Il sole dell’ora di pranzo le impose di rinunciare alla giacca prima e alla camicetta poi. Rimase con indosso solo il top bianco e raccolse i lunghi capelli neri in una coda, scoprendo le spalle. Gli uomini che la incrociavano su Circonvallazione Clodia indugiavano con lo sguardo suil seno generoso. La cosa la lasciò più compiaciuta che imbarazzata: a cinquantasei anni certe attenzioni non erano per nulla scontate. Il pubblico ministero Letizia Riva era cosciente di non poter fermare il tempo, ma era altrettanto convinta che con impegno e forza di volontà sarebbe stata capace di rallentare l’inevitabile declino del proprio corpo.
Letizia Riva è un magistrato della Procura di Roma: cinquantasei anni ben portati, un marito, Aldo, che la ama, che la fa ridere, che la fa star bene. Due figli, Simona e Mattia a cui ha cercato di imporre una sua eduzione, perché non si perdano per strada.
Una vita felice, sebbene al lavoro sia chiamata con un nomignolo non proprio piacevole, per il suo carattere poco espansivo e per l’energia che metteva nel lavoro:
Letizia era una macchina da guerra, la battaglia era il suo modo per definire i rapporti umani. In procura le avevano affibbiato parecchi nomignoli: “la stronza” era il più diffuso
La sua vita, questa tranquillità apparente che parrebbe destinata a durare per sempre subisce una brusca virata il giorno in cui Aldo scompare. La sera prima le aveva lasciato un messaggio vocale, un impegno nel suo studio da veterinario lo costringeva a tornare al lavoro.
Aldo era rientrato in studio prima di scomparire. Cosa poteva essergli accaduto nelle poche centinaia di metri che separavano il bar da casa loro? «Ma è successo qualcosa?»
L’indagine personale, e ancora non ufficiale, per Letizia inizia nel bar di Ettore, un luogo ben conosciuto da entrambi: la sera prima Aldo sembrava diverso dal soli – racconta il proprietario – tant’è vero che ha chiesto di uscire dalla porta di dietro, perché c’era un tizio che lo stava tampinando.
Il dovere, l’etica professionale, richiederebbe che Letizia andasse a raccontare questa storia ad un collega, non dovrebbe essere lei a fare questa indagine, come non dovrebbe essere lei a guardarsi, come favore personale, le immagini delle telecamere del bar. A prendere nota dello scooter su cui quel tizio con cui Aldo stava parlando la sera prima se ne era andato via.
Come anche non sarebbe corretto che Letizia chiedesse all’ispettore Greco, in forza alla polizia giudiziaria del suo ufficio, di fare una ricerca sulla targa.
«La targa che mi ha dato risulta intestata a Igor Baku, ventisettenne albanese pluripregiudicato per droga, lesioni personali e usura».
Inizia in questo modo l’indagine “apparente” (si capirà poi perché) della magistrata integerrima Letizia Riva: un’indagine che la metterà di fronte ad una serie di scoperte via via più difficili da accettare.
Come
mai il marito Aldo, la persona con cui scherzava, con cui rideva, con
cui aveva programmato una prossima vacanza in America, era in
contatto con questo pregiudicato?
Cosa le nascondeva il marito,
dietro quella sua esistenza tranquilla di veterinario di città?
Le risposte a quelle domande metteranno in discussione la sua intera esistenza, la sua e delle persone che le sono accanto: quanto veramente conosceva il marito? Era stata attenta a certi segnali che le aveva lasciato? Domande che si allargano poi al figlio, Mattia, a cui Letizia aveva imposto una carriera di istruzione abbastanza rigida, senza preoccuparsi di quello che il ragazzo voleva veramente.
Mattia era uno che per natura galleggiava nel mezzo: lei lo avrebbe definito un mediocre. Non era un figlio da esibire, come Simona.
Una figlia da esibire, perché bella, intelligente. Ma cosa si nasconde dietro questa immagine di facciata?
Letizia si ritroverà invischiata dentro una storia di spacciatori e di criminali: il suo unico obiettivo è risolvere il suo problema familiare, portare a casa Aldo e proteggere la famiglia da qualunque accusa di coinvolgimenti in quei crimini che ora si trova a vedere da una nuova prospettiva.
Cosa sei disposto a fare per proteggere i tuoi cari? È sempre stato il secondo grande problema di Letizia (il primo è l’impossibilità di camminare sulle vie di fuga delle piastrelle): proteggere la vita di tutti arrivando perfino a doverle governare. Anche le vite dei figli:
Quello era il compito di un genitore: dare ai propri figli la possibilità di avere uno sguardo il più ampio possibile.
Ma fino a dove può spingersi un genitore e anche una moglie per cercare di proteggere la vita delle persone della sua famiglia?
C’è una lezione che Letizia imparerà da questa storia, che si chiuderà con un bel colpo di scena sulla scomparsa del marito: bisogna lasciare alle persone a cui vuoi bene anche la possibilità di sbagliare.
«Dovreste imparare a concedere alle persone che amate il diritto di sbagliare… e soprattutto di pagarne le conseguenze». Ettore aveva usato un inedito tono severo.
«Non è facile».
Perché, e anche questa sarà un’amara lezione, la vita felice che credeva di aver vissuto fino a quel momento era solo una illusione: non si era accorta dell’infelicità del marito, del figlio perché non le aveva volute vedere.
L’indagine di Letizia sarà anche un’indagine su sé stessa.
Indagine apparente è un noir dove si mescolano diversi temi: la Roma criminale di cui abbiamo letto sulle pagine dei giornali, dove le piazze dello spaccio sono contese dai gruppi criminali, non solo italiani. Perché lo spaccio della droga è una fonte di guadagno sicura che accomuna tutti gli strati sociali, dagli emarginati delle periferie in cerca di un guadagno facile ai figli della borghesia, in ricerca dello sballo e di una emozione a buon mercato (ma a caro prezzo).
Al centro questa protagonista, Letizia Riva, una donna che si credeva forte, che credeva di vivere in una famiglia felice e che all’improvviso si trova inghiottita in un incubo.
La scheda del libro sul sito di Gallucci