18 maggio 2025

Anteprima inchieste di Report – non fu solo mafia (in ricordo di Falcone,Borsellino e di tutte le vittime della mafia)

Il 23 maggio del1992 il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della sua scorta (Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro), furono uccisi da una bomba fatta esplodere sotto l’autostrada nei pressi di Capaci.

A distanza di tanti anni, dopo tante sentenze che hanno condannato come responsabili della strage i vertici di cosa nostra, appartenenti all’ala corleonese, questa strage fa ancora discutere. “Ad ucciderli non è stata solo la mafia” spiega nell’anteprima Sigfrido Ranucci: la soluzione consolatoria della mafia, Riina, Brusca e gli altri mafiosi come unici responsabili non regge di fronte alle tante domande ancora senza risposta di cui parlerà il servizio che andrà in onda questa sera.

A seguire un servizio sui conti dell’Inter e un aggiornamento sull’inchiesta “doppia curva” dello scorso autunno: chi aveva ragione sui conti, Report o chi protestava?
Poi un servizio dedicato al sindaco di Venezia Brugnaro, gli affari privati della deputata Michela Brambilla e di come il comune di Benevento spenderà i fondi ricevuti dal PNRR.

LAB REPORT: LE STREGHE SON TORNATE

Di Chiara De Luca

Collaborazione Greta Orsi

La leggenda narra che Benevento fosse il punto di ritrovo di tutte le streghe del mondo, le cosiddette “Janare” e oggi a distanza di secoli all’ombra dell’arco di Traiano e tra le mura longobarde è ancora forte la tentazione di attribuire all’opera delle streghe quello che invece c’è di malefico nelle decisioni umane. Benevento insieme ad altri comuni italiani ha ricevuto dal ministero dell’Istruzione e del merito circa 17 milioni di euro, su fondi Pnrr per abbattere e ricostruire due scuole. Come è stato calcolato l’indice sismico delle due scuole che ha permesso al comune di Benevento, per un pelo, di ricevere il finanziamento?

Report parlerà anche di un progetto maestoso: il più grande campo da golf di tutto il sud Italia.

Non fu solo mafia -il passato che ritorna 

Da una parte la versione consolatoria, la mafia, l’ala corleonese, come unica responsabile delle stragi del 1992- 1993. Dall’altra una versione forse più complessa da comprendere, che mette dentro sia i vertici di cosa nostra, che pezzi dello stato, ex esponenti di quei servizi deviati responsabili delle stragi negli anni di piombo, la massoneria, la manovalanza nera.

Come i NAR, i nuclei armati fuoriusciti dal movimento sociale, per fare la lotta allo stato in modo spontaneista, che poi nemmeno spontaneista era.

Gente come Gilberto Cavallini e Valerio Fioravanti, condannati per svariati omicidi e per la strage di Bologna (in modo definitivo) eppure oggi libero, Cavallini in semilibertà.

Giovanni Falcone li aveva considerati anche responsabili della morte del presidente della regione Sicilia Piersanti Mattarella per cui sono stati processati ma poi definitivamente assolti.

Piersanti Mattarella fu ucciso otto mesi prima della strage di Bologna a Palermo: era considerato il delfino di Aldo Moro, destinato a succedergli al vertice della Democrazia Cristiana che in regione aveva deciso di governare coi comunisti.

Dopo 45 anni la procura di Palermo ha indicato in due mafiosi, oggi in carcere, i suoi assassini: Falcone si era convinto che i killer fossero proprio Cavallini e Fioravanti.

In una audizione di fronte alla commissione antimafia del 1988, Falcone aveva parlato della complessità dell’omicidio Mattarella che “deriva dall’esistenza di indizi a carico di esponenti della destra eversiva e quindi un’indagine estremamente complessa perché si tratta di capire se e in quale misura la pista nera sia alternativa rispetto a quella mafiosa, oppure se si compenetri con quella mafiosa. Il che potrebbe significare altre saldature, soprattutto la necessità di rifare la storia di certe vicende del nostro paese, anche da tempi assai lontani.”

Sono parole che oggi vengono riprese dall’ex magistrato Scarpinato che definisce quell’omicidio come uno “largamente irrisolto” nelle sue origini.

Falcone in commissione antimafia, nel 1988 e nel 1990, lancia il suo allarme: aveva capito che le indagini sull’omicidio Mattarella incontrano diversi ostacoli, ma ha in mano una carta decisiva, le dichiarazioni di Cristiano Fioravanti, il fratello minore di Giusva e anch’egli militante dei NAR.

Sempre in commissione antimafia Falcone racconta della realtà che stava faticosamente emergendo dalle dichiarazioni di Cristiano Fioravanti “che era passato da un convincimento che il fratello Valerio fosse coinvolto nell’omicidio Mattarella, nell’affermazione sicura, convinta, perché diceva che era stato il fratello stesso a dirglielo. ”

Falcone parlava dell’omicidio Mattarella come un caso Moro bis – racconta oggi a Report l’ex giudice Pino Arlacchi – “perché fu ucciso Moro? Perché eravamo nella guerra fredda, fu un episodio della guerra fredda, quando chi rompeva certe regole, e in Italia la regola numero uno era che i comunisti non dovevano arrivare al governo mai, per nessuna ragione, chi usciva fuori da questo campo, entrava in un’area a rischio.”

La corte di Cassazione ha condannato all’ergastolo Cavallini per la strage alla stazione di Bologna: da quel processo sono emersi nuovi particolari particolarmente interessanti come per esempio una quantità di tesserini di ufficiali dei carabinieri, in possesso ai NAR, forniti dal colonnello Giuseppe Montanaro, appartenente alla P2.

Così Loris D’Ambrosio e Falcone (avevano entrambi lavorato assieme dentro il ministero della Giustizia) si rendono conto che i terroristi dei NAR non sono affatto quei ragazzini spontaneisti, isolati, come si è sempre cercato di farli passare. Erano diventati, fin dal 1977 erano diventati il braccio armato della Loggia P2.

Il servizio di Paolo Mondani racconterà anche delle altre stragi, quelle del 1993 a Firenze, Milano e Roma: come la bomba esplosa in via Pilastro a Milano il 27 luglio 1993, vicino al PAC dove morirono cinque persone e 12 rimasero ferite.

I magistrati ritengono che ci siano 48 ore di buco nella ricostruzione della preparazione della bomba perché nessuno dei collaboratori di giustizia sa dire quello che accadde dopo la fase iniziale. Come se i mafiosi avessero passato nelle mani di altri l’esecuzione della strage

Gianfranco Donadio, procuratore nella DNA fino al 2024 definisce la strage di Milano come una delle più misteriose: “la storia di via Palestro è come la punta di un iceberg e di questa punta si conosce perfino poco. Che cosa si sa? È certamente una operazione che vede una macchina Fiat parcheggiata dove sciaguratamente poi esploderà, generando vari morti, da cui scende una donna, che colpisce l’attenzione dei testimoni oculari perché ha i capelli biondi, platino, si legge questo negli atti. All’epoca in via Palestro, di donne di cosa nostra, di donne in grado di fare un’operazione del genere, semplicemente non ne esistevano.”

Il boss Giuseppe Ferro, sentito dal magistrato Donadio, parla di a verbale di alcuni particolari che riguardano le squadre di mafiosi che si sono occupati delle stragi.

Ferro padre è un esponente importantissimo della vecchia mafia alcamese, dice che esiste un livello abbottonatissimo di cosa nostra che gestisce operazioni di natura terroristica. Di questo livello l’organizzazione cosa nostra non ne è al corrente [la base], lui [il capomafia Ferro] ne è al corrente e lo riconduce a Matteo Messina Denaro e ai Graviano e lascia intendere che questo livello sia un livello che si interfacciava con entità esterne.”

Giuseppe Pipitone ha scritto sul Fatto Quotidiano una anticipazione del servizio:

Il racconto del pentito La Barbera: “Capaci, a mettere la bomba vidi degli estranei alla mafia”

di Giuseppe Pipitone

Supervisionavano la strage”. La pista nera: l’ipotesi di un filo che va dall’omicidio Mattarella all’attentato a Bologna, fino alle morti di Falcone e Borsellino

C’erano anche personaggi esterni a Cosa Nostra durante la preparazione della strage di Capaci. A sostenerlo è uno dei boss che all’attentatuni contro Giovanni Falcone ha partecipato: Gioacchino La Barbera da Altofonte. “Per fare i sopralluoghi partivamo da un casolare e lì talvolta ho notato persone che non conoscevo. Si trattava di soggetti non appartenenti a Cosa Nostra”, è quello che avrebbe detto il mafioso, da trent’anni collaboratore di giustizia. Le rivelazioni di La Barbera sono ancora oggi top secret, anche se risalgono al 5 luglio del 2012, durante un colloquio investigativo con Gianfranco Donadio, all’epoca procuratore aggiunto della Direzione nazionale antimafia. A ricostruirle è la puntata di Report: alle 20 e 30 su Raitre, la trasmissione di Sigfrido Ranucci torna a indagare sulla partecipazione della destra eversiva alle stragi di mafia. Un filo unico che lega l’omicidio di Piersanti Mattarella alla bomba alla stazione di Bologna fino a Capaci e via d’Amelio. “Si tratta di capire se e in quale misura la pista nera sia alternativa rispetto a quella mafiosa, oppure si compenetri con quella mafiosa. Il che potrebbe significare altre saldature e soprattutto la necessità di rifare la storia di certe vicende del nostro Paese, anche da tempi assai lontani”, diceva Giovanni Falcone alla Commissione Antimafia nel 1988, riferendosi all’omicidio del fratello dell’attuale capo dello Stato. Nell’inchiesta di Paolo Mondani c’è anche la voce del giudice, restaurata con l’intelligenza artificiale.

La scheda del servizio: Un passato che ritorna

di Paolo Mondani

Collaborazione Roberto Persia

Il 23 maggio del 1992, sull’autostrada che da Palermo porta all’aeroporto, furono assassinati il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo, e tre uomini della scorta: Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.

Report racconterà — e continuerà a farlo — che non morirono solo per mano della mafia. La verità completa su Capaci non è stata ancora detta. Troppi silenzi, troppe zone d’ombra, troppe connivenze rimaste senza nome.

E si chiede: com'è possibile che, a 45 anni dall'omicidio di Piersanti Mattarella, il fratello del Presidente della Repubblica, non si sappia ancora chi siano i mandanti politici e mafiosi di quel delitto? Possibile che lo Stato, in tutto questo tempo, non sia riuscito scoprire la verità?

I bilanci dell’Inter (e il controllo dello stadio da parte delle cosche)

Si ritorna a parlare dei bilanci dell’Inter, del controllo sullo stadio e del tifo organizzato, della vendita dei biglietti.

Lo stadio dell’Inter era territorio gestito dalle cosche – racconta nell’anteprima Report - territorio controllato grazie a squadre di picchiatori che mettono in riga i ribelli e vendicano i torti subiti.

Come l’aggressione subita da Cristiano Iovina nel marzo 2024, il personal trainer che ha dichiarato di aver avuto una relazione con Ilary Blasi. Secondo la procura di Milano tra gli autori del pestaggio ci sarebbe anche Cristian Rosiello, body guard di Fedez, braccio destro dell’ultras Luca Lucci (arrestato lo scorso anno e oggi a processo per l’inchiesta “Doppia curva”). Tutto sarebbe nato per uno scontro avvenuto all’interno della discoteca The Club, come documentano le immagini trasmesse nell’anteprima del servizio. Le telecamere di sorveglianza inquadrano Iovino seguito da due donne, poco dopo si vede lo scontro accendersi, e poi Rosiello e Fedez vengono trascinati via dai buttafuori del locale.

Da qui Rosiello e altri, secondo la Procura, avrebbero deciso di andare a prendere Iovino fuori casa per dare una lezione.

Il Tribunale di Milano ha archiviato il procedimento contro Fedez e Rosiello anche perché Iovino non ha denunciato né presentato un certificato medico. Ma le parole del cantante Emis killa confermerebbero una diversa verità, dove parla di una spedizione.

Secondo la Procura della cricca farebbe parte anche Emis Killa indagato per associazione a delinquere assieme agli ultras e presente al pestaggio di uno stuart che tentava di far rispettare le regole all’ingresso di San Siro. Nel corso della perquisizione a casa del cantante gli uomini della Mobile hanno trovato 35 mila euro in contanti all’interno di una scatola di scarpe. Oltre ad una collezione di coltelli e tirapugni.

La scheda del servizio: I padroni di San Siro

di Daniele Autieri

Collaborazione di Alessandra Teichner e Andrea Tornago

Immagini di Carlos Dias, Alfredo Farina, Davide Fonda, Fabio Martinelli e Alessandro Sarno

Ricerca immagini di Eva Georganopoulou

Montaggio di Andrea Masella

Grafica di Michele Ventrone

Affari e violenza intorno a San Siro

Le mani degli ultras anche sugli affari intorno allo Stadio di San Siro, in particolare quelli legati al merchandising, tanto per le partite di calcio quanto per i concerti. I picchiatori della Curva dell'Inter vengono infatti ingaggiati per assicurare un servizio di guardiania clandestino con l'incarico di cacciare i venditori abusivi in occasione dei grandi eventi. Un compito che svolgono con la violenza e l'intimidazione.

Gli affari privati del sindaco di Venezia

Dopo otto mesi di assenza il sindaco Brugnaro è tornato ad affacciarsi al consiglio comunale di Venezia lo scorso 3 aprile, dove è stato accolto dai suoi concittadini che, dopo le inchieste sul suo blind trust poco blind e sulle operazioni del comune in cui avrebbe fatto più gli interessi personali che quelli pubblici, gli hanno espresso tutto il loro dissenso.

Anche in questa occasione non si è dimenticato di Report, che ha dedicato alla sua gestione del comune diversi servizi. Oggi Brugnaro è accusato di concorso in corruzione insieme al suo capo di gabinetto Morris Ceron e al vice Derek Donadini: qualche “vergogna” urlato da cittadini esasperati da questa gestione dei beni pubblici non è un qualcosa di così intollerabile.

Al capo di gabinetto sarebbe stata sequestrata una lista nera di giornalisti – racconta la consigliera PD Sambo Monica – di cittadini, di lavoratori del comune: una lista per fare cosa?

Forse sono questi i metodi fascisti, altro che le urla dei cittadini, il famoso popolo tanto caro alla nostra destra. Una schedatura di massa grottesta e paranoica – racconta a Report il consigliere Marco Gasparinetti della Lista Civica Terra e Acqua – perché a partire dal settembre 2020 a quanto pare c’erano dipendenti comunali pagati dal sindaco per passare la giornata su facebook. Instagram, twitter, e schedare tutti i cittadini che avevano espresso opinioni anche vagamente negative o critiche nei confronti del sindaco.

La scheda del servizio: L’ORA DEL GIUDIZIO

di Walter Molino e Andrea Tornago

La Procura di Venezia ha chiesto il rinvio a giudizio di Luigi Brugnaro. Il Sindaco è accusato di corruzione in concorso con i suoi più stretti collaboratori. E poi finanziamenti irregolari al partito e una lista nera custodita negli uffici comunali: giornalisti e semplici cittadini da citare in giudizio per aver criticato il Sindaco.

I salmoni della Brambilla

Da una parte c’è l’immagine di paladina degli animali, veicolata anche grazie alla trasmissione su Mediaset. Ma la deputata Michela Vittoria Brambilla ha anche un secondo volto, di imprenditrice nel settore alimentare, molto poco vegano e dove il rispetto delle condizioni degli animali lascerebbe a desiderare.

Dopo le inchieste sulla sua fondazione, usata come bancomat per la sua carriera politica, e delle altre imprese in cui è coinvolta, Report con Giulia Innocenzi ci racconta dei salmoni allevati in Scozia commerciati tramite una delle aziende della deputata.

La giornalista di Report è andata fino in Scozia per capire come vivono questi salmoni: assieme ad un investigatore, le telecamere di Report mostreranno la presenza di animali malati, altri con la coda mangiata, altri con gli “occhi scoppiati” ovvero che sporgono in maniera eccessiva. Questo succede a causa di una patologia batterica o per problemi legati alla qualità dell’acqua. Come racconta l’investigatore che ha aiutato Report in questo servizio: “Questo allevamento ha il bollino RSPCA che è il certificato che garantisce il più alto standard di benessere degli animali, il certificato impone che i pesci siano ispezionati due volte al giorno e di raccogliere quelli moribondi”.

Il servizio mostrerà poi altre immagini dall’alto, dove si individuano dei salmoni moribondi nell’allevamento che vanno sbattere contro le pareti: “i pesci malati dovrebbero essere prelevati quando si trovano in superficie, cioè quando stanno morendo, ma sono requisiti che valgono solo sulla carta.”

La scheda del servizio: SALMONI VEGANI

Di Giulia Innocenzi

Collaborazione Greta Orsi

Nuovi sviluppi sul caso Michela Brambilla, la deputata animalista che Report ha scoperto essere impegnata nel commercio di salmone. Giulia Innocenzi è andata in Scozia, per verificare le condizioni in cui vivono i salmoni negli allevamenti. Grazie all'aiuto di un investigatore le telecamere di Report hanno potuto filmare diverse criticità, come l'infestazione di pidocchi, un vero e proprio allarme per gli allevamenti, dove muore un salmone su quattro prima di arrivare al macello.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

15 maggio 2025

Lungo viaggio senza ritorno di Ed Mc Bain


In una bella giornata di primavera la gente non pensa alla morte. È l'autunno il tempo adatto a morire, non la primavera. L'autunno stimola i pensieri lugubri, invita alle fantasie macabre, favorisce i desideri di morte, [..]

Tra il 21 marzo e il 21 giugno, la morte è assolutamente proibita. Ma c'è sempre qualcuno che infrange la legge; perciò, cosa volete farci? L'uomo che uscì dal palazzo d'uffici sulla Culver Avenue era sul punto di violare la legge.

Un avvocato di un importante studio legale, il vicepresidente di una azienda, poi una prostituta.. sono le prime vittime di un cecchino che spara e uccide a distanza usando proiettili Remington 380 da un fucile silenziato. Un cecchino è l’assassino peggiore da gestire per gli agenti investigativi dell’87 distretto.

Per l’agente investigativo Carella, ad esempio: perché non riesci mai a capire le motivazioni di questo genere di assassini, persone che si mettono pazientemente in attesa prima di sparare un colpo.. a meno di essere persone importanti per un delitto politico.

Ma qui le vittime sono di diversa estrazione sociale, non si conoscevano. Dunque?

Gli investigatori hanno un compito ingrato, trovare il filo comune che lega assieme questi delitti (i primi di una lunga catena), ma ne hanno anche un altro

C'è una sola differenza tra gli altri impiegati e un agente investigativo: gli altri non devono guardare in faccia la morte, e soprattutto non tutti i giorni. Un agente investigativo, invece, vede la morte sotto tutti gli aspetti, e nelle sue varie forme

La morte degli sfruttatori, dei rapinatori. E poi il dover comunicare ai parenti delle vittime queste morti ed essere costretti, in quei momenti difficili, a dover fare domande scomode.

Aveva nemici vostro padre? C’era qualcuno che gli voleva male? Aveva avuto una lite?

Ci sono poi parenti che vorrebbero anche dare un loro contributo alle indagini, magari anche con un punto di vista originale (l’assassino rivive un fatto “primario” che l’ha traumatizzato nell’infanzia, è uno che spia senza essere visto ..), per sentirsi dire che, no grazie, le indagini le fanno loro.

Quello di Carella e Meyer sarà un lungo lavoro fatto da estenuanti interrogatori, andando a spulciare tutti i possibili punti in comune delle vittime, persone che nemmeno si conoscevano. Siamo negli anni sessanta – si capisce leggendo tra le righe che dovremmo essere nel 1963 – dunque il supporto della scientifica è ancora limitato. Dunque tante scarpinate, tante domande, tante ore passate a leggere le carte. E tanta pressione dall’alto, perché questo cecchino, che rimarrà oscuro fino alla fine, continua ad uccidere, imperterrito, che significa tanta pressione sui poliziotti da parte del procuratore, del capo della polizia, del tenente dell’87 esimo distretto.

Attraverso questa indagine Ed McBain ci racconta tante storie: quelle dei protagonisti dell’indagine, gli agenti dell’87 esimo, ma anche quelli delle vittime, nelle poche righe in cui vengono messe, purtroppo, al centro di un mirino. La prostituta col problema della bottiglia:

Il Codice Penale descrive la prostituzione con ricchezza di particolari, ma, per quanto riguarda la prostituta in sé, non c'è nemmeno una parola.

L’assistente del procuratore distrettuale con le sue ambizioni di carriera, interrotte da un Remington 380. Poi l’emigrato arrivato dall’Italia per scappare dal fascismo che è arrivato qui in America, la terra delle opportunità, per costruirsi un’altra vita.

Ha fatto tutto con le sue forze, sapete? La casa, il negozio... Tutto, dal niente. A poco a poco, risparmiando sulla sua paga di scaricatore, ha studiato l'inglese, e si è comprato un carrettino da ambulante

Un ex galeotto che finisce nelle mani di due agenti di polizia dalle mani pesanti, per confessare qualcosa che non può aver fatto.

E poi l’attenzione morbosa della stampa, o di una certa stampa, alla ricerca di titolo acchiappa lettori sopra ad articoli che riescono solo ad ingarbugliare la storia.

Un’intera umanità che viene raccontata attraverso questo caso, veramente complesso, che troverà una soluzione grazie alla pazienza di Carella e degli altri agenti, che si aggrapperanno attorno a quel filo che, all’improvviso, sembra essere un vero legame tra le tante vittime.

La bomba con la miccia che bruciava a tutto spiano era uno sconosciuto cecchino, che si teneva nascosto, chissà dove, in una città di dieci milioni di abitanti
Si possono odiare tante persone, forse un intero popolo, per quello che hanno fatto tanti anni prima?

È questa la domanda che rimane nella testa dei protagonisti della storia. Si riferiscono al popolo tedesco, testimone (a volte anche complice) del genocidio degli ebrei come Meyer Meyer. Ma si riferiscono anche a questo oscuro cecchino, anche lui mosso da un odio per un fatto nato “in un altro posto e in un'altra epoca”.

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11 maggio 2025

Anteprima inchieste di Report – le pressioni sovraniste sulla chiesa, lo sparo di capodanno

Giovedì dalla Cappella Sistina si è alazata la fumata bianca: il nuovo papa è americano, come Bergoglio, ha gestito la diocesi di Chicago, è stato missionario nel Perù e poi dal 2023 è stato chiamato a Roma.

Il primo servizio della stagione di Report sarà dedicato proprio al Vaticano e a quello che si sta muovendo dentro la Chiesa.

Poi a seguire un servizio sullo sparo di Capodanno di due anni fa, quando un agente della scorta del sottosegretario Delmastro fu ferito da un colpo di pistola, su come riconvertire le miniere del Sulcis e sulle compagnie marittime di traspor: to.

I collegamenti con le isole minori

Molte volte tu arrivi qua, fai una corsa e non trovi l’aliscafo non trovi il traghetto, magari arrivi sul porto e trovi la saracinesca della biglietteria chiusa, quindi non puoi nemmeno chiedere il motivo, ‘ma non c’era un aliscafo alle sette?’ A chi lo chiedi? A nessuno Abbassano la saracinesca, chiudono e via. Il problema è tuo.. ” - il giornalista Gianni Vuoso su sfoga così davanti alle telecamere di Report, perché per spostarsi sulle isole “minori” deve avere a che fare coi capricci delle compagnie di trasporto per muoversi da e verso l’isola di Capri.

Anche il comitato utenti del servizio di trasporto pubblico per l’isola di Capri ha certificato che le compagnie viaggiano molto meno nel periodo invernale: nel mese di novembre 2023 sono state soppresse 264 corse, mentre in cinque mesi di rilevamenti le corse cancellate sono state oltre 800.

Corse soppresse, nessuna spiegazione da parte delle compagnie e dei loro addetti, questa è la situazione di chi deve muoversi verso coi traghetti e gli aliscafi: racconta uno di questi viaggiatori che Alilauro quando c’è l’allerta meteo della protezione civile cancella le corse anche se il mare è calmo.

Eppure è un mercato redditizio quello verso le maggiori isole del Golfo: padrone indiscusso è Gianluigi Aponte proprietario di MSC che oltre a Caremar possiede Snav e NLG e spartisce le tratte con poche altri armatori.

Il loro obiettivo è governare una filiera – spiega a Report Pietro Spirito presidente dell’autorità di sistema del Tirreno tra il 2016 e il 2021 – “io ho avuto personalmente molto da dire con questi signori sul tema della stazione marittima di Berello, quando sono arrivaot mi hanno detto c’è un grande progetto di privatizzazione, i 4 dell’apocalisse diciamo, i quattro armatori, Lauro, D’Abbundo, Aponte, al che io ho detto, vediamolo .. era un foglietto di carta. Io ho detto, così questa cosa qua non si fa, perché per me la stazioni marittima la costruisce lo stato e lo stato la affida in concessione”.

Ora chi la gestisce in concessione? Un solo soggetto che è il solito consorzio, sempre i soliti quattro.

LAB REPORT: FIGLI DI UN’ISOLA MINORE

Di Roberto Persia

Collaborazione Stefano Lamorgese

Nonostante la Costituzione garantisca la continuità territoriale, per gli abitanti delle isole minori spostarsi resta difficile, soprattutto d’inverno. I collegamenti saltano, i fondi pubblici non bastano, e la precarietà è la norma. La privatizzazione delle compagnie non ha introdotto concorrenza: bandi e convenzioni assicurano sussidi a operatori senza rivali, che continuano a usare navi obsolete. In assenza di alternative, gli armatori non rischiano, non innovano — e vincono sempre.

Lo sparo di Capodanno

Report ha intervistato l’onorevole di FDI Emanuele Pozzolo che è stato a lungo indicato come colui che ha sparato all’agente della scorta del sottosegretario Delmastro: “lei si ricorda che eravate tutti dentro?” chiede la giornalista a Pozzolo, che risponde “ho parlato con Andrea appena dopo lo scoppio, poi ho appreso di altre dichiarazioni che sono state rilasciate anche dagli altri” - tutte persone legate a Delmastro fa notare la giornalista, che hanno rilasciato dichiarazioni per cui Delmastro era fuori dalla stanza dello sparo.”
Pozzolo spiega: “l’operazione comunicativa è stata molto semplice, che il fango di tutto quello che è successo, di quell’incidente, doveva cadere politicamente su di me, punto. E tutti gli altri dovevano essere assolutamente tenuti fuori.”

