30 gennaio 2021

Uno strano pubblico ministero di Giorgio Bastonini

 


Prologo

Aprì il cassetto della cucina, soppesò a lungo i coltelli e ne scelse uno lungo e affilato, così lucido che ci si specchiò, inclinandolo su e giù. Il suo sguardo cadde su un altro, più corto e con la punta acuminata. Andava bene anche quello. Avvolse entrambe le lame in uno strofinaccio consunto dai colori talmente sbiaditi che il disegno originale non si immaginava neanche più.

[..]

Pose anche la pistola nello zaino, con cautela. Spense la luce e uscì di casa verso la sua missione di morte.

Paolo Santarelli non è uno strano pubblico ministero solo perché va in giro con la sua bici lasciando la macchina in garage (che poi si vendicherà come una fidanzata gelosa).

La sua stranezza sta nel suo modo di compiere il lavoro, più come un investigatore che non di un magistrato, un sostituto procuratore della Repubblica di Latina, uno di quelli per cui è vero che la forma è sostanza, ma a volte è la sostanza che ti aiuta a fare il tuo lavoro.

Strano perché tende a scavalcare le regole, presentandosi a casa delle “persone informate sui fatti”, strano perché diversamente da altri colleghi, è allergico al culto della gerarchia, del voler apparire in televisione.

Strano per i consigli che si trova a dare a degli adolescenti, che saranno protagonisti di questa storia di odio e di amore.

Santarelli è strano anche per i suoi rapporti col mondo femminile: un matrimonio fallito alle spalle e un trasferimento chiesto a Latina, lontano dai suoi familiari, il fratello e la cognata (con cui il rapporto non è stato felice) a Salerno.

E una fidanzata ufficiale con cui si trova bene, mentalmente e anche fisicamente (se capite cosa intendo), ma a cui non glielo ha mai detto. E così succede che una mattina arrivi questo messaggio, “ti devo parlare”..

Ti devo parlare” è, dai tempi dell’australopiteco, la modalità con cui la femmina avvisa il maschio che c’è un problema importante, spesso causa della fine di una relazione.

Lasciamo perdere per un momento le questioni sentimentali: lo strano procuratore Santarelli deve indagare su due delitti avvenuti a distanza di pochi giorni in città e le cui vittime sono di origine tunisina.

Il primo si chiama Khalid Jamil, era un muratore in Italia da dieci anni con regolare permesso di soggiorno: una brava persona, un fedele musulmano, così lo descrive il fratello Ibrahim che, come prescrive il Corano, deve aiutare ora la cognata, “perché è solo una donna” e soprattutto il primo figlio di Khalid, Youssef.

«Non parlo del vostro diritto, di quello della vostra legge, ma del nostro, della nostra gente, che prescrive a me, unico uomo adulto della famiglia, di prendersi cura della moglie di mio fratello e dei suoi figli.»

Per un caso, l'indagine si intreccia con un altro episodio, l'arresto di due minorenni pescati mentre trasportavano droga per conto della famiglia locale dei Romano, in cui è coinvolta Dalida, figlia della sorella della sua assistente, Mara.

Perché Dalida e Youssef sono compagni e, racconta la ragazzina, molto sveglia per la sua età, l'omicidio del padre lo ha demoralizzato, tanto da spingerlo ad abbandonare la scuola e gli esami della terza media.

Lo strano ministero si trova ad osservare il caso su più dimensione, quella delle prove, delle piste, delle indagini e anche quella più personale, attraverso l'aiuto di Dalida.

Così da una parte le prove portano verso una ben precisa direzione, il traffico di droga dentro cui Khalid, il buon musulmano, sarebbe implicato. Traffico che avrebbe suscitato la reazione del clan Romano, a capo dello spaccio nella città.

«La famiglia Romano, che detiene il monopolio nella nostra città, è ormai indebolita grazie anche alle ultime indagini, che l’hanno privata dei capi carismatici. Forse Jamil ha visto la possibilità di occupare uno spazio lasciato vuoto» osservò Santarelli.

Ma c'è qualcosa che non convince lo strano pm. Prima di tutto il secondo morto, anche lui di origine tunisina, morto vicino ad un canale fuori città ma residente a Roma. Difficile dire che le due morti siano collegate, ma altrettanto difficile sostenere che non lo siano.

Chi era questo secondo morto e cosa è venuto a fare qui da Roma?

Per capirci qualcosa di più, sul mondo dell'Islam e sui tanti libri trovati a casa del secondo morto, tutti riguardanti la religione, Santarelli si muove secondo i suoi schemi, fuori dal normale.

Per esempio coinvolgendo l'amico barista, Livio, uomo di estrema destra ma che difende i pizzaioli egiziani come Samir. Certo, tra egiziani tunisini c'è una certa differenza che a noi occidentali spesso sfugge, ma qualche indicazione sull'Islam può essere d'aiuto.

C'è Dalida ed Elena, la madre, con cui Santarelli instaura un buon rapporto, nonostante avesse sempre considerato gli adolescenti, compresi i figli del fratello, come degli alieni.

Ma questa ragazzina è una di quelle che sarebbe capace di cambiare il mondo, se potesse: quanto meno di impedire ad un amico di perdere l'anno. O di tornare in Tunisia per diventare un fedele musulmano, come vorrebbe lo zio Ibrahim.

Santarelli sorrise pensando a Dalila: si disse che gli adolescenti hanno un cuore immenso che noi adulti abbiamo dimenticato di avere.

No, in questa indagine c'è qualcosa che non torna: chi aveva dato i soldi a Khalid per comprare la droga? Come pensava di muoversi lui, un muratore, nel mondo dello spaccio?

Da subito aveva percepito che l’omicidio di Khalid Jamil potesse essere valutato da una diversa angolazione. Solo che non sapeva ancora quale e, mentre era in attesa di scoprirlo, le indagini su Luca Romano erano partite zoppicanti.

Muovendosi tra colpi di scena e colpi di humour, l'indagine dello strano pm andrà fino in fondo dove, per fortuna, sarà l'amore a prevalere sull'odio, la ragione dietro le due morti.

Non stanca e non delude questo giallo, primo di Giorgio Bastonini, che si è inventato un investigatore molto particolare: ostinato e capace nel suo lavoro dove talvolta travalica i suoi confini da magistrato, anche a suo rischio e pericolo.

Si parla di mafie, in questo giallo, delle mafie locali che dominano il territorio con la forza del terrore che da loro consapevolezza della loro impunità.

Si parla di islam, di religione e di come sia complessa l'integrazione qui in Italia, per il razzismo latente che ci fa vedere come estranei persone con la pelle di un colore diverso.

Si parla anche di rapporti umani, per Santarelli si racconta a fondo con le riflessioni sulla sua vita e sulle sue relazioni: il matrimonio lasciato alle spalle, il fratello che non vede da tanto tempo e poi la relazione con Barbara, ora a Milano, a cui non è stato capace di rivelare quanto l'amasse. Perché spesso sono proprio le cose più importanti quelle che reputiamo superflue.

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