16 giugno 2024

Report - la sicurezza sul lavoro, l’acqua delle terme e l’acqua sprecata in Sicilia

LAVORO A PERDERE di Danilo Procaccianti

16 febbraio 2024: nel cantiere del nuovo supermercato Esselunga a Firenze crolla una trave ammazzando 5 operai. Per accellerare i lavori al cantiere sono arrivate nuove squadre, creando della confusione, in violazione delle norme sulla sicurezza.
L’ipotesi è che i lavori avessero subito una accelerazione per evitare le penali che sarebbero scattate in caso di ritardi nella consegna dell’opera. Questa sarebbe confermata dalle mail sequestrate dalla procura di Firenze che indaga per omicidio colposo plurimo e crollo colposo. Si ipotizza anche un difetto di fabbricazione della trave o un errore nel suo montaggio: di sicuro c’è che a tre mesi dalla strage sul registro degli indagati non compare nessun nome.

I familiari delle vittime vogliono però sapere cosa è successo, come Simona Mattolini, che a Report spiega di voler capire chi abbia causato la morte del marito e degli altri quattro operai: “sono cinque persone che non sono tornate a casa per causa di qualcuno e non di qualcosa”.
Cosa è mancato in quel cantiere? “Sono mancate le regole minime di sicurezza in quel cantiere” continua il segretario della Fillea
Marco Carletti “i quattro morti (dei cinque) non dovevano essere in quel luogo, era assolutamente vietato lavorare sotto l’operazione di getto. Il problema vero di quel cantiere è che quel manufatto che avete visto in televisione è stato costruito in due giorni e mezzo ..”

A Firenze e provincia c’è un accordo che risale al 2014 chiamato “cantiere trasparente”, per gli appalti privati sopra i 5 ml di euro è previsto un sistema elettronico di rilevazione delle presenze, il monitoraggio delle ore di lavoro e il monitoraggio della formazione dei lavoratori.
A Firenze e provincia c’è un accordo che risale al 2014 chiamato “cantiere trasparente”, per gli appalti privati sopra i 5 ml di euro è previsto un sistema elettronico di rilevazione delle presenze, il monitoraggio delle ore di lavoro e il monitoraggio della formazione dei lavoratori.
C’era tutto questo in quel cantiere? “In quel cantiere non c’era” spiega il segretario della Fillea CGIL “non a caso la sera fummo ricevuto in prefettura e la viceprefetta con candore (legittimo, io fui spaventato) ci disse che al momento non sappiamo neanche quanti ce ne sono sotto seppelliti.. è evidente che in quel cantiere ci fossero delle situazioni di irregolarità, per me è certo perché io li ho fermati quelli che immediatamente dopo l’infortunio fuggivano dal cantiere allontanandosi dall’intervista che voleva fargli la polizia.”
Se scappavano era perché avevano qualcosa da nascondere: analizzando il cantiere è stato come scoperchiare un vaso di pandora, con episodi di caporalato, lavoratori a nero..
Della situazione degli operai nel cantiere (dove a morire sono stati dipendenti in subappalto stranieri) ne parla l’Imam di Firenze “loro prendevano 12 euro, a chi ha portato il lavoro dovevano dare 7 euro e rimaneva così a loro 5 euro. Questo non è per un mese o due, ma era per più di un anno .. Questo è caporalato, abbiamo una legge in Italia contro questo abuso. Per altro questi ragazzi egiziani avevano un permesso di soggiorno, di asilo, non so se politico o umanitario, perciò non sapevano neanche l’Italiano, erano impauriti. Questa era una situazione incredibile, a Firenze nel 2024”.
Il giornalista
Danilo Procaccianti ha chiesto all’Imam se gli operai avessero fatto dei corsi di formazione, sulla sicurezza : “se non parlano l’Italiano.. non hanno fatto niente.

