Giallo storico che si muove dalle rive del sacro Nilo, a Roma. Capitale dell'impero romano, nell'era dell'imperatore Diocleziano.
Siamo nel 304 d.c.: a Elio Sparziano, ufficiale della cavalleria ma anche storico, viene affidato dall'imperatore stesso un delicato incarico. Dietro la facciata di stilare una biografia sul “divino” Adriano (questo il titolo che veniva dato agli imperatori), deve in realtà indagare sulle cause della morte del suo favorito, Antinoo, affogato nel Nilo in circostanze misteriose.
Il ritorno in Egitto è difficoltoso per diversi motivi: perchè qui combatté contro la rivolta scatenata contro il potere di Roma, nel quale venne anche ferito. In Egitto lasciò anche Anubina, sua amante, che ora ritrova sposata ad un altro uomo.
Ma i veri problemi iniziano col le morti di tutte le persone con le quali entra in contatto: a cominciare da Sereno Dione, mercante, che gli aveva scritto di una lettera di Adriano stesso, dove si parlava di un complotto che avrebbe messo in pericolo il potere di Roma.
Seguono altri omicidi e anche la vita stessa di Elio viene messa in pericolo.
Chi complotta contro la sua vita, osteggiando la sua ricerca? Cosa c'entra questo con la tomba di Antinoo (e con le sue spoglie che non si riescono a recuperare)? Chi è il “Ladro d'acqua”?
Le indagini lo portano a Roma, dove continua la sua ricerca tra le ville antiche di Roma. Fino alla scoperta del mistero che lega la catena di morti al destino di Roma.
Un romanzo storico nel quale l'autrice ha scelto di puntare molto sulle descrizioni dei luoghi: le città, prima di tutto. Da Antinopoli, dove la ricerca di Elio ha inizio, fino a Roma. Splendida la descrizione della villa Tiburtina, la villa di Adriano, con i suoi giardini, le sue stanze, la sua pianta che ricorda le costellazioni celesti. Tutto questo a scapito dell'azione: come l'altro celebre personaggio di Ben Pastor, l'ufficiale tedesco Martin Bora, Elio è un ufficiale solitario, forgiato dalle battaglie, che gli hanno causato diverse ferite all'esterno, ma anche dentro.
Il libro segue il ritmo lento delle riflessioni del comandante romano: il brulicare lento della città; la natura attorno al Nilo e il suo mutare con la piena; i luoghi di Roma; i riti e i costumi.
Leggendo le pagine del “Ladro d'acqua” ci si immerge in un epoca molto lontana: l'impero romano minacciato dai nemici esterno che premono alla frontiera (ma si copre poi, anche da quelli interni); i processi e le esecuzioni contro i cristiani. Ma gli intrighi, i complotti per il potere, le uccisioni e gli agguati sono elementi comuni a tutte le epoche.
Si può fare un confronto tra i due personaggi dell'autrice. Cos'hanno in comune Martin Bora con Elio Sparziano? Entrambi ufficiali di cavalleria tedeschi, dotati di una certa cultura (sebbene Elio ad un certo punto lamenti una scarsa conoscenza della filosofia). Tutti e due si trovano in territori occupati (il Bora di Kaputt Mundi a Roma e Sparziano in Egitto colonia romana) con tutto ciò che ne consegue: ostilità con la popolazione, con i ribelli, lontananza dalla casa e dalla famiglia.
Entrambi soldati, ma anche uomini, con tutte le debolezze che questo comporta: sofferenze, amori, dolori, dubbi e amare riflessioni.
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1 commento:
Da anni mi occupo di storia antica e di Antinoo in particolare. Questo libro, pur valido come impostazione narrativa e tecnica compositiva, a dispetto di quanto asserisce la scrittrice, che pure si definisce archeologa, presenta numerosi errori storici e valutazioni alquanto inverosimili. Eccone alcuni:Sparziano è considerato dagli storici una sorta di pseudonimo del vero scrittore della Historia Augusta, scritta non sotto Diocleziano ma pare sotto Costantino; si citano per ben due volte le popolazioni dei saraceni, credo per indicare le popolazioni arabe, ma questo nome non appare mai nel mondo latino, ma cristiano, alquanto tardi e non certo nel IV sec.d.C.; la ricostruzione del Palazzo di Spalato è alquanto inverosimile: si parla di un imperatore che fa coltivare cavoli nel suo giardino, quando questi appariva a tutti come un dio sulla terra e tutto il palazzo residenziale era inaccessibile ai più e solo alla corte imperiale, le cui guardie del corpo erano persino eunuchi, senza sesso, perchè potevano essere a contatto dell'imperatore, che mai avrebbe parlato nel modo usato dalla scrittrice a un suo suddito e lo avrebbe ricevuto così familiarmente; ad Antinopoli non vi era un anfiteatro, essendo città greca, come Alessandria d'Egitto, che pure non aveva alcun anfiteatro; l'obelisco pinciano si dice nel romaqnzo essere stato a Villa Adriana ed essere stato poi trasportato via da Eliogabalo ( questo potrebbe anche essere avvenuto, ma allora non si spiegherebbe il suo ritrovamento al Circo Variano presso Porta Maggiore, se la tomba e quindi l'obelisco stesso fossero stati, come afferma la scrittrice ( e qui l'ipotesi non ha alcun fondamento) presso i giardini vaticani; si dimentica che una presumibile tomba-tempio di Antinoo è stata proprio ritrovata a Villa Adriana, di cui si cita uno strano mausoleo circolare non presente nel sito attuale; per convalidare l'ubicazione dell'obelisco se ne falsifica l'iscrizione che afferma espressamente di "essere, assieme alla tomba di Antinoo, nei giardini del principe di Roma", arrivando ad affermare ( non so con quale fondamento) che la parola "principe" può essere anche letta al femminile ( dunque: " i giardini di Roma principessa??). Si puiò ancora continuare, ma è meglio lasciar perdere, considerando che un romanzo è sempre opera di fantasia, come giustamente afferma non la scrittrice, ma l'editore.
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