Ma l’operazione politica è riuscita anche perché Pozzolo nei giorni successivi non ha parlato, non ha spiegato: “io non ho parlato perché mi è stato detto chiaramente di non parlare, dal partito.”
Nel colloquio con Giulia Presutti Pozzolo parla anche di un incontro col sottosegretario in cui ci fu l’invito a ritirare la querela, la direzione era quella “torniamo amici” spiega Pozzolo “per arrivare ad una diminuzione dell’attenzione mediatica ..”
Così il deputato di FDI accetta l’indicazione del partito contravvenendo anche al consiglio del suo legale che “suggeriva una valutazione più ponderata”, ovvero di andare a processo a farsi assolvere.
Alla fine Pozzolo e Delmastro sono tornati amici? Pozzolo viene nominato in commissione Difesa a novembre, oltre al posto in commissione che già aveva (affari esteri) e dopo due giorni escono sui giornali dichiarazioni rigorosamente anonime in cui si dice “ah no, Pozzolo in commissione Difesa c’è finito per errore .. ci starà due o tre giorni .. direi che ad ora non siamo tornati amici politicamente ”

Pozzolo in questo momento è sospeso dal gruppo parlamentare ma tecnicamente ne è ancora appartenente, “sarà il gruppo a sospenderlo coi tempi che vuole” spiega a Report il deputato Donzelli (responsabile organizzativo di FDI).

Siamo maliziosi a pensare che siccome il gruppo prende i rimborsi in base al numero dei parlamentari, allora si è scelto di non toglierlo? “Non mi occupo dei rimborsi di Pozzolo” ha risposto Donzelli.

La scheda del servizio: FRANCHI TIRATORI

di Giulia Presutti

Il 31 dicembre 2023, durante i festeggiamenti per il Capodanno nella pro loco di Rosazza, in provincia di Biella, uno sparo accidentale ferisce alla gamba uno dei partecipanti. Alla festa era presente un gruppo di amici che militano nelle file di Fratelli d'Italia: fra loro c'era anche il Sottosegretario Delmastro. A sparare è la pistola dell'onorevole Emanuele Pozzolo, all'epoca uomo di Fratelli d'Italia a Vercelli e da sempre vicinissimo al Sottosegretario Delmastro. Pozzolo è a processo per porto abusivo d'armi e di munizioni da guerra ed è stato subito l'unico indagato per la vicenda, ma ha sempre detto di non aver sparato lui. Su quale sia stata la dinamica dell'incidente restano i dubbi.

Le pressioni sul conclave in Vaticano

Il servizio di Giorgio Mottola ci racconterà di un’inchiesta (o un dossier) fatta sui principali “papabili” fatta da laici, anche ex agenti dei servizi americani qualche anno fa: un’inchiesta fatta da una “organizzazione” che aveva a disposizione un budget da 1 ml di euro e che in pochi mesi ha raccolto quasi 100 collaboratori con l’obiettivo di passare al setaccio i principali prelati di tutto il mondo a caccia di scheletri nell’armadio. Un’operazione senza precedenti nel passato portata avanti da laici con metodi da intelligence tanto che vengono assoldati 15 ex agenti dell’FBI e persino alcuni ex agenti della CIA.
I giornalisti di Report hanno incontrato un ex agente FBI Philip Scala che parla di questa indagine: “nel 2018 fui contattato da una organizzazione chiamata Better Church Governance, chiesero se fossi interessato a organizzare una squadra di investigatori che andasse in giro per il mondo a condurre indagini sui cardinali elettori. Mettemmo assieme una organizzazione di 15 ex FBI di alto livello, tutti investigatori eccellenti. Non era un attacco contro il papa, né contro i cardinali. Si trattava di redigere un dossier dettagliato su ciascun cardinale da consegnare in via confidenziale alla Chiesa in modo che al momento del conclave, ciascun cardinale avrebbe ricevuto un fascicolo informativo , dato che molti cardinali al Conclave non conoscono tutti i candidati. Questo era il nostro compito.”



Massimo Faggioli, professore di teologia all’università di Philadephia è molto diretto: “c’è un tentativo di trovare qualche cosa su qualche candidato e di usarlo non tanto per eleggere questo o quel candidato ma per evitare che qualche candidato sgradito venga eletto. C’è il rischio non solo di un conclave influenzato dal report ma chhe che il risultato del conclave possa essere contestato da chi dice di avere queste informazioni, che il conclave potrebbe aver avuto, o non aver avuto..”
Un altro documento interno trapelato dal Red Hat Report, rivela
il nome di uno dei cardinali da screditare prima del conclave, si tratta del segretario di Stato Pietro Parolin, braccio destro di papa Francesco: in questo documento viene definito come “molto corrotto” tanto da volerlo rendere una disgrazia per la Chiesa agli occhi del mondo.

Report ha ricevuto la smentita dal gruppo “College of the cardinal Report” per cui non ci sarebbe nessun collegamento col “Red Hat Report”.

Cos’è questo Red Hat Report? È un documento riservato uscito nel 2018, presentato ad un evento del Catholic University di Washington, di cui Report è entrato in possesso.

Ci si chiese a quell’evento se Bergoglio sarebbe stato eletto se quel rapporto fosse stato fatto prima del conclave del 2013: in una slide era proprio scritto così, con quel rapporto Bergoglio non sarebbe diventato papa.

Jacob Imam – fondatore dell’Università St Joseph The Worker: “volevamo solo assicurarci che sapessero chi stavano votando, non avevo nessuna intenzione se non supportare il loro lavoro. Questo progetto è nato su richiesta di diversi cardinali, non rivelerò i nomi dei cardinali che lo hanno richiesto.”
Secondo Report dietro questo documento c’è il coinvolgimento diretto del cardinale Burke, nonostante quest’ultimo non fosse direttamente dentro il progetto, nel documento si comprende come Burke esortava i promotori a diffondere rapidamente il dossier, anticipando la possibilità imminente di un conclave.

Si legge nel documento che nell’ottobre 2018 Jacob Imam ha passato un mese a Roma ospitato nella residenza di Burke beneficiando di una rete di contatti per portare avanti la sua indagine.

Questo fatto è stato confermato dallo stesso Imam, Burke supportava questa iniziativa, ma non era un qualcosa di parte perché avevamo diversi sostenitori dietro.

Imam però, sempre col sorriso in faccia, ha scelto di non rispondere ad altre domande sul Red Hat Report.

Gli organizzatori della Better Church Governance sostengono che pochi giorni prima del Conclave questo rapporto tradotto in varie lingue sarebbe stato consegnato ai vari cardinali elettori e reso disponibile online sotto il nome di “College of the cardinals report”.

Sempre Jacob Imam ha voluto aggiungere : “è proprio questa settimana che precede il conclave stanno stampando il report, in inglese e italiano, io non sono coinvolto da diversi anni, ma sono felice che i cardinali abbiano ricevuto quanto richiesto”.
Dunque la ricerca fatta dall’organizzazione (con dentro agenti FBI e altro) nel 2018 è tornata in circolazione oggi col nome di College of the cardinals report”? Esatto, ha confermato Imam.


Questo report è stato usato per le elezioni che hanno poi portato alla nomina di Robert Prevost? Nicola Seneze autore del libro “Lo scisma americano” ritiene che sia stato usato: “credo che rappresenti un pericolo concreto per il prossimo conclave ..”

Ci sarebbe stata, dunque, un’azione di lobbying per forzare la mano ai cardinali e spingere verso un papa sovranista. Giorgio Mottola ha incontrato una vecchia conoscenza di Report Benjamin Harnwell presidente del Dignitatis Humanis Institute, l’istituto vicino a Steve Bannon che voleva prendersi l’abbazia di Trisulti per farne una scuola di formazione della nuova destra europea.

Lei per conto di Steve Bannon sta incontrando dei cardinali? – Gli ha chiesto Mottola: ci sarebbero una dozzina di cardinali che fanno riferimento all’area politica di Steve Bannon con cui Harnwell si sarebbe incontrato e che non si sarebbero molto dispiaciuti della morte di papa Bergoglio. Insieme a molte altre organizzazioni ultra conservatrici americane, anche questa di Harnwell avrebbe provato a condizionare dall’esterno l’esito del voto per il nuovo papa.

Steve Bannon chi vorrebbe come papa?

La nostra strategia non è tanto chi vogliamo come papa” spiega il politologo “perché tutti i nomi cari a noi non hanno grande probabilità, la nostra strategia dei conservatori è più capire chi non vorremmo, ad esempio il cardinale Zuppi, c’è anche questo americano Prevost [poi diventato papa] ..”

