La signora Claudia, una delle persone intervistate da Iacona, ha visto la luce in fondo al tunnel col reddito di cittadinanza, per uscire dalla povertà.
La trasmissione si è anche occupata dell’evasione, dello scandalo del lavoro nero. E della tanta solidarietà di quelli che aiutano i poveri, quelli che la politica non vuole vedere e che ha marchiato come fannulloni da divano.
Invece ci sono i poveri e i volontari che portano i pacchi alimentari per i genitori, per la famiglia. Pensionati che devono decidere se fare la spesa o pagare le bollette. Oppure il disoccupato che si vergogna di prendere l’aiuto.
I 300 volontari
dell’associazione Donna Roma fanno un lavoro incredibile,
raccogliendo cibo, vestiti e perfino giocattoli: danno da mangiare e
aiutano quasi 3000 nuclei familiari, eppure non basta mai, perché la
povertà aumenta ogni settimana e la domanda supera l’offerta.
Ci
sono persone che arrivano da Donna Roma, segnalati dai servizi
sociali, che devono tornare a mani vuote perché manca il pacco.
Ma Donna Roma aiuta anche le persone con le richieste per ottenere il reddito di cittadinanza: come il signor Piero, che ha perso il lavoro con la pandemia e ora ha ottenuto il reddito, poche centinaia di euro che gli consentono di evitare di lavorare in nero per avere dei soldi per andare avanti.
La signora Ida vendeva abiti col marito e con la pandemia è iniziata la crisi, hanno perso il negozio: i 550 euro del reddito le hanno salvato la vita, “oggi mi sento protetta”.
Queste forme di
sostegno sono comuni in Francia e in Germania: quello che è normale
altrove, in Italia è considerato “metadone” di stato.
Anche
Charon ha sempre lavorato, per dieci anni: i problemi sono arrivati
coi figli, i datori di lavoro le hanno iniziato a dire che era un
problema lavorare per loro. Con isee a 0 e con tre figli prende 600
euro al mese: sono soldi con cui può dare da mangiare ai figli, ma
se trovasse un lavoro lascerebbe subito il reddito.
Ma il problema è che le offerte non arrivano, i corsi di formazione sono insufficienti per dare altre possibilità alle persone che devono riciclarsi nel mondo del lavoro.
Non c’è solo
Donna Roma, c’è anche la Caritas, ci sono le parrocchie, la
comunità di Sant’Egidio che è passata da 3 a 28 centri a Roma per
distribuire aiuti.
In Italia i poveri assoluti sono 5,6 ml, in
povertà relativa sono 8,8 ml di persone: cosa sarebbe successo a
loro senza il reddito di cittadinanza che ha aiutato più di 4 ml di
persone.
La risposta è semplice, ci sarebbero state altre 4,8 ml in povertà in più.
Oggi il governo
Meloni lo vuole togliere: lo ha chiamato il metadone di stato
l’attuale presidente del Consiglio. Ma chi sono i
percettori?
Presadiretta è andata ad incontrali a Milano e nei
luoghi dove l’economia dovrebbe tirare di più. E invece ..
Iacona
è andato a Milano, lungo viale Monza, quartiere San Giovanni:
davanti si snoda la fila di persone in attesa di un aiuto dalla Onlus
Pane Quotidiano, sin dalle 6 del mattino.
Il pane non deve mai
mancare a nessuno, è il principio della onlus: qui si distribuisce
pane, salumi, frutta e verdura, tutto arrivato dalle donazioni.
1300
tonnellate di cibo nel 2021: qui arrivano 4000 persone al giorno,
molti italiani, pensionati, quelli con pensioni da fame (299 euro), i
nostri nonni, persone che hanno perso il lavoro.
Persone che
vivono oggi grazie anche alla solidarietà di questa rete di
contrasto alla povertà – racconta Claudio Favignana.
Povera
Milano, anche qui la povertà avanza.
Le
persone in cerca di aiuto sono aumentate dell’11 %, la povertà è
cresciuta anche dopo la pandemia: nel supermercato solidate nel
Gallaratese le famiglie possono fare la spesa con una carta di
solidarietà, che è meno imbarazzante per le persone rispetto ai
pacchi.
Qui arrivano persone pagate con salari da fame, con
impieghi a chiamata, effetti del precariato spinto: al centro per
l’impiego del Corvetto ci sono gli sportelli per le offerte di
lavoro, solo la minima parte sono contratti stabili. La maggior parte
delle offerte di lavoro sono a termine, a rischio di lavoro
povero.
