27 novembre 2005

Romanzo criminale di Giancarlo De Cataldo

Romanzo criminale: in queste due parole il senso del libro. La genesi, la crescita e la morte di una delle bande più potenti di Roma: la banda della Magliana.
Dalla sua origine, quando due piccoli criminali di quartiere, il Dandi e il Libanese si incontrano col gruppo della Magliana che fa capo al Freddo. Insieme decidono di fare il grande salto: di prendersi tutta Roma, la vecchia mignotta con tutti i lupacchiotti. L'occasione si presenta col rapimento del barone Rossellini, che frutta alla banda diverse centinaia di milioni: l'intuizione del Freddo e del Libanese, i due leader del gruppo, è di non sperperare subito i soldi, ma di metterli in una cassa comune, e di fare “stecca para” del rimanente. È la grande intuizione: per fare il grande salto, nel commercio della droga, devono rimanere uniti, e l'unico modo è fare cassa comune. La banda prende i contatti e stringe accordi con i cutoliani prima, Mario il Sardo e Trentadenari e con esponenti della Mafia, il Maestro, lo Zio Carlo e Nembo Kid: il gruppo della Magliana diventa così l'unico referente dello spaccio della droga su tutta Roma.

Il Libanese viene contattato anche da due agenti dei servizi, Zeta e Pigreco, i quali si dimostrano interessati al controllo che hanno instaurato sul territorio:
Stammi santire Libanese ...
No stammi a sentire tu: forse noi abbiamo bisogno di voi. Voi avete i palazzi, noi la
strada. E' questo che vi interessa: la strada. Perchè senza la strada i vostri palazzi non
valgono una sega!
”.

Il commissario Scialoja è il primo poliziotto ad indagare sulla banda: assieme al procuratore Borgia saranno le uniche persone del palazzo (un espressione che per De Cataldo significa i rappresentanti dello stato) a voler indagare sulla banda. A voler scoprire i legami occulti col mondo politico, col mondo finanziario e col mondo dei servizi. Deviati? Oppure quei servizi non erano deviati ma servivano ad uno scopo ben preciso? Ma si scontreranno con un muro di gomma: sarà la banda stessa a disgregarsi, con la morte del capo storico, il Libanese, a non essere più unica e i giovani lupi della banda si sbraneranno tra di loro senza riguardo.

Un noir con un ritmo incalzante, nel quale si rischia di perdersi nel mare di personaggi, divisi tra quelli della strada (I Dandi, Il Libanese, il Freddo ..), quelli del Palazzo (Scialoja, Borgia, il Vecchio), terroristi (neri e rossi) e le donne, come Patrizia. Non ci sono confini netti tra buoni e cattivi: lo stesso personaggio del commissario Scialoja è descritto come una persona ambigua, diviso tra il desiderio di giustizia e l'ossessione che prova per la donna del Dandi, Patrizia.
Anche sul vecchio, “una persona che non esiste”:
Il Vecchio era l'interlocutore privilegiato della diplomazia parallela che legava a filo doppio Italia e Stati Uniti. Il campione dell'anticomunismo viscerale. Il Vecchio era un moderato. Temperava le asprezze degli estremismi con la sua calma sapienza. Era ben gradito anche oltrecortina. ... Mai come nel caso del Vecchio il ruolo formale non corrispondeva al potere effettivo: mediocre e periferico il primo, oscuro e illimitato il secondo. Il Vecchio era uno spaventapasseri che si agitava nei momenti di crisi. Il Vecchio era il crocevia
della Storia segreta dell'ultimo quarto di secolo
.”