Immagino voi sognate un papa come Raymond Leo Burke? “Il cardinale Burke, il cardinale Sarah.. sono i nomi buoni, però a mio parere non hanno i numeri.”

Il fronte degli americani anti-bergogliani ha sede a Roma dietro l’antica basilica di Santa Balbina: varcata la soglia della basilica c’è la sede della fondazione Lepanto presieduta dal professor De Mattei esponente dell’aristocrazia romana e che Berlusconi aveva nominato vicepresidente del CNR nonostante l’opposizione del mondo accademico.

De Mattei è uno scienziato (?) su posizioni anti evoluzioniste: “assolutamente” risponde a Mottola “’evoluzionismo è un mito,è una leggenda”.

Questo professore crede veramente che tutti gli uomini discendano da Adamo ed Eva. L’impero romano? Sarebbe caduto come punizione di Dio per l’omosessualità nell’impero: “l’omosessualità è un peccato grave condannato da Dio che può determinare la fine di una civiltà.”
Dallo scorso anno la fondazione Lepanto ha iniziato ad organizzare preghiere di protesta nelle piazze contro la gestione della chiesa da parte di Bergoglio. Si definiscono un “esercito regolare”, lo scorso settembre si sono radunati in piazza Sant’Angelo. Qui erano presenti i rappresentanti delle più importanti associazioni americane e i direttori di Lifesite news, di Church militant, i siti che hanno indicato nella punizione divina inflitta al papa la causa del corona virus.

Papa Francesco sta contribuendo a determinare la confusione all’interno della chiesa ” continua De Mattei che nel passato aveva parlato di fumo di satana che avvolgeva la chiesa.

Oggi ci troviamo, per la prima volta nella storia, in una situazione dove il papa anziché essere la soluzione del problema è la causa del problema, perché è egli stesso, papa Francesco, purtroppo un fattore di autodemolizione della chiesa e quindi di diffusione del fumo di satana all’interno della chiesa.”
In un tempo di grande confusioneafferma il cardinale Burke, patrono dell’ordine di Malta “come errori nella cultura e perfino nella chiesa, siamo veramente chiamati a difendere e combattere le verità della fede”: quanta distanza dalle parole di Bergoglio o al primo discorso del nuovo papa Prevost con la sua pace disarmante.
Il cardinale Burke ha stretti rapporti con esponenti dell’amministrazione Trump sebbene con Steve Bannon la relazione si sia molto raffreddata. In Italia invece Burke non ha mai nascosto le sue simpatie per Matteo Salvini: quando era ministro dell’interno e il papa lo criticava per i blocchi in mare delle ONG, il cardinale lo ha più voolte difeso in pubblico.

Io penso che sia comprensibile” commentava di fronte ai giornalisti sulla questione dei blocchi “la nazione deve prendersi cura per prima dei propri cittadini e poi esaminare attentamente chi sono questi immigrati, se sono davvero rifugiati politici o se sono persone che emigrano per migliorare le loro condizioni..”
Forse ad avere confusione non era papa Francesco, ma questo cardinale che forse dimentica le parole del Vangelo,
"Amerai il prossimo tuo come te stesso" (MC 12, 29-31)

La scheda del servizio: MAKE VATICANO GREAT AGAIN

di Giorgio Mottola – Sacha Biazzo

Collaborazione Greta Orsi, Alessia Pelagaggi

Report ricostruirà le sfide che Papa Leone XIV dovrà affrontare, tra l'importante eredità di Francesco, che il neoeletto pontefice ha raccolto sin dal primo discorso, e le resistenze che nei dodici anni del pontificato di Bergoglio hanno remato contro il messaggio di apertura al mondo e le riforme interne al Vaticano per la trasparenza e contro sprechi e corruzione.

La rinascita delle miniere del Sulcis

Era nato da un servizio di Michele Buono dove si immaginava un nuovo futuro per le miniere del Sulcis oggi abbandonate: perché non usarle come base per costruire nuovi impianti di accumulo per l’energia pulita?

Energy Vault si era interessata alla proposta di Report e così Michele Buono aveva raccontato a loro della sua visita in Sardegna. I tecnici svizzeri a sua volta si sono messi in contatto coi tecnici della Miniere CarboSulcis SPA che si sono resi disponibili a concedere dei pozzi per questo progetto rigenerativo. Servono infatti dei dislivelli per creare gli effetti gravitazionali necessari all’impianto: il pozzo 2 della miniera scelta ha una profondità di 500 metri, dal fondo saliranno le masse spinte dall’energia in arrivo dagli impianti. Masse che poi, quando la rete chiederà energia, caleranno fornendo loro energia alla rete.

Si può usare la terra ma anche i materiali di scarto della ex miniera, o scarti delle demolizioni, la materia prima non manca nel sito minerario, si può riciclare tutto, acqua compresa, quella della stessa miniera che viene presa per evitare che le cavità si inondino.

I dati raccolti dalla miniera sono stati raccolti a Lugano e così il progetto inizia a prendere la forma: si useranno serbatoi di acqua per conservare le masse, serbatoi la cui forma assomiglia ad una goccia d’acqua, “vogliamo ricopiare le forme della natura” spiegano gli ingegneri della Energy Vault “nella goccia abbiamo ovunque la medesima tensione, la goccia sfrutta in modo ottimale la superficie.”

Così una goccia gigante chiude il cerchio di una economia in cui si riutilizza l’acqua a ciclo chiuso e per produrre energia rinnovabile non c’è spreco di materiale.


Ma per chiudere il cerchio con le carte serve l’ok della regione, la CarboSulcis è una società regionale: la regione dovrà deliberare e finanziare il progetto entro il 2026, se non si fa in tempo si chiude tutto. Per accelerare i tempi l’azienda svizzera ha deciso di investire direttamente nel progetto: Luca Manzella, vicepresidente europeo, spiega a Report che prevedono un investimento da 70 ml di euro, “alla regione Sardegna vogliamo dimostrare che la tecnologia più innovativa funzioni e anche dei ritorni potenziali economici.” aggiungendo anche che la realizzazione del progetto sarà affidata ad imprese italiane. La macchina si mette in moto e comincia fin da subito a produrre valore, a Gela si iniziano a preparare i tubi di acciaio per agganciare i serbatoi, a Castelnuovo Scrivia in Piemonte realizzeranno i serbatoi in tessuto flessibile.
Tutto questo cosa significa per le miniere? Avere energia a km zero, alle spalle dei serbatoi c’è la centrale dell’Enel – spiega l’amministratore di CarboSulcis Francesco Lippi – si potrebbe pensare che un domani gli accumuli di energia possano servire per andare oltre a quello che sarà presente nel complesso industriale nostro.

Infatti, dismessa l’attività mineraria, si libererebbero degi spazi nei capannoni e rustici in un’area di oltre 200 ettari: “abbiamo un patrimonio immobiliare di 60mila metri cubi a disposizione” continua l’amministratore Lippi.

Capannoni che potrebbero essere destinati ad altre aziende a bordo delle attività industriali, a centri di ricerca e ad incubatori di imprese.

Ad esempio i vecchi locali degli spogliatoi di Serucci, una struttura architettonicamente straordinaria, potrebbe ospitare un centro di prototipazione industriale proprio per le imprese che verranno ad investire qua.

Altri punti da unire sono nel territorio – continua il racconto di Michele Buono – nasce una nuova economia e e arriverà altra popolazione per lavorare, divertirsi, abitare. I paesi svuotati dalla crisi del Sulcis dovranno prepararsi ad una rigenerazione urbana per accogliere nuovi abitanti e nuove attività.

La scheda del servizio: MINIERE DI ENERGIA

di Michele Buono

Le miniere di carbone del Sulcis iglesiente in Sardegna sono in dismissione, la Carbosulcis ha tempo fino al 2026 per pensare ad altre attività ma che non devono avere a che fare con il carbone, sennò si chiude e tutti a casa. In questa storia Report è protagonista. Ci viene un’idea.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

07 maggio 2025

Il nero dei giorni di Mario di Vito

Storia del giudice Amato, delle sue indagini e del suo omicidio

Martedì 25 marzo 1980.

L’uomo più solo

1. Il paese è reale

I carabinieri che entrano in campo subito dopo il fischio finale dell’arbitro li hanno visti tutti. Chi non era sugli spalti ha potuto recuperare grazie alle telecamere di 90° minuto. Allo Stadio Olimpico di Roma, sulla pista d’atletica, ci sono un’auto della Guardia di Finanza e un taxi giallo.
Negli spogliatoi degli stadi di mezza Italia intanto arrestano calciatori. Della Lazio, del Perugia, del Milan, dell’Avellino.

Milioni di persone hanno potuto godere dello spettacolo delle manette che scattano attorno ai polsi degli eroi.

Nel crepuscolo della prima Repubblica, cominciato negli anni a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta, è successo anche questo: il blitz della Finanza che arresta sul campo i calciatori per l’inchiesta sul calcio scommesse.