Anche lavori da 4 euro all’ora, a persone che lavorano
nei musei di Milano, per 40 ore settimanali. Stessa situazione nelle
scuole, dove le cooperative danno contratti a part time: le
cooperative preferiscono avere tante persone con part time rispetto a
poche persone con contratti full.
E i numeri dell’Istat che
dicono che sono aumentati i posti di lavoro? Una presa in giro, sono
i contratti a chiamata, per persone che fanno pulizie negli ospedali
e nelle scuole per cooperative che hanno vinto gli appalti e poi
fanno lavorare le persone per pochi euro.
Oggi
si è poveri anche con un lavoro, anche lavorando.
Non è un
caso se l’ultimo rapporto della CGIL sul lavoro si intitola “poveri
col lavoro”: un terzo del lavoro nella provincia di Milano è al di
sotto i 10mila euro l’anno, siamo in una situazione di povertà.
Non stupisce che per questo motivo la spesa sociale del comune di
Milano sia importante: a Milano nel 2022 è uno scandalo che ci siano
persone che non possono mangiare.
Secondo
l’assessore Bertolè questo costituisce anche un problema della
tenuta sociale per il paese: la colpevolizzazione della povertà va
eliminata e bisogna smetterla di pensare che la spesa sociale sia un
peso.
Da Milano a Bollate, nell’hinterland: Iacona ha
incontrato Elena Meroni, direttrice di una società che si occupa di
sociale nei comuni del nord del milanese. A Presadiretta racconta che
i percettori sono persone che in buona parte non stanno stravaccati
sui divani, sono persone che non possono lavorare o che hanno scarsa
formazione, per molti di loro anche presi in carico dai servizi
sociali, senza reddito non potrebbero farcela.
Solaro è un
comune in una ex zona industriale: nella ex scuola elementare sono
oggi presenti i servizi sociali e altri uffici. La sindaca ha chiesto
a percettori del reddito di aiutare il comune e tutti hanno
accettato, perché erano contenti di aiutare la comunità.
Senza il reddito di cittadinanza queste persone comunque busserebbero alle porte del comune per avere un sostegno: persone che il mercato del lavoro considera come scarti, inutili, hanno invece avuto una opportunità di lavoro.
Sono
tante le testimonianze di persone che grazie al reddito hanno potuto
contare su qualcosa, una luce in fondo al tunnel – come racconta la
signora Claudia che è andata in difficoltà quando si è separata
dal marito. Grazie ai servizi sociali del comune ha ottenuto un
lavoro e non è rimasta sul divano senza fare nulla ma andrà a
lavorare dentro un supermercato.
Solo
una minoranza degli occupabili ha ottenuto un lavoro: sono persone
rimaste fuori dal mercato del lavoro per troppo tempo, è stupido
dire togliamogli il reddito così andranno a lavorare, perché senza
una vera formazione un lavoro e un riscatto non lo troveranno
mai.
Anche contro i navigator si è scatenata una campagna di
aggressione vergognosa: eppure grazie a loro molte persone senza
lavoro si sono sentite avvicinate da qualcuno nello Stato.
In
Germania ci sono 100mila addetti per i centri per l’impiego, in
Italia siamo a 15mila: ne servirebbero molti di più, per aiutare i
cittadini italiani in difficoltà a non diventare cittadini di serie
B.
L’intervista a Chiara Saraceno
Il
lavoro povero è aumentato negli ultimi anni, è un lavoro
sottopagato oppure un lavoro a tempo parziale involontario,
soprattutto tra le donne (ma ci sono anche uomini).
Quando si
dice ai divanisti alzatevi e cercate un lavoro si dice una menzogna:
in Italia il lavoro che si trova è povero, questo è il problema non
il reddito.
La sociologa ha raccontato del problema dei
percettori che hanno basse qualifiche, non sono in grado di
incrociare una domanda di lavoro appetibile: le offerte di lavoro
sono inferiori alla domanda, non ci sono offerte a sufficienza per
persone a bassa qualifica con salari dignitosi.
I nostri centri
per l’impiego non sono poi all’altezza per problemi di
investimenti e strutture: dovremmo partire da qui, in Italia le
politiche attive sul lavoro non hanno grande tradizione.
Si
sarebbe potuto pensare anche al reddito di cittadinanza come
integrazione da un reddito di lavoro povero, ha aggiunto la
Saraceno.
È impensabile che tra sei mesi gli occupabili
troveranno un lavoro grazie ai corsi di formazione (che comunque non
sono partiti ma si continua ad appoggiarsi ai corsi regionali):
succederà che alla fine dei sette mesi scatterà la tagliola, la
politica si è dimenticata di loro.
La repubblica
dell’evasione
Se
solo potessimo recuperare i soldi dell’evasione avremmo abbastanza
risorse per potenziare i centri per l’impiego, per creare veri
corsi di formazione che durano il tempo necessario per persone
rimaste senza posto per lungo tempo.
L’evasione fiscale in
Italia vale 100 miliardi di euro: quella più evasa è l’irpef dei
lavoratori autonomi, poi l’Iva (peggio di noi fanno solo Malta e
Romania).
IL
grosso dell’evasione la fanno i piccoli imprenditori, i liberi
professionisti: proprio la categoria che il governo Meloni ha scelto
di non disturbare, perché vogliono fare.
Racconta il professor
Santoro che in realtà l’evasione delle multinazionali è difficile
da contrastare, noi siamo un paese di piccole imprese: emblematica la
storia dei due stilisti Dolce e Gabbana condannati prima e assolti
poi in Cassazione. In Italia dimostrare l’illecito è complesso,
servono indagini complicate, serve tempo, servono risorse.
La
Guardia di Finanza è impegnata in questa battaglia, contro le
aziende che emettono fatture inesistenti a società che con finte
spese poteva pagare meno tasse: a Orbassano la Finanza ha trovato un
giro di aziende che emettevano finte spese per 7 ml.
Queste
indagini sono ostacolate dall’uso del nero, si controlla allora il
tenore di vita delle persone, l’incrocio delle banche dati: in
questo modo di individuano evasori totali, persone sconosciute al
fisco.
I comuni potrebbero aiutare questa caccia agli evasori,
segnalando cittadini che hanno problemi coi tributi: dai comuni si
fanno segnalazioni all’agenzia delle entrate che poi farà i
controlli.
Nel comune di San Giovanni in Persiceto hanno
recuperato in questo modo 4 ml di euro, qualcosa che entra in più
nelle casse del comune, soldi con cui si sono abbassate le tasse per
i cittadini, per fare nuovi servizi.
Ma sono pochi i comuni che collaborano col fisco, molti preferiscono non voler controllare i propri cittadini, perché perderebbero voti. Dovendo scegliere tra persone oneste e persone che votano hanno scelti questi ultimi.
In Veneto ad esempio il patto anti evasore è un flop: a Povegliano hanno recuperato 0, nonostante ci siano 140mila euro di tasse non pagate, non hanno segnalato nulla all’agenzia per le entrate.
IL
problema è che i piccoli comuni sono penalizzati in questa lotta,
sebbene l’evasione colpisca tutti quanti, piccoli e grandi.
L’evasione è la colpa delle tasse alte.
In
questi anni si è aggredita l’evasione “facile”, rimane fuori
l’evasione con consenso – spiega il professor Santoro: sono
quegli accordi tra privati che si mettono d’accordo per una
transazione.
Entro il 2024 l’Italia dovrebbe ridurre del
15% le tasse evase per non
perdere i fondi del PNRR: servirebbe incrociare le varie banche dati,
magari come fanno in Francia con strumenti di intelligenza
artificiale.
Incrociare conti i banca, beni catastali, arrivando
perfino ad immagini satellitari, con cui hanno rilevato per esempio
piscine non dichiarate al fisco.
Ma
in Francia si è andati oltre: qui si vanno a scandagliare anche i
social, anche le transazioni online con qualcosa che assomiglia ad
una sorveglianza di massa.
Il nostro governo ha annunciato la riforma fiscale, che dovrebbe essere presentata a marzo: al momento si parla di tregua fiscale, di flat tax che mal si conciliano col recupero dell’evasione.
Lo scandalo del
lavoro nero
Da
Milano a Napoli, con lo scandalo delle persone che per anni hanno
lavorato a nero, senza contributi, senza contratti.
Dalla prima
trasmissione girata 11 anni fa sul lavoro nero con Gaetano di Vaio,
non è cambiato niente: man mano che l’economia arretrava la piaga
del lavoro nero è cresciuta nella ristorazione, nell’edilizia, nei
servizi.
