27 febbraio 2025

Il mostro di Roma di Alessandro Gorza

 

Roma 1924

Questa è una storia che ha cent’anni. È una vicenda di sangue e violenza, di errori e misfatti. Cento anni, il mondo è un altro; eppure, questa storia racconta fatti che non sembrano appartenere a un passato lontano, ma somigliano a un presente inquietante e spaventoso.

Roma, 1924. Non c'erano i social network, ma i rioni e i quartieri popolari con le loro grida sguaiate. Non c'era la televisione, ma i giornali compiacenti, una classe dirigente che voleva raccontare un mondo che non esisteva. C'erano le pulsioni e le miserie umane con la loro meschinità: giochi di potere, delazioni, bugie, carrierismo e malafede.

C'era un assassino, o forse più di uno, che colpiva a caso, senza un disegno, o forse no.

Conoscevo molto poco di questa storia, quella del “mostro di Roma” che negli anni tra il 1924 e il 1928 uccise diverse bambine a Roma in modo brutale. Avevo sentito parlare di Girolimoni, il procuratore legale che fu ingiustamente accusato di quei delitti, finito dentro gli ingranaggi di una inchiesta condotta male dalla polizia, più attenta a compiacere il potete dell’epoca (si era ai primordi del regime fascista) che non a trovare il vero assassino. Nino Girolimoni fu condannato dalla stampa senza possibilità di difesa, un “mostro sbattuto in prima pagina” dai giornali, anche loro compiacenti col governo Mussolini, non ancora regime ma già pronto a plasmare gli italiani secondo il nuovo modello di Dio Patria e Famiglia.

È la storia di un mostro creato dalle voci della strada e dalla carta stampata. Di un clamoroso errore giudiziario, di crimini rimasti senza un colpevole. Di uomini che il destino ha deciso dovessero recitare una parte della propria vita se un palcoscenico entrato nella storia minore, quella della cronaca e non dei fatti epici e guerreschi, che ha però segnato un paese e, soprattutto, una città.

È la storia incredibile di Ralph Lyonel Brydges, Giuseppe Dosi e tanti altri. È, soprattutto, la storia di Gino Girolimoni. L’innocente mostro di Roma.

Quello che mi ha sorpreso al termine di questa lettura, veramente scorrevole e ben documentata, è stato lo scoprire quanto questa storia abbia ancora molto da raccontare agli italiani di oggi.
Il macabro gusto con cui spesso giornali e telegiornali ci raccontano dei casi di cronaca dove però la vittima è “una di noi” mentre il carnefice è il diverso, l’immigrato venuto da fuori a contaminare le nostre città, i nostri borghi.
Il rapporto stretto tra mondo politico e il mondo dell’informazione, la scomparsa degli editori puri coi giornali finiti nelle mani di pochi gruppi industriali se non, peggio, di specifici gruppi politici.
Il bisogno che abbiamo, noi italiani, di sentirci sempre rassicurati di fronte ad un delitto: il mostro, l’assassino, non può essere uno come noi, con una famiglia solida alle spalle, uno che va a messa, che frequenta i nostri stessi posti, l’uomo o la donna che incrociamo tutti i giorni.

Nemmeno in quella Roma che, nella primavera del 1924, stava per venire oppressa da due ombre: la prima, quella del regime che aveva appena vinto le elezioni grazie alle violenze degli squadristi e alla legge vergogna che assegnava un premio di maggioranza al vincitore (altra distorsione che ritroviamo ancora oggi). Il 10 giugno l’onorevole socialista Giacomo Matteotti venne rapito da una squadraccia fascista che lo uccise: aveva tenuto pochi giorni prima un duro discorso alla Camera contro il governo Mussolini.

La seconda ombra fu quella del mostro che colpì più volte, a partire dalla piccola Emma, e poi ritrovata il giorno dopo, viva, per fortuna.

E poi le altre vittime: Bianca, Elsa, Celeste, Elvira, Armanda l’ultima vittima..

Delitti che avevano suscitato una forte indignazione da parte della popolazione romana, oltre che una forte ondata di paura per questa persona, di questo orco, che sembrava sfuggire alla rete della polizia nonostante le tante testimonianze raccolte: un uomo ben vestito, tra i quaranta e i cinquanta, con un cappello floscio e, particolare molto importante, uno che parla bene italiano.

Non si può accettare che il mostro sia una persona normale, uno che pare per bene. Non si può sopportare che Roma, la città ideale, sia annerita da un’ombra che sembra poter apparire e scomparire sotto gli occhi di tutti [..] Non si può aderire all’idea che l’ordine nuovo non sia ordine..

Ecco che Nino Girolimoni sembra aderire a questo ideale di “anti italiano”: gli investigatori, che erano sotto pressione da parte del regime, che non poteva tollerare che un assassino la scampasse alla legge fascista, erano arrivati a lui a seguito della denuncia di un signore, che aveva raccolto i timori della ragazzina che lavorava in casa, quella che veniva chiamata la “servetta”.
C’era quest’uomo, sempre sorridente, che l’aveva importunata, girava sempre con la sua macchina verde, ben vestito.. che sia lui il mostro?

Girolimoni aveva la colpa di essere celibe, figlio di nn, amante della bella vita e delle donne. Appassionato di fotografia, tanto da avere in casa molte foto degli scorci di Roma, dove venivano ritratte anche delle bambine, particolare che fu usato contro di lui.

Dal giorno in cui Benito Mussolini, rabbrividendo nelle più profonde fibre del suo tenerissimo cuore di padre, disse: "Voglio che l'immondo bruto venga arrestato", tutti ebbero la convinzione assoluta, incrollabile che il mostro non sarebbe sfuggito dalle maglie della rete, e tutti attesero fiduciosi, senza impazienze, senza commenti, che il comandamento del duce venisse eseguito

L'Impero, 9 maggio 1927

Si deve trovare il mostro, a qualunque costo, per rispettare il “comandamento” del duce, quel Mussolini che voleva plasmare gli italiani e l’Italia secondo l’ideale fascista.

E così che scatta la tenaglia contro questa persona: per lo zelo dei funzionari della Questura di Roma, desiderosi di mettersi in buona luce col regime, per l’avidità di qualche testimone attirato più dai soldi della taglia che non dal desiderio di fare giustizia.

Gino Girolimoni è il mostro, per i giornali, imbeccati dall’agenzia Stefani, l’unica agenzia di stampa, vicina al regime e a Mussolini:

Non può che essere un immorale. Persino i tratti somatici lombrosianamente lo denunciano: “Gino Girolimoni è alto m.1,73, volto sbarbato, un po’ calvo, occhi stranissimi, di taglio quasi mongolico, con sguardo obliquo, falso sfuggente. In tutti gli altri tratti si ritrova il tipo classico del degenerato”

Un mostro sbattuto in prima pagina, come successo poi anni dopo con un altro innocente, Pietro Valpreda, il mostro responsabile della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Ma forse questa è un’altra storia, o forse no. Di certo è che la stampa italiana dell’epoca si dimostrò essere solo un ignobile megafono della propaganda di regime:

Quella a cui si assiste già dall’inizio del 1924 è la “fascistizzazione”della stampa, ovvero una forma sottile e maligna di autocensura che i direttori dei quotidiani e riviste impongono per paura, per bisogno di sopravvivere o per piaggeria.

Ma c’è una persona che non crede alla colpevolezza di Girolimini: è un poliziotto anzi, un superpoliziotto. Si chiama Giuseppe Dosi, ha imparato le moderne tecniche di investigazioni, è una persona dotata di buon intuito e, cosa ancor più importante, è un poliziotto che ritiene di dover lavorare per la giustizia, non per il duce.
L’assassino sa muoversi nei quartieri di Roma, conosce il Tevere, è vestito bene e parla italiano: non può essere uno straccione o un balordo, su cui fino a quel momento si sono concentrate le indagini, deve essere uno che conosce il fiume, un fiumarolo.

Per Dosi è un altro il responsabile di quelle morti: un prete anglicano che aveva incontrato a Capri dove era stato mandato dal capo della polizia Bocchini per una indagine sui “facili” costumi sessuali dell’isola

Qualche mesi prima, a gennaio, sull’isola è arrivato un altro uomo che presto incontrerà, un pastore inglese quasi settantenne: si chiama Ralph Lyonel Brydges. Vive a Roma in via Po. Alto, snello, baffi a spazzola biondicci, occhiali tondi a stanghetta. È atletico, dimostra vent’anni meno dei suoi, ma soprattutto, ha una peculiarità che lo costringe a spostarsi spesso: gli piacciono le bambine.

L’autore, Alessandro Gorza, ci racconta da una parte il calvario di Nino Girolimoni, finito stritolato da questa non indagine, rinchiuso per dieci mesi in un carcere, la sua immagine distrutta dai giornali.

