Charon
Charon fu fondata sul sangue e sulle tenebre. Letteralmente e metaforicamente. Persino l’origine del suo nome è oscura e rivela un certo gusto per la morte. Narra la leggenda che la contea avrebbe dovuto chiamarsi Charlotte o Charles, ma i padri fondatori indugiarono troppo a lungo [..] La storia che si racconta è che qualcuno semplicemente continuò a scorrere il dito lungo l’elenco dei nomi fino ad arrivare a Charon, Caronte, colui che traghetta le anime dei defunti nel regno dei morti.
Charon, come Caronte, il traghettatore delle anime nell’inferno: forse non poteva esserci nome più indicato per ambientare questo racconto che ci porta dritto dentro l’anima nera dell’America profonda. Se nel primo romanzo, Deserto d’asfalto a farla da padrone era l’adrenalina dell’azione, già nel secondo si toccavano temi legati all’odio contro le minoranze, che siano le persone di colore o gli omosessuali. Questo terzo romanzo tocca ci porta dritti dentro l’inferno, ma non quello descritto da Dante, quello che abbiamo costruito noi umani, come i primi coloni che hanno messo terra su questo lembo della Virginia e hanno preso possesso delle terre con la violenza. Che poi hanno coltivato i campi con gli schiavi razziati dalle coste africani, perché tanto erano esseri inferiori. Tanto diversi da doverli tenere segregati, lontani dall’uomo bianco, perché lo dice anche la Bibbia, perché questi sono i nostri valori da difendere, qui si è sempre fatto così.. Uccidere, violentare, spargere sangue, sangue che poi si infetta, generazione dopo generazione. Fino a che il male esplode all’improvviso. L’inferno esiste come esiste anche il diavolo, che vive in mezzo a noi, non ha le corna in testa. Ma a volte indossa la maschera di un lupo…
«Il Sud non
cambia. Si può provare a nascondere il passato, ma quello ritorna,
in forme anche peggiori. Forme tremende».
Parola
di Titus Crown, sceriffo della contea di Charon, Virginia.
UNO
Titus si alzò cinque minuti prima che la sveglia iniziasse a suonare, alle 7:00, e si fece una tazza di caffè con la Keurig che gli aveva regalato Darlene per Natale.
Non
è facile essere uno sceriffo di colore in una piccola contea del sud
come Charon, specie se sei stato eletto prendendo il posto di un
vecchio sceriffo che aveva usato la stella e il suo ruolo per
nascondere le prepotenze e le violenze contro le persone di
colore.
Specie se sei uno come Titus Crown, con un passato
brillante come agente dell’FBI, prima che gli accadesse qualcosa
che lo ha costretto ad abbandonare il bureau, tornare dal padre nel
suo paese d’origine, provare a fare qualcosa di buono per
proteggere la gente del suo paese.
E magari cercare di mettersi alle spalle vecchi incubi: come il volto di quel suprematista bianco che si era fatto esplodere davanti a lui, o come il rimorso per non aver fatto abbastanza per salvare la madre, morta anni prima dopo una lunga malattia.
Titus è una di quelle persone che si portano addosso tutto il dolore, senza riuscire a condividerlo con altri. Col padre, che si era perso nell’alcool o col fratello Maquis, con cui non si parlavano più, o perfino con la religione.
E
ora, su Titus e su Charon sta per abbattersi una nuova tragedia,
altre ferite lasceranno sul suo corpo la testimonianza di quanto può
essere malvagio l’uomo.
Tutto parte con una telefonata:
Proprio per quello la disperazione che trasudava dalla voce e usciva dalla radio innervosì Titus all’istante. «Qui Titus, passo» disse, dopo aver premuto il pulsante per parlare. «Titus… c’è un uomo armato all’interno del liceo. Mi stanno arrivando cento chiamate al minuto, qui… »
A Charon è successo
quello che era già successo in altre città in America: qualcuno che
fa irruzione nella scuola con un’arma, la cui detenzione è
garantita dal secondo emendamento, per uccidere.
Ma in questo
caso l’assassino, un ragazzo di colore, ha sparato solo una volta,
al professor Spearman, un professore molto amato dagli studenti.
.. le porte si aprirono e ne uscì un uomo che teneva nella mano sinistra una maschera di cuoio con il muso da lupo e nel braccio destro cullava come un neonato un fucile calibro .30-30.
Latrell,
questo il nome del ragazzo, viene abbattuto dalla polizia, quando
questi fa il gesto di avventarsi addosso col suo fucile.
L’ennesima
tragedia causata dalle troppe armi che girano nel paese, quelle che
dovrebbero renderci tutti più sicuri? Sarebbe già difficile da
spiegare così per Titus, sceriffo di colore che deve spiegare alla
comunità nera che non è trattato dell’ennesimo caso di eccesso di
violenza.
Ma c’è qualcos’altro: Latrell prima di morire ha gridato delle frasi come se fosse in preda ad un delirio, il suo sguardo era come di uno che si è già perso nel suo inferno. E poi quelle parole:
«Latrell, aspetta» disse Titus. Latrell aprì gli occhi. «Guardategli nel telefono» disse. Titus abbassò il tiro di un altro centimetro.Per scrupolo, per evitare di essere accusato di voler insabbiare le eventuali responsabilità dei poliziotti nell’ennesimo scontro dove a morire è un ragazzo di colore, Titus chiede un’indagine interna sulla dinamica dei fatti, basandosi anche sui tanti video girati dagli studenti. Anche se sembra tutto chiaro, un ragazzo di colore, uno sbandato con problemi di droga, che ha ucciso un docente, bianco, idolo degli studenti professore.