Come
la signora Dora, che dopo anni in nero ha ottenuto il reddito di
cittadinanza e sul lavoro racconta “quando
chiedi i tuoi diritti ti licenziano subito dalla sera alla mattina
..”.
Questa persona ha lavorato a nero per 31 anni senza
ricevere dallo Stato alcun tipo di sussidio, fino al reddito di
cittadinanza: stiamo parlando di qualche centinaio di euro al mese,
con qui questa signora dell’intervista è andata avanti per 36
mesi, separata con tre figli minorenni da crescere da sola. Con quei
soldi li ha tenuti al riparo da brutte tentazioni, come quelle del
guadagno facile attraverso la criminalità organizzata.
Sono
persone che hanno lavorato ma che per lo Stato non esistono: non è
vero che Napoli è la capitale dei fannulloni, raccontano dalla
Gesco, citando i casi dei concorsi per posti del comune dove si sono
presentati anche laureati.
La
realtà è che il reddito di cittadinanza mette in crisi il mercato
parallelo, del nero, dei salari bassi, dello sfruttamento,
dell’assenza delle tutele.
Altro
che metadone di Stato: le persone quando trovano un lavoro dignitoso,
competitiva col reddito, lo accettano senza problemi.
In Italia
è partita la caccia ai poveri: ti viene perdonato di tutto, perfino
l’essere mafioso, ma non l’essere povero –
lo racconta a Iacona un operatore sociale.
Anche a Napoli la
rete di sostegno alle persone in difficoltà è vasta, con strutture
che offrono supporto: ma qui sono preoccupati della fine del reddito
di cittadinanza, c’è il rischio di un collasso sociale racconta
l’assessore al welfare Trapanese.
Tutto
questo succede in un momento in cui le crisi industriali, come quella
della Whirlpool, non vengono risolte. Ma c’è anche il caso della
Dema, un’azienda oggi in cassa integrazione.
Tutti i posti di
lavoro che si perdono non si recuperano più, vale sia per la grande
impresa che per le piccole imprese.
Isaia Sales
è uno studioso della Camorra: lo scrittore lo considera fondamentale
per il sud tanto quanto lo statuto dei lavoratori. Il reddito ha
consentito di aprire gli occhi sui poveri, non dovremmo dividerci su
questo: senza pandemia sarebbe scoppiata la rivolta, pensiamo a
quanto ci ha risparmiato come disagio nelle famiglie, poter pagare le
bollette, poter mettere il cibo in tavola. Perché chiudiamo gli
occhi di fronte a questa realtà?
A Bacoli gli occhi non li hanno chiusi: diversamente dalla maggior parte dei comuni italiani, qui i percettori sono stati impiegati nei PUC, piccoli lavori per la comunità. Sono persone che lavorano per il comune, per la comunità, non sono persone a perdere ma sono persone che tornano ad essere utili.
Se togli il reddito – si chiede il sindaco di Bacoli - allora cosa farà il governo, aumenterà i fondi per i servizi sociali per i comuni?
L’importanza della formazione
L’istruzione è legata alla crescita economica e alla possibilità di ottenere un lavoro: migliorare i livelli di istruzione rende fino a 5 punti del PIL, spiega l’OCSE. Ma la nostra scuola ha un alto livello di abbandono, che crescono nelle zone più povere.
La povertà formativa riguarda ancora, a 50 anni da Don Milani, le classi più povere: nei quartieri poveri di Napoli lo stato dovrebbe realizzare le scuole migliori, coi migliori professori, con le migliori dotazioni.
Eppure la scuola Giovanni Bovio mancano gli infissi, gli spazi per
fare lezione sono stati recuperati da luoghi per fare teatro, i pasti
si consumano nelle stesse aule.
Lo stesso vale per le superiori,
come l’istituto Volta, che secondo un docente è come un pronto
soccorso in una zona di guerra: qui arrivano ragazzi che sono vittime
di una guerra.
Serve rendere stabili le esperienze positive, come quelle dell’istituto Aldo Moro di Ponticelli, contro la dispersione scolastica, servono i fondi che meritano, serve investire nella lotta alle disuguaglianze. Serve, purtroppo, anche una politica che voglia portare avanti una lotta contro la dispersione scolastica, contro le disuguaglianze.
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