Dall’altra parte l’indagine condotta personalmente da questo strano poliziotto, Dosi, una “indagine non autorizzata”, poco amata dai suoi colleghi della polizia, specie quelli che dall’arresto di Girolimoni aveva guadagnato delle promozioni.

E poco amata anche dal regime, perché il regime e la sua polizia non sbagliano mai. Ma soprattutto perché Brydges era inglese e l’Inghilterra era, in quegli anni, un paese con cui il fascismo non voleva avere problemi, per le sue ambizioni imperiali in Africa.

Grazie all’ostinazione del suo avvocato, Ottavio Libotte e al coraggio del giudice istruttore di Roma che aveva in mano il fascicolo, Girolimoni venne prosciolto da ogni accusa per non aver commesso il fatto e uscì dal carcere nel marzo del 1928.

Ma era un uomo già morto: la notizia del suo proscioglimento non venne pubblicata da nessun giornale, nemmeno un trafiletto. Per i romani, eccetto che per una cerchia di amici, era ancora lui il “mostro”.

Giro Girolimoni ascolta in silenzio, il volto pesante, provato. Le braccia crollate lungo i fianchi e il collo abbandonato all’indietro sulla seggiola.. La trappola di Pacciarini, il caso costruito da Giampaoli e la fame di potere di Angelucci. Massacesi, che si è venduto per cinquantamila lire. Gli altri comprimari di quest’opera grottesca che più kafkiana, folle, ingiusta e dolorosa di così non si sarebbe potuta immaginare.

L’agenzia Stefani e il suo immenso potere e quel legame, quell’amicizia che lega il capo assoluto della Stefani direttamente al duce. L’ordine di Mussolini di smetterla con la cronaca nera, prima; di non parlare più di Girolimoni, dopo.

Morì in povertà, nel 1961, da solo: al suo funerale in prima fila, l’ex Questore Giuseppe Dosi.

Anche lui verrà punito dal regime per la sua ostinazione a voler proseguire quella indagine così scomoda, finirà persino in un manicomio per qualche mese, per poi tornare a fare il suo mestiere alla radio, l’Eiar.

Girolimoni è stato distrutto dall’accusa di essere il mostro di Roma. Brydges ha evitato la pubblica gogna solo perché inglese e l’Inghilterra, in quel momento, è un partner fondamentale da non insospettire. Posto giusto, momento giusto.

Quel prete anglicano, Lyonel Bridges, riuscì ad eclissarsi e a sfuggire alla giustizia: ma era lui il mostro? L’autore è scettico a riguardo, le prove raccolte da Dosi non bastano a togliere di mezzo tutti i dubbi. Forse il mostro va scritto al plurale: di certo Gino Girolimoni era innocente.

Di certo quella storia ci deve far riflettere sulla nostra Italia, quella di oggi.


La scheda del libro sul sito dell'editore Giunti

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23 febbraio 2025

Anteprima inchieste di Report – l’espresso Cadore, gli affari di Brambilla, il turismo nero sulle Dolomiti, l’arresto di Alemanno e i servizi delle Poste

Che fine ha fatto il treno per soli ricchi che doveva portare i turisti a Cortina?

A seguire un servizio che tornerà ad occuparsi delle donazioni alla Onlus della parlamentare Vittoria Brambilla.

Il turismo che ammazza sé stesso

Il turismo di massa, senza regole, lascia dietro di sé una scia nera che, a lungo andare, ucciderà lo stesso turismo: il servizio di Lucina Paternesi è dedicato al cuore delle Dolomiti, meta di tanti “rifugisti” che arrivano qui a godersi un panorama unico al mondo.

Ma le acque reflue dei rifugi sono scaricate, nel periodo estivo, direttamente in alta quota, andando a sporcare l’ambiente. Il servizio mostrerà le foto di Armando Loss, abitante di San Giovanni di Fassa, dove si vedono le tracce nere delle fogne. Lunga la statale che collega Vigo di Fassa al passo di Costa Lunga sbuca un tubo nero in pvc: è stato montato in fretta e furia per evitare che si inceppi il tubo principale delle fogne. LE fognature dei rifugi sono scaricate nel pieno del bosco, racconta il signor Loss, in un vespaio dove il terreno non assorbe più le acque reflue per tracimare poi a valle. Un altro tubo lungo un chilometro porta le fogne da altri rifugi a oltre 2000 metri

LAB REPORT: DOLOMITI OVERBOOKING di Lucina Paternesi

Collaborazione Cristiana Mastronicola

Nel cuore delle Dolomiti Patrimonio Unesco il turismo ha stravolto, negli ultimi anni, l'immagine della montagna. Tra viaggi in motoslitta, degustazioni in baita, funivie che alterano l'immagine dei comprensori sciistici, in Val di Fassa l'overtourism ha creato situazioni di inquinamento ambientale dovute al forte afflusso di visitatori. E grazie a una normativa che sembra costruita appositamente per venire incontro agli interessi dei rifugisti, è possibile scaricare i reflui direttamente in quota. Quanto conta la tutela dell'ambiente in un contesto dominato dagli interessi dell'industria del turismo?

Il treno per i turisti ricchi

L’emblema del paese a due velocità: da una parte i treni per i facoltosi turisti che devono arrivare a Cortina e dall’altra i treni dei pendolari sempre strapieni.


Con l’aggravante che il treno per questa classe egemone, il Roma Cortina – l’espresso Cadore, non ha mai veramente funzionato.

A Cortina, grazie al cielo, si registra lo stesso il tutto esaurito, le piste sono piene di turisti che provengono da tutto il mondo e che certamente non sono arrivati in treno.

Perché la stazione ferroviaria è stata chiusa definitivamente il 17 maggio 1964: questo particolare non ha fatto desistere i manager di Ferrovie dello Stato che a dicembre 2023 hanno lanciato l’Espresso Cadore.

Il nostro primo prodotto commerciale” così lo pubblicizzava Luigi Cantamessa, DG della fondazione FS Italiane “un servizio notturno che tutti i fine settimana partirà da Roma Termini collegando l’urbe con Cortina d’Ampezzo”..

Un treno notturno da Roma a Calalzo, 35 km più in basso di Cortina: dalla stazione di Calalzo dovevano poi partire i pullman verso Pieve di Cadore e poi Cortina. Un viaggio forse non troppo comodo per questi turisti con tanto di sci come bagaglio.

Ma prima di prendere l’autobus i poveri passeggeri dell’Espresso Cadore dovevano sorbirsi un’altra sosta alla stazione di Treviso. Il treno, venduto come compatibile con l’ambiente, in realtà non lo è del tutto perché ad un certo punto la linea non è più elettrificata. A Treviso si deve smontare la motrice elettrica e metterne una nuova a gasolio, tutt’altro che amica dell’ambiente e foriera di problemi che si sono palesati già nel viaggio di prova.

Il locomotore cambiato a Treviso ebbe dei problemi a Ponte delle Alpi a circa 40 minuti dalla stazione di Calalzo, non sapevano come fare per farlo ripartire e vennero in soccorso dei boy scout che, con secchiate d’acqua, raffreddarono il motore a gasolio consentendo loro di riprendere il viaggio dopo un paio di ore. Il motore non ce l’aveva fatta a superare la salita.

Qual è la situazione dei pendolari sulla linea di Calalzo?

Spesso la linea è interrotta – racconta uno di questi viaggiatori – e sostituita da autobus con conseguenti ritardi, spesso cronici.

Nel 2024 su tutta la rete ferroviaria della provincia non c’è mai stata una giornata in tutta la linea ferroviaria fosse completamente sistemata..”

Però ci si è preoccupati dei treni per i turisti.

È una zona complicata per i trasporti: “più volte ci si sono congelate le acque nel treno” racconta il presidente del consorzio turistico di Cadore Dolomiti “se riempi i serbatoi di acqua per le toilette per fare da mangiare e fuori ci sono -6 gradi, si ghiaccia tutto. Questi mezzi di trasporto non avevano la protezione, se lasci acceso il treno gli ambientalisti si lamentano..” perché se si spegneva il treno finiva che le carrozze rimanevano al freddo.

L’Espresso Cadore avrebbe dovuto portare nuovi turisti sulle Dolomiti, un turismo di un certo livello considerando il prezzo del biglietto, da 160 euro a 610 euro nella cuccetta di lusso.

Se ci sono stati effetti sul turismo noi non ce ne siamo accorti” risponde il sindaco di Danta di Cadore Thoman Corbanese, non solo, gli amministratori locali non sarebbero stati coinvolti in questo progetto spiega il presidente del consorzio turistico Cadore Dolomiti Gildo Trevisan “abbiamo cercato un contatto perché pensavamo che avremmo potuto contribuire con parecchie proposte, potevamo dire che i treni di questo tipo non avrebbero avuto grande successo, ma nessuno ci ha coinvolto..”.

Non ci voleva un esperto di marketing per capire che questo treno sarebbe stato un flop: sono stati spesi due milioni per quel treno, alla cui inaugurazione erano presenti i ministri Santanché e Giorgetti.

