esperienza extra corporea (con sostanze poco legali) e alla fine di un viaggio in America fatto in compagnia di una ragazza troppo bella e anche troppo seducente. Una a cui la vita aveva insegnato a difendersi e a dover pianificare tutto, anche le relazioni.

Emanuele era finito dentro un gioco molto più grande di lui, di gente che pur di mettere le mani su certe scoperte scientifiche è disposta a tutto. Peggio dei criminali.

Arrivati alla fine, potrà sembrare ancora più “strano” scoprire quanto questa storia sia ispirata a fatti reali e non è solo la storia della rana e delle sostanze psicotrope che si ricavano da questi anfibi (potrete scoprire tutto solo nelle note a fine libro).
Santarelli verrà chiamare a presenziare ad un processo in cui sono imputati alcuni ragazzi accusati di aver pestato a morte un ragazzo, colpevole di aver fatto da paciere in una rissa: non è difficile scorgere i riferimenti alla storia del povero Willi Monteiro, ucciso a Colleferro due anni fa.

Brillante la trama come brillante e ironico è anche il protagonista di questo romanzo: un giovane quarantenne colto, con un rapporto complesso con le donne della sua vita e che alla fine del romanzo si porterà in casa anche un nuovo amico, un cane di nome Emma.

Santarelli è un magistrato capace di vedere la vita con occhi diversi, capace di applicare la legge e di saperla anche interpretare alle volte, perché giudicare la vita degli altri, le loro azioni non è un semplice calcolo aritmetico.

«Ha presente la rana?» le chiese.
[..] «Ha mai osservato la loro modalità di muoversi? Saltano, certo, ma appena hanno compiuto il salto e se ne stanno ferme è come rimanessero indecise sul da farsi.

Come se si chiedessero: “Dove vado? A destra o sinistra?”. Credo che l’incertezza della rana sia paradigmatica dell’umana esistenza, e di quella dei magistrati in particolare. Per cui le auguro una buona giornata.»

La scheda del libro sul sito di Mondadori

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