Quanto è dura la vita del parlamentare Angelucci, il più ricco d’Italia. Poi un servizio sull’infiltrazione (ma forse si dovrebbe iniziare ad usare una diversa definizione) della ndrangheta dentro i lavori per l’Arena di Verona.
Il senatore editore-imprenditore Angelucci
Antonio Angelucci è il senatore più ricco del Parlamento con 6,3
ml di euro di patrimonio dichiarato nel 2023, battendo di poco Matteo
Renzi. Una parte di questo patrimonio deriva dal vitalizio che gli
riconoscere il gruppo da lui fondato, nel settore della sanità.
Queste società – spiega il consulente finanziario di Report
Bellavia – fanno tutte capo ad una finanziaria, la Tosinvest,
controllata da una società lussemburghese, la quale è a sua volta
controllata da un’altra lussemburghese, ancora controllata da una
nuova società in Lussemburgo. I tre livelli di controllo
lussemburghese sono riconducibili a.. non lo possiamo sapere, ma
quella in cima a tutto si chiamava Angelucci, poi ne hanno cambiato
il nome, dunque probabilmente è di proprietà del senatore. Perché
la scelta di società controllanti in Lussemburgo? Per motivi
fiscali, continua Bellavia: i soldi pubblici degli ospedali degli
Angelucci che lavorano in convenzione finiscono in Lussemburgo:
“concettualmente si, poi bisogna vedere come si muovono, come
vengono distribuiti i dividendi, ma alla fine sono dividendi
lussemburghesi dunque non tassati e stanno all’estero.”
A
quasi 80 anni il senatore Angelucci non rinuncia a guidare la sua
auto, potente, seguito dalla scorta – racconta l’anteprima del
servizio di Bertazzoni: abruzzese di nascita ma romano di adozione,
Angelucci ha sempre avuto una passione per la politica, è in
parlamento da 16 anni, da 4 legislature dove si è distinto per
essere uno dei parlamentari più assenti (col 99% di assenza).
Passione sì, ma senza esagerare: i suoi giornali si erano scatenati
nella guerra ai fannulloni del reddito di cittadinanza, gente che
campa coi soldi degli italiani. Mica tutti sono senatori della
repubblica.
Grazie ai guadagni dal campo sanitario Angelucci
oggi può investire in una sua seconda passione, l’editoria: già
proprietario di Libero, Il Tempo e il Giornale, il gruppo Angelucci
ha messo gli occhi sulla seconda agenzia di stampa del Paese, l’Agi,
di proprietà dell’Eni, controllata dal ministero dell’Economia
e delle Finanze. Suscitando le proteste dei giornalisti dell’agenzia
Agi, scesi in piazza per dire no alla vendita di Eni della testata al
parlamentare leghista: sui cartelloni era scritto “l’Agi non si
svende” a difesa
anche del pluralismo e della libertà dell’informazione, un
valore nelle democrazie anche per noi cittadini. Libertà di
informazione che sarebbe messa a rischio dalla vendita ad un
editore-politico.
Lo spiega bene a Report Serenella Ronda,
giornalista dell’Agi: “le agenzie di stampa sono una fonte
primaria di informazione e per questo devono essere autonome e
indipendenti”.
In piazza, il 3 aprile scorso, assieme ai
giornalisti, erano presenti anche esponenti dell’opposizione, come
l’ex giornalista Ruotolo e il deputato Fratoianni: l’ex
segretario PD Bersani parla di un “segnale all’ungherese, qui si
vuole prendere una agenzia e buttarla a fare un service di un gruppo
di testate di destra in spregio ad ogni logica di conflitto di
interesse ma anche, io credo, al comune senso del pudore.”
“In
democrazia non dovrebbero succedere cose di questo genere” racconta
ai giornalisti in piazza il segretario del M5S Conte “che una
partecipata dallo Stato, controllata dallo Stato, offre a trattativa
privata ad un parlamentare di maggioranza la seconda agenzia di
stampa del paese.”
Vincenzo Vita è stato
sottosegretario alle telecomunicazioni fino al 2001: “se una cosa
esce in agenzia, c’è come un timbro, vuol dire che è una cosa
seria, non è una fake e questo può dar luogo a chi fa il
telegiornale di fare la sua scaletta.. la cosa che dice l’Agi
merita di essere in testa”.
Se Angelucci dovesse prendersi
l’Agi cosa potrebbe succedere?