La scheda del servizio: IL TRENO DEI DESIDERI di Danilo Procaccianti

Collaborazione Enrica Riera

L'espresso Cadore, il treno da Roma a Cortina, è stato presentato in grande stile a dicembre 2023 alla presenza dei ministri dell'economia Giorgetti e del turismo Santanchè. Un treno notturno con cuccette curate nei minimi dettagli che doveva intercettare una clientela di lusso, visto che determinati tipi di biglietti costavano addirittura 610 euro a persona. Turismo esperienziale lo chiamano, la vacanza comincia già dal viaggio. Per quel treno sono stati spesi 2 milioni e 300 mila euro, con quali risultati?

I servizi delle poste

Negli uffici postali puoi trovare tutti i servizi, dalle assicurazioni ad internet: ma come vanno le cose con la distribuzioni di pacchi e posta, che dovrebbe essere il core business?

Lo racconta a Report uno dei tanti piccoli editori, Carlo De Bastiani de Il Quindicinale SRL, che dipendono dalle poste per la distribuzione delle riviste:

LE poste fanno tutto tranne che consegnare la posta” racconta il direttore di Oggi Treviso “tanto è vero che non so se hai visto lo spot delle poste italiane dove c’è il bambino che va in soffitta alternate a delle immagini importanti nel costo dell’ultimo secolo, tra cui anche l’immagine del campionato del mondo del 1982 [con tanto di francobollo] e associa quei campioni del mondo all’immagine delle poste italiane. Effettivamente se fanno una gara su chi consegna le poste con maggior ritardo, noi siamo campioni del mondo”.

A novembre dello scorso anno Carlo De Bastiani spedisce il suo quindicinale e pochi giorni dopo inizia a ricevere telefonate dagli abbonati: “dopo 10 giorni le poste mi rispondono che effettivamente avevano riscontrato un problema con due bancali, non li trovavano più ..”
Migliaia di copie della loro rivista sparite e magari rinvenute da qualche altra parte, perché alla fine sono state trovate a Venezia.

Per colpa dei tanti ritardi nell’invio delle copie, fino a due settimane delle volte, molti abbonati hanno così disdetto l’abbonamento: “una volta si spediva il giornale con una data stampata sul giornale di due o tre giorni prima, adesso quelli che spediamo oggi portano la data della settimana successiva”, come a dire che si gioca sulla comunicazione per minimizzare il problema.

A quanto ammonta il danno per questo piccolo editore? Con gli abbonamenti che hanno perso, le poste gli hanno causato almeno 100mila euro di danni.



Nelle zone poco urbanizzate le Poste affidano il servizio ad Amazon: un portalettere nel bellunese ha deciso di raccontare cosa succede nella sua provincia, dove a seguito dell’accordo tra Amazon e le Poste, i pacchi dell’e-commerce hanno spesso la priorità.
“Poste decide le priorità dei prodotti che devono essere consegnati e Amazon e tra questi: questo va a scapito degli altri prodotti, per esempio se io ordino un pacco oggi domano ce l’ho a casa. Se io aspetto un referto dell’ospedale, un documento o una sentenza del Tribunale, può essere che rimanga in giacenza per una, due o tre settimane.”
Salendo nel territorio del bellunese la situazione nei piccoli comuni non è da meno: ci sono sindaci come quello di Alpago, che hanno scritto lettere ai loro concittadini per ricordargli il pagamento delle tasse, per esempio l’Imu, ma il postino non è riuscito a consegnare e le ha riportate al mittente.

Stiamo parlando di circa 80 mila euro di tasse ” spiega il sindaco Alberto Peterle, tasse che il comune rischia di non incassare.

Report racconterà anche la storia di un portalettere, Carmine Pascale, che nel corso degli anni aveva fatto per Poste tanti straordinari per consegnare lettere e pacchi. Aveva chiesto all’azienda il suo problema, la fatica di tutte quelle ore di lavoro in più, ma l’azienda non glieli ha riconosciuti perché quegli straordinari non erano stati autorizzati.

Eppure senza quelle ore in più Carmine non avrebbe potuto terminare il lavoro che Poste gli aveva affidato: nell’aprile del 2022 il suo responsabile gli comunica che il suo contratto non gli era stato rinnovato. Il portalettere fa causa all’azienda e il giudice gli da ragione sulla base del riepilogo delle timbrature, dove emergevano le ore lavorate in più.

Un licenziamento irregolare e anche una omissione dei pagamenti verso l’ex dipendente.

La scheda del servizio: IL POSTINO di Luca Chianca

Collaborazione Alessia Marzi

Sabato 15 febbraio il consiglio di amministrazione di Poste Italiane e quello di Cassa Depositi e Prestiti hanno formalizzato uno scambio di partecipazioni con cui Poste ha acquisito il 9,81 per cento di Tim. A settembre, invece, il Consiglio dei ministri ha approvato un'ulteriore privatizzazione di una quota di Poste Italiane posseduta dallo Stato. Ma che fine ha fatto la Posta che conosciamo noi tutti, quella del portalettere che suonava a casa per consegnare una raccomandata? Abbiamo girato tutto il Veneto e buona parte della penisola per capirlo e ci siamo accorti che oggi anche in Poste Italiane il lavoro è cambiato. I postini verrebbero spesso chiamati con contratti a tempo determinato della durata di pochi mesi svolgendo molte ore di straordinario non pagate. Report ha raccolto in esclusiva le testimonianze di questi nuovi “sfruttati” delle consegne postali. Eppure se si guardano i bilanci si rimane sorpresi: 2 mld di utile, solo lo scorso anno. Ma attraverso cosa? Il percorso di crescente successo non lo si deve al recapito postale ma ai servizi finanziari, la raccolta del risparmio e in particolare quelli assicurativi, come per le pensioni integrative e quelle sanitarie. Ma sono sempre così vantaggiose? Abbiamo raccolto la storia di una dipendente pubblica dell'Inapp, l'Istituto Nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche. Nel 2023 il suo istituto stipula una polizza sanitaria collettiva con Poste Italiane e lei insieme ad altri 200 dipendenti decide di aderire. Ad aprile scorso le sue condizioni di salute peggiorano e decide di usare la polizza sottoponendosi a un triplice intervento chirurgico in una clinica convenzionata. Da quel momento inizia un vero e proprio calvario grazie all'assicurazione stipulata con Poste.

Adotta un onorevole

Uno pensa di adottare un cane e invece si trova ad adottare un onorevole.. la battuta del conduttore Ranucci riassume abbastanza fedelmente il servizio andato in onda qualche settimana fa sull’onorevole Brambilla e sulla sua onlus, la Leidaa. Dovrebbe occuparsi della salute degli animali, da dare in adozione, e che invece era usata come un bancomat per spese personali anche.

Non solo, Brambilla rientra anche dentro altre aziende, come la Blue Line o la Prime Group, quest’ultima specializzata nel commercio di salmone e gamberi, due prodotti non proprio in linea con l’immagine animalista della deputata.

Un dipendente della Blue Line ha raccontato alla giornalista di Report delle sottrazioni di “vagonate di denaro” da parte di Michela Vittoria Brambilla: la GDF di Lecco ha scoperto che a libro paga della società c’erano persino le segretarie politiche della Brambilla.

Ammonta a quasi mezzo milione di euro in quattro anno la spesa per uno stipendio che superava anche i 130mila euro l’anno, per una dipendente che risultava lavorare per la Blue Line come impiegato commerciale ma che in realtà lavorava in un ufficio dove fuori era esposta la targa “segreteria politica”. Non effettuava nessuna mansione per la prime, era alle dirette dipendenze della signora Brambilla nella sua segreteria politica.

Stesso discorso per altre due lavoratrici che formalmente lavoravano per la prime ma anche loro erano alle dirette dipendenze della Brambilla. Anche l’autista personale della parlamentare era a libro paga della società come anche il tuttofare a disposizione della famiglia Brambilla.

Lei ha sempre fatto come fanno altri imprenditori italiani” racconta ancora l’ex dipendente “usa la società come un bancomat per spese che non c’entrano niente con l’azienda ..”

Giulia Innocenzi nel servizio mostra il contratto tra Blue Line e Lion project (società che vende prodotti alimentari), società ancora oggi nelle mani di Brambilla e del marito. Il contratto prevede che Brambilla dovesse procacciare affari nel settore dei prodotti ittici e avrebbe dovuto mantenere i clienti della Blue Line, cioè i principali player della grande distribuzione, per un corrispettivo annuale di 180 mila euro, più vari bonus a seconda del fatturato.

