Partiamo dai quadri di Tanzi, scoperti anche grazie al servizio di Sigfrido Ranucci della domenica passata: lo stato italiano (e i risparmiatori truffati, magari hanno potuto recuperare beni per 100 milioni di euro.
Questo sì che è servizio pubblico. Tutti i politici, gli imprenditori, i dirigenti Rai che nel passato hanno accusato la trasmissione di fare inchieste per uso politico, dovrebbero chiedere scusa, se hanno un po' di dignità.
Ma la dignità, come il coraggio manzoniano, se uno non ce l'ha, non se lo può dare.
Tema della puntata scorsa, sono gli imprenditori privati nel settore della sanità. Poiché parliamo di un settore che si spartisce una torta di 20 miliardi di euro, di un settore delicato (trattandosi della nostra salute), si capisce l'importanza di conoscere chi siano queste persone.
Non tutti questi imprenditori si sono lasciati intervistare, è questo è un brutto segnale. Scarsa trasparenza, opacità nelle informazioni, nei bilanci, nei conti, in Italia si accompagnano poi a situazioni di interesse penale. Come poi ci racconta la cronaca: dal Santa Rita di Milano, alla sanità pugliese.
Il 70% della spesa regionale finisce nella sanità e, secondo le intenzioni del governo (quale che sia il colore), il peso dei privati per assistenze e cure specialistiche è destinato a crescere.
Dall'inchiesta di Alberto Nerazzini, emerge un quadro abbastanza preoccupante. Nella sanità private c'è anche, è vero, delle punte di eccellenza, slanci di passione, ma esistono anche rapporti poco trasparenti con la politica, conflitti di interessi (come per l'ex assessore Tedesco in Puglia).
Chi sono le imprese.
La Tosinvest degli Angelucci: il fondatore Antonio è un parlamentare del PDL; il figlio Giampaolo è indagato dalla procura di Bari, che ne ha chiesto il rinvio a giudizio. Sono anche editori di giornali: Il riformista e Libero.
In Lombardia il gruppo San Donato del signor Rotelli ha un giro d'affari di 1 miliardo. È azionista del Corriere della sera; i suoi ospedali sono finiti sotto indagine per truffe.
Humanitas, del signor Rocca. Vicepresidente di Confindustria e nel consiglio di amm.ne di RCS.
A Roma, il gruppo del signor Garofalo, che ha anche una TV che tratta di medicina.
La Giomi, nel Lazio, gestito da Emmanuel Miraglia, anche socio di Ciarrapico (Eurosanità) .
La CIR di De Benedetti, che nel 2002 con la HSS, si occupa della cura degli anziani.
Nessuno di qesti ha rilasciato una intervista; gli unici due che hanno risposto alle domande di Nerazzini sono stati Ciarrapico e Sansavini (l'astro emergente).
Il senatore Ciarrapico.
La domanda da cui è partita l'inchiesta è stata “come ha iniziato nel settore medico”?
Grazie al consiglio di due suore: questa è stata la risposta, più o meno, del senatore.
Che non ha voluto commentare troppo l'operato dei suoi concorrenti in Lazio, gli Angelucci, né le sue passate condanne per bancarotta.
C'è poi il credito residuo che Unicredit vanta dalla regione e che non riesce ad incassare, per un accredito da 193 milioni con la giunta regionale.
Gli Angelucci.
La regione Lazio, cioè lo Stato, avrebbe comprato dagli Angelucci la struttura del S. Raffaele a Roma, per 370 miliardi, nel 2000.
Struttura pagata 270 miliardi dalla famiglia al gruppo di Don Verzè. Nel contratto di acquisto stipulato a cavallo tra centrodestra e centrosinistra, si parla anche di una palazzina, sempre dello stato, ma affittata ad 1 euro, per la fondazione “Silvana Paolini”. Cosa si fa in questa fondazione? Come mai, il primo piano, che dal 2004 dovrebbe essere a disposizione del polo oncologico, è ancora occupato dalla fondazione?
La fondazione non da disponibilità a concedere informazioni e gli Angelucci non hanno ritenuto di dover rispondere.