Report ha intervistato il segretario generale della Fillea CGIL di Firenze Marco Carletti, chiedendo in particolare se in quel cantiere si è riuscito a capire se ci fossero lavoratori a nero: “alcune cose di quel cantiere le abbiamo già affidate ad organismi inquirenti..”
Un modo per dire si: quel cantiere sarebbe stato controllato ben 9 volte dal dipartimento prevenzione dell’azienda sanitaria Toscana centro, nove controlli che non avevano incredibilmente rilevato nulla di anomalo.
Ma allora come prendere le dichiarazioni del direttore del dipartimento di prevenzione USL, secondo cui ci sarebbe un monitoraggio molto frequente? L’ultima verifica su quel cantiere era del 12 gennaio scorso e non avevano dato luogo a rilievi.


Sono controlli che durano 20 minuti, 30 minuti racconta un ex ispettore della prevenzione: in qualsiasi cantiere in Italia non avrebbe rilevato nulla. L’ex ispettore avrebbe subito pressioni di ogni tipo per evitare multe e sanzioni alle aziende che controllava.
A pochi metri dagli uffici degli ispettori, tra l’altro, ci sono capannoni dove lavorano cinesi, in condizioni insane e pericolose. Nessun capannone rispetta le norme di emergenza: non è fatalità quello che succede nei cantieri.

Il marchio con la Esse ha sempre puntato sulla sua italianità ma, come racconta il servizio di Report, nei suoi magazzini arrivava manodopera per tramite finte cooperative: questa frode è stata scoperta dalla Finanza milanese, che ha parlato di un vero e proprio caso di schiavismo in età moderna.
All’origine di tutto c’è il tema della riduzione al massimo dei costi dell’opera, per la massimizzazione del profitto, a volte anche a scapito della sicurezza, questa potrebbe essere la causa dell’incidente di Firenze: il committente dei lavori era la Villata spa, società della famiglia Caprotti, proprietari di Esselunga. Il presidente della società La Villata è l’ex ministro Angelino Alfano che, per la costruzione del supermercato di Firenze ha affidato i lavori alla società “Attività edilizie pavesi”, che a sua volta ha dato in subappalto i lavori ad un dedalo inestricabile di aziende.
Nella notifica del cantiere si parla di 150 imprese coinvolte e a scorrere l’elenco si trovano 61 subappalti.
L’ex ministro ha preferito non rispondere alle domande poste da Giorgio Mottola, “le ha già detto che non parla” , hanno fatto scudo gli assistenti che hanno poi allontanato il giornalista dalla libreria dove stava Alfano doveva presentare un libro. Argomento scomodo, evidentemente, quello della sicurezza dei lavori. Anche se ci sono stati cinque morti.
Nessuno da Esselunga ha chiamato i familiari delle vittime per fare le condoglianze, silenzio assoluto: “penso che chi non ha paura ci mette la faccia ” sono le parole di Simona Mattolini “chi ha la coscienza pulita ci mette sempre la faccia, se non c’è niente da nascondere perché scappare ..”

Per capire le cause del crollo nel cantiere bisogna seguire il flusso del denaro a cominciare proprio dalla società immobiliare del gruppo Esselunga, quella Villata SPA guidata da Angelino Alfano: la società va “da Dio” spiega a Report Gian Gaetano Bellavia, esperto di diritto privato nell’economia, consulente della trasmissione in tanti servizi, “La Villata guadagna più dei Benetton con le autostrade in monopolio, fa più del 50% di utile lordo e al netto delle imposte guadagna il 33% dei ricavi, un terzo del fatturato è utile netto ..”
Come riescono a fare questi utili? “Sicuramente abbassando al massimo i costi, comprimendo i costi a chi gli costruisce la roba.”

Chi costruisce la roba è AEP, che però ha solo 21 addetti, una forza lavoro che non è in grado di gestire appalti come quello di Firenze: AEP è solo un general contractor che lavora tanto, ma a fronte di alte perdite, paga le imposte con la rateazione e dunque è costretta a strozzare i subappaltatori se vogliono mantenere i lavori.
La Villata guadagna anche sulle spalle delle aziende costrette a tagliare i costi: a Genova su altri appalti, sempre al massimo ribasso, c’erano stati incidenti che hanno causato infortuni ai lavoratori.
AEP non ha soldi per pagare le tasse, nei suoi cantieri succedono incidenti, ma poi trova soldi per finanziare la politica.