È sempre l’ex dipendente della Blue Line a raccontare: “alla Blue Line la Brambilla serviva perché se tu non hai dei rapporti coi piani alti con la grande distribuzione, non ci entri. La Brambilla nel caso di Esselunga parla direttamente con la proprietà e nel caso di Conad con l’amministratore delegato ..”
Che Brambilla, deputata del parlamento italiano, si occupi personalmente dei rapporti con la grande distribuzione lo testimonia anche un audio carpito in Io Veg (altra società della Parlamentare), di cui Report è entrata in possesso: si parla di incontri con la Conad, con Alleanza, “lunedì alle 11 con Auchan mentre il pomeriggio in Esselunga, martedì alle 4 Bennet, Gigante alle 17.30.. io pranzo con l’AD di Aspiag (concessionaria del marchio Despar), alle ore 15 con Unicoop ..”
Insomma una bella agenda di incontri per una parlamentare della Repubblica: la principale cliente di Io Veg è Esselunga, senza Esselunga non riuscirebbe ad andare avanti – racconta ancora il servizio di Report che riporta una seconda testimonianza di un dipendente di Io Veg. “La fortuna della Brambilla è che tra Berlusconi e Caprotti c’era un tacito accordo, Berlusconi aiutava Caprotti ad aprire punti vendita e in cambio aveva chiesto a Caprotti un occhio di riguardo per il salmone della Brambilla.. la Brambilla era diventata il fornitore private label per eccellenza del salmone di Esselunga. Su 17 ml che fatturava Salsifood, 12 venivano da Esselunga.”


Come racconta il servizio “Il doppio ruolo di Brambilla, che può indossare contemporaneamente i panni della commerciante di prodotti alimentari e quelli di politica, gioverebbe nei suoi rapporti con i proprietari o gli amministratori delegati della grande distribuzione”.

Ci sono poi persone che hanno chiesto favori in cambio alla Brambilla – continua il dipendente di Io Veg “il proprietario di una di queste GDO, il giorno dopo l’appuntamento con la Brambilla ha chiamato, ‘fammi un piacere ho questo comune che mi mette i bastoni tra le ruote che non mi fa aprire un nuovo supermercato, dopo quindici giorni la trattativa era sbloccata’..”.

Tutto regolare per una parlamentare?

La scheda del servizio: SALMONE DA CANI di Giulia Innocenzi

Collaborazione Greta Orsi, Giulia Sabella

Dopo l'inchiesta sulle presunte spese anomale della onlus animalista Leidaa, Report torna sul caso di Michela Brambilla. Grazie a documenti esclusivi, verrà fatta luce sull'attività commerciale della parlamentare e soprattutto sul capannone di proprietà della sua azienda di prodotti vegani e vegetariani, la Io Veg, per rispondere a una domanda: è vero che lì dentro viene lavorato il salmone?

Gli amici di Alemanno

Lo scorso 31 dicembre l’ex sindaco di Roma Alemanno è stato arrestato: aveva goduto di permessi per spostarsi fuori dalla regione Lazio, violando le regole del Tribunale di Sorveglianza.

Permessi ottenuti grazie all’affidamento ad una azienda che dietro ha due nomi noti a Report: Samuele e Massimiliano Piccolo, coinvolti nel 2022 in una inchiesta per una truffa su una fornitura di camici per il Covid.

Dietro il consorzio GAP, che aveva vinto un appalto da 83 ml, c’era un’azienda di bricolage la cui titolare era casalinga di Ladispoli, come è stato possibile?

Dietro il Consorzio GAP, ha stabilito la procura di Roma, c’erano i fratelli Piccolo che dopo l’affare dei camici si buttano nel business del 110% con una nuova società, la Leonardo Servizi.

Hanno vinto grossi appalti pubblici e privati, a Torino e Roma.

La scheda del servizio: UN INGEGNERE PICCOLO PICCOLO di Rosamaria Aquino

Collaborazione Norma Ferrara, Enrica Riera

Nella notte del 31 dicembre, mentre Roma festeggia il Capodanno, l'ex sindaco Gianni Alemanno viene condotto in carcere. Secondo il Tribunale di sorveglianza avrebbe violato gli obblighi di affidamento ai servizi sociali, allontanandosi dalla regione Lazio con dei permessi lavorativi fittizi. Guardando dentro la società che ha permesso ad Alemanno di spostarsi liberamente sul territorio nazionale, si arriva ai fratelli Massimiliano e Samuele Piccolo, due nomi che Report aveva già incontrato nel 2021 in una inchiesta su una grossa commessa pubblica da 83 milioni di euro per la produzione di camici anti covid. Dopo gli arresti per questa vicenda, altre società collegate ai Piccolo si sono buttate nel business del 110%. In un viaggio che parte dalla Calabria e arriva in Svizzera, Report racconta la rete di relazioni tra i fratelli Piccolo e l'ex sindaco di Roma.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

Quel confine sottile di Silvia Napolitano


Stava scivolando lentamente dentro agosto. Un risucchio nel caldo e nella debolezza, ecco la sensazione che aveva. Non del tutto spiacevole. Millina, sua moglie, era partita per un’isola greca con alcune amiche, per riflettere sui disastri del loro matrimonio. E lui, che non aveva bisogno di riflettere perché gli era tutto chiaro da anni, era rimasto finalmente solo.

Poche volte mi era capitato di trovarmi immerso in una lettura così coinvolgente e intensa, come con questo romanzo, che faccio fatica a classificare solo come un giallo, di Silvia Napolitano.

Un giallo che ruota attorno ad un protagonista molto particolare, Zaccaria Bendicenti detto Zac: un ragazzino di quindici anni, in cura da uno psichiatra per problemi di schizofrenia.

Un pazzo, forse, un ragazzino che parla coi morti, con altri ragazzini come lui che però si trovano dall’altra parte del confine tra vita e morte. Un confine molto sottile, per Zac.

Sì, Zac avvertiva presenze. Voci di bambini morti, diceva, voci che arrivavano dal nulla e che nel nulla si perdevano.

Ma tutti i personaggi di questa storia sono diversamente particolari: come il suo psichiatra, Fabrizio, che incontriamo sin dall’inizio, in un momento di crisi col suo matrimonio. Ma la sua crisi è ben più profonda e parte da molto lontano, da una piccola ferita dell’infanzia che ha cercato, invano, di nascondere dietro una cortina di illusioni, col matrimonio e un lavoro che lo porta a dover curare gli altri, persone come Zac, mentre sarebbe proprio lui ad aver bisogno di un aiuto.

Tanto è vero che è Zac, con una pelle diafana e con quegli occhi blu intensi, a mettere in soggezione il suo psichiatra: anche quando gli racconta di aver visto il cadavere di una ragazzina lungo il Tevere. Un cadavere senza testa.

Un altro segno della sua pazzia? No, il cadavere esiste veramente, è di una adolescente francese, Juliette: i genitori ne avevano denunciato la scomparsa nei giorni precedenti. Sarà proprio Zac a guidare le pattuglie fino al corpo, un corpo senza testa.

Ligabue non ce la faceva più, ma era da tanto che non ce la faceva più. Esattamente da otto anni.

A guidare le indagini c’è un poliziotto di nome Bruno Ligabue: da otto anni la sua vita si è interrotta, per un brutto episodio del suo passato, di cui all’inizio non sappiamo nulla, che gli ha cancellato la voglia di vivere, di ridere, di amare.
Ma non la voglia di fare il suo lavoro, anche dando retta a quello strano testimone, Zac, che non solo parla coi morti, anche con Juliette, ma che racconta di come l’assassino avesse mani forti e un alito che puzzava di vino.

Ha una sua pista in mente, Ligabue, un bar frequentato da ragazzine e un barista che si prende molte libertà con queste adolescenti. Ma la pm che coordina le indagini, ha un’altra idea in testa.

Agostina Picariello, nubile e cinquantina, “una donna bassina, che arrancava sul greto del fiume a causa di parecchi chili in più, con un caschetto informe di colore indefinito”.
Una tipa tosta la pm Picariello, anche lei custode di un trauma nel passato che ha cercato invano di nascondere nella sua mente.

Per la pm l’assassino è lo stesso Zac, il pazzo, il ragazzino in cura per schizofrenia. Il colpevole perfetto.

C’è un altro personaggio in questa storia, dopo il poliziotto, la magistrata, lo psichiatra e questo strano adolescente, Zac, col suo “delirio tranquillo”, quasi uno stargate tra due mondi, quello dei vivi e quello dei morti.

È la mamma di Zac Aurora: una bella donna con tanti burrascosi rapporti negli anni passati, ma fortemente decisa a difendere quel figlio, l’unica cosa preziosa che le rimane. Anche da quella pm che lo sospetta di omicidio.

Accadeva più spesso che l’aerea svampitezza di Aurora si coniugasse perfettamente con il delirio tranquillo di suo figlio. E allora i due sembravano partire insieme per un viaggio su una nave invisibile..

