Per molto tempo ho fatto fatica a riprendere in mano un libro di
Camilleri, la sua scomparsa ha lasciato un vuoto, come scrittore e
come intellettuale, che ora i tanti scrittori che ai suoi romanzi si
sono ispirati dovranno colmare.
In libreria è uscita questa
raccolta di sei racconti con Montalbano, alcuni già usciti in altre
raccolte, altri in parte inediti: pur non apprezzando sempre il
Camilleri dei racconti brevi (non tutti quelli pubblicati avevano
raggiunto il livello dei suoi romanzi), non ho potuto trattenermi dal
prendere questo volume. Anche per rifarmi dal triste ricordo delle
ultime pagine di Riccardino, col personaggio che si ribella
all’autore cancellandosi…
Cancellando Vigata, il paese
inventato della Sicilia più reale, il commissariato dentro cui
abbiamo seguito le indagini di Montalbano col galantuomo Fazio, con
Augello il “fimminaro”, con Catarella e i suoi nomi storpiati, i
cannoli dell’irascibile Pasquano e le sciarriatine con la
zita Livia.
Sono racconti che si svolgono in piani
temporali diversi, dal Montalbano appena arrivato a Vigata al
commissariato, in attesa di gustarsi gli arancini di
Adelina (Una cena speciale); c’è un Montalbano più in là negli
anni che si trova a Roma in trasferta per un corso di aggiornamento
per cui è stato “prescelto” (causa di un trauma per dover
abbandonare i suoi ritmi, le sue abitudini) e si ritrova dentro la
“pilicula” del maestro della tensione, Hitchcock (La finestra sul
cortile).
Un racconto è ambientato a Ferragosto (Notte di
ferragosto) quando, nella spiaggetta davanti il suo villino a
Marinella, si consuma un delitto. Un altro invece è ambientato dopo
Natale e l’epifania (La calza della befana), dove la sua zita gli
ha regalato una calza piena di “cravoni” (il carbone), mentre
un’altra calza contenente un regalo più importante farà partire
un’indagine sottotraccia di Montalbano e Fazio.
Un racconto
parla della piaga della sua Sicilia (Ventiquattr’ore di ritardo),
la mafia, che stringe in una morsa le brave persone costrette da una
parte a vedersela con cosa nostra (e il pizzo, la sua violenza),
dall’altra lo stato e le istituzioni, spesso complici e colluse con
la mafia.
Non s’arricordava quali scrittori tanto tempo passato aviva affirmato che i siciliani si vivivano ad attrovari tra l’incudini e il martello. Un’incudini legali che rappresentava lo Stato e un martello illegali che rappresentava la mafia. E dopo tant’anni la situazioni non era cangiata.
Infine un
racconto (Il figlio del sindaco) fa da spunto al romanzo Una
voce di notte uscito nel 2012.
In questi racconti
troviamo il Montalbano che abbiamo conosciuto nel corso dei tanti
romanzi usciti per Sellerio: lo sbirro capace di vedere l’anomalia,
quello che non torna da piccoli dettagli, la persona curiosa nello
spiare le vite delle altre persone (come James Stewart nel film di
Hitchcock). Uno sbirro capace di ergersi a giudice delle vite degli
altri, non sempre per emettere condanna, come leggeremo nel racconto
La calza della befana. Oppure giudice capace sì di infliggere una
pena, ma per salvare quella persona da pericoli maggiori, come in
Ventiquattr’ore di ritardo.
C’è la sua
passione per il cibo, che solo l’essere “prescelto” per un
corso a Roma (prescelto, come i personaggi della Bibbia) riesce a
smorzare.
Si parla della mafia, degli onorevoli della politica
capaci di navigare tutte le stagioni della politica con ogni vento e
con le mani in pasta dappertutto.
C’è la Sicilia di Moltalbano, bella e senza troppe speranze per il suo futuro, quella che Camilleri è stato così bravo a raccontarci.
Questi i racconti inclusi ne La coscienza di Montalbano:
Notte di ferragosto
Da anni e anni oramà a Vigata si era pigliata l’usanza che la notti di Ferrausto, quello tra il quattordici e il quinnici, chiossà di mezzo di metà paisi scassasse per annare a passare la sirata a la pilaja. Era ‘na speci di migrazione momintania, Vigata ristava diserta, proprietari ‘nni addivintavano cani e gatti, i latri delle case non si pirdivano l’occasione e s’arricampavano macari dai paìsi vicini. Evidentementi si erano passati la parola.
Ventiquattr’ore
di ritardo
Quel jorno faciva un misi esatto da quanno che si era accattato la casa di Marinella, epperciò Montalvano addicidì che la ricorrenza annava fistiggiata. Avribbi voluto che accanto a lui ci fusse Livia ma quella si nni era dovuta ristari a Boccadasse pirchì ‘n ufficio aviva chiffari assà.
La finestra sul cortile
«Il signore questore l’aspetta. La introduco subito» disse a Montalbano il capo di gabinetto Lattes e proseguì: «Tutto bene in famiglia?»
Quello si era amminchiato, da anni e anni, che Montalbano era maritato e patre di figli. Lui, le prime volte, aviva circato di dirgli che non sulo non aviva né mogliere né figli, ma che era macari orfano di patre e matre.
Una cena speciale
Trasenno ‘n commissariato, Montalbano s’addunò con sorprisa che Catarella non era al sò posto nel centralino, pirchì quanno era ‘n sirvizio non si cataminava da quello sgabuzzino che era il sò quartiere ginirali. Forsi era ‘nfruenzato, in quell’urtimi jorni di dicembriro il friddo era stato forti assà.
La calza della befana
Stava camminanno supra a ‘na stratuzza di paìsi stritta stritta, lorda di munnizza indove che tutte le porti e le finestri delle case erano, và a sapiri pirchì, ‘nserrate. ‘Na decina di passi davanti a luim procidiva ‘na fìmmina anziana, malamenti vistuta, la gonna tutta spirtusata, le quasette sciddricate sciddricate fino all’osso pizziddro.
Il figlio
del sindaco
In genere la scoperta di ogni ammazzatina viniva comunicara a Moltalbano alle sett’albe con le paroli di Catarella, già difficili da accapirsi nel corso della jornata, vali a diri quanno s’attrovava in condizioni di normali lucidità, figurarsi in stato di semicoma dovuto a ‘mprovviso arrisbigliamento. L’omicidio di Laura Sorrentino perciò s’appresentò anomalo fin dal principio..
La scheda del libro sul sito di Sellerio
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