Il contratto di servizio, per il polo, affida i lavori interni ad aziende facenti capo agli Angelucci stessi, come la Natuna, Policarbo e la Global Services.
Nessuna gara d'appalto, clausole molto favorevoli al privato (sancito anche da un lodo arbitrale); i 266 lavoratori che lavoravano prima per l'imprendore privato, assunti dallo stato senza concorso.
Se a questo aggiungiamo che lo stato ha pagato per l'acquisto una cifra superiore a quella che aveva proposto Don Verze (di circa 120 miliardi) precedentemente per venderla, ce ne abbastanza per porsi qualche domanda.
Trattandosi di soldi nostri e della nostra salute, spero non sia chiedere troppo.
Il gruppo Villa Maria di Ettore Sansavini.
Oggi ha un giro da 500 ml /anno; ma nel 193, quando ha iniziato, era solo un ragazzo di bottega. Partito con una cifra di 2 milioni, oggi ha una rete di strutture private (nel settore della cardiochirurgia, ad esempio) che conta di 5000 persone.
Una favola, sembra.
Ma se si scende in Puglia (dove dopo la Romagna ha investito di più), si scopre che esistono delle inchieste per delle case di cura private che si intrecciano tra di loro.
La Puglia.
In Puglia ci sono oggi circa 700 accreditamenti: il db delle strutture è stato creato con una certa fatica, dal governatore Vendola al suo arrivo.
La magistratura ha scoperto strutture accreditate, che ancora non erano terminate.
Strutture che avevano un budget, ovvero dei soldi, senza avere requisiti. Strutture che, nel passato, era sparse sul territorio e gestite in modo familistico, che si sono portate dietro le vecchie convenzioni con la regione.
Poi sono arrivati i grandi gruppi: come il consorzio S. Raffaele (Angelucci) e il gruppo (Villa Maria).
Anche qui situazioni poco chiare: come per Villa Lucia (Sansovini), dove mancherebbe l'atto di trasferimento della convenzione della regione.
Ma la Puglia è la regione delle inchieste sui Tarantini, sul ministro Angelo Fitto, sull'ex assessore Tedesco (ora senatore nel PD). Sulla lista “la Puglia prima di tutto” dove figurava anche Patrizia D'Addario.
Si parla, in queste inchieste, di finanziamento illecito ai partiti, di tangenti in cambio di un bando vinto.
Non aveva detto, il signor Tarantini, che i suoi mezzi per fare affari erano cocaina, donne e amicizie politiche? Cosa c'entra questo con la sanità?
Mi ha fatto una certa impressione vedere il fratello del ministro Fitto, medico esperto in trapianti, spiegare come le protesi migliori siano quelle di Carlo Tedesco, figlio dell'assessore Alberto Tedesco (ditta Bioren).
Possibile che Niki Vendola ha scelto proprio questo imprenditore, per la regione?
“Equilibri politici” la risposta, almeno per come l'ho capita io.
Poi, a microfoni spenti “la verità è che nessuno ci capivano niente di sanità”.
Le migliori protesi sono quelle di Tedesco, dice il medico.
La giunta aveva stabilito che si liberasse dagli interessi, l'assessore: ma poi non lo ha fatto. E nessuno, ha controllato. Il conflitto di interesse è così endemico e non è solo quello del presidente.
Il giro convenzioni prende il 7o% spesa sanitaria è buona parte va ai privati.
Comprendiamo allora come l'accreditamento debba andare ad un imprenditore al di sopra di ogni sospetto; ma come fai se le scelte vengono prese da ministri o assessori in conflitto di interesse?
Come è andata a finire: una poltrona per due.
L'inchiesta di Stefania Rimini sulla crisi dei poltronifici a Forlì.
Ispettorato, inps, Inail si passavano la palla sui controlli, nonostante le denunce della due imprenditrici, Manuela Amadori e Elena Ciocca.
Poi arriva l'inchiesta della Questura e della procura (divanopoli).
Oggi le due imprenditrici coraggiose ancora non lavorano : le uniche offerte arrivano da industriali da fuori regione.