Come successo a Lodi, dove AEP ha comprato un’area per costruire un centro commerciale, ma solo se il comune amministrato dal centrodestra avesse fatto una variazione urbanistica per cambiare la destinazione del terreno.
Ci sono stati incontri tra emissari di AEP e politici del centro destra di Lodi: in particolare FDI era contrario a questo cambio di destinazione, per poi cambiare idea. C’entra qualcosa un finanziamento di Esselunga a Fratelli d’Italia?
Report ha intervistato la consigliera comunale Giulia Baggi di FDI, chiedendo come mai si era mossa per raccogliere le firme per il supermercato. “Non ho raccolto firme per Esselunga, ma per una riqualificazione” ha risposto la capogruppo, ma in realtà nel volantino del suo partito si parlava esplicitamente del marchio con la S: chissà se a smuovere i consiglieri sia stato proprio un finanziamento al partito fatto da Attività edilizie pavesi, 25mila euro il giorno prima che la variante arrivasse in consiglio comunale e 24.500euro qualche giorno dopo la raccolta firme (nel settembre 2020). Una scansione temporale un po’ strana di cui però la capogruppo non ne sapeva niente. E’ tutto regolare, a termini di legge, ma è anche opportuno? Un’azienda che finanzia un partito che poi adotta in consiglio comunale una delibera a sua favore?
“Penso che le due cose non fossero collegate, io facevo parte del gruppo consiliare di allora e del finanziamento non ne sapevamo nulla.”

Gli esposti in procura su questa vicenda a Lodi non avevano portato nulla, come nulla avevano portato le indagini che la stessa azienda aveva fatto al comitato per il presidente della regione Liguria Giovanni Toti con la coincidenza che da quanto ha cominciato a governare lui in Liguria i supermercati Esselunga sono passati da 0 a 6. Toti sembra essere diventato un testimonial pubblicitario del marchio.
Il consigliere comunale, ed ex giornalista, Ferruccio Sansa aveva denunciato tutto questo: “benvenuta Esselunga, Esselunga sta arrivando a Genova, più concorrenza e spesa meno cara.. a me questa sembra pubblicità… ciao mister Esselunga festeggerai da lassù e i liguri ti ringrazieranno risparmiando qualche euro di spesa..”

Il finanziamento di AEP è stato di 50mila euro al comitato Giovanni Toti era arrivato nell’agosto 2020 proprio in coincidenza con la discussione in regione dell’apertura del supermercato Esselunga a Genova: “
secondo me, se una amministrazione deve pronunciarsi e dare via libera a questa operazione consistente, ovviamente poi, se questa riguarda un suo finanziatore, allora si crea una questione di opportunità..” continua Sansa.
Quello che colpisce, chiede Danilo Procaccianti, è che questo sembra un modus operandi, quando c’è qualche problema con la politica, la società che costruisce i supermercati Esselunga comunque tira fuori denaro.
“Ci sono finanziamenti, col logo di Esselunga
che spesso compare, a eventi del comune di Genova che sono eventi che danno molto lustro al politico, poi c’è un altro fenomeno interessante. Esselunga è il principale inserzionista della principale televisione privata ligure, una televisione per cui Toti e Bucci hanno una estrema simpatia..”

Nell’inchiesta della procura di Genova dovrà capire se dietro queste storie ci sono possibili reati o meno: di certo ci sono gli incontri tra Toti, il rappresentante di Esselunga Moncada, che in un caso parlano col ministro Brunetta sui vini da esporre sugli scaffali. Sono questioni di interesse pubblico?
In Liguria è difficile distinguere dove finisce il pubblico e inizia il privato: l’impressione è che si stia assistendo all’inchino della politica nei confronti dell’imprenditoria, in cambio di appoggi per le elezioni.

In questi mesi ci sono stati diversi incidenti sul lavoro: a Firenze, alla diga dell’Enel, a Casteldaccia nel palermitano. Tutti incidenti con morti: solo fatalità, imperizia dei lavoratori?
No, spesso questi incidenti sono legati all’assenza di regole di protezione sui cantieri e dentro le imprese, i processi spesso durano anni e comunque non riportano in vita le persone, mancano i controlli da parte di Asl, gli ispettori del dipartimento di prevenzione spesso – come ha mostrato il servizio – ricevono pressioni per non fare sanzioni alle aziende.
Report ha parlato degli incidenti a Casal Bordino, in Abruzzo, in una azienda dove mancava il piano di prevenzione esterno, che dovrebbe proteggere la popolazione: la fabbrica è rimasta ferma solo per pochi mesi, ma poi l’attività è ripresa: fino ad un nuovo incidente con altri 3 morti.