Arrivati all'ultima pagina ci si chiede: ma è vero, tutto quello che viene raccontato? E' esistita veramente a Roma, a fine anni 70 un'associazione criminale con agganci con mafia e camorra? Di cui anche parte dei servizi segreti (che nel libro sono rappresentati dalle figure grigie di Zeta e Pigreco e del Vecchio) si servirono di loro per compiere azioni criminali? E' veramente potuto accadere tutto questo?
Se fosse solo un romanzo forse, sì. Ma non dimentichiamoci la storia criminale e che dietro i soprannomi da romanzo esistono delle persone vere: come Franco Giuseppucci, detto Er Negro, ucciso il 13 settembre 1980, ucciso dal clan rivale dei Proietti, ma non è escluso che sia rimasto vittima dei suoi segreti, come il fatto che abbia indicato la prigione di Aldo Moro agli intermediari che ne volevano la liberazione (come Benito Cazora). Come Danilo Abbruciati (il Nembo Kid del libro) ucciso dalla guardia del corpo del vicepresidente del banco Ambrosiano Rosone il 13 aprile 1982. O come l'ultimo boss della banda, quel Enrico De Pedis (il Dandi), ucciso nel 1990 e sepolto nella prestigiosa cripta di Sant'Agnese in Agone, in Piazza Navona, tra principi e grandi artisti. Sembra che il privilegio di starsene sepolto tra i grandi della storia sia stato concesso al boss della Magliana da un cardinale che lo aveva in grande stima (nel libro tutto questo è scritto, prima ancora dello scoop della trasmissione Chi l'ha Visto).
Ma soprattutto sono reali gli eventi criminosi di quegli anni, dal rapimento di Aldo Moro, alla bomba alla stazione di Bologna, la bomba sul treno di Natale, di cui fu giudicato responsabile Pippo Calò (lo zio Carlo), l'omicidio Pecorelli (che nel libro è chiamato il Pidocchio) ... E' reale il clima nel quale gli uomini di giustizia (o per dirla alla De Cataldo, gli uomini di Palazzo) dovevano operare: avvocati corrotti, giudici che preferivano vedere un certo genere di criminalità, funzionari che facevano sparire le pratiche per bloccare i processi. Processi che, nel caso della Magliana, si concludevano con un nulla di fatto: mancano le prove (perché fatte sparire), mancano i testimoni e quando i testimoni ci sono, non sono attendibili. Mentre gli stessi pentiti per il terrorismo venivano considerati tali, e il terrorismo (e le BR) sono state sconfitte. Non a caso, la procura di Roma di quegli anni era chiamata “Il porto delle nebbie”, una nebbia che avvolgeva tutti i misteri.

Era la fine di un'era, dagli anni di piombo e della strategia della tensione si stava arrivando alla normalizzazione:
Il vecchio, per una volta era alquanto indeciso. A ragionare lucidamente, si poteva concludere che la situazione generale si andava normalizzando. I comunisti erano stati risospinti all'opposizione, e anche se facevano la voce grossa, la loro influenza era in netto calo. L'ineluttabile declino era già avviato: questione di pochi anni, e le bandiere con la falce e il martello sarebbero finite sulle bancarelle di Porta Portese. Il terrorismo rosso e nero, era entrato in un vortice autodistruttivo dal quale non c'era ritorno. Tra pentimento, delazioni, dissociazioni e arresti, la generazione del 1970, era stata di fatto cancellata. Quanto alla mafia, non aveva mai rappresentato un vero problema. La mafia era più che un'istituzione: una necessità storica. Un accordo, alla fine, si riusciva sempre a trovarlo. L'Italia veleggiava tranquilla verso il traguardo degli anni 90, mollemente cullata dal ritmo di commedia dell'antica quadriglia dei poteri in eterno conflitto. Sì, la nave va: e se la nave va, chi ha più bisogno dei pirati? A ragionare lucidamente, bisognava liberarsi, una volta per tutte, di quella sgangherata combriccola di gangster ripuliti.
La storia della banda termina ad inizio 90.

Il quadro che esce da questo libro è oscuro e inquietante: un quadro dove usciamo tutti sconfitti; dalla classe politica che abbiamo (che in parte è figlia delle persone che governavano allora), al mondo giudiziario, al mondo finanziario. Un mondo corrotto e marcio, nel quale, paradossalmente, sono i criminali quelli che ne escono meglio. Prima di leggere Romanzo Criminale credevo di sapere, quando ho chiuso il libro, ho capito che in realtà non sapevo nulla.
Link: wikipedia, misteriditalia, bol e ibs.
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