LUNEDÌ Quella mattina arrivò in ufficio in ritardo. Il commissario Maugeri era abituato, come tutti i suoi uomini, a rispettare l’orario di lavoro. Anche quando un’inchiesta richiedeva interventi notturni o quando aveva trascorso i giorni festivi a operare sul campo lui, dal lunedì al sabato cercava di essere sempre davanti alla sua scrivania alle otto e trenta.
E' oramai diventata una consuetudine per me, iniziare l'anno con un'indagine del commissario Maugeri, il protagonista dei noir milanesi di Fulvio Capezzuoli.
Le sue sono indagini ambientate nella Milano post bellica, dal 1946 (Milano 1946, delitti a città studi) fino a quest'ultimo, ambientato in un inizio primavera del 1949: quest'ultima comincia con un classico del genere poliziesco, un cadavere che viene rubato sotto il naso, quasi, della polizia.
Ma procediamo con ordine: arrivato in ufficio in ritardo, dopo un fine settimana dai genitori, Maugeri viene avvisato da un agente che c'è un uomo che lo sta aspettando. Si tratta di uno straniero, non parla italiano, è pallido ed è in evidente stato di difficoltà. Le uniche parole che gli agenti e Maugeri capiscono sono tre, Miech, ndimè e vdes.
– Sta arrivando un medico. Mi ha capito?
– Miech, miech. Maugeri vide, quasi raggomitolato su di una sedia, un uomo dai capelli scuri arruffati, la fronte madida di sudore,
I medici che accorrono in Questura non fanno in tempo a salvarlo: l'uomo muore dopo alcuni spasmi del corpo. Forse un colpo al cuore oppure è stato avvelenato, sarà compito del medico legale a cui viene affidato il corpo a stabilire le cause della morte.
Ma una telefonata del dottor Bonfanti, il medico legale, lo mette in allarme: i suoi due collaboratori che sono venuti a prendere in Questura il cadavere non sono ancora arrivati in via Gorini.
Qualcuno ha “rubato” il cadavere e non si è limitato solo a questo: nel naviglio della Martesana viene ritrovato il furgone dell'istituto di Medicina Legale, con dentro i cadaveri dei due uomini.
Chi era il morto? Come mai qualcuno aveva così interesse a prendersi il corpo, ed evitare l'autopsia, arrivando perfino ad uccidere due persone? Come ha fatto questo assassino senza scrupoli a tendere una trappola ai due medici?
Maugeri e il suo vice Valenti si attivano per la loro indagine coinvolgendo perfino l'interpol, per capire se le impronte digitali sono state schedate da qualche polizia straniera.
Una risposta arriva, dall'Inghilterra: ma si tratta di una telefonata di minaccia. Un fantomatico John Brown lo invita a lasciar perdere
– In ogni caso dia retta a me. Lasci perdere, lo dico per il suo bene e anche per quello della sua famiglia.
Tre morti, un cadavere scomparso e un misterioso signore da Londra (si scoprirà poi nemmeno legato all'Interpol) che minaccia il funzionario incaricato dell'indagine. Ne arriva una seconda, di telefonata: questa volta non si tratta di minacce velate, un uomo che non lascia le sue generalità, racconta a Maugeri di avere informazioni sul morto, è disposto a rivelargliele ma di persona, all'Hotel Meravigli.
Anche qui, una nuova sorpresa: nella stanza dove sarebbe dovuto avvenire l'incontro Maugeri e Valenti trovano un altro cadavere, un uomo ucciso con un colpo di pistola al petto.
In tasca una pistola strana, con la canna corta. Una Smith & Wesson in dotazione agli agenti dell'FBI. E un biglietto del “Circo Maxim”, che in questo momento ha i tendoni di fianco alla stazione ferroviaria delle Varesine.
Quattro morti, uno straniero senza nome, due medici finiti non si sa come in una trappola e forse un agente americano o legato a quel mondo.
E poi, in Questura la visita di un signore dei servizi, il colonnello Fioravanti: di fronte a Maugeri, al suo capo e al Questore, rivela che in quella indagine sono finiti in una guerra tra servizi stranieri, una guerra messa in atto per destabilizzare “una nazione a noi geograficamente vicina”.
La Jugoslavia (allora ancora unita)? L'Austria? La Francia?
Maugeri va avanti, nonostante le minacce sulla sua famiglia, con l'appoggio dei suoi superiori che hanno intenzione di vederci chiaro, nonostante la presenza dei servizi ci sono già stati troppi morti.
Ma il Vicequestore lo avverte:
– Maugeri, per una volta deve cercare di muoversi come se camminasse su di un precipizio. Da una parte ci sono le cose essenziali, dall’altra c’è il vuoto e lei non deve guardare giù, altrimenti le vengono le vertigini..Le cose essenziali sono la lingua del morto, che è l'albanese, una lingua che viene parlata anche in Kosovo, una regione della Jugoslavia. Maugeri partirà da qui e dai personaggi che lavorano in questo circo Maxim, per fare luce su questa guerra tra servizi, dove è difficile distinguere la verità dalla menzogna, la collaborazione dal doppio gioco.
Maugeri riceverà un aiuto, per districarsi in questo enigma, da un agente della Cia con cui aveva collaborato in una passata indagine (Il Natale del commissario Maugeri), il comandante Poletti: in cambio di alcune informazioni sul caso, Poletti gli rivela il quadro dietro questa storia.
I servizi occidentali, quelli americani e quelli inglesi, stanno effettivamente cercando di destabilizzare un paese nell'orbita russa, con un colpo di Stato.
In questa guerra, portata avanti con molto cinismo e anche una certa grossolanità, i servizi italiani hanno deciso, una volta tanto, di non prendere una posizione netta.
Ma Maugeri e la sua squadra no: l'ex partigiano rosso, uno dei pochi partigiani a sopravvivere alle purghe dentro la polizia, non si spaventa della posta in gioco. Vuole mettere le mani sugli assassini e, dopo un'indagine che lo porterà fino a Bari, avrà la sua soddisfazione.
Sono romanzi ben scritti e con una trama per nulla scontata, i gialli di Fulvio Capezzuoli: anche in quest'ultima indagine, troviamo dentro un pezzo di Storia con la S maiuscola. Lo racconta l'autore a fine libro, si tratta di un episodio della guerra fredda realmente accaduto, a pochi passi dal nostro paese che, essendo lungo la linea di confine tra est e ovest, era un crocevia delle spie di entrambi gli schieramenti.
– Le dirò che è la prima volta che mi trovo immerso in uno scontro fra spie, e spero sia anche l’ultima. Il vostro cinismo, i vostri doppi giochi, il vostro passare sulla testa dei poveracci che hanno la disgrazia di attraversarvi la strada, sono tutte cose che mi disgustano profondamente.
Quello che piace è poi anche l'accuratezza nella descrizione di quella Milano, con le ferite della guerra ancora aperte, dove la vita era molto più semplice di adesso (anche tra le quattro mura domestiche), dove nei locali come il Motta in Duomo aperti da poco le persone potevano gustare una nuova specialità esotica, una “focaccina ricoperta di formaggio e pomodoro che veniva servita calda”, le prime pizzette a Milano, imitazione della pizza napoletana.
Infine, molto bello questo investigatore milanese, il commissario Maugeri, intelligente, colto, non burbero come Maigret ma con lo stesso acume investigativo.
La scheda sul sito di Todaro
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