Ma quel lontano 1980 è stato anche l’anno di Ustica, della strage di Bologna, delle Olimpiadi a Mosca boicottate dagli Usa come ritorsione per l’invasione dell’Afghanistan.

Sono gli anni in cui vengono uccisi, da terroristi rossi e neri magistrati (Guido Galli, Bachelet, Emilio Alessandrini), presidenti di Regione (Piersanti Mattarella), segretari di partito (Pio La Torre nel 1982). Ma a finire uccisi in questa guerra tra stato e antistato (le magie, l’eversione nera, il terrorismo rosso) ci sono anche persone comuni come Valerio Verbano..

Il 1980 è anche l’anno dell’omicidio di un magistrato della procura di Roma, Mario Amato, ucciso dal NAR (un gruppo terrorista di estrema destra) Gilberto Cavallini assieme al complice Gilberto Cavallini il 23 giugno 1980, pochi giorni prima delle sue vacanze. Ucciso mentre aspettava il bus per poter arrivare in orario nel suo ufficio, perché la procura non gli aveva dato né un auto di servizio e nemmeno una scorta.

Mario Amato era un magistrato solo perché la procura, il suo capo, il procuratore Di Matteo, i suoi colleghi al palazzaccio, l’avevano lasciato solo coi suoi faldoni per le indagini sul terrorismo nero. Molti di questi erano l’eredità di un altro magistrato, Vittorio Occorsio, anche lui ucciso da un militante di estrema destra, Concutelli, nell’estate del 1976.

Mario Amato aveva chiesto di essere affiancato da altri colleghi per poter lavorare in pool (come i colleghi che avevano indagato sul calcio scommesse): perché il carico di lavoro che doveva sostenere era troppo oneroso, perché lavorando da solo era più facile colpirlo. Perché si sentiva di essere diventato un bersaglio da parte di quella rete di protezione che stava attorno ai gruppi neofascisti, non solo a Roma.

Questo sostituto sa di essere a rischio dal momento in cui, poche settimane dopo il suo arrivo a Roma il 30 giugno 1977, il capo Giovanni De Matteo lo ha designato come solo e unico erede dei fascicoli aperti da Vittorio Occorsio, morto ammazzato il 10 luglio 1976.

Aveva capito, lavorando col suo modo meticoloso e preciso, la diversa natura dei terroristi neri: non era figli di operai o di quella classe operaia che volevano emancipare abbattendo il sistema, come le BR. I “neri” erano anche i figli della borghesia, gente cresciuta nei ricordi della repubblica di Salò (buoni ad infestare i sonni della Repubblica nata dalla guerra di Liberazione).

«Va precisato che il terrorismo di destra nasce dalla classe della media e alta borghesia. Le persone che agiscono in tale campo sono figli di professionisti, di colleghi, di imprenditori industriali...»

Questi estremisti neri godevano di una sorta di impunità, primo perché ritenuti meno pericolosi dei “rossi”, poi per quelle protezioni nel mondo dei professionisti, come gli avvocati di grido che li difendono nei pochi processi. Ma anche all’interno della Procura, come scoprirà sulla sua pelle per l’ostilità del collega Antonio Alibrandi (uno che non nascondeva le sue simpatie missine), padre dell’esponente dei Nar Alessandro Alibrandi.

Leggendo delle accuse che gli sono state rivolte, da avvocati ma anche da colleghi, sembra di rivivere un deja vu dei giorni nostri: toga rossa, inventore di un teorema, quello del terrorismo nero

Nel 1980 parlare di «toghe rosse» è qualcosa di molto grave, e di solito lo fa la destra – là dove per destra intendiamo esclusivamente il Movimento sociale italiano

Si difende Mario Amato, come può: per esempio denunciando il clima ostile e le difficoltà nel portare avanti il suo lavoro davanti alla commissione del CSM

«Recentemente ho molto insistito per avere un aiuto sia perché sono stato bersagliato da accuse e denunce in quanto vengo visto come la persona che vuole creare il terrorismo nero, sia perché le personalizzazioni tornano a discapito dello stesso ufficio», argomenta Amato davanti al Csm. Non è una polemica fine a sé stessa, né una polemica funzionale a una qualche battaglia di posizionamento all’interno della procura di Roma. È un grido d’aiuto.

Prosegue Amato: «Affiancandomi dei colleghi sarebbe possibile sia ridurre i rischi propri della personalizzazione dei processi, sia darmi un conforto in quanto se dei colleghi giungessero a conclusioni analoghe alle mie sarebbe evidente che le stesse non sarebbero frutto della mia asserita faziosità. Oltre a tali motivazioni vi è, poi, anche quella che non ce la faccio più da solo perché è un lavoro massacrante che comporta la necessità di tenere a mente centinaia di nomi e centinaia di dati, il che è impossibile per una persona sola. Nonostante, peraltro, le più reiterate e motivate richieste di aiuto, a tutt’oggi, tale aiuto non mi è stato dato».

Una denuncia coraggiosa, perché di fatto mette in discussione la capacità del capo della procura, Di Matteo, nel saper organizzare il lavoro dei suoi sostituti. Una denuncia che non fa che aumentare il clima di ostilità nei suoi confronti.

Ma sarà una denuncia inutile, perché poco prima di partire per le vacanza, il 23 giugno 1980, verrà ucciso dai NAR: Ciavardini e Cavallini, come si è detto, e poi Mambro, i fratelli Fioravanti. Ragazzi di buona famiglia, cresciuti dentro le formazioni giovanili del movimento sociale, che giocavano alla rivoluzione prendendo le distanze dalle vecchie formazioni fasciste ritenute complici di quel sistema che volevano distruggere.
Della morte di Amato è diventata famosa una foto scattata da un cronista accorso sul luogo del delitto poco dopo i colpi:

Scatta una foto che diventerà famosissima per un dettaglio. Sotto la scarpa sinistra del giudice c’è un buco malamente rattoppato. Un buco che significa 600 fascicoli aperti in ufficio, e una sconfinata solitudine nell’affrontarli.

Questo era Mario Amato, il magistrato che, stancamente verrebbe voglia di dire, viene ricordato ogni anno usando le stesse parole di circostanza, che ci sia una giunta di destra di sinistra o altro.
Ma perché è stato ucciso quel magistrato? C’è un dettaglio che può raccontarci molto delle indagini di Amato e di quello che stava scoprendo sulle formazioni neofasciste e su chi gli stava dietro:

.. lo stesso Csm ha riportato in un volume pubblicato nel 2011 sulla storia dei tanti magistrati uccisi nell’Italia repubblicana: «Sto arrivando alla visione di una verità d’assieme, coinvolgente responsabilità ben più gravi di quelle stesse degli esecutori materiali degli atti criminosi».

Ecco, la seconda parte del saggio di Mario Di Vito cerca di spiegare questa “verità d’assieme” che mette assieme tutto legando assieme i NAR, i fascisti della generazione precedente ritenuti collusi col sistema e coi servizi (parliamo di Ordine Nuovo, quelli delle bombe di Milano e Brescia e di Avanguardia Nazionale), la P2, pezzi deviati dello stato fino ad arrivare alla soglia del movimento sociale, il partito che praticava l’ordine e la sicurezza di giorno per poi praticare la violenza di notte.

A questa verità d’assieme si può arrivare mettendo assieme tutti i pezzi di questo enorme puzzle di cui però ci mancano alcune tessere: i vari filoni dell’inchiesta sulla strage di Bologna, i rapporti dei Nar e in particolare di Valerio Fioravanti con Paolo Signorelli, il professore, fondatore di Ordine Nuovo ed esponente del MSI, indagato più volte in vari episodi della strategia della tensione e uscito sempre assolto.

Il famoso documento “Bologna” trovato nelle disponibilità di Gelli dove si scopre del finanziamento dal venerabile ai Nar per preparare la strage (così dicono i giudici nelle sentenze) passando per l’Ambrosiano di Calvi.

Come a dire, nonostante il passare degli anni e delle sigle della galassia neofascista, il substrato ideologico era sempre lo stesso, attaccare lo stato democratico, le istituzioni.

Cosa ci manca per arrivare a questa verità d’assieme, per arrivare ad una verità completa sulle stragi fasciste? Nonostante le sentenze parlino chiaro, la strage di Bologna, come quelle di Milano e Brescia, sono stragi di stato con manovalanza fascista (con molta onestà intellettuale Mario Di Vito riporta i tanti dubbi rimasti sulla colpevolezza dei Nar nonostante le sentenze).

.. fascisti, criminali, uomini dello Stato, politici, finanzieri. C’era già tutto nel 1980

Ma non possiamo fermarci alle singole sentenze che pure raccontano tanto:

La storia del terrore nero, in Italia, in fondo è tutta così: la verità esce a pezzi, le sentenze non solo non riescono a fare giustizia, ma spesso nemmeno a spiegare cosa sia successo.