“Angelucci avendo interessi
in settori piuttosto delicati, le cliniche private, sarebbe una forma
di pressione, un modo per fare intendere ai vari pezzi del potere che
c’è eccome una presenza che vuole contare..”
Ma
torniamo alle cliniche private accreditate di Angelucci: Bertazzoni
racconterà la storia di una signora vittima del covid, morta nella
struttura di Rocca di Papa. Era stata dichiarata covid free, dunque
la figlia Giovanna Boccardi aveva lasciato lì la madre, “ma ogni
volta che arrivavo lì trovavo tre, quattro carri funebri e ho capito
che c’era qualcosa che non andava..”.
Altra testimonianza è
quella del signor Giacomozzi, figlio di un paziente di Rocca di Papa
morto per covid: “io ho saputo del decesso dalle pompe funebri
perché dal San Raffaele non mi hanno detto niente”.
Si parla
di più di 170 contagi di cui la struttura aveva timore a raccontare,
dal racconto della signora Boccardi “parliamo di qualcosa che non è
stata gestita bene dall’inizio alla fine, io vedevo il personale
entrare senza mascherine, senza guanti, ho chiesto se ci fosse un
protocollo per evitare dei contagi e mi è stato risposto che non
erano attrezzati per l’isolamento per cui i pazienti covid o no
covid, con febbre senza febbre erano tutti quanti insieme.”
Stefano
Giacomozzi ha presentato denuncia per capire cosa fosse successo alla
madre, dall’ospedale abbiamo ricevuto due telefonate e basta e il
certificato di morte.
Quando i contagi per covid nella struttura di Rocca di Papa
iniziano a crescere senza controllo, nell’aprile 2020 la regione
Lazio e l’unità di crisi decidono di istituire una zona rossa
attorno alla struttura: l’ex assessore D’Amato racconta a Report
che quello è stato uno dei cluster più rilevanti in una struttura
sanitaria “constatammo che non erano rispettati le condizioni di
sicurezza in relazione alla suddivisione dei percorsi, dei
dispositivi di prevenzione, a tutto ciò che andava messo in atto per
limitare la diffusione del contagio.”
Si arrivò così alla
revoca dell’accreditamento al San Raffaele di Rocca di Papa:
accreditamento poi ristabilito dalla nuova amministrazione di destra
di Rocca.
Sul Fatto Quotidiano potete leggere una anticipazione del servizio:
Parla Angelucci: “I giornali? Se mi stufo li vendiamo. In Fi per scelta”
Nonostante sia il parlamentare più assenteista di tutti i tempi, i partiti di centrodestra se lo litigano. Del resto il re Mida della sanità privata Antonio Angelucci grazie ai guadagni delle 15 cliniche in convenzione può investire su un’altra grande passione: l’editoria. Dopo Libero, Il Tempo e il Giornale, ha ora messo gli occhi sull’agenzia di stampa Agi, di proprietà dell’Eni, controllata dal ministero dell’Economia. “Se fosse ci divertiamo” dice ai microfoni di Report (nella puntata in onda stasera su Rai Tre) Angelucci che conferma di aver messo nel mirino anche La Verità di Maurizio Belpietro che nel 2015, da direttore di Libero, venne licenziato dagli Angelucci interessati a non pestare i piedi all’allora premier Matteo Renzi. Ma a sentire Angelucci l’editoria è solo un passatempo, mica c’entrano gli affari. La collezione di giornali? “Così… è una passione, poi vediamo: può darsi che ci stufiamo, li mettiamo insieme e li vendiamo”, dice l’onorevole che dà la sua versione anche su un’altra vicenda su cui spera nel lieto fine ossia l’archiviazione: la presunta tentata corruzione di Alessio D’Amato (all’epoca responsabile del piano di rientro della sanità di regione Lazio) a cui avrebbe offerto 250 mila euro per ottenere una serie di benefici a partire dalla riapertura del San Raffaele di Velletri.
La scheda del servizio: IL PORTANTINO EDITORE
Di Luca Bertazzoni
Collaborazione Marzia Amico
Antonio Angelucci è il parlamentare più ricco e assenteista di Montecitorio, ma anche il ras della sanità privata del Lazio convenzionata con il Servizio sanitario nazionale. Editore dei quotidiani Il Tempo, Libero e Il Giornale, Angelucci ha manifestato interesse per l’acquisizione dell’agenzia di stampa Agi. Report analizza i conti del gruppo Angelucci nelle attività sanitarie e editoriali, dimostrando che i guadagni derivano dalla sanità, mentre i giornali sono in perdita. L’inchiesta racconta anche la storia del San Raffaele di Rocca di Papa, struttura a cui nel 2020 è stato tolto l’accreditamento regionale a seguito dello sviluppo di un importante focolaio Covid all’interno della clinica. Il nuovo presidente della Regione Lazio Francesco Rocca, ex presidente del Cda della Fondazione San Raffaele, ha ridato l’accreditamento alla struttura e in un anno di governo ha stanziato per le cliniche di Angelucci 19 milioni e mezzo di euro in più rispetto al budget ordinario.
