Incipit
«Francesco?»
«Sono io, ma ..»
«Francesco, sono Carla».
«Carla ..»
«Lo so, è tanto tempo noi non .. insomma, volevo parlare un po' con te».
Oh mio Dio, ricordo che pensai. E adesso?
Adesso.
Un anno dopo. Quattro stagioni, dodici mesi, trecentosessantacinque giorni dopo, mi trovai a pensarci. Non che quella telefonata mi fosse tornata in mente di colpo, niente affatto. Non se n'era mai andata, in realtà. Era rimasta lì, piantata come un chiodo in croce. O una spina di rosa, per meglio dire. M'infliggeva un dolce dolore, quasi gradevole. Il giro quieto di una giostra che ne prevedeva altri ben più sfrenati, urlanti. Furiosi.Infernali.
Estate, stagione di vacanze, di mare e
di divertimenti.
Ma l'estate è anche la stagione della
cenere, quella lasciata dietro di sé dagli incendi che devastano le
zone verdi, i boschi della macchia mediterranea.
Un incendio può scoppiare per caso,
certo. Anche per la sbadataggine di una persona che lancia in una
zona boschiva una sigaretta accesa.
Ma molto spesso, gli incendi di cui si
sente parlare nelle cronache (in Italia ma anche in Grecia e nella
costa occidentale degli Stati Uniti) hanno dietro un'industria:
l'industria criminale dei piromani, composta da bassa manovalanza
capace di appiccare incendi che distruggano una certa area e non
altre; salendo su nella catena alimentare della delinquenza, per
arrivare alle mafie, che controllano il business dei roghi per le
loro speculazioni edilizie.
Un giro d'affari che oltre a
distruggere il nostro patrimonio ambientale, causa decine di morti
ogni anno.
Il romanzo di Pasquale Ruju tocca
proprio questo argomento: protagonista è il fotografo Franco Zanna,
un passato da fotoreporter al nord, con qualche servizio importante.
Era bravo Zanna, quando ancora si
chiamava col suo nome vero, Francesco Zannargiu: fino al giorno un
cui scattò una foto che non doveva essere scattata, una foto che
fece saltare una mazzetta e che aveva dato fastidio ad un boss della
'ndrangheta.
Boss che, per
vendetta, minacciò di fare violenza alla sua Carla, l'amore della
sua vita, la ragazza di cui si era innamorato appena arrivato a
Torino e da cui aveva una figlia, Valentina.
Così, per
proteggere Carla, Francesco Zannargiu era scappato da Torino, aveva
abbandonato le sue donne e se ne era tornato nella sua terra natale
in Sardegna.
Ero fuggito, avevo abbandonato Torino per tornare in Sardegna, nel luogo in cui ero nato. Avevo cambiato nome, lavoro, abitudini. Francesco Livo Zannargiu, reporter sulla cresta dell'onda, era diventato Franco Zanna paparazzo rissoso, alcolista, sempre a caccia di coppie clandestine e vip in vacanza.
Con Carla non riesce più a parlare, da
anni ormai. Portandosi dentro un senso di colpa che deve lenire con
qualche bevuta, il Nero profondo.
Con Valentina, la figlia, si sente più
spesso, in lunghe telefonate dove però rimane in sospeso una domanda
Perché papà?
Perché ci hai abbandonate?
La Domanda, a cui non osavo dare una
risposta.
Ora Francesco è diventato Franco Zanna
e per vivere scatta qualche foto ai vip che vengono in vacanza in
Sardegna che vende ad Irene, la sua agente; come un “cinghiale
solitario” isolato nel suo vecchio rifugio per pastori a Porto
Sabore, con una stupenda vista sul golfo della Tavolara.
Un gatto senza nome che gli fa
compagnia.
Una vecchia Alfa Romeo col motore
truccato.
E quando gli incubi del passato tornano
a fargli visita, una sbornia nel locale di Cosima, quando ripiomba
nel nero.
Ma il destino ha deciso che tutta
questa “normalità” deve finire, per Zanna: un incendio arriva a
lambire la sua casa, fa appena in tempo a salvare le poche cose
importanti (la sua canon, il computer) e mettersi in salvo.
Scampato dall'incendio (e dal muro
d'acqua che un canadair gli getta addosso), il vecchio istinto da
reporter lo porta a fotografare i resti del fuoco che gli ha quasi
distrutto casa:
Qualcosa gridava dentro di me, forse il vecchio istinto del reporter. Dovevo scattare qualche fotografia, immagini che rimanessero nel tempo, che fossero di testimonianza. Prima di tutto per me stesso, per ricordare quel giorno e quanto ero stato vicino alla morte. E poi per i giornali. Era lavoro, comunque. Gli incendi fanno vendere bene in estate. Sono un autentico evergreen. E io mi trovato proprio in prima linea.
Dietro l'incendio non ci sono solo
resti di macchia mediterranea bruciata: Zanna si imbatte nel corpo di
un uomo ustionato e morente che, prima di perdere conoscenza, ha la
forza di dirgli una sola parola “Carine”.
E il nome della figlia, Carine, e la
persona ormai agonizzate è un misterioso uomo d'affari belga, De
Wilde, legato al progetto del nuovo outlet, dietro l'aeroporto, che
avrebbe portato con se posti di lavoro, affari e altre colate di
cemento.
Come è morto il belga: mentre la
polizia, nelle vesti dell'amico commissario Ventura, indaga, la
figlia dell'uomo d'affari non ha dubbi, il padre è stato ucciso.
Era legato, per i suoi affari a
pericolosi personaggi, che arrivavano anche ad usare mezzi spicci per
prendersi i terreni su cui compiere le loro operazioni immobiliari.
È un problema mio. Una cosa che ho radicata dentro, come molti miei conterranei. Una cosa da maschi della Barbagia. Non ci si tira indietro di fronte ad una sfida, non senza trovarsi una brutta ferita nello spirito, che a volte non si rimargina mai. Lo avevo fatto da giovane, terrorizzato da perdere Carla.
Che fare? Accettare
la proposta della ragazza, Carine, poco più grande della figlia, con
tutti i rischi del caso? Oppure tornare alla sua vita da paparazzo?
È già scappato
una volta Francesco, diventato Franco Zanna, e quella fuga gli è
costata cara, perdere la donna che amava e la figlia.
Un'altra fuga, un'altra resa, avrebbero significato precipitare nel Nero. Senza ritorno.
Francesco Zannargiu
così fa quello che sa fare veramente e che gli piace fare: cerca di
capire chi si nasconda dietro l'affare dell'outlet e chi siano le
persone con cui De Wilde era in affari.
Per esempio
quell'italiano piccoletto che si muove con tanta disinvoltura
sull'isola.
La sua inchiesta lo porta dritto dentro
il business della speculazione edilizia: un'industria che usa gli
incendi come arma di ricatto per rovinare la concorrenza.
«La legge non consente di costruire su terreni bruciati, anche se hanno la giusta destinazione d'uso. Ma certi speculatori hanno imparato ad aggirarla, o a servirsene contro la concorrenza».«Tuo padre avrebbe dovuto dare fuoco a un terreno?»«No, certo che no. Non di persona. Lo avevano messo in contatto con un altro mediatore, uno più addentro, per così dire, che gli fornì alcuni nomi e numeri di telefono. Gente che avrebbe fatto il lavoro per lui. Doveva solo indicare bene i tempi e i luoghi. Si trattava di lotti edificabili, pagati a caro prezzo ma ancora privi dell'autorizzazione a costruire. Una volta che fosse stata concessa sarebbe stato tutto inutile, avrebbero potuto procedere con i lavori, incendio o non incendio. Dunque se voleva danneggiare quegli imprenditori per favorirne altri, legati all'italiano, doveva individuare il momento giusto. Le poche settimane fra la richiesta di concessione dell'autorizzazione. Settimane in cui quei terreni sarebbero stati vulnerabili, per così dire...»
In forma romanzata, ma nemmeno troppo,
si racconta il dietro le quinte della piaga degli incendi, quello che
non vediamo e che in pochi raccontano, perché generalmente i media e
i politici sono più interessati a cavalcare la prontezza degli
interventi in emergenza, piuttosto che un "silenzioso e paziente
lavoro di preparazione".
Dietro le fiamme ci sono i
finanziamenti per le spese di foraggio degli animali che non possono
pascolare, per lo stato di calamità.
Ci sono i soldi per gli appalti per
costruire su certi terreni e non su altri, grazie all'intimidazione e
il ricatto nei confronti di imprenditori concorrenti o degli
agricoltori e degli stessi pastori, a cui viene intimato “Paghi o
ti brucio i terreni edificabili”.
Stiamo parlando di una mafia, una
mafia bastarda: una mafia che uccide, distrugge l'ambiente, che
cresce come un tumore e che non si ferma di fronte a niente.
Ed è questo il mulino a vento contro
cui Zanna si trova a cavalcare, come un novello Don Chisciotte:
«Si torna a bruciare. E s'incassa in altri modi. Ora che le droghe leggere sono legali, nella West Coast certe organizzazioni investono nel fuoco. E' uno dei business del nuovo millennio, in costante ascesa. Lo sai cosa ha detto una volta Mannarino?
"La convergenza di interessi, è questo il segreto. Sovvenzioni, assicurazioni, investimenti, posti di lavoro, appalti, percentuali. Convergenza di interessi. Dagli incendi non si butta via niente". E' un'industria, compare. Una fottuta, merdosa, industria!»
Dentro “Stagione
di cenere” sono presenti tutti gli ingredienti del noir
“mediterraneo”, dall'eroe con qualche macchia e molti errori da
farsi perdonare, fino a zu Gonario, il bandito sardo con un suo
codice etico e che si dimostrerà meno criminale di molti
imprenditori in giacca e cravatta. Ma il maggior pregio è mostrare
ai lettori cosa si nasconde dietro le immagini degli incendi e a
comprendere tanti perché.
La scheda del libro sul sito di
Edizioni e/o
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