A che punto è la scommessa per l’idrogeno verde, la fonte per l’energia green su cui hanno puntato Eni e Snam e il governo Meloni che ha intenzione di trasformare l’Italia nell’hub del gas?
L’idrogeno verde, secondo le promesse, dovrebbe alimentare le navi, gli aerei, le acciaierie: sarebbe tutto bello, ma è un sogno realizzabile nel futuro o è già realtà?
Presadiretta è andata a Figline Valdarno, in provincia di Firenze, dove un’azienda italiana attiva nelle energie rinnovabili prevede di installare 100 megawatt di fotovoltaico per riconvertire un’ex grande area industriale in una Hydrogen Valley: produrre idrogeno verde può essere un buon modo per riutilizzare siti industriali dismessi ma che abbiano ancora infrastrutture utilizzabili.
Il
CEO di Ge-Group Federico Parma racconta che in questo sito c’è
ancora una linea per l’alta tensione già connessa, basta girare
una leva dell’interruttore, sono presenti 11 pozzi di acqua, una
condizione fondamentale per andare a produrre, ci sono 60mila metri
quadri coperti e poi il sito è su una dorsale della A1, quindi in
una situazione favorevolissima, come tanti altri siti dismessi, “chi
è che vorrebbe dieci raffinerie di più in Italia, ma dieci
elettrolizzatori ad idrogeno in più non creano problemi, male male
emettono ossigeno.. ”
In questo progetto con il calore di
scarto per la produzione di idrogeno si climatizza una vertical farm
che coltiva in ambiente protetto frutta e ortaggi mentre con
l’ossigeno si alimentano allevamenti ittici.
Ma per il fatto
che questo progetto è così vario e non prevede la produzione di
solo idrogeno verde gli ha impedito di accedere ai fondi del pnrr.
Lo racconta ancora il CEO: “non siamo riusciti in alcun modo ad intercettare alcun fondo per finanziamento pubblico, tenendo conto che questo progetto rientra in dodici misure del pnrr. Creare un’economia circolare dove è tutt’uno non è stato proprio concepito nel pnrr. Fondamentalmente andiamo avanti con soldi 100% privati. ”
Per l’idrogeno in Italia dai fondi pubblici del Pnrr sono stanziati 3,6 miliardi di euro, oltre 700ml sono destinati proprio alla creazione di siti di Hydrogen Valley con cui produrre 700 mila tonnellate di idrogeno verde da qui al 2030. ReCommon sta seguendo questi progetti: “lo scenario migliore è quello dove si produce e si utilizza in loco per ad esempio decarbonizzare le industrie ” racconta Elena Gerebizza a Presadiretta, per evitare i problemi del trasporto. Di progetti simili finanziati dal pnrr ce ne sono più di 50 in quasi tutte le regioni d’Italia, protagonisti sono i grandi operatori dell’energia da Snam a Eni. Quelli dell’associazione ReCommon hanno fatto i conti e si sono accorti che con i soldi stanziati si produrrà solo una minima parte di idrogeno verde, prodotto cioè con le energie rinnovabili, solo 7mila tonnellate: “siamo molto lontani dagli obiettivi e questo lascia immaginare che gli elettrolizzatori che si installeranno nelle Hydrogen Valley utilizzeranno sia energia prodotta in loco, principalmente da fotovoltaico ma anche energia che circola nella rete [dove l’energia rinnovabile è solo al 40%], quindi sarà un idrogeno prodotto tramite elettrolisi ma non è necessariamente verde.”
I
giornalisti di Presadiretta sono andati a Livorno, dove ha sede uno
degli stabilimento
della Erre2, che produce elettrolizzatori da più di 20 anni e
collabora con Cnr, Enea e Università di Pisa:
PresaDiretta
ha visitato gli stabilimenti di produzione, il dipartimento di
ricerca e sviluppo per vedere da vicino le innovazioni del settore,
intervistando i vertici dell’azienda e il fondatore e
presidente Enrico
D’Angelo.