Lo scontro tra la pm e il poliziotto ci consentirà di conoscere, un pezzo alla volta, le origini dei rispettivi traumi, quei segreti che li hanno portati all’essere oggi quello che sono. Una donna nubile che si è costruita una corazza addosso; un uomo che ha smesso di amare e di sorridere alla vita, per cui i morti su cui indagare sono solo nomi scritti sui verbali. E uno psichiatra con un matrimonio in crisi con un segreto che si porta dentro.

Ma sarà proprio l’incontro con Zac a cambiare le loro vite: Ligabue si troverà costretto a mettere da parte la sua razionalità per seguire quei dettagli che Zac gli ha dato sulla morta, si troverà anche lui immerso in quel mondo irrazionale dove i morti vivono accanto ai vivi, mostrandosi “come una piccola saetta, o una cometa trasparente”.

Un passo alla volta, sia Ligabue che la Picariello si troveranno costretti a fare i conti coi rispettivi traumi, affrontando i loro sensi di colpa, quelli che ti fanno vivere la vita dove ogni giorno è uguale all’altro: una nuova amicizia e forse un nuovo amore per il commissario, grazie all’aiuto di una infermiera. Per la pm Picariello, questo significherà mettere fine, anche in modo traumatico, all’origine del suo dolore.
Anche lo psichiatra Fabrizio, grazie al potere magico di Zac, riuscirà a fare i conti col suo di trauma, accettando il suo essere senza doversi nascondere dietro le convenzioni sociali. Un matrimonio, una vita rispettabile ..

Così diversi ma così simili tra di loro, quasi da far diventare queste persone, che fino a poco prima nemmeno si conoscevano, come una famiglia.

Sì, Aurora non si sbagliava: quella nuova famiglia esisteva davvero, la si poteva sentire, toccare, annusare. Solo pochi mesi prima quelle cinque persone non si conoscevano, e ora sembravano quasi parenti

E il delitto? Chi ha ucciso la piccola Juliette? L’indagine porterà alla luce una brutta storia con al centro un orco, un uomo che ha distrutto la vita di tante adolescenti, dietro una falsa promessa di amore. Ma prepariamoci ad un colpo di scena, grazie anche al Caso e, ancora una volta, ad una intuizione che nasce dalle “visioni” di Zac.

Silvia Napolitano ci porta a ridosso di quel “confine sottile” tra razionalità e fantasia, tra immaginazione, pazzia. C’è il giallo e l’indagine certo, ma rimangono in secondo piano: al centro del racconto ci sono i traumi dei protagonisti che hanno lasciato ferite che grazie all’incontro con Zac, per la sua forza magnetica, riescono a trovare una cura. Perché certi traumi, anche se tenuti nascosti, prima o poi vengono a galla.

Si parla delle relazioni tra le persone e del guscio che ci costruiamo attorno con cui ci illudiamo di proteggerci: la cura per i nostri traumi sta proprio nelle relazioni che costruiamo con gli altri.

Ma l’autrice riesce a parlarci anche dei rapporti con i diversamente umani che sono i nostri animali domestici, che più che compagni della nostra vita sono anche loro una medicina per il male che ci portiamo dentro. Non so come ha fatto, ma ci è riuscita.

Molti lettori non faranno fatica ad identificarsi con qualcuno dei personaggi qui incontrati. C'è un po' di buio dentro ciascuno di noi e Silvia Napolitano è stata capace di raccontarlo.

La scheda del libro sul sito di Bollati Boringhieri e il link per leggere le prime pagine del libro.
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20 febbraio 2025

L’ombra cinese di Georges Simenon

 

Le dieci di sera.

I cancelli del giardino al centro di place des Vosges erano chiusi; la piazza era deserta: solo le tracce lucide lasciate dalle macchine sull’asfalto e il canto ininterrotto delle fontane, gli alberi senza foglie e la linea monotona dei tetti che si stagliavano uniformi contro il cielo.

Sotto i magnifici portici che cingono la piazza non più di tre o quattro negozi avevano ancora le vetrine illuminate. In uno di essi il commissario Maigret vide una famiglia seduta a cena in mezzo a una gran quantità di corone mortuarie di perle finte.

È sempre un buon momento per leggere un romanzo di Simenon (e ne troverete sempre uno che non avete ancora letto): questo è il consiglio che posso dare ai tanti lettori ma anche ai tanti aspiranti scrittori, non solo di romanzi giallo.

Questo “L’ombra cinese” è un piccolo gioiello, un esempio su come si possa scrivere un romanzo credibile e intenso in poco più di 140 pagine: ogni parola è stata pesata, limata, senza perdersi in lunghe descrizioni.

Come in altri romanzi della serie, il commissario Maigret viene chiamato ad indagare su un delitto avvenuto in places Des Vosges dentro gli uffici in un palazzo signorile dentro cui vivono diverse famiglie.

È stata la portinaia ad avvisarlo, dopo aver scorto, dietro una finestra, il corpo del signor Raymond Couchet, un imprenditore che era riuscito a diventare finalmente ricco, partendo dalla provincia dopo tanti insuccessi:

Le luci delle finestre cominciavano a spegnersi. Sul vetro smerigliato si stagliava ancora, simile a un’ombra cinese, la sagoma del morto.

Dietro le finestre degli appartamenti che si affacciano sull’ingresso Maigret osserva altre ombre degli abitanti di questo microcosmo, tante “ombre cinesi” che si aggiungono a quella del morto.

Osservando il palazzo, il commissario notò un’altra finestra con la luce accesa e, dietro alla tenda color crema, il profilo di una donna. Era piccola e magra, come la portinaia.

Sono le ombre dei tanti osservatori di quel delitto: la signora Martin, che scoprirà poi essere stata la prima moglie del morto, la portinaia, che fa di tutto per evitare schiamazzi che possano disturbare la gravidanza della signora Saint-Marc. Poi Roger, il figlio del morto, che ogni tanto andava a trovarlo nei suoi uffici per chiedergli dei soldi. La piccola Nine, l’ultima amante di Couchet, con cui passava le serate lontano dalla sua seconda moglie.

Su un angolo della scrivania c’era, aperto, il bollettino della polizia con le foto segnaletiche di una ventina di ricercati. Quasi tutte facce dai tratti bestiali, che portavano il marchio della depravazione.

«Ernst Strowitz, condannato in contumacia dal Tribunale di Caen per aver ammazzato una contadina sulla strada per Bénouville...».

E la postilla, in rosso:

«Pericoloso. Gira sempre armato».

Un tipo destinato a vender cara la pelle. Maigret, tuttavia, avrebbe preferito aver a che fare con lui piuttosto che con quel vischioso grigiore, con quelle storie di vicende familiari, con quel delitto ancora inesplicabile ma che sospettava atroce.

Nonostante dalla cassaforte siano stati rubati dei soldi, Maigret intuisce subito che questa tragedia è nata da dentro al palazzo, non è stato un ladro solitario ad uccidere Couchet con un colpo di pistola.

Così il commissario deve trovare i fili invisibili che legano assieme queste persone, così distanti anche socialmente, eppure tutte legate al morto: cominciando dalla coppia dei Martin, lui impiegato all’anagrafe dall’aspetto così ordinario, costretto a sopportare le recriminazioni della moglie, per quella vita di fatiche.

Sembrava uscita pari pari da un album di famiglia, e il suo aspetto si intonava perfettamente con quello del marito impiegato all’Anagrafe.

Nine, l’ultima amante, piccolina, giovane, che grazie all’incontro con Couchet aveva potuto conoscere un po’ della bella vita di Parigi

«Nine... Nine Moinard, ma tutti mi chiamano soltanto Nine...». «Era da molto che conosceva Couchet?». «Da circa sei mesi...». Non c’era bisogno di farle tante domande. Bastava guardarla. Una ragazza abbastanza carina, ancora inesperta.

Poi la seconda moglie, proveniente da una famiglia importante, tale da mettere il signor Couchet in soggezione e doversi trovare un’amichetta come Nine.

Senza esserne nemmeno gelosa:

«Non era gelosa?». «All’inizio sì... Poi mi sono abituata... Credo comunque che mi volesse bene...». Era abbastanza carina, ma priva di verve e di fascino. Lineamenti sfocati. Un corpo fragile. Una sobria eleganza..

Poi il figlio Roger, debole e annichilito dalle droghe e che vive grazie alle elemosine del padre.

Infine, la pazza, un’anziana inquilina del palazzo che si mette ad urlare nel palazzo ogni volta che la sorella la lascia sola per andare ad origliare dietro le porte delle case.

Si respira un’aria strana dentro quel palazzo, non solo per le grida della pazza: una pazzia che cova come cenere sotto la brace, causata da anni di rancore, di invidia per una ricchezza ambita ma mai raggiunta... un altro dramma borghese che Simenon riesce a raccontare ancora una volta con una disarmante sincerità.

La scheda del libro sul sito di Adelphi

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16 febbraio 2025

Anteprima inchieste di Report – il conflitto (di interessi) di Musk, la palude di Venezia, le ingerenze russe e i fuochi d’artificio

Un’inchiesta su Elon Musk, punto di riferimento globale dell’estrema destra, non solo quella italiana.