Soprattutto dall’ultima strage, quella di Bologna, si ha l’impressione – racconta l’autore – che più che depistare le indagini, si sia voluto “impistare” le indagini per i NAR, senza però cercare i fili che portano più in alto. Fino al cuore dello stato.

Spiega ancora l’autore:

la «visione d’assieme» ipotizzata da Amato nel 1980 è un complesso reticolo di conoscenze, amicizie, vicinanze che resistono alla prova del tempo.

E questi fili, queste relazioni sono vive ancora oggi e portano al partito di governo, che ha ancora la fiamma del movimento sociale nel suo simbolo.

Il partito che oggi parla di pacificazione ma che di fatto vuole solo arrivare alla parificazione tra fascisti e antifascisti, che porta avanti l’idea che i ragazzi neri erano giovani che lottavano per i loro ideali.

Lo sdoganamento di Almirante, l’ostinazione nel non dichiararsi antifascisti, l’uso strumentale delle celebrazioni per i “loro” morti, come Ramelli, una ragazzo ucciso da altri ragazzi dell’autonomia che lo vedevano come un nemico, non come uno di loro.

A Bologna noi non c’eravamo, scrivono sui social gli esponenti di fratelli d’Italia, chiedono una commissione di inchiesta sulla violenza politica tra gli anni 1970 e 1984, tenendo fuori la strage di piazza Fontana, i delitti dei NAR, le complicità con lo stato, i fili neri che arrivano fino all’uscio delle sedi del MSI. La morte di Mario Amato. Di tutto questo non si deve parlare.

Parlano di pacificazione ma intendono revisionismo della storia recente.

Nel discorso tenuto per la vittoria alle elezioni del settembre 2022 – tenuto all’Hotel Pollio, lo stesso dell’evento organizzato dagli stati maggiori e dal Sifar, dove per la prima volta si parlò della lotta al comunismo da fermare a qualunque costo, gettando le basi della strategia della tensione – la presidente Meloni ha parlato di “riscatto per quei giovani che non ci sono più e che meritavano di vedere questa nottata”.

Parole che l’autore commenta così a fine libro:

“Le abbiamo incontrate queste persone che non ci sono più. E abbiamo visto questa nottata. Il nero dei nostri giorni più bui.”

La scheda del libro sul sito di Laterza, un estratto del primo capitolo e l’indice del libro
I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

 

04 maggio 2025

Anteprima Presadiretta – una casa per tutti

 

Appartamenti che non si trovano perché conviene affittarli ai turisti (usando piattaforme come AirBnb). Intere città in mano ai fondi speculativi con i prezzi delle case alle stelle: madavvero il valore degli immobili lo deve decidere solo il mercato?

Il diritto alla casa e le difficoltà nel trovare un appartamento in affitto sono il servizio principale dell’ultima puntata di Presadiretta di questa stagione.

In aspettando Presadiretta si parlerà di Alberto Trentini, un nostro concittadino di 45 anni che di trova da più di cinque mesi presumibilmente in un carcere in Venezuela a Caracas. Solo che, a differenza della carcerazione di Cecilia Sala (la giornalista de Il Foglio arrestata in Iran e liberata lo scorso gennaio, Alberto non è riuscito a parlare con la famiglia, non è stato avvicinato da nessun avvocato, non è stato visitato dal console italiano: siamo tutti preoccupatissimi – racconta Riccardo Iacona nell’anteprima - ancora non viene liberato, non si sa neanche perché lo abbiano messo dentro. Quindi Presadiretta rilancerà l’appello per la liberazione di Alberto Trentini coi reportage girati in Venezuela: i giornalisti sono riusciti ad intervistare un cittadino statunitense che probabilmente è stato nello stesso carcere dove si trova adesso Alberto, hanno intervistato la madre, tutto per riaccendere le luci su questa vicenda.


Alberto Trentini è un operatore umanitario di 45 anni nato a Venezia: il 17 ottobre scorso è arrivato in Venezuela per la ONG francese Humanity Inclusion per portare aiuti a persone con disabilità. È una delle ONG che nel 1997 aveva ricevuto il premio nobel per la pace.

Alberto scrive alla madre del suo arrivo all’aeroporto di Caracas comunicandole che sta bene: questo è l’ultimo messaggio che i genitori hanno ricevuto. In un trasferimento di lavoro da Amazonas a Guasdualito, una regione al confine ovest del paese, il 15 novembre, Alberto viene arrestato. Sono passati 170 giorni, più di cinque mesi, senza alcuna notizia, nemmeno una telefonata è stata concessa ad Alberto, come nemmeno ha ricevuto la visita del console o di un rappresentante italiano. Circostanza ancora più grave perché Alberto per alcuni problemi di salute delle prendere delle medicine tutti i giorni.

Sappiamo solo che è in prigione senza aver ricevuto alcuna accusa formale. Alberto Trentini ha lavorato da sempre nel mondo della cooperazione, sin dal servizio civile: prima del Venezuela aveva compiuto missioni umanitarie in Perù, Libano, Etiopia.

A Bologna si trova il Cefa, la prima Ong per la quale ha lavorato Alberto: Alice Fanti ha raccontato a Presadiretta del suo impegno per le comunità, per le persone, ha studiato moltissimo negli anni per diventare l’operatore umanitario professionista che è adesso.

Quando abbiamo appreso la notizia siamo rimasti tutti abbastanza sconvolti perché per chi conosce Alberto sa che non si metterebbe mai nei guai.”
Cosa può essere successo mentre era lì sul campo in Venezuela?

Si è trovato nel posto sbagliato nel momento sbagliato, perché Alberto era in Venezuela da pochi giorni e Alberto è una persona stra-prudente e stra-attenta.”
Chi conosce bene come lavora sul campo Alberto Trentini è il responsabile dei progetti in sudamerica del Cefa, Andrea Tolomelli, ha lavorato con lui per tre anni e ne ha grande stima: “ha la capacità di entrare in empatia, ha la capacità di gestire progetti, con fondi anche importanti e questa è una cosa che io, che lavoro nella cooperazione da 26 anni, non ho visto in molte persone.”

Il Sudamerica è un continente che conosce bene: “io credo che sia il continente che conosce meglio, sa benissimo come muoversi, credo che abbia avuto solo una grandissima sfortuna ..” continua Andrea Tolomelli, che dietro la sua postazione ha una foto di Andrea.

Lo tengo sempre lì perché c’è qualcuna di importante da fare in questo momento, da tenere a mente: bisogna che le persone ne parlino, che sia sempre nelle nostre teste, perché ognuno nel suo piccolo può dare una mano per la liberazione di Alberto. 150 giorni sono tanti.”

Una casa per tutti

Quanto è difficile trovare una casa in affitto, specie nelle grandi città come Milano?
Presadiretta racconterà delle incredibili offerte di affitto che vengono offerte a persone che arrivano qui in cerca di lavoro o a studenti fuori sede. A Milano perfino uno scantinato è stato destinato a casa per studenti: in questa specie di “appartamento” vivono dieci persone e ciascuna paga circa 700 euro al mese a stanza. Qui la giornalista di Presadiretta ha incontrato tre ragazzi spagnoli qui per studio: una di loro vive in quella che è considerata una cucina, con dentro un letto e una scrivania e guarda la città dal basso del seminterrato.
Tre bagni ciechi per dieci persone, una cucina buia a mezza rotta e un contratto d’affitto che non sono sicuri sia valido: nelle foto dell’annuncio sembravano belle in confronto alla realtà, nelle stanze è presente la muffa e in alcune il riscaldamento non funziona.

Quando i ragazzi hanno cercato di chiamare il gestore hanno trovato la voce di un bot, con cui parlano via whatsapp. I tecnici sono arrivati poi dopo più di un messo.

I ragazzi hanno spiegato che questo scantinato era uno di quelli che costava meno: per loro pagare 700 euro per una stanza in uno scantinato non è una truffa ma la realtà, il compromesso per studiare a Milano.

Ma il problema di una casa a Milano non riguarda solo studenti o i ceti poveri: l’emergenza abitativa è diventato un problema anche del ceto medio perché le città italiane, non solo Milano, sono diventare invivibili, perché abbiamo lasciato il valore dell’immobile solo al libero mercato (che poi libero non è), alla speculazione immobiliare e agli affitti brevi. E questo è il risultato.

Insomma, nella stessa città si innalzano grattacieli laddove c'erano abitazioni di pochi piani con la sola autorizzazione di una Scia e col beneplacito delle commissioni del comune (e su questo la procura di Milano ha aperto una indagine) dall'altra parte non si riesce a garantire una casa per tutti, portando avanti un processo di gentrificazione, che scaccia dai quartieri centrali i ceti poveri.

Da Milano a Roma: Presadiretta ha raccolto qui la testimonianza di Viviana per la sua estenuante ricerca di un alloggio da affittare nella capitale, dopo aver ricevuto la lettera di sfratto.
Le è scaduto il contratto dopo che le è stato aumentato l’affitto a 1265 euro al mese, una cifra che non si poteva permettere a fronte di uno stipendio di 1600 euro.