Quando
D’Angelo ha iniziato 38 anni fa a costruire i primi
elettrolizzatori in maniera artigianale, per l’industria orafa e
altri settori di nicchia, mai si sarebbe immaginato l’esplosione di
questa industria. Oggi ha 100 dipendenti in buona parte soci
dell’azienda e una nuova sede in apertura, perché il loro sapere è
finito al centro della transizione energetica.
Presadiretta ha visitato anche il centro ricerche di Enea di Casaccia, la prima HydrogenValley italiana.
Mentre in Italia il governo Meloni (assieme a Eni e Snam) sta puntando su questo progetto del gas, Presadiretta è andata in Svezia a visitare la fabbrica dell’azienda Altris che produce le batterie agli ioni di sodio (che si ricava dal sale) e non più al litio:
“Il
processo di produzione per gli ioni di litio o di sodio è lo stesso
al 95%, possiamo usare gli stessi macchinari. Il vantaggio è che
rispetto alle batterie al litio qui possiamo usare un unico tipo di
rame anziché due”
ha
dichiarato all’inviato Alessandro
Macina il
co-fondatore
e CTO di Altris, Ronnie
Mogensen “fare
le batterie al sodio è un processo più semplice e le batterie sono
più facili da riciclare, i materiali sono sostenibili e tutto quello
che c’è in queste celle viene dall’Europa,
non bisogna più importare niente”.
Dunque
non ci sarebbe più bisogno dei metalli delle terre rare con
questa tecnologia basata sugli ioni di sodio che al momento è usata
per le cosiddette applicazioni stazionarie, dove
vengono utilizzate
come batterie
di
accumulo per l’energia prodotta dalle rinnovabili, ma
qui in Svezia sono pronti per il grande salto e cioè portare le
batterie al sodio anche
nel settore dei trasporti, nelle
auto elettriche. Sarebbe
un bel passo in avanti per la filiera dell’auto elettrica che ci
renderebbe più indipendenti dalla Cina.
“Abbiamo
celle che possono caricarsi in 15 minuti e sono utili in applicazioni
come i veicoli elettrici o come quando è necessaria molta energia in
tempi rapidi, la densità energetica diminuisce leggermente, ma
possiamo creare celle al sodio per ogni applicazione, la cella
giusta per il lavoro giusto e per il consumatore non cambia nulla,
userà la stessa colonnina di ricarica di prima, sodio o litio
l’infrastruttura è la stessa. Parliamo
di pochi anni al massimo, non stiamo parlando di un decennio. Abbiamo
clienti automotive che ce le chiedono già ora. Questa cella è
davvero molto vicina al mercato. Stiamo recuperando terreno sul litio
settimana dopo settimana”
ha aggiunto ancora Mogensen a PresaDiretta.
A
questo progetto è interessata la
Northvol,
il più grande produttore europeo di batterie, che
stanno
aprendo la prima gigafactory europea del riciclo delle attuali
batterie al litio. Dopo aver aperto un primo impianto in Norvegia
destinato al riciclo del più grande mercato di auto elettriche, in
questi laboratori hanno messo a punto un nuovo processo automatizzato
in cui si fa tutto, dal disassemblaggio fino alla black mass, la
polvere catodica contenente i materiali per le nuove batterie. Emma
Nehrenheim è la responsabile sostenibilità ambientale di NorthVolt
“questa
polvere nera contiene tutto, grafite, nichel, cobalto, manganese e
litio nel processo, aumentando lentamente il ph, riusciamo a separare
tutti i diversi metalli fin quando non li avremo ognuno nella sua
forma più pura”,
il nichel o il cobalto riciclato, che la responsabile ha mostrato al
giornalista, spiegando come “la
cosa bella dei metalli è che possono essere riportati alla loro
forma elementare, cobalto rinnovabile che non è estratto da una
miniera, è lo stesso cobalto che continuiamo a tenere in circolo, è
questa la chiave della sostenibilità ambientale per i veicoli
elettrici perché, o apriamo nuove miniere in Europa oppure
investiamo nel riciclo. Ma credo che questo investimento valga molto
di più a lungo termine sia in termini di sostenibilità che
economici.”