Poi un servizio su un rigassificatore in Italia, i cui tubi arriveranno da un amico di Putin, mentre il gas arriva a caro prezzo dall’America di Trump.

Le ombre dietro le luci dei fuochi

Anche il festival di Sanremo è stato inaugurato con l’esplosione di fuochi d’artificio di Vittorio De Angelis, autore dello spettacolo pirotecnico. Lo spettacolo è stato preparato con oltre mille accensioni elettroniche , otto punti audio di ascolto, dall’entrata del porto fino ad una nave da crociera.

Cosa rappresentano questi fuochi per la città di Sanremo? Lo spiega l’assessore al turismo e alle manifestazioni e sport Sindoni: “è un aspetto importante che lega il Festival alla città.”

Come si costruiscono questi giochi coi fuochi artificiali? Carmine di Giuseppe è un pyrodesigner, a Report spiega come costruisce gli spettacoli e la coreografia, facendo uso anche di un software di progettazione tridimensionale che sincronizzano i fuochi con la musica.

LAB REPORT: L’ARTIFICIO DEI FUOCHI di Chiara De Luca

Collaborazione Eleonora Numico

L’Italia è uno dei paesi con la più antica tradizione di fuochi pirotecnici, sono circa 1600 attività che ruotano intorno al settore. Report racconterà come vengono realizzati gli spettacoli pirotecnici dagli addetti ai lavori. Quello dei fuochi d'artificio è un mondo fatto non solo di luci ma anche di tante ombre: i fuochi pirotecnici, infatti, sono usati dalla criminalità organizzata per mandare messaggi specifici.

L’uomo dei razzi (a proposito della sovranità nazionale)

Le oligarchie e le autocrazie, come i regimi, considerano un fastidio le Costituzioni, vedono come un impiccio i sistemi di controllo, i pesi e i contrappesi dentro le istituzioni.

Dobbiamo abituarci, anche in America a vedere un imprenditore privato, che ha supportato in campagna elettorale un candidato, che dopo le elezioni prende un posto in quella stessa amministrazione. Portandosi dietro un suo conflitto di interessi.

Succederà con Elon Musk: nel 2021 vinse un appalto con la Nasa da 2,9 miliardi di dollari per il progetto Artemis con cui la Nasa mira a riportare l’uomo sulla Luna: Musk fornirà la navicella che atterrerà sul nostro satellite. Almeno finora: Trump ha infatti appena nominato a capo dell’agenzia spaziale Isaacman, un altro miliardario molto vicino a Space X (l’azienda di Musk con la sua costellazione di satelliti). Lo scorso settembre Musk lo aveva spedito nello spazio come turista con un suo razzo. Potrebbe costituirsi un conflitto di interesse?

Secondo il direttore del programma Orion della Nasa Howard Hu, no: lui si ritiene un impiegato governativo che ha un percorso predefinito nell’amministrazione Trump, sono molto vicini a riportare l’uomo sulla luna, per la prima volta dal 1972.

Ma è il percorso del governo o di una società privata che può cambiare le scelte politiche: Musk potrebbe chiedere di usare i suoi missili e non quelli della Nasa per la missione sulla Luna.

Non posso commentare” è stata la risposta di Hu.

La Nasa risponde al presidente Trump, ma Trump risponde a Musk?
Di certo è che il sostegno della base di Trump al presidente è forte e al suo consigliere Musk, sono limiti del dogma religioso: il padrone dell’universo – lo definisce un sostenitore, di certo sarà padrone della macchina dell’amministrazione americana che dovrebbe efficientare, our senza averne le minime competenze.
Ma l’importante è fare annunci, rendere l’America forte per un secolo, anzi per secoli, magari per i mille anni (come diceva quel tale in Germania anni fa).

I seguaci di Musk al momento possono accontentarsi seguendo i lanci dei suoi razzi, come quello avvenuto il 16 gennaio, missili che vanno in orbita (e rilasciano la navicella col suo carico di satelliti) e poi rientrano agganciandosi alla rampa di lancio in modo perfetto.

O quasi, visto che nel lancio del 16 gennaio la navicella sul golfo del Messico (o sul golfo dell’America, perché adesso dovremo anche aggiornare le cartine geografiche) ha fatto perdere i contatti con la base, esplodendo in cielo.


Nel frattempo, prima che l’uomo torni a calpestare il suolo della luna, in Germania potrebbe tornare al governo un partito di estrema destra: Elon Musk è intervenuto in diretta alla convention dell’AFD di Alice Widel, a dare il suo appoggio.

Nemmeno più fanno finta di nasconde le loro origini, dentro questo partito: il nonno della candidata premier Weidel era un gerarca nazista ma lei, lesbica e con due figli adottivi, è considerata il volto moderato del partito, anche se nelle proposte elettorali del partito non si usano troppi giri di parole.

Remigration è lo slogan ripetuto più volte e vuol dire deportare gli immigrati illegali presenti in Germania. “Abbiamo bisogno della remigrazione per vivere in tranquillità e sicurezza” ripete alla convention: poco dopo il suo discorso Weidel ha aperto un collegamento con un ospite d’eccezione, Elon Musk.
“Non c’è nulla di male nell’essere fieri di essere tedeschi, senza perdere sé stessi in questo multiculturalismo che diluisce tutto, non abbiamo bisogno di un mondo in cui tutto sia mescolato. Sembra che cui ci si stia troppo focalizzando sulla colpa dei tedeschi del passato, piuttosto abbiamo bisogno di andare oltre, dobbiamo essere eccitati per il futuro della Germania. Da queste elezioni che stanno arrivando in Germania dipende il destino dell’intera Europa, il risultato può decidere il futuro della civiltà, dell’Europa e forse dell’intero mondo.”

Anche per la Germania, come per l’America, si attende un futuro radioso nei prossimi anni, che siano cento o mille.

Basta sentirsi in colpa per il fascismo o per il nazismo, anche se questo passato in Italia come in Germania è ancora presente e significa Olocausto, leggi razziali, macerie.

Ma per i leader di AFD i problemi sono altri, l’ideologia woke di sinistra, l’immigrazione..

Alla convention era presente l’eurodeputato di AFD Maximilian Krah, esponente molto discusso del partito per le sue dichiarazione sulle reclute delle SS definite non tutte criminali.

A Report racconta che “oggi che Elon Musk è dalla nostra parte si faccia questa domanda con chi preferirebbe fare una festa con Musk o con Olaf Sholtz? Per anni attorno a noi c’è stato un muro, eravamo i bambini sporchi, con voi non vogliamo giocare, siete esclusi.. ma ora che Musk è dalla nostra parte chi è che rimane fuori? Abbiamo ribaltato la prospettiva, questo è molto affascinante..”
E se Elon Musk volesse darvi dei soldi, cosa faranno all’AFD?
“Grazie mille”.

E del saluto nazista fatto durante la cerimonia per Trump: “ma no, andiamo, oggi qualunque cosa è Hitler, non era un saluto nazista, questa è solo una malvagia diffamazione della stampa di sinistra, anche Netanyahu ha detto che non era un saluto nazista.”

Ma Elon Musk non significa solo satelliti lanciati in orbita con la sua Space X: al CES, la più grande fiera al mondo dedicata all’innovazione tecnologica a Las Vegas. Ci si può arrivare direttamente dall’albergo grazie ad un tunnel scavato terra dalla Boring company, un’altra azienda di Musk, specializzata in tunnel sotterranei.

Dentro si viaggia con la Tesla model 3 in un tunnel strettissimo e anche claustrofobico, senza guida autonoma. Si evita il traffico, si arriva velocemente a destinazione, “Elon Musk è un grande innovatore” ripetono altri utenti del servizio al giornalista di Report.

Musk è citato anche dentro la fiera: Selika Talbott è una tra le più note esperte di mobilità elettrica ed ha ricoperto ruoli importanti nell’autorità stradale americana.

A Report spiega che “Musk oggi ha una opportunità che non esisteva nel passato, grazie al suo rapporto meraviglioso col presidente, può influenzarne le decisioni, può dire al governo federale ‘lascia che i miei robotaxi operino sulle strade’ ..”
In Europa questo si chiama conflitto di interessi: “qualcuno dovrebbe dire, ehi, aspetta un attimo, confido che tu possa anche prendere grandi decisioni per la nazione, mi fido della tua intelligenza e della tua innovazione, ma dal momento che potresti protrarne profitto dal tuo ruolo politico, forse dovremmo creare un muro..”

