31 agosto 2019

Vento in scatola, di Marco Malvaldi



Aperta parentesi 
Attenzione. Volo DT4469 per Heathrow, ultima chiamata. I passeggeri Diamond, Douglas e Bourifa Mohammed sono pregati di presentarsi al gate per l'imbarco immediato. 
Salim ci mise qualche secondo per rendersi conto che stavano chiamando il suo nome. Cioè, non proprio il suo nome, ma stavano chiamando lui.Alzandosi dalla sedia, Salim si impose una calma che in realtà era molto più lontana di quanto non fosse Londra. Mohammed Bourifa, che nome brutto. Che cosa fa una persona per far vedere che è calma, Salim? 
Fa vedere che è padrona di sé stessa.

Per un momento dimenticatevi Pineta e i vecchietti del Barlume: Malvaldi ci porta dentro il mondo delle carceri dentro quelle scatole chiuse di pochi metri quadrati dentro cui persone che non si conoscono sono costrette a vivere assieme.
Prendere il caffè assieme, dormire assieme, mangiare assieme, passare ore guardando il soffitto o la branda superiore perché dalla finestra della cella nemmeno si vede il mondo là fuori.

Vi siete mai chiesti cosa si dicono i carcerati, come si organizzano le giornate, cosa mangiano? Dall'altra parte della barricata, come vivono gli assistenti carcerari (che una volta si chiamavano guardie), pure loro in numero insufficiente in proporzione ai carcerati?
Questo romanzo ci porta dritto la scatola chiusa di sei metri per tre, dