Dall'editoriale di Scalfari di domenica 6 dicembre "Perché Cosa Nostra
fa la guerra al Cavaliere" di Eugenio Scalfari:
Passano altri anni. Il potere di Andreotti è ormai in declino. I pentiti cominciano a parlare di lui. Cominciano i processi e terminano dopo alterne vicende come sappiamo. Andreotti si difese nei processi e alla fine la spuntò: non c'erano tracce sufficienti a configurare reati. Le poche tracce riguardavano un periodo molto lontano nel tempo e caddero per consunzione.
Ne ha parlato anche il giudice Gian Carlo Caselli, nell'intervista a Che tempo che fa, per il suo libro "Le due guerre": Andreotti è stato ritenuto colpevole per i suoi rapporti con la mafia, almeno fino al 1980.
Reato poi prescritto. La sentenza di Appello:
"E, in effetti, siccome emerge dalla narrazione che precede, la Corte palermitana ha ritenuto provato che il sen. Andreotti avesse avuto piena consapevolezza che i suoi sodali siciliani intrattenevano amichevoli rapporti con alcuni boss mafiosi; che avesse, quindi, a sua volta, coltivato amichevoli relazioni con gli stessi boss; che avesse loro palesato una disponibilità, non meramente fittizia, ancorché non necessariamente seguita da concreti, consistenti interventi agevolativi; che avesse loro chiesto favori; che li avesse incontrati; che avesse interagito con essi; che avesse loro indicato il comportamento da tenere in relazione alla delicatissima questione Mattarella, sia pure senza riuscire, in definitiva, ad ottenere che le sue indicazioni venissero seguite; che li avesse indotti a fidarsi di lui e a parlargli anche di fatti gravissimi (come appunto l’assassinio del Presidente Mattarella), nella sicura consapevolezza di non correre il rischio di essere denunciati; che avesse omesso di denunciare le loro responsabilità, in particolare in relazione all’omicidio del presidente Mattarella, malgrado potesse, al riguardo, offrire utilissimi elementi di conoscenza."
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