C’è stato un incidente perfino al circolo del golf di Perugia: le macchine tagliaerba non avevano dispositivi di sicurezza, mancavano i corsi di formazione per i trattori. Le risposte dall’azienda erano le stesse, non ci sono i soldi per fare sicurezza e per i corsi di formazione.
Ma se devo fare sicurezza devo chiudere il campo – risponde il vicepresidente del cda del campo golf.
E se denunci la mancata sicurezza rischi anche di perdere il posto.

Sempre in Liguria è successo anche di peggio: nel cantiere di Recco i lavoratori, stanchi di non essere pagati, si erano rivolti al sindacato perché il datore di lavoro non aveva versato loro nemmeno i versamenti alla cassa edile.
“E’ diventato una giungla” commenta il delegato Fillea CGIL Serafino La Rosa “qua abbiamo lavoratori che arrivano al nord che non sanno nemmeno cos’è fare un corso sulla sicurezza, a volte ci troviamo lavoratori che fino a ieri facevano i pizzaioli.”
Stanchi di questa situazione gli operai una mattina di due mesi fa si sono rifiutati di lavorare e hanno denunciato tutto ai sindacati: a quel punto è arrivata in cantiere una squadra col compito di fare un raid punitivo.
Un ragazzo egiziano è stato preso a botte: per difendere i propri diritti siamo arrivati a questo, a dover prendere calci e pugni.
A Genova c’è un grande appalto pubblico per la ristrutturazione di palazzi,
le case popolari gestite dalla SPIM, una società al 100% del comune di Genova. Ma questo non ha evitato che i cantieri fossero fuori controllo: anche qui gli operai raccontano di stipendi non pagati, né cassa edile né inps, lavoratori a nero, addirittura gente senza permesso di soggiorno (dunque clandestini, ma tollerati perché funzionali a questa imprenditoria malata).
I sindacati hanno convocato il datore di lavoro nei loro uffici: a quest’ultimo gli è scappato di bocca che è vero, non avevano fatto corsi di formazione, sulla sicurezza, non sapeva chi c’era in cantiere .. però il cantiere continua a lavorare, nessuno gli ha revocato l’appalto.
Cosa risponde il sindaco di Genova? Nulla “c’ho da fare” dice al giornalista di Report mandandolo via “me lo allontanate per favore”.

C’è sempre qualcosa di più interessante da parlare rispetto alla sicurezza sul lavoro.
268 infortuni sul lavoro, 4% in più rispetto allo scorso anno, una media di 3 morti al giorno, un infortunio al minuto.
La ministra del lavoro Calderone chiede più controlli sul lavoro: ma chi li farà questi controlli?
A parole sono tutti per la sicurezza ma alla fine, racconta il magistrato Bruno Giordano, i morti non votano: è stato cacciato dalla ministra Giordano da capo dell’ispettorato sul lavoro, come primo atto.
Marina Calderone era presidente dell’ordine dei consulenti del lavoro, prima di diventare ministra: in quel ruolo aveva incontrato il magistrato Giordano, a cui aveva chiesto di firmare un protocollo con l’ordine dei consulenti del lavoro, un protocollo che esonera le aziende che ricorrono ai loro servizi di ricevere ispezioni. Un protocollo che Giordano aveva criticato.

Alla fine quel protocollo è stato firmato dai Calderone marito e moglie.
Nel frattempo il suo ministero ha ridotto i risarcimenti Inail, ha proposto la riduzione di ore di formazione per le aziende a rischio. La proposta di patente a punti sarebbe anche interessante, ma bisogna aspettare l’iter della magistratura ma poi alla fine i punti si guadagnano con un bel corso di formazione.
Ma cosa sta facendo per le ispezioni sui cantieri e nelle imprese?

