Riparte Presadiretta e nella prima puntata si occuperà della salute delle democrazie.
Partiamo
da un principio semplice: essere in democrazia non vuol dire solo che
in un determinato paese si va a votare. O che c’è un governo
eletto dai cittadini.
Una democrazia è un assetto istituzionale che si basa su tante regole e principi che, per quanto ci riguarda, sono quelli sanciti dalla nostra Costituzione.
Libertà di espressione e di associazione.
Salari dignitosi.
La sovranità che appartiene al popolo che la esercita nei modi previsti dalla stessa carta.
Diritti universali riconosciuti a tutti a prescindere da religione, sesso o idee politiche.
La
separazione dei poteri, l’indipendenza della magistratura.
Ecco:
pensate a quanto sta succedendo o è successo in Polonia, in Turchia,
qui in Europa. A quanto stava per accadere in Israele, con la riforma
del presidente Netanyahu.
Pensate alla Russia di Putin, che oggi riscopriamo essere un
dittatore dopo averne stretto rapporti politici e commerciali per
anni. Pensate all’Arabia e al suo rinascimento arabo perché oggi
le donne possono guidare. Pensate all’America che si appresta a
mandare in galera Julian Assange perché ha rivelato al mondo i
crimini di guerra e l’ipocrisia sull’esportazione americana della
democrazia (e del ruolo da suddito dell’Italia).
La democrazia è sotto attacco non solo perché stanno aumentando i regimi non democratici.
Anche
in Italia la democrazia non gode di buona salute: lo vediamo da
quanti non vanno più a votare perché non si sentono più
rappresentati da queste istituzioni (e non sarà certo la riforma del
premierato a riavvicinali allo Stato).
La democrazia,
considerato come insieme di quei diritti di cui ho parlato
all’inizio, sono sistemi fragili, hanno bisogno di essere tenute
vive ogni momento.
Non
è un caso se questa stagione di Presa diretta riparte dal caso
Assange, fondatore di Wikileaks, da cui sono stati pubblicati
documenti classificati che hanno svelato il vero volto delle guerre
per la democrazia in Iraq e Afghanistan.
Nella conferenza stampa sulla nuova stagione Iacona ha raccontato il perché è importante tenere viva l’attenzione su Assange:
"..lui è la prova del tradimento della democrazia come dice la coraggiosa moglie Stella Moris. Nel suo caso poi ci sono due prime assolute. L'Europa infatti per la prima volta sta imprigionando un giornalista senza che mai che abbia commesso un reato. E per la prima volta verrebbe processato con l'Espionage Act. Abbiamo seguito anche la storia della battaglia straordinaria di sua moglie, che dice Julian è in prigione perché ha detto verità sulla guerra, tutti in quel carcere sanno che non dovrebbe essere lì".
Tanto
la Russia con gli oppositori (come Navalny, morto in una prigione in
Siberia, e gli altri regimi come l’Arabia col giornalista
Khasshogi, anche l’occidente non gradisce la stampa libera, uno
strumento che
“doveva
servire i governati, non i governanti ”
come stabilì la Corte Suprema nel giudizio sui Pentagon Papers
pubblicati dal NY Times e dal Washington Post.
Ma senza andare
troppo lontano, la censura l’abbiamo conosciuta bene in Italia:
Iacona era tra i tanti giornalisti finiti nel mirino del governo
Berlusconi ai tempi dell’editto bulgaro.
Quando furono
cacciati dalla Rai giornalisti come Biagi, Santoro assieme a Daniele
Luttazzi (colpevole di aver raccontato delle origini delle fortune di
Berlusconi, di Dell’Utri e della mafia).
Oggi stiamo tornando
a quel periodo: la politica vuole controllare l’informazione, c’è
il terrore da parte degli artisti nell’esporsi sulla situazione di
Gaza, sulla situazione dei migranti che muoiono nel Mediterraneo, che
vengono detenuti nei CPR.
La proposta del leghista Morelli, sul
Daspo agli artisti che si esprimono sulla politica è una “barbarie”,
qui si lavora e non si fa politica, vogliamo tornare a questo?
Il viaggio di Presa diretta ci porterà in Ungheria dove, per legge, è vietato ai minori di essere esposti a contenuti omosessuali: significa la censura di stato su libri, foto e opere d’arte. Col risultato grottesco di proibire intere zone di musei, perché espongono opere ritenute pericolose per il regime di Orban.
Un
regime che vuole censurare la realtà, che però, esiste lo stesso,
anche se la nascondi.
La svolta illiberale di Orban è
cominciata occupando
i mezzi di informazione quando il partito di governo ha piazzato
i suoi uomini a capo della fondazione Kesma, l’impero filo
governativo che conta più di 500 testate: in Ungheria non esiste una
trasmissione di inchiesta come Presadiretta o Report, non esistono
proprio i talk show.
HGV è una delle ultime redazioni
indipendenti rimaste in Ungheria: Gergely Marton racconta a
Presadiretta che gli uomini d’affari legati al governo ungherese
hanno sistemmaticamente acquistato le testate giornalistiche libere,
hanno budget illimitati.
Uno di questi è
Lorinc
Mészáros,
compagno
di infanzia di Orban, ex idraulico,
diventato miliardario con l’ascesa al potere del primo ministro.
Dall’Ungheria
alla Polonia: qui per otto anni ha governato il partito ultra
conservatore di diritto e giustizia: otto anni in cui è stata
occupata la televisione pubblica, usata per una propaganda becera per
campagne denigratorie contro l’opposizione.
Qui in Polonia (ma
vale lo stesso nelle altre autocrazie, democrazie zoppe) si è minata
l’indipendenza della magistratura, sono stati attaccati i diritti
delle donne (le donne sono costrette a portare a termine la
gravidanza anche in caso di gravi malformazioni).
Milioni di persone sono scese in piazza per protestare contro la legge sull’aborto voluta dal governo di destra, se la coalizione di Donald Tusk ha vinto si deve anche alle donne polacche, come Marta Lempart leader di Strajk Kobiet, attivista per i diritti delle donne e della comunità LGBT.
Questa proposta rischia di riportarci "al cartello che non si parla di politica. Non so in quale Paese viva Morelli, è una cosa un po' da Ungheria, un Paese dove è vietato parlare di politica e non esistono nemmeno i talk show in tv". A suo avviso la convinzione che "ognuno deve fare il suo lavoro" è sbagliata perché, così facendo, "nessuno parlerebbe più di politica mentre il problema principale italiano è proprio la crisi di rappresentanza".
Eccolo il nocciolo del problema: in cosa si sta trasformando la democrazia in questo paese?
Con
una rai megafono della maggioranza, dove interi settori del paese non
si sentono rappresentati da questa politica, dove una buona fetta del
paese non va a votare, anche perché ritiene che la politica non sia
lo strumento per risolvere i problemi, le disuguaglianze, l’assenza
di servizi pubblici, il salario povero..
Diventeremo una paese
come l’Ungheria, dove lo stato è espressione di pochi, della
cerchia degli amici del leader?
La scheda del servizio:
PresaDiretta comincia il nuovo ciclo con una puntata dedicata alla crisi della democrazia. Non solo perché ovunque aumentano i regimi autoritari, ma perché i principi democratici arretrano su molti fronti. Un viaggio in Ungheria, Paese osservato speciale dalle istituzioni comunitarie e in Polonia che ha recentemente cambiato rotta. E ancora in Italia, tra crisi della rappresentanza, astensionismo e cittadini che si allontanano dalla politica.
Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.
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