Chissà che mal di pancia a viale Mazzini e nei vertici della Casa della Libertà dopo aver visto la prima parte della fiction “La buona battaglia”.
Quella portata avanti dal prete, esistito realmente, don Pietro Pappagallo, da Don Giuseppe Morosini, il personaggio del film di Rossellini "Roma città aperta" (“non è difficile morir bene. Difficile è vivere bene”).
Chissà che sorpresa, per Berlusconi, scoprire che è esistito un prete definito (dalla Gestapo) “comunista”: di certo non potrà scusarsi con lui, come voleva fare con papà Cervi.
Visto che don Pietro Pappagallo è stato ucciso assieme ad altri 335 innocenti alle Fosse Ardeatine.
La battaglia contro i fascisti, contro i nazisti che rastrellavano gli ebrei, i renitenti alla leva, i soldati scappati dopo l'8 settembre.
In questa battaglia, definita buona, ma anche giusta, ci sono i buoni e i cattivi. E i cattivi non sono i comunisti (che in ogni caso erano solo una parte del Comitato di Liberazione), ma i fascisti.
I cui eredi sono ancora tra noi.
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