Nel servizio che potete trovare in anteprima sui canali social di Presadiretta, Viviana racconta di aver vissuto per sette anni nell’appartamento assieme alla figlia, nel quartiere residenziale di Monteverde. Ha sempre pagato l’affitto regolarmente ma quando il proprietario le ha chiesto l’aumento e per lei è diventato eccessivo, lui l’ha sfrattata. In attesa di trovare casa sta accumulando tutte le sue cose dentro gli scatoloni, “non posso nemmeno offrire un caffè, ho lasciato solo una tazzina fuori, è come vivere in un limbo, non puoi vivere bene in una casa dove sei sotto sfratto ..”
Il problema è che oggi una casa in affitto a Roma non si trova se non a prezzi esorbitanti: filtrano la zona dentro il raccordo anulare, per meno di 750 euro non si trova niente usando una nota app di ricerca, “sotto gli 800 euro è difficile trovare anche i monolocali a meno di non voler andare ad abitare negli scantinati ..”
Infatti dalla app si trova qualcosa a 850 euro, si tratta di un piano seminterrato con soggiorno angolo cottura, camera e bagno. Più le spese di condominio, altri cento euro al mese. Questo è quello che ti propongono a meno di mille euro: per gli appartamenti in affitto a mille euro poi vengono richieste delle garanzie vincolanti, doppia busta paga, no famiglie, no animali, solo studenti, no residenti a Roma.

Il problema della casa ora riguarda perfino gente che lavora, con uno stipendio regolare che però non si possono permettere un affitto perché gli affitti sono più alti degli stupendi.


Esistono però delle alternative a questo modello, si possono calmierare gli affitti come fatto in altri paesi come Presadiretta andrà a raccontare.

Per esempio a Torino si trova una startup che si chiama Homes4All, una casa per tutti, Matteo Robiglio ne è il responsabile immobiliare: “cerchiamo di risolvere il problema della distanza tra la domanda e l’offerta di abitazioni, l’Italia come in molti altri paesi è un luogo dove ci sono moltissimi immobili abbandonati, non affittati, fuori dal mercato e poi molte persone che non trovano una casa.”
A Torino ci sono 50mila case vuote , una casa su dieci è disabitata, in compenso ci sono migliaia di famiglie che fanno fatica a pagare l’affitto e rimangono senza casa. Questa startup nata nel 2019 da un progetto del Politecnico di Torino ha inventato un modo per dare in affitto una casa ad un prezzo accessibile a chi ne ha bisogno e allo stesso tempo garantire un reddito sicuro ai proprietari che decidono di mettere su mercato case che altrimenti resterebbero sfitte e vuote. Non è beneficenza ma un modello innovativo e sostenibile.

Lei ha un appartamento che le interessa mettere a disposizione” spiega ancora Matteo Robiglio “noi lo valutiamo, le assumiamo in gestione, lo rinnoviamo se necessario e le garantiamo un reddito. La casa lei la sta affittando a me, poi sarò io a gestire il rapporto con l’inquilino, mi assumo io la responsabilità di eventuali cattivi comportamenti, qui c’è un soggetto che non scompare, che paga tutti i mesi, che presidia il bene.”
Gli alloggi vengono poi assegnati a canoni calmierato a chi non ha i requisiti per una casa popolare ma non riesce nemmeno a trovare un affitto sul mercato privato.
Per esempio persone che si sono separate dopo una relazione e che hanno iniziato ad accumulare dei debiti, per l’affitto, perché poi è venuta una malattia. Poi è arrivata la lettera di pignoramento della casa: “all’epoca lavoravo al call center della società idrica piemontese” racconta a Presadiretta una ragazza “hanno dovuto lasciare a casa delle persone, ho perso il lavoro, ho iniziato a cercare casa, ero mamma con due figli minori.. Ne ho viste tante di case, una quindicina, poi un giorno ero su internet e mi appare l’annuncio di Homes4All.. Una casa bella finalmente, pavimenti nuovi, muri imbiancati, bagno nuovo, ho dovuto solo prendere il resto dei miei pochi mobili e portarlo qui.”
Presadiretta mostrerà la casa di Daniela – la ragazza che ha dato la sua testimonianza alla trasmissione – dove vive con due figli adolescenti, un cane e un gatto, una casa ristrutturata e sistemata finalmente al giusto prezzo: “pago 320 euro perché avendo i requisiti il comune mi ha concesso un affitto a tariffa agevolata”.

Una casa come quella di Daniela sul mercato verrebbe a costare molto di più, dai cinquecento ai seicento euro.

La scheda del servizio:

A "PresaDiretta" il dramma degli alloggi in Italia

E la vicenda del cooperante Alberto Trentini

"PresaDiretta", nell’ultima puntata di questa stagione, in onda domenica 4 maggio alle 20.30 su Rai 3, si concentra sul dramma degli alloggi che costano troppo o che mancano. Da Milano a Roma, viaggio tra universitari, inquilini a rischio sfratto, aumento degli affitti brevi ai turisti, speculazioni dei fondi immobiliari, inchieste della magistratura. Il racconto delle soluzioni in Danimarca, ma anche in Italia. In partenza di puntata la storia di Alberto Trentini, da 170 giorni in un carcere venezuelano, con una toccante intervista alla mamma.

"Aspettando PresaDiretta", nella prima parte della serata, dalle 20.30 fino alle 21.25 circa, si occuperà della vicenda del cooperante veneto Alberto Trentini, da oltre 5 mesi detenuto in un carcere venezuelano senza possibilità di fare o ricevere telefonate né visite, senza contatti con ong, avvocati, familiari e amici. Una toccante intervista alla mamma Armanda e il suo appello a liberarlo subito. L’intervista in esclusiva per l’Italia a David Estrella, cittadino statunitense con doppio passaporto, che ha trascorso 145 giorni nel carcere di El Rodeo 1, proprio quello dove potrebbe essere imprigionato anche Alberto Trentini. Ospite in studio: il giornalista Stefano Feltri.

A seguire, la puntata intitolata "Una casa per tutti". Una rete di funzionari del Comune, costruttori e professionisti che avrebbe facilitato – secondo la magistratura milanese – decine di operazioni immobiliari con pratiche fuori legge. PresaDiretta ricostruisce il sistema edilizio ambrosiano come primo tassello del viaggio dentro l’emergenza abitativa che, da Milano a Roma, sta spingendo lontano dai centri urbani migliaia di abitanti, la classe media. Solo nel capoluogo lombardo, più di 200 mila persone sono entrate nella cosiddetta zona grigia: troppo ricchi per avere accesso a una casa popolare e troppo poveri per abitare in città. Le storie - nella Capitale - di Viviana, Giancarlo, Giuseppe, Maurizio, tra l’incubo dello sfratto e la faticosa ricerca di un alloggio dignitoso in una città dove l’offerta di affitti a lungo termine negli ultimi 5 anni si è ridotta dell’80 per cento. Parte della responsabilità va, oltre che all’assenza di politiche abitative pubbliche, agli affitti brevi per turisti che permettono di speculare sugli immobili. Il racconto delle proteste contro case vacanza e B&B, ma anche della mobilitazione degli studenti universitari: per loro, negli ultimi tre anni, l’affitto di una stanza singola è aumentato quasi del 40 per cento. L’inchiesta nel business degli Studentati tra gestori di residenze universitarie, costruttori privati e fondi immobiliari e il bando del Pnrr che ha messo a disposizione 1 miliardo e 200 milioni per creare, entro giugno 2026, almeno 60 mila nuovi posti letto. Come andrà a finire? Ma c’è anche chi, come la società “Homes4all” nata da un’iniziativa del Politecnico di Torino, intercetta sul mercato immobili vuoti da mettere poi a disposizione di nuclei familiari in difficoltà: un innovativo modello di housing sociale per rispondere all’emergenza abitativa.

Un viaggio, in Danimarca che ha risposto alla speculazione immobiliare con un’opposizione che ha visto fare fronte comune la società civile con tutti i partiti politici. La storia della cosiddetta “Legge Blackstone” che ha introdotto regole stringenti in difesa del diritto alla casa. Infine, il modello danese di edilizia sociale: chiunque può aspirare a una casa a prezzi accessibili. A fare da garante lo Stato e gli stessi cittadini, in un sistema finanziariamente virtuoso al quale l’Unione Europea si sta ispirando per affrontare l’emergenza abitativa. Ospite in studio Sarah Gainsforth giornalista e scrittrice esperta di trasformazioni urbane e di politiche abitative.

"Una casa per tutti" è un racconto di Riccardo Iacona e Maria Cristina De Ritis con Cecilia Carpio, Daniela Cipolloni, Marianna de Marzi, Alessandro Macina, Elena Marzano, Emilia Zazza, Eugenio Catalani, Fabio Colazzo, Matteo Delbò, Fabrizio Lazzaretti, Massimiliano Torchia.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.