Nottata fitusa, 'nfami, tutta un arramazzarsi, un votati e rivotati, un addrumisciti e un arrisbigliati, un susiti e un curcati. E non per colpa di una mangiatina eccessiva di purpi a strascinasali o di sarde a beccafico fatta la sira avanti, perchè almeno una scascione di quell'affannata insonnia ci sarebbe stata, invece, nossignore, manco questa soddisfazione poteva pigliarsi, la sira avanti aviva avuto lo stomaco accussì stritto che non ci sarebbe passato manco un filo d'erba. Si era trattato di pinseri nivuri che l'avevano assugliato doppo avere sentito una notizia del telegiornale nazionale.
Ogni tanto ho bisogno di ritornare all’antico amore, i libri del maestro Camilleri, in questo momento particolarmente caotico una delle poche luci che sono rimaste. Perché Camilleri aveva già scritto tutto, anni fa, raccontandoci di come “troppu tintu è addiventatu lu munno”, un mondo cattivo, dove è l’odio a governare le persone e, soprattutto i governi.
Sembra scritto ieri questo romanzo, ma in realtà “Il giro di boa” risale a più di venti anni fa, fu scritto all’indomani dei primi processi sui fatti di Genova.
La più grave sospensione dei diritti civili in un paese del mondo occidentale: così fu definita la mattanza alla scuola Diaz, dove uomini dello stato, in divisa, fabbricarono prove false contro i manifestanti del G8, si resero responsabili, complici, delle violenze contro persone inermi che stavano riposando nella scuola dopo la manifestazione del luglio 2001.
La stessa violenza a cui abbiamo assistito in questi mesi, contro studenti minorenni colpevoli solo di voler manifestare un loro pensiero “sgradito” alla maggioranza di governo. Una maggioranza ancora più di destra di quella del 2001, come a testimoniare che quanto la cattiveria del mondo come lo spostamento a destra della politica siano due processi che si sono mossi in sincrono.
Per
il commissario Montalbano è una delusione profonda, lo scoprire il
marciume dentro le forze dell’ordine, con tanto di avallo delle
forze politiche presenti nelle caserme e nelle sale operative.
Una
delusione che lo porterà ad un passo dalle dimissioni: dimissioni
che rientreranno, come leggerete nella storia, a seguito di due
episodi.
La scoperta di un primo cadavere in cui si “scontro” durante la consueta nuotatina: forse l’ennesimo migrante morte durante la traversata di quell’enorme cimitero che è diventato il Mediterraneo.
No, quel morto, a cui Montalbano si ostina a voler dare un nome, perché non siamo animali, ha qualcosa che non quadra. Forse quel morto nasconde un altro segreto..
C’è poi un secondo evento che farà cambiare definitivamente idea al commissario: l’incontro con un picciliddro appena sbarcato da una delle tante imbarcazioni di fortuna che attraversano il mare dall’Africa.
Un ragazzino che, per paura, scappa a terra nascondendosi in un vicolo del porto di Vigata.
Montalbano decide di andarlo a prendere, con gentilezza, come si dovrebbe fare con un bambino, a prescindere da quale sia la sua provenienza, da quale sia il colore della sua pelle.
La scena che si presenta davanti al commissario merita di essere riportata:
Poi [Montalbano] vitti lentamente apparire le mano, le vrazza, la testa, il petto. Il resto del corpo restava cummugliato dalla cascia.
Il picciliddro stava con le mano in alto, in segno di resa, l'occhi sbaraccati dal terrore, ma si sforzava di non chiangiri, di non dimostrare debolezza.
Ma da quale angolo di 'nfernu viniva – si spiò improvvisamente Montalbano – se già alla so età aveva imparato quel terribile gesto delle mano isate che certamente non aviva visto fare né al cinema né alla televisione?
Ebbe una pronta risposta, pirchì tutto 'nzemmula nella so testa ci fu come un lampo, un vero e proprio flash. E dintra a quel lampo, nella so durata, scomparsero la cascia, il vicolo, il porto, Vigata stessa, tutto scomparse e doppo arricomparse ricomposto nella grannizza e nel bianco e nero di una vecchia fotografia, vista tanti anni prima ma scattata ancora prima, in guerra, avanti che lui nascesse, e che mostrava un picciliddro ebreo, o polacco, con le mani in alto, l'istessi precisi occhi sbaraccati, l'istissa pricisa volontà di non mittirisi a chiangiri, mentri un soldato gli puntava contro un fucile.
Eccolo il poeta, lo scrittore che ci indica la direzione di come stanno andando le cose, vedendole in anticipo: il bambino sbarcato dalle navi dei migranti come il bambino ebreo catturato dalle SS nel ghetto di Varsavia.
Andrea Camilleri ci mostra il parallelo tra le due tragedie: quella di ieri contro gli ebrei, i sinti, gli omosessuali e tutti i nemici del nazismo e quella di oggi, i migranti rinchiusi in gabbia e nei lager, braccati dalle milizie, sottoposti alle peggiori sevizie per estorcergli quanto più denaro, da loro e dalle famiglie.
Perché c’è una politica che ha bisogno del nemico contro cui puntare il dito: oggi sono i migranti, considerati origine di tutte le nostre disgrazie, accusati di volerci invadere, di volerci sottomettere ai loro costumi. Invece solo persone in fuga da carestie, dai cambiamenti climatici, da paesi impoveriti anche grazie al nostro atteggiamento predatorio, nei paesi del sud del mondo.
Paesi con cui stringiamo accordi per tenere questi migranti chiusi nei lager, pensando così di aver risolto un problema ben più enorme, quello delle emigrazioni, un fenomeno che c’è sempre stato nel mondo:
.. quella gente che arrivava da tutte le parti più povere e devastate aveva in sé tanta forza, tanta disperazione da far girare i cardini della storia in senso contrario. Con buona pace di Cozzi, Pini, Falpalà e soci.
I quali erano causa ed effetto do un mondo fatto di terroristi che ammazzavano tremila americani in un botto solo, di americani che consideravano centinara e centinara di morti civili come effetto collaterale dei loro bombardamenti, di automobilisti che srafazzavano pirsone e non si fermavano a soccorrerle ... di bilanci falsi che a norma di nuove regole non erano da considerarsi falsi, di gente che avrebbe dovuto da anni trovarsi in galera e invece non solo era libera, ma faciva e dettava leggi.
Sembra scritto oggi, per raccontare il mondo di oggi: il mondo dove si alzano i confini, dove si parla di emergenza migranti, dove si spostano come pacchetti decine di persone avanti e indietro da centri per migranti costruiti in Albania (e rimasti vuoti, con spreco di risorse pubbliche), dove si libera un generale libico responsabile di torture contro persone inermi finite nelle sue prigioni in nome di una presunta ragione di Stato.
Ma lo Stato non è questo: lo stato è l’insieme degli organi, dei principi democratici ispirati alla nostra Costituzione.
Principi per cui ogni vita è meritoria di rispetto, per quei principi che distinguono una democrazia, come quella in cui vogliamo vivere, da un’altra forma di governo.
Rileggetevi al passaggio sul bambini con le braccia alzate e ripensate alle tante, sterili a mio avviso, polemiche, sull’uso della parola genocidio (riferita alla situazione a Gaza).
Nessun bambino deve imparare ad alzare le mani per arrendersi. Nessuno.
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