La ndrangheta a Verona
Nessun
dorma – canta il tenore nell’opera Turandot: eppure quando si
parla di infiltrazione di mafia, specie al nord, pare che siano in
tanti a dormire.
Le radici della ndrangheta hanno infestato
anche i marmi dell’Arena di Verona, lo splendido anfiteatro romano
conosciuto per il festival lirico che attrae cultori dell’opera e
turisti da tutto il mondo. A montare e smontare palchi e scenografie
è stata per anni una rete di imprese che, secondo
la procura antimafia di Venezia, con un giro di fatture gonfiate,
arricchiva le cosche Grande Aracri di Cutro e Arena-Nicoscia di
Isola Capo Rizzuto, tra le più potenti ndrine calabresi.
“Quando
è successo io sono caduto dal pero” racconta a Report un
responsabile delle strutture
usate nel teatro: nei magazzini della Eurocompany, nella zona
industriale della città
venivano
conservate le scenografie della stagione lirica veronese. Sono 10mila
metri quadrati che la fondazione Arena di Verona prendeva in affitto
a carissimo prezzo dalla Eurocompany di Giorgio Chiavegato, una rete
di cooperative di facchinaggio da 26,7 ml di euro di
fatturato.
Chiavegato aveva iniziato a lavorare con la
fondazione nel 2012: agli appalti partecipava solo la sua azienda,
“perché era talmente complessa l’attività di smontaggio e
montaggio, non era come montare un’impalcatura..” Di fatto oggi
quel lavoro è fatto da altre imprese.
Oggi Chiavegato è in
attesa di un processo dopo un anno ai domiciliari. È accusato di
false fatturazioni e altri reati fiscali con l’aggravante di aver
agevolato la ndrangheta.
Il
sindaco Tommasi è stato messo in minoranza dentro la fondazione, la
cui direzione è finita nelle mani del partito di Fratelli d’Italia.
La soprano Cecilia Gasdia è stata nominata sovrintendente
dell’Arena dal ministro Franceschini nel 2018 su proposta
dell’allora sindaco Sboarina.
Report ha cercato di chiedere
conto alla sovrintendente dell’inchiesta e su questa società,
Eurocompany: il giornalista è stato malamente strattonato da un
collaboratore della sovrintendente, evidentemente infastidita dalle
domande ricevute.
Come mai Eurocompany vinceva tutti gli
affidamenti?
Secondo
la Guardia di Finanza prendeva tutti gli appalti anche grazie
all’aiuto di Domenico Mercurio, imprenditore collegato alla
ndrangheta che avrebbe emesso fatture inesistenti per l’importo
complessivo di 24ml di euro.
Chiavegato parla anche del rapporto
con la politica: aveva fatto campagna elettorale e distribuito
volantini per Tosi e per la Lega, “la mia sensazione è che Tosi
centri dappertutto”.
L’ex sindaco è oggi deputato e coordinatore veneto di Forza Italia: secondo Chiavegato sarebbe stato lui il vertice politico di questo sistema.
Tutte calunnie inventate – la risposta di Flavio Tosi su queste accuse: tutto quello che diffondete è falso e fazioso, è il punto di vista (al limite della diffamazione?) dell’ex sindaco, “vi conosco molto bene” [Tosi è stato condannato in primo grado per aver diffamato il conduttore Ranucci].
Le dichiarazioni di Mercurio? È un imprenditore bugiardo e inaffidabile secondo la magistratura – sostiene il deputato Tosi. Ma Mercurio è un collaboratore di giustizia considerato attendibile dai magistrati che l’hanno sentito nei processi.
La scheda del servizio: NESSUN DORMA
Di Walter Molino e Andrea Tornago
Le radici della ‘ndrangheta hanno infestato anche i marmi dell’Arena di Verona. A montare e smontare palchi e scenografie è stata per anni una rete di imprese che, secondo la Procura antimafia di Venezia, con un giro di fatture gonfiate arricchiva le cosche Grande Aracri di Cutro e Arena-Nicoscia di Isola Capo Rizzuto, tra le più potenti ‘ndrine calabresi. Chi si è arricchito, e chi doveva controllare? C’è un livello politico interessato a questo sistema? Il racconto con documenti e interviste esclusive.