Ritorsione?
L'unica offerta è arrivata dal dottor Confalone, da Roma. Complimenti.
Technorati: Report
Questo sì che è servizio pubblico. Tutti i politici, gli imprenditori, i dirigenti Rai che nel passato hanno accusato la trasmissione di fare inchieste per uso politico, dovrebbero chiedere scusa, se hanno un po' di dignità.
Ma la dignità, come il coraggio manzoniano, se uno non ce l'ha, non se lo può dare.
Tema della puntata scorsa, sono gli imprenditori privati nel settore della sanità. Poiché parliamo di un settore che si spartisce una torta di 20 miliardi di euro, di un settore delicato (trattandosi della nostra salute), si capisce l'importanza di conoscere chi siano queste persone.
Non tutti questi imprenditori si sono lasciati intervistare, è questo è un brutto segnale. Scarsa trasparenza, opacità nelle informazioni, nei bilanci, nei conti, in Italia si accompagnano poi a situazioni di interesse penale. Come poi ci racconta la cronaca: dal Santa Rita di Milano, alla sanità pugliese.
Il 70% della spesa regionale finisce nella sanità e, secondo le intenzioni del governo (quale che sia il colore), il peso dei privati per assistenze e cure specialistiche è destinato a crescere.
Dall'inchiesta di Alberto Nerazzini, emerge un quadro abbastanza preoccupante. Nella sanità private c'è anche, è vero, delle punte di eccellenza, slanci di passione, ma esistono anche rapporti poco trasparenti con la politica, conflitti di interessi (come per l'ex assessore Tedesco in Puglia).
Chi sono le imprese.
La Tosinvest degli Angelucci: il fondatore Antonio è un parlamentare del PDL; il figlio Giampaolo è indagato dalla procura di Bari, che ne ha chiesto il rinvio a giudizio. Sono anche editori di giornali: Il riformista e Libero.
In Lombardia il gruppo San Donato del signor Rotelli ha un giro d'affari di 1 miliardo. È azionista del Corriere della sera; i suoi ospedali sono finiti sotto indagine per truffe.
Humanitas, del signor Rocca. Vicepresidente di Confindustria e nel consiglio di amm.ne di RCS.
A Roma, il gruppo del signor Garofalo, che ha anche una TV che tratta di medicina.
La Giomi, nel Lazio, gestito da Emmanuel Miraglia, anche socio di Ciarrapico (Eurosanità) .
La CIR di De Benedetti, che nel 2002 con la HSS, si occupa della cura degli anziani.
Nessuno di qesti ha rilasciato una intervista; gli unici due che hanno risposto alle domande di Nerazzini sono stati Ciarrapico e Sansavini (l'astro emergente).
Il senatore Ciarrapico.
La domanda da cui è partita l'inchiesta è stata “come ha iniziato nel settore medico”?
Grazie al consiglio di due suore: questa è stata la risposta, più o meno, del senatore.
Che non ha voluto commentare troppo l'operato dei suoi concorrenti in Lazio, gli Angelucci, né le sue passate condanne per bancarotta.
C'è poi il credito residuo che Unicredit vanta dalla regione e che non riesce ad incassare, per un accredito da 193 milioni con la giunta regionale.
Gli Angelucci.
La regione Lazio, cioè lo Stato, avrebbe comprato dagli Angelucci la struttura del S. Raffaele a Roma, per 370 miliardi, nel 2000.
Struttura pagata 270 miliardi dalla famiglia al gruppo di Don Verzè. Nel contratto di acquisto stipulato a cavallo tra centrodestra e centrosinistra, si parla anche di una palazzina, sempre dello stato, ma affittata ad 1 euro, per la fondazione “Silvana Paolini”. Cosa si fa in questa fondazione? Come mai, il primo piano, che dal 2004 dovrebbe essere a disposizione del polo oncologico, è ancora occupato dalla fondazione?
La fondazione non da disponibilità a concedere informazioni e gli Angelucci non hanno ritenuto di dover rispondere.
Il contratto di servizio, per il polo, affida i lavori interni ad aziende facenti capo agli Angelucci stessi, come la Natuna, Policarbo e la Global Services.