La
nuova gigafactory riciclerà 125mila tonnellate di materiali per
batterie all’anno, il vantaggio dei metalli riciclati è che le
loro prestazioni nelle nuove batterie sono equivalenti o superiori a
quelli dei metalli appena estratti e poiché non esauriscono mai le
loro proprietà, possono anche essere riciclati più volte, così nel
2021 in questi laboratori NorthVolt ha prodotti le prime celle 100%
riciclate.
L’Europa
ha messo obblighi di riciclo su ogni materiale e questo farà
nascere una grande industria europea del
riciclo. Sono previste 41
gigafactory al 2030 con
investimenti per 2,6
miliardi ma
i ricavi saranno almeno il doppio, ha calcolato il Politecnico di
Milano.
La scheda del servizio:
Quale gas per il nostro domani? “PresaDiretta” – in onda lunedì 8 aprile alle 21.20 su Rai 3 con Riccardo Iacona - mette a fuoco l'idrogeno verde nella transizione energetica. Che ruolo può avere nel nostro mix energetico? I piani del Governo per trasformare l’Italia in hub del gas. A che punto siamo? “A tutto idrogeno” fa il punto sull’Italia e sulle strategie in campo per raggiungere la piena decarbonizzazione entro il 2050. La sfida è ora. Secondo molti è il vero protagonista della transizione green, il tassello mancante che renderà possibile la decarbonizzazione dei nostri sistemi energetici. È l’idrogeno verde, il gas pulito, prodotto dall’acqua, che non emette CO2. “PresaDiretta” è stata presso il Centro Ricerche Enea di Casaccia, la prima Hydrogen Valley italiana, per scoprire come si produce e quali sono le sue applicazioni. Fondamentale è il suo ruolo per gestire e immagazzinare l'energia in eccesso prodotta da fonti rinnovabili.
In sommario anche una visita in esclusiva alla prima grande centrale europea pronta a produrre idrogeno verde – un impianto da 20 Mw di potenza in Danimarca – e una ad Amburgo, in Germania, dove si sta realizzando un parco energetico in cui l’idrogeno verde giocherà un ruolo di primo piano. In questi paesi si stanno facendo sperimentazioni per sfruttare il potenziale dell’idrogeno in settori tradizionalmente a impronta fossile come la chimica e la siderurgia. È questa la chiave per un futuro più sostenibile?
Obiettivo, poi, sull’Italia: il Governo vuole realizzare rigassificatori e gasdotti per trasformare il Paese nella porta di ingresso del gas in Europa: è il piano "Italia Hub del Gas". “PresaDiretta” punta l’obiettivo su alcuni progetti chiave di questa strategia: la Dorsale Adriatica, un investimento di 2,4 miliardi, 400 chilometri che dovrebbero collegare l’Abruzzo con l’Emilia-Romagna; il rigassificatore di Gioia Tauro in Calabria che mira ad essere il più grande d’Europa; il progetto EastMed e Poseidon, il gasdotto che dovrebbe collegare Israele alla Puglia.
Non mancano i progetti legati all’idrogeno verde. La strategia italiana è efficace e sostenibile? Quanti progetti ci sono in Italia e come sono finanziati? “PresaDiretta” è stata a Figline, in Toscana, dove è stato creato il primo polo energetico circolare agroalimentare.E infine, un aggiornamento su auto e batterie elettriche: in Svezia, per vedere come nascono le batterie agli ioni di sodio e per visitare la prima gigafactory europea del riciclo batterie. Un modello di circolarità che potrebbe finalmente aiutarci a superare i modelli produttivi ed economici degli attuali motori endotermici. “A tutto idrogeno” è un racconto di Riccardo Iacona con Marcello Brecciaroli, Marianna De Marzi, Alessandro Macina, Fabrizio Lazzaretti.
Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.
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