L’inchiesta sulle olimpiadi invernali
Report torna ad occuparsi delle olimpiadi di Milano-Cortina del 2026 con un
aggiornamento legato alle ultime indagini
della procura di Milano sulle nomine all’interno della fondazione:
al momento il fascicolo è aperto senza indagati per il reato di
abuso d’ufficio (il reato che poco piace a questa maggioranza e
anche a pezzi dell’opposizione). Tra le persone contrattualizzate
ci sono figli di e parenti di: la nipote di Mario Draghi, il figlio
di Ignazio La Russa e l’ex segretaria, Domenico De Maio legato
all’ex ministro grillino Spadafora, Ursula Bassi, candidata nel
2019 col centro sinistra, Marco Francia, candidato fino al 2018 col
centro destra a Torino. Poi Giorgio Pescante, nipote del più famoso
Mario, ex numero uno del Coni, membro onorario del Cio ed ex deputato
di Forza Italia. Poi Antonio Marano, eletto deputato nel 1994 con la
Lega, ex direttore di rai 2 e presidente di rai pubblicità dal 2016
al 2021.
“[Antonio Marano] si occupa di commerciale” spiega
alla giornalista di Report Giovanni Malagò presidente del Coni “di
attività di marketing”, e sulla sua scelta di ricandidarsi al CDA
della Rai aggiunge “è una sua scelta..”
Ma se dovesse
essere nominato (in quota Lega) nel cda Rai rimarrà nella fondazione
dove dovrebbe occuparsi di acquisto di spazi pubblicitari per le
olimpiadi? “Non lo so, penso che ci sia un problema, un problema di
carattere giuridico, formale, magari qualcuno può scrivere due righe
e dire che non c’è nulla di male, c’è un carattere estetico che
sicuramente può rappresentare un problema.”
La questione di
opportunità e di conflitto di interesse diventa, par di capire, una
questione estetica che però si può risolvere con due righe.
Ma
come mai ogni volta questi enti devono diventare dei carrozzoni dove
finiscono parenti, persone legate alla politica o segnalate dalla
politica? “Lei fa il suo lavoro, però mi creda, non è
assolutamente così correlato, scontato come sembra.. non è scontato
che se una persona ha fatto politica abbia avuto dei privilegi..”
Ma
sembra tutta una sceneggiatura già scritta, ha ribattuto la
giornalista di Report Claudia di Pasquale: “noi c’abbiamo un
sacco di problemi, come ce li ha il paese, altri soggetti che cercano
di organizzare qualche cosa, non penso che questo sia il
problema.”
Dunque, ancora una volta cercando di interpretare
il messaggio di Malagò, è un male necessario di certe
organizzazioni, enti, legati a fondi pubblici.
Perché
poi qualcuno dovrà pagare i debiti accumulati dalla fondazione:
dall’ultimo bilancio emergono 107 ml di deficit patrimoniale e a
contribuire a questo debito da una parte c’è il contratto con
Deloitte e dall’altra le assunzioni. Nei documenti sta scritto
bello in chiaro, la copertura del deficit è a carico degli enti
territoriali, paga pantalone “è che, l’ha scoperto adesso che i
soci sono enti locali..”
Per cui, pagheremo noi per i
contratti di una fondazione che ora, per scappare dalle inchieste, il
governo
Meloni ha emanato un decreto in cui la si indica come fondazione
privata.
Sul contratto con Deloitte, ne parla Lorenzo Vendemiale sul Fatto Quotidiano:
Cortina&Giubileo, la mano di Deloitte sui grandi eventi
PARTITA DOPPIA - Già monopolista dello sport, il colosso ha tra i suoi il potente Luigi Onorato, l’uomo che gestisce i rapporti con le società
C’è una società che ormai è un’istituzione. Un manager che siede al tavolo con ministri e dirigenti quando si parla di grandi eventi. Le Olimpiadi di Milano-Cortina, il calcio, l’atletica, il Coni: spunta fuori sempre Deloitte, la più grande fra le cosiddette “big four”, i quattro colossi mondiali delle revisione di bilancio innanzitutto, spesso e volentieri anche di consulenza.Di questa presenza si è accorta la Procura di Milano, nell’inchiesta sulle Olimpiadi: Deloitte non è indagata, il faro è sui suoi contratti col Comitato organizzatore. Uno in particolare, il “progetto Pisa”, piattaforma digitale e di cybersicurezza che Deloitte Global ha in virtù della sponsorizzazione col Comitato olimpico internazionale (Cio): costo 176 milioni. Il dubbio è se questo accordo “imposto” dall’alto non abbia zavorrato i conti della Fondazione. Perciò il fascicolo rischia di imbarazzare addirittura il Comitato olimpico internazionale.