La scheda del servizio: THE ROCKET MAN di Manuele Bonaccorsi

Collaborazione Madi Ferrucci

Elon Musk è l’uomo più ricco del mondo e probabilmente anche il più potente. Ritenuto il vero braccio destro del presidente americano Donald Trump, di cui ha finanziato la campagna elettorale con 250 milioni di dollari, occupa un ruolo chiave in tecnologie delicatissime. Non solo le auto elettriche, ma anche i social network, la robotica e poi i lanci spaziali e i satelliti per le telecomunicazioni, fondamentali anche nell’uso militare. Oggi il miliardario sudafricano è sceso nell’agone politico europeo: grande sostenitore di Giorgia Meloni, si è schierato con i partiti di estrema destra nel Regno Unito e in Germania, dove ha dichiarato il suo sostegno al movimento anti-immigrazione Alternative für Deutschland. Una scelta controversa, che non è mossa solo da ragioni ideali. Il connubio tra politica e affari, spesso garantiti da ingenti finanziamenti pubblici, è centrale per i business di Musk. Le telecamere di Report sono arrivate fino al confine meridionale del Texas, dove avvengono i lanci spaziali di SpaceX; e in Germania, dove anche grazie a Musk e alla sua influenza sul social X, l’estrema destra è in vantaggio per le prossime elezioni. E infine a Bruxelles, dove in molti storcono la bocca per l’intenzione del governo Meloni di affidare proprio a Musk le delicate comunicazioni militari, proprio mentre Musk viola ogni regola sulla neutralità dei social network. L’Ue si sta attrezzando per garantire la propria indipendenza dagli Usa nello spazio e nelle comunicazioni satellitari, ma l’Italia parrebbe voler andare in un’altra direzione.

I cavi dell’amico di Putin (sempre a proposito della sovranità nazionale)

LA politica energetica italiana è rimasta saldamente ancorata agli idrocarburi, alla faccia della transizione ecologica: dopo lo stop al gas russo, almeno di facciata, la politica italiana ha scelto di passare al gas liquido americano anziché potenziare le rinnovabili, essendo il gas americano molto più costoso delle rinnovabili.

Report è andata a Ravenna dove si stanno portando avanti i lavori per il rigassificatore offshore (voluto con procedura d’urgenza dal governo Draghi nel 2022: dovrebbe liberarci dalla dipendenza russa di Putin (e metterci sotto la dipendenza di Trump, ma non importa), ma è veramente così?

Il giornalista è riuscito ad arrivare a tre km dalla piattaforma al largo di Ravenna a ridosso della zona interdetta alla navigazione: tra le navi che operano per il progetto è presente anche la Blue Sky, un cargo di 92 metri che naviga con la bandiera della repubblica di Palau, un arcipelago nelle acque del Pacifico ad est delle Filippine.

Una fonte ha raccontato a Report che dietro la Blue Sky: “la nave si chiamava Blue Ship prima” racconta la fonte “ha cambiato nome nell’agosto 22, ma dietro c’è sempre l’interesse russo, nel 2021 ha lavorato anche al progetto sul North Stream 2, che era sotto sanzioni americane, ma con un giochetto le hanno evitate. Hanno messo come proprietà una fondazione tedesca certificata come ente governativo e gli enti governativi non sono toccati dalle sanzioni.”
Cosa ne sa la politica di questa nave cargo russa e del tema delle ingerenze in generale dalla Russia?
Report ha intervistato Vincenzo Colla vicepresidente della giunta regionale dell’Emilia Romagna: “abbiamo definito una task force autonoma nostra che rispondesse solo a Bonaccini dal punto di vista delle competenze .. io partecipavo [a questa task force per il rigassificatore] a tutte le riunioni”. Dunque la vicenda è stata vagliata bene, “è il rigassificatore più controllato d’Europa”.

Sapevano allora che una società che partecipa ai lavori con la nave Blue Sky, che dietro ha dei soggetti russi che sono dei prestanome di un oligarca di Putin?
“Questo non lo so” risponde Colla “queste sono valutazioni in mano a Snam, se ci fosse un pezzo di Putin su questo significa che non ha funzionato molto bene la verifica..”
L’oligarca russo si chiama Kolikov, ha ricevuto la medaglia d’oro per meriti patriottici da Putin, è un grosso imprenditore dell’oil&gas, riceve decine di appalti statali da Putin.
“Se fosse così [che prendo lavori da un oligarca di Putin] non solo non va bene, è bene che qualcuno risponda di una operazione che secondo me non va bene”.
Dunque, se non ci fosse stata Report a fare domande e a fare un semplice controllo, nessuno se ne sarebbe accorto di questa società russa che lavora per una importante opera da cui dipenda il nostro fabbisogno energetico? Snam, la regione Emilia Romagna, il governo Meloni, i servizi, non hanno nulla da dire?

Ne parla Il Fatto Quotidiano oggi che da una anticipazione del servizio

Alla realizzazione della piattaforma off shore sta lavorando anche una nave cargo, la Blue Sky. Contrattualizzata da Saipem per la posatura di tubi e i lavori infrastrutturali, la nave è posseduta da una società turca (Gezegen Denizcilik ) che fa capo a due russi, Alexandr Levchenko e Vyaceslav Bolshukhin. Ma a Report risulta che dietro questi imprenditori c’è l’oligarca vicino a Putin, Kolikov, che ha decine di appalti statali russi e molti interessi economici in Europa. La Blue Sky sino a qualche anno fa si chiamava Blue Ship. Era anche finita nella lista delle entità sanzionabili dagli Stati Uniti perché era impiegata sulle lavorazioni del gasdotto Nord Stream 2, che avrebbe collegato direttamente la Russia con la Germania. Ma le sanzioni, racconta sempre Report, furono evitate grazie a uno stratagemma: trasferire la proprietà della nave a una fondazione pubblica tedesca non sanzionabile.

Un intreccio di non poco conto quello che ora grava sul rigassificatore: grazie all’opera l’Italia dovrebbe allontanarsi sempre più dall’ingerenza di Mosca. Ma sono gli stessi russi che hanno le mani sull’infrastrutturazione dell’opera. La società turca, sottolinea Report, non è comunque sanzionata, nemmeno la nave o gli imprenditori che ci sono dietro, tra cui Kolikov. Quello che andrebbe valutato è l’impatto sulla sicurezza nazionale italiana rispetto alle possibili ingerenze dei servizi russi sui tecnici della Blue Sky, che conoscono tutti i dettagli, ivi compresi quelli più critici, del rigassificatore di Ravenna.

La scheda del servizio: GAS, VODKA E MORTADELLA di Giulio Valesini, Cataldo Ciccolella, Lidia Galeazzo

Dopo l'aggressione russa sul territorio ucraino, l'Italia ha deciso di avviare una serie di rigassificatori per diversificare le fonti di approvvigionamento e liberarsi dalla dipendenza del gas di Putin e dei suoi oligarchi. Fra questi c'è il progetto FRSU a Ravenna, che a regime potrà ricevere e immettere nella nostra rete gas per soddisfare il 40% della domanda nazionale. Ma cosa succede se a lavorare su queste opere sono proprio imprenditori russi vicini a Putin? Report svelerà uno scenario inaspettato e non privo di rischi per la nostra sicurezza nazionale.

La palude di Venezia – capitolo terzo

L’inchiesta della procura di Venezia ha sveltato un sistema che avrebbe favorito una rete di imprenditori vicini a Brugnaro, in comune il fatto di aver sponsorizzato la Reyer, la squadra di basket del sindaco.

Il geometra Genesio Setten è uno di questi: costruttore di Oderzo in provincia di Treviso, Setten non è indagato, la sua azienda ha sponsorizzato la Reyer per 250mila euro dal 2016 al 2021 e, secondo la GDF, dal 2015 con Brugnaro sindaco, ha realizzato lavori a Venezia per oltre 150ml di euro. Il loro rapporto era cominciato con la ristrutturazione della Scuola Grande della Misericordia, splendido edificio del ‘500, in cui si tiene il ballo del doge, l’evento privato più esclusivo del carnevale di Venezia. La società SMV che fa capo al gruppo Humana di Brugnaro l’ha ottenuta in gestione dal comune per 44 anni.

LA sponsorizzazione nasce proprio in conseguenza dell’appalto” racconta oggi a Report Setten, che definisce come notizie tendenziose i numeri sui lavori in appalto vinti dal gruppo Setten, “noi abbiamo fatto 149ml di lavori privati, alberghi, fabbricati di vario tipo.”
Ma i lavori fatti a Venezia sono stati sia pubblici che privati e anche per questi ultimi sono necessarie autorizzazioni e nulla osta dove spesso è decisiva la volontà politica dell’ente, come nel caso di uno dei più contestati progetti edilizi nella terraferma, la torre Setten al villaggio San Marco. Un colosso di cemento alto 60 metri che dovrebbe sorgere su un’area inquinata dove un tempo c’era un campo da calcio di quartiere.

Davide Scano fa parte del comitato contro la Torre Setten: a Report spiega gli impatti della nuova torre, con tanto di parcheggi annessi, di un nuovo capannone commerciale da 4000 metri quadrati e un’altra distesa di parcheggi all’aperto.