Nessuna gara d'appalto, clausole molto favorevoli al privato (sancito anche da un lodo arbitrale); i 266 lavoratori che lavoravano prima per l'imprendore privato, assunti dallo stato senza concorso.
Se a questo aggiungiamo che lo stato ha pagato per l'acquisto una cifra superiore a quella che aveva proposto Don Verze (di circa 120 miliardi) precedentemente per venderla, ce ne abbastanza per porsi qualche domanda.
Trattandosi di soldi nostri e della nostra salute, spero non sia chiedere troppo.
Il gruppo Villa Maria di Ettore Sansavini.
Oggi ha un giro da 500 ml /anno; ma nel 193, quando ha iniziato, era solo un ragazzo di bottega. Partito con una cifra di 2 milioni, oggi ha una rete di strutture private (nel settore della cardiochirurgia, ad esempio) che conta di 5000 persone.
Una favola, sembra.
Ma se si scende in Puglia (dove dopo la Romagna ha investito di più), si scopre che esistono delle inchieste per delle case di cura private che si intrecciano tra di loro.
La Puglia.
In Puglia ci sono oggi circa 700 accreditamenti: il db delle strutture è stato creato con una certa fatica, dal governatore Vendola al suo arrivo.
La magistratura ha scoperto strutture accreditate, che ancora non erano terminate.
Strutture che avevano un budget, ovvero dei soldi, senza avere requisiti. Strutture che, nel passato, era sparse sul territorio e gestite in modo familistico, che si sono portate dietro le vecchie convenzioni con la regione.
Poi sono arrivati i grandi gruppi: come il consorzio S. Raffaele (Angelucci) e il gruppo (Villa Maria).
Anche qui situazioni poco chiare: come per Villa Lucia (Sansovini), dove mancherebbe l'atto di trasferimento della convenzione della regione.
Ma la Puglia è la regione delle inchieste sui Tarantini, sul ministro Angelo Fitto, sull'ex assessore Tedesco (ora senatore nel PD). Sulla lista “la Puglia prima di tutto” dove figurava anche Patrizia D'Addario.
Si parla, in queste inchieste, di finanziamento illecito ai partiti, di tangenti in cambio di un bando vinto.
Non aveva detto, il signor Tarantini, che i suoi mezzi per fare affari erano cocaina, donne e amicizie politiche? Cosa c'entra questo con la sanità?
Mi ha fatto una certa impressione vedere il fratello del ministro Fitto, medico esperto in trapianti, spiegare come le protesi migliori siano quelle di Carlo Tedesco, figlio dell'assessore Alberto Tedesco (ditta Bioren).
Possibile che Niki Vendola ha scelto proprio questo imprenditore, per la regione?
“Equilibri politici” la risposta, almeno per come l'ho capita io.
Poi, a microfoni spenti “la verità è che nessuno ci capivano niente di sanità”.
Le migliori protesi sono quelle di Tedesco, dice il medico.
La giunta aveva stabilito che si liberasse dagli interessi, l'assessore: ma poi non lo ha fatto. E nessuno, ha controllato. Il conflitto di interesse è così endemico e non è solo quello del presidente.
Il giro convenzioni prende il 7o% spesa sanitaria è buona parte va ai privati.
Comprendiamo allora come l'accreditamento debba andare ad un imprenditore al di sopra di ogni sospetto; ma come fai se le scelte vengono prese da ministri o assessori in conflitto di interesse?
Come è andata a finire: una poltrona per due.
L'inchiesta di Stefania Rimini sulla crisi dei poltronifici a Forlì.
Ispettorato, inps, Inail si passavano la palla sui controlli, nonostante le denunce della due imprenditrici, Manuela Amadori e Elena Ciocca.
Poi arriva l'inchiesta della Questura e della procura (divanopoli).
Oggi le due imprenditrici coraggiose ancora non lavorano : le uniche offerte arrivano da industriali da fuori regione.
Ritorsione?
L'unica offerta è arrivata dal dottor Confalone, da Roma. Complimenti.
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