La scheda del servizio: FUORI PISTA
di Claudia Di Pasquale
Collaborazione Giulia Sabella, Norma Ferrara
Lo scorso 21 maggio la Guardia di Finanza ha perquisito la sede della Fondazione Milano Cortina 2026 che si occupa dell'organizzazione delle Olimpiadi invernali del 2026. Il focus delle indagini è la gestione opaca dell'ente, a partire dall'affidamento dei servizi digitali fino alle assunzioni. Ma qual è la vera natura giuridica della fondazione? E’ un ente di diritto privato come loro rivendicano di essere o è un organismo di diritto pubblico? Su questo assunto si gioca il futuro dell'organizzazione delle Olimpiadi. L'Italia se l'è aggiudicate con la promessa di organizzare dei Giochi sostenibili dal punto di vista economico e ambientale. La promessa era quella di fare una Valutazione strategica nazionale di tutte le opere, non è stata fatta neanche quella. Mentre l'impianto più discusso, la nuova pista da bob di Cortina, ad oggi non ha ancora trovato chi è disposto a pagare le spese di gestione e manutenzione, che potrebbero arrivare a un milione e 400 mila euro l'anno. Insomma, a meno di due anni dalle Olimpiadi i punti interrogativi sono ancora tanti.
Analisi
in farmacia
Le
analisi del sangue in farmacia si possono fare solo sul sangue
capillare, senza siringhe, il campione viene analizzato da un
dispositivo che man mano da anche le informazioni su come procedere
al farmacista e poi da un esito con uno in scontrino dove sono
riportati i valori. Né sul foglio né sullo scontrino c’è la
firma di un responsabile.
“Ma la firma non ci deve essere”
risponde il presidente di Assofarma “il valore legale di quello
fatto in farmacia non c’è, è pacifico e nemmeno lo vogliamo
avere..”
Ma per la federazione dell’ordine dei medici la
firma sotto il valore delle analisi fa la differenza: il presidente
Filippo Anelli ha chiesto che si apra un tavolo di confronto anche
con loro per stabilire regole valide con tutti, anche a garanzia del
paziente.
Quella firma è una garanzia – spiega di fronte alle
telecamere di Report, manca lo stesso peso di garanzia tra l’analisi
fatta in farmacia e quella fatta nelle strutture accreditate o
pubbliche.
Report ha interpellato il ministro Schillaci che,
però, sembra non essere al corrente del fatto che le analisi fatte
in farmacia non sono accompagnati da una firma.
Del fatto che
quella mancanza di una firma rappresenti una mancanza di garanzia:
“nessuna analisi è fatta senza una firma, abbia pazienza, se si fa
un prelievo ci deve essere la firma di qualcuno che testimonia che il
prelievo è fatto bene..”
Siamo in Italia, inutile
meravigliarci: il ministro, però, vuole rassicurare, “adesso
vediamo, adesso ne parleremo con l’associazione dei medici, non
abbiamo interesse a far fare ai cittadini analisi di non
qualità.”
Adesso verificheranno dal ministero, dopo che
glielo ha spiegato Report come stanno le cose.
La scheda del servizio: PATTO DI SANGUE
di Antonella Cignarale
Collaborazione Paola Gottardi, Raffaella Notariale
Con il progetto della Farmacia dei servizi sono state ampliate le prestazioni effettuabili in farmacia, sia in regime privato sia in convenzione con il Servizio sanitario nazionale. Le fasi di sperimentazione realizzate dal 2018 a oggi sono state messe in piedi con un finanziamento pubblico di 111,9 milioni. Per il sottosegretario alla Salute Gemmato la farmacia potrebbe diventare un centro diagnostico per patologie semplici, per il ministro Schillaci potrebbe garantire una maggiore sanità di prossimità ai cittadini, assicurando qualità e garanzia. Gli interessi in gioco sono tanti, così come le opposizioni tra i professionisti del settore; ma intanto oggi un’analisi in farmacia che valore ha?
Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.
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