ACQUE SCURE di Emanuele Bellano

Un’inchiesta sulla corruzione nel mondo degli appalti per l’acqua pubblica: il servizio è cominciato con la testimonianza di Marco Schiavio, titolare dell’azienda Passavant, nel settore di depurazione delle acque. Racconta di una gara europea a cui partecipa anche Veolia: la sera prima della gara è stato contattato dal DG di Veolia, che gli chiedeva di aumentare il prezzo della loro offerta, per ammodernare un depuratore.
In questa gara internazionale Passavant si è trovata in mezzo a due giganti, Suez e Veolia, che si occupa oltre che di acque anche di rifiuti.

L’appalto era sul depuratore di Clichy, in gestione ad una società pubblica francese, Siaap: il valore era di 300 ml di euro, dal racconto di Schiavio, Veolia avrebbe proposto una tangente a Passavant per spartirsi l’appalto.
Alla fine l’appalto viene attribuito a Veolia, Passavant fa ricorso avendo proposto un valore per i lavori più bassi: quando esce la notizia del ricorso, Veolia convoca a Parigi Schiavio che, non fidandosi di questo invito, si presenta con una penna che registra le conversazioni.
All’incontro due importanti manager di Veolia esprimono il problema che il ricorso avrebbe presentato e promettono denaro a Passavant se non avessero presentato ricorso, poi altri lavori assieme nel mondo, come subappaltatori.
Il ricorso va avanti: a Passavant arrivano dei documenti su carta Siaap, dove emerge che l’azienda italiana aveva punti uguali alle concorrenti, finché, dopo la presentazione dell’offerta, su un altro documento, Passavant perde 24 punti per problemi di non conformità.
Le tabelle di conformità sono state redatte dalla società Artelia
(uno studio ingegneristico internazionale): ma in questa gara avrebbe avuto un forte conflitto di interessi, perché contemporaneamente alla valutazione di questo appalto. Artelia era in gara assieme a Veolia in un altro appalto.
La gara è stata poi annullata nel 2018, anche per questa situazione di conflitto di interesse.

Schiavio ha raccontato poi di un altro appalto, per un impianto di depurazione di Parigi: ancora una volta Passavant riceve un messaggio da un ex consulente di Sarkozy, Dominique Payllè, che gli chiede di rinunciare alla gara.
Payllè lo invita a rinunciare l’offerta, perché tanto orama il film è stato già scritto: l’autorità che gestisce l’appalto, il Siaap, ha già assegnato la gara, contro ogni regola di concorrenza.
L’appalto per la decantazione di Parigi è stato vinto alla fine da Veolia.
Tutti gli appalti per il depuratore di Parigi sono stati vinti da Suez, Sterau e Veolia: alla fine la sensazione è che questi appalti siano stati spartiti dai tre colossi, che hanno presentato offerte concordandole tra di loro. Lo dicono due ministeri francesi, che mettono anche nero su bianco come questo controllo degli appalti dai gruppi francesi ha fatto anche lievitare i costi.
Stiamo parlando di lavori finanziati anche dalla Bei, la banca di investimenti europei, soldi dei cittadini europei.

Barbalat, ex amministratore di Veolia, smentisce la versione di Schiavio, sebbene nelle registrazioni ascoltate si senta la sua voce.

Con questi appalti Suez e Veolia riescono ad affacciarsi sui mercati di altri paesi: Veolia gestisce l’acqua in Campania, Sicilia e nella provincia di Latina.
Veolia in particolare gestisce la rete idrica in Sicilia in particolare attraverso la Siram: il servizio di Report racconta l’inchiesta che ha coinvolto il manager Manganaro, in una inchiesta seguita dalla Finanza per una tangente pagata per una gara di appalto.