Quanto al resto della comunità nera di Charon, per alcuni di loro sarebbe sempre stato il nemico. Era il prezzo del distintivo. La decisione di candidarsi implicava la scelta di vivere in una terra di nessuno
Si
trova in una posizione scomoda Titus, a metà tra la comunità nera
che aveva votato per lui e che ora si aspetta da lui che blocchi le
manifestazioni dei nostalgici della segregazione, e dall’altra
parte le pressioni dell’amministrazione comunale, come il
presidente del consiglio municipale, Scott, un imprenditore di una
importante azienda locale che vorrebbe avere nell’ufficio dello
sceriffo una sua marionetta
Gli uomini come
Scott, consumati dall’ego e dal desiderio di affermare il proprio
dominio in cima a gerarchie che vedevano soltanto loro, non
riuscivano a mettere da parte le proprie meschine aspirazioni nemmeno
di fronte alla morte.
Sempre per scrupolo, Titus decide di verificare le parole di Latrell: cosa c’è dentro il cellulare del professore?
Le immagini sul telefono di Jeff Spearman erano la cosa peggiore che avesse mai visto. Non riusciva a togliersi dalla testa l’idea della purificazione per immolazione.
Sono video e foto che riprendono violenze contro ragazzini, tutti di colore, portate avanti da tre uomini. Uno è il tanto amato professore di geografia, che nei video ha il volto nascosto da una maschera di lupo, come quella che teneva Lattrell in mano, pure lui presente nelle immagini e nei video.
Chi sono questi ragazzini? Come sono finiti dentro questo inferno? Che fine hanno fatto i loro corpi, alla fine di queste violenze (che saranno l’ennesimo incubo che accompagnerà i sogni di Titus)?
«Come ci convivi, con quella roba in testa?» chiese Carla.
Titus si rimise gli occhiali da sole. «Cerco di non sognare» disse, entrando nella casa.
Lo
sceriffo Titus decide di mobilitare tutta la sua squadra in questa
indagine, per dare giustizia a quei ragazzini indifesi: la caccia
all’ultimo lupo, come chiama il terzo uomo dei video diventa quasi
subito un caso personale, non
solo per il suo
coinvolgimento personale, ma
anche perché questo “lupo” inizia a contattarlo, lanciando
messaggi, come volesse
lanciargli una sfida.
Una
sfida che lascerà sul corpo, e nell’anima, dello sceriffo altre
cicatrici da parte di questo “demone”, un altro frutto del sangue
avvelenato, il “sangue dei peccatori” di Charon.
Nel frattempo le tensioni tra i suprematisti bianchi e la comunità di colore, iniziano a montare, anche con l’avvicinarsi della festa organizzata dai “figli della congregazione”: suprematisti bianchi che pensano di difendere le loro radici e la loro “cultura” andando a sfilare sotto le statue dei generali sudisti, sconfitti nella guerra di secessione e che dovrebbero essere considerati traditori della patria. Quella statue che dovrebbero essere abbattute o quanto meno contestualizzate e che invece vengono difese tirando in ballo la “cancel culture”
Quelle effigi avevano due scopi: creare una falsa narrazione che parlasse di onore e sacrificio alla quale i nostalgici confederati potessero aggrapparsi,[..] ricordare ai neri del Sud che per alcuni dei loro vicini bianchi non erano che bovini fuggiti dal recinto, pronti per essere sacrificati sull’altare della Causa Persa.
Eccola l’anima nera del sud, dove circolano più armi che criminali, dove si difendono le statue di generali segregazionisti parlando di cultura, dove girano più bibbie che veri cristiani:
«Flannery O’Connor diceva che il Sud è infestato da Cristo. È infestato, non c’è dubbio. Dall’ipocrisia del cristianesimo. Tutte queste chiese, tutte queste Bibbie, e poi è proprio in posti come Charon che i poveri sono ostracizzati.»
In questo terzo romanzo, come i precedenti molto duro e teso, si parla di segregazione, di odio razziale, di povertà, della religione strumentalizzata per giustificare le posizioni di privilegio dei bianchi, ricchi, punta il dito contro quella visione falsa del sud degli Stati Uniti
Le cittadine di provincia sono come la gente che le abita. Piene di segreti. Segreti carnali, segreti di sangue. Giuramenti nascosti e promesse sussurrate che diventano menzogne più in fretta di quanto si guasti il latte al sole caldo dell’estate.
Il mito di un Sud con gente rispettabile che passeggia per la via principale del centro è sempre stato una casta fantasia da puritani. La realtà si trova nelle stradine di campagna, per i sentieri sterrati, sotto il cielo quando diventa nero. Sul sedile posteriore di una Buick chiazzata di ruggine e sul pianale di un pick-up sgangherato. Il cuore di Charon e della sua contea batte al ritmo degli spiritual che si cantano in chiesa la domenica mattina, ma la sua anima è una verità che si può leggere nel sudore degli amanti clandestini, nel sangue che cola dalle labbra della presidentessa dell’associazione genitori e insegnanti dopo che il marito ha bevuto un bicchiere di troppo, ben più d’una volta di troppo.
Il sangue dei peccatori è un romanzo molto politico (e molto utile per comprendere certe dinamiche politiche nell’ottica delle prossime elezioni presidenziali americane): alla fine di emerge l’immagine del protagonista, Titus Crown, un uomo che si porta sulle spalle il peso delle sconfitte subite, la perdita della madre, la disillusione della religione, l’essere uscito dall’FBI. Ho pensato, leggendo le pagine dove Titus condivide i suoi pensieri, a quanto ci sia dell’autore dentro questo sceriffo “anomalo” e leggendo questo articolo su publishersweekly ho avuto conferma delle mie sensazioni.
I
precedenti romanzi di S.A. Cosby
Deserto
d’asfalto
Legittima
vendetta
La scheda del libro sul sito di Rizzoli, il link per scaricare il pdf del primo capitolo
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