26 maggio 2025

Il pappagallo muto. Una storia di Sara, di Maurizio De Giovanni

Un raggio di sole si faceva strada attraverso il finestrone reso opaco dalla polvere. All’interno, un pulviscolo di misteriosa origine danzava a spirale. Un vago sentore di aglio: chissà dove, nei paraggi, si preparava il pranzo già alle nove di mattina. Silenzio, a parte l’eco di una radio che invitava ad andare a la playa, con un tono ritmato di imposizione. Nessuno dei due uomini seduti l’uno di fronte all’altro sembrava incline a eseguire l’ordine dei cantanti.

La sapete la barzelletta dell’uomo che va a scegliersi il pappagallo? Ne esistono di diverse versioni ma il succo rimane lo stesso, il pappagallo che vale di più è quello che parla meno, perché “gli altri lo chiamano il maestro..”
Una barzelletta istruttiva, significa che a volte il valore di una persona lo si giudica più da quello che non dice che da quello gli esce dalla bocca.

Un fattore che Sara Morozzi conosce molto bene: tanti anni fa, nella sua vita precedente, aveva fatto parte di una speciale unità dei servizi chiamata ad intervenire in particolari attività di dossieraggio e intercettazione. Situazioni dove era importante cogliere non solo le parole dette, ma anche le espressioni, le smorfie. Intuire dal non detto, dai messaggi non verbali quello che non era presente nelle intercettazioni. In questo lavoro lei, assieme alla sua collega Teresa Pandolfi, era eccezionale: la mora e la bionda le chiamavano, due gemelle, eterozigote.

Qui si era innamorata dell’uomo della sua vita, Massimiliano il suo capo, per cui aveva abbandonato un marito e un figlio. Ma questo succedeva una vita fa, prima della fine del suo lavoro in quell’unità speciale, la morte di Massimiliano, la scoperta di avere un nipote. E la scoperta di avere ancora una vita davanti, il tramonto della sua vita poteva aspettare. Una nuova vita e una nuova famiglia composta da quel nucleo così particolare: la nuora Viola, la compagna del figlio di Sara, poi il piccolo nipote che si chiama come il nonno, l’ispettore Pardo e l’ingombrante bovaro Boris.

Tutti assieme sono stati protagonisti, assieme ad Andrea Catapano, altro reduce di questa strana unità dei servizi, in indagini dove la memoria del passato veniva utile per mettere in luce segreti di oggi. E anche stavolta succederà lo stesso in questa storia dove si intrecciano passato e presente, uomini che dispongono di un potere che va oltre la loro immagine, uomini che si incontrano per stipulare affari che passano sopra le nazioni e su cui i servizi vogliono mettere luce.

Poi l’uomo in piedi si era voltato, e con aria seria aveva detto: «La conosci la barzelletta del pappagallo muto?».

Non è ancora tempo per rilassarsi nei giardinetti assieme al nipote Massimiliano: a Sara viene proposto di partecipare ad un’indagine particolare dei servizi. Tre uomini d’affari si incontreranno a Napoli, il porto sul Mediterraneo, per stipulare un accordo che potrebbe cambiare gli scenari della geopolitica dell’energia. Un incontro così riservato e così ben protetto da chi lo ha organizzato che, per cercare di carpire quello che verrà discusso, i servizi devono ricorrere nuovamente alle “abilità” di Sara e Andrea: “mora”, con la sua capacità di decifrare gli sguardi e le espressioni, e il “diversamente vedente” Andrea, che l’assenza della vista ha portato a sviluppare all’estremo gli altri sensi.

«Buonasera» disse il tipo tarchiato, sistemandosi in disparte. E fu l’unica parola che proferì. Quando udì il saluto, Andrea ebbe un sussulto; e anche Sara provò un lieve disagio

A questo incontro si presenta anche un personaggio all’apparenza estraneo al contesto: dall’aspetto si direbbe un contadino, per le rughe sul viso. Un uomo di poche parole, pochissime.

Ma un uomo che, per la deferenza che gli danno gli altri partecipanti all’incontro, sembra avere un ruolo e una importanza ben determinante.

Avrebbero potuto rifiutarsi di fronte all’invito dei nuovi capi dei servizi, gente che non è cresciuta sul campo, che non ha memoria di quello che è “stato”: persone come questa “Bianco”, un “Un animale d’allevamento, cresciuta all’interno di aule in cui si tenevano lezioni in altre lingue”.

E avrebbero fatto bene a rifiutare.

Dalla curva spuntò un’auto nera dai vetri oscurati. Ad altissima velocità, invase la corsia opposta a quella di marcia. Si scagliò su di loro come un toro in carica. Sara ebbe la consapevolezza di trovarsi alla fine della vita..

Cosa è successo? Qualcuno nei servizi ha tradito Sara? Oppure si sono fatti scoprire dai partecipanti a questo incontro?

Sara comprende di essere finita dentro un ingranaggio più grande e pericoloso di quanto immaginasse e, ancora una volta, dovrà rivolgersi alla sua “famiglia” allargata per salvare la sua vita e quella di Andrea.

Il racconto si muove su due livelli: c’è la storia ambientata ai tempi nostri, con l’indagine di Sara, assieme a Teresa, Davide Pardo e Viola. E questo strano personaggio che è rimasto zitto durante l’incontro, dall’aspetto che cozzava col rispetto che sembrava godere in quel gruppo di imprenditori e uomini di affari..

E poi c’è la storia ambientata anni prima, ai tempi dell’unità dei servizi di Massimiliano Tamburi che veniva chiamata ad “osservare”, non usando solo la tecnologia ma anche le capacità di Sara, di Andrea e di Teresa. Saper cogliere quelle sfumature nei discorsi, nel tono della voce, negli sguardi, che potevano colmare i dialoghi carpiti dalle intercettazioni.

Cos’hanno in comune queste due storie? Un uomo di potere, il potere vero, non quello ostentato, quello capace di sopravvivere ai governi, alle ere politiche, che non ha bisogno di minacciare. Un uomo che per consolidare la sua fama ha dovuto morire. Per risorgere.

Se volevi il potere, il potere vero, dovevi muovere i fili senza che le marionette sapessero di averli attaccati addosso. E quindi non dovevi esserci: dovevi sparire dall’orizzonte.

Ma in questo romanzo, al racconto sul presente, su servizi, sul lato oscuro della storia di questo paese, sui burattini che vengono mossi da abili burattinai, si affianca un racconto che va oltre la vita terrena.

Perché si parla dell’amore che sopravvive alla morte, come quello di Sara per Massimiliano. Si parla dell’amore come forza che ti tiene in vita, legandoti strettamente alle persone che hai a fianco, quelle a cui vuoi bene e per cui faresti qualunque cosa per proteggerle.

Hai ragione, Viola, disse fra sé: siamo una rete, intessuta di fili sdruciti e consunti; ma una rete che ha una sua forza, una sua tenerezza. Forse il termine famiglia non è poi sbagliato, nel nostro caso.

Ma ne “Il pappagallo muto” Maurizio De Giovanni va oltre, portandoci in quella terra di mezzo tra la vita e la morte, tra la luce del passato e quella del presente. La la razionalità e lo stupore dell'incredulità..

La scheda del libro sul sito di Rizzoli

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