Siram avrebbe fatto delle pressioni ad un amministratore pubblico, che ha denunciato ai magistrato la tangente.
Ma l’arrivo di Veolia è stato un affare per la Sicilia? No, se si gira Agrigento si vedono i tanti serbatoi sulle case, perché qui l’acqua corrente non arriva tutti i giorni.
Ma è acqua che non si può bere, serve solo per lavare, le persone devono usare l’acqua minerale per cucinare e per il caffè.
I serbatoi sono ricaricati quando arriva l’acqua corrente, due giorni a settimana, a volte anche meno: è in corso un razionamento dell’acqua distribuita da Siciliaacque, che fino allo scorso anno era controllata al 75% da Veolia.
Siciliaacque avrebbe dovuto fare degli interventi per aumentare l’acqua disponibile, dall’accordo del 2004, ma molti di questi non sono stati fatti: a Blufi, alla diga Gibbesi, ad esempio.
Oltre a queste mancate opere di potenziamento della rete, ci sono perdite che vanno avanti da settimane senza essere riparate. Così le persone devono prendersi l’acqua dalla fontana dal monte Bonamorone.

Non è stato un affare l’arrivo di Veolia in Italia e in Sicilia, che oggi ha abbandonato la regione Sicilia: ci sono crediti degli enti locali, lavori non fatti per la rete idrica, che perde per il 51%.
Oggi le quote di Veolia sono in carico ad una società di CDP, cioè i risparmi postali.

Nel Lazio la pulizia delle acque sono in gestione ad Acea (ovvero Suez): a Frosinone a Fontana Liri c’è un depuratore che non funziona e che è costato all’Italia una multa dall’Unione Europea pari a 165mila euro al giorno
(i liquami inquinano i fiumi).
Il depuratore pagato dai cittadini in bolletta, scarica le acque reflue nel fiume Liri.
L’avvocato Macioci ha fatto causa ad Acea per i costi per la depurazione in bolletta, pur sapendo che il depuratore non funzionava: Macioci ha vinto la causa e gli verranno indennizzati gli oneri per la depurazione delle acque.
E gli altri abitanti di Monte San Giovanni Campano?
Suez ha usato Acea per entrare nel mercato italiano: Acea ha distribuito dividendi per centinaia di milioni usando soldi pagati dagli abitanti dei comuni della provincia di Frosinone, per servizi non erogati.

 UN BUCO NELL’ACQUA Di Chiara De Luca

320 impianti termali al 90% accreditati col servizio sanitario: dovrebbero essere il nostro fiore all’occhiello, per le terapie erogate. Ma qual è la situazione di questi impianti?
A Montecatini si curano assieme perfino russi e ucraini per le “acque miracolose” che curano il corpo: la città si è attrezzata per accogliere i clienti dall’est, tanto che alcuni di loro hanno investito qui. Il gran Hotel La Pace è stato acquistato dalla figlia di un deputato della Duma.
E se Putin e Zelensky venissero qui a discutere della pace?
Le terme di Montecatini sono un bene dell’Unesco, un bene che deve essere tutelato dunque:
dei sette stabilimenti termali ne rimangono aperti solo due, uno di questi invece è parzialmente chiuso.

L’Excelsior è invece oggi chiuso e trasformato in un magazzino: all’interno ci sono dei quadri importanti che vanno tutelati.
Dopo anni di bilanci in rosso, il marchio di Montecatini Spa è stato messo all’asta, vendere beni per pagare i debiti: c’è un debito da 20 ml di euro per la realizzazione della più grande piscina termale, dove si è pagato 1,5ml di euro per un progetto dell’archistar Fuksas.
Ma i costi per la realizzazione della piscina sono aumentati, tanto che alla fine si è bloccato tutto.
Le terme sono in una fase di declino, che diventa il declino di una intera città, gli alberghi e le strutture commerciali.
Di chi è la colpa di questo declino? Le terme sono gestite a metà da regione e comune: nel 2016 la regione ha dichiarata non strategica la sua partecipazione nelle terme, puntando alla dismissione della sua partecipazione
(cosa difficile in quanto le terme erogano un servizio in convenzione con la sanità). Due anni dopo la regione di ripensa, Montecatini ritorna strategica se si fosse presentato un piano di risanamento: ma in assenza di questo, sono mancati sia gli investimenti che il rilancio.
Oggi Montecatini SPA è all’asta,
in un’asta internazionale (con tutti i beni dentro): la regione se ne lava le mani, lascia mano libera all’amministratore unico, che però non avendo soldi dalla regione non può fare nulla. Un cane che si mangia la coda.

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