Su questo progetto c’è stato qualche favoritismo da parte del sindaco Brugnaro? “No, io non ho mai chiesto niente a Brugnaro..”

La scheda del servizio: I FAVORITI DI BRUGNARO di Walter Molino e Andrea Tornago

L’inchiesta Palude della Procura di Venezia avrebbe portato alla luce un vero e proprio sistema di corruzione e conflitti d’interessi, che avrebbe favorito tra l’altro una rete di imprenditori vicini al sindaco Luigi Brugnaro. Tutti avrebbero in comune il fatto di aver sponsorizzato la Reyer, la squadra di basket del sindaco.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

13 febbraio 2025

La fame del cigno, di Luca Mercadante


Il corpo si è incagliato in un groviglio di alghe che lo ancorano al canneto. Guardo le caviglie emergere dai Lagni avvolte dalla vegetazione filamentosa e mi torna in mente il nome che mio padre le attribuiva nei racconti della sua infanzia post-bellica, quando con gli altri ragazzi veniva da queste parti a fare i tuffi alla Tarzan. Capitava che qualcuno non riuscisse a risalire dal fondo perché attorno alle gambe s'era attorcigliata una liana di fiume. E moriva.

I Regi Lagni, l'esteso intreccio di fogne a cielo aperto con sbocco sul mare tra Mondragone e Giugliano, si sono gonfiati a causa delle piogge degli ultimi mesi.

Canali scuri come vene che s'allargano sulle cosce di una vecchia hanno riportato la pianura alla spalle di Castel Volturno al suo stato originale di palude.

Nella nostra Italia c'è un lembo di terra dove, sebbene si stia a nemmeno due ore da Roma, sembra di essere in un altro paese.

Acquitrini e canali che con le piogge si riempiono d'acqua inondando campi dove la criminalità ben organizzata (e protetta dalla politica compiacente) sversa tonnellate di rifiuti.

Quartieri sorti, anche senza troppe autorizzazioni, per un boom turistico mai arrivato e oggi abbandonati e colonizzati da gente arrivata da un altro paese, un altro continente, che ha attraversato un deserto e un mare per scappare ad un inferno e trovarne un altro.

Si tratta di quella striscia di terra a nord della Campania che da da Castel Volturno, lungo la via Domitiana, porta fino al Lazio: una striscia di terra dove il controllo del territorio è conteso tra Camorra e la “confraternita”, la mafia degli immigrati, una terra dove è molto difficile stabilire dove finisce la legge e inizia l'illegalità. L’illegalità dell’essere un immigrato clandestino, dunque criminale per la legge italiano, e dunque buono solo per essere sfruttato nei campi e lungo le strade per soddisfare le voglie degli italiani che poi si riuniscono in ronde contro gli stessi immigrati perché non se ne può più.

Castel Volturno, invece, per quelli che ci nascono o che ci si infognano da clandestini, non è un’occasione di miglioramento. Nessuna speranza. Nessuna seconda chance. Solo un altro girone dello stesso inferno dal quale siamo partiti.

Qui si svolge questo romanzo, non il primo e sicuramente non l’ultimo, di Luca Mercadante, che ci porta dritto dentro una terra da cui si può solo scappare: scappare dalla puzza della merda delle bufale (siamo nel casertano), dalla puzza dei rifiuti che bruciano nei campi, da una terra che non offre nulla a chi rimane.

Protagonista di questo romanzo è un giornalista sportivo, Domenico Cigno: giornalista sportivo di un quotidiano milanese, con un ingombrante passato alle spalle, quando seguiva la cronaca a Milano per il giornale e in ingombrante presente nell'oggi, per la sua mole da 150 kg che il passato da pugile non nasconde.

Sono i giorni in cui le forze dell’ordine sono impegnate nella ricerca di una influencer torinese, Viola De Santis, scomparsa da giorni: attivista di un gruppo femminile a difesa delle donne, era venuta proprio qui per una sua indagine da influencer, sulla prostituzione delle ragazze nigeriane.

Domenico, grazie ad una soffiata, ha la fortuna di arrivare per primo sul luogo, nei Regi Lagni, dove è stato trovato il cadavere di una ragazza: ma “è solo una nera”, si scopre poi, sebbene la sua pelle sia molto più chiara del normale, come se fosse stata sbiancata.

Ma non è l’influencer da migliaia di follower, solo una nera, una bella ragazza uccisa e gettata in questi canali paludosi.

Questa storia, la ragazza morta che non interessa a nessuna e di cui nemmeno si sa il nome, è la sua occasione: l’occasione per tornare ad occuparsi di cronaca, e non più dei capricci della stella del Napoli, l’occasione per tornare a fare quello che gli piaceva, quando in una seconda vita stava a Milano a raccontare il caso del mostro di Milano, prima di quell’errore..
Perché anche qui c’è una storia da raccontare: potrebbe esserci una connessione tra questa ragazza morta e Viola, per un particolare che Cigno riesce a cogliere. Come riesce a cogliere anche altri dettagli: quella pelle sbiancata, quello strano tatuaggio sul collo e altri particolari che il corpo racconta a chi li vuole ascoltare.

Si ritrova a dover portare avanti una sua indagine, Domenico Cigno, perché la procura e i carabinieri della forestale sembrano disinteressarsi della sparizione di Viola e della morte della ragazza di colore, avendo trovato un colpevole ideale in un altro ragazzo dalla pelle scura, Bob, un amico di Viola.

Da una parte il mondo dell’informazione, bulimico quasi come Cigno di notizie facili da digerire, notizie da sintetizzare in poche righe per essere pubblicate sui sociale da dare in pasto a quella che una volta avremmo chiamato opinione pubblica. Dall’altra parte ci sono altre persone da cui Cigno deve guardarsi: la “confraternita”, la criminalità nigeriana, a metà strada tra magia e mafia, che non ama che si facciano domande sulle ragazze nel giro della prostituzione. Poi c’è l’ostilità del sostituto procuratore, del comandante della forestale, che hanno già il mostro da sbattere in prima pagina.

«Tu ti brucerai, come è successo a Milano. Dopo quell'affare ti sei rialzato. Sei stato bravo, lo ammetto, non me l'aspettavo. Hai una vita, segui la squadra che tutti amano. E’ una cosa che fai a dovere, accontentati di quello che hai. Se ti mette a pestare i piedi, in giro ti macelleranno di nuovo.»

Nonostante la sua mole, il suo essere maldestro, la sua fatica nel muoversi, Cigno deve andare avanti in questa indagine che è anche il suo riscatto: per quel passato alle spalle, per quel padre che non lo ha mai accettato. Per i genitori di Viola. Per quella ragazza senza nome, di cui non importa a nessuno.

Ma importa a questo strano giornalista, al prete che si occupa di salvare le ragazza dal racket della prostituzione, da una avvocatessa dal nome straniero che è stata sposata ad un sindacalista senegalese ucciso dalla camorra, da un ex tossicodipendente che ora vuole diventare giornalista.

È un eroe a modo suo, anche questo Domenico Cigno: un eroe ma non un buono, una persona che ha lasciato tutto alle spalle, anche il suo futuro, che vive solo, preda della sua fame (che però avrà un ruolo importante nel salvargli la pelle) e dei suoi incubi:

.. io mi trovavo nel mio incubo ricorrente: spiaggiato sul bagnasciuga con un fianco squarciato e i cani che facevano banchetto con le mie viscere. Vivo? Morto? Ancora una volta non ne avevo idea, e anzi proprio questo dubbio è diventata la cosa più cosa spaventosa del sogno.

Quante cose troviamo in questo romanzo nero, come il fumo che si innalza dai roghi dei rifiuti: il racconto di una terra da cui non si può scappare, una critica al mondo dell’informazione e ad un certo modo di concepire la giustizia:

Da quando faccio il giornalista, ho sempre visto i pm comportarsi seguendo modelli medioevali. È come se la magistratura italiana si fosse formata guardando telefilm polizieschi di bassa qualità; tutto quello a cui ambiscono è una confessione e gli unici strumenti dei quali dispongono sono il sospetto e il moralismo..

Si parla poi di un tema sociale che è molto attuale, l’immigrazione e il razzismo degli italiani brava gente che si mobilitano in ronde perché “non se ne può più di questi bingo bongo”.

Chissà se ha veramente ragione l’autore quando, nelle note a fine libro scrive “La città che fa da sfondo a questa storia esiste, ma quella che avete incontrato leggendo è la sua ricostruzione immaginaria”.

La realtà potrebbe anche essere peggio di questa narrazione:

«Vedi che non capisci? E’ la puzza della merda di bufala. Non ti lascia, ti insegue dove vai vai, per ricordarti chi sei veramente. E più ne scappi, più provi a fare il bravo, più quella ti insegue. Alla fine ti ritrovi al punto di partenza, ti arrendi e accetti di essere quello a cui sei destinato.»

La scheda del libro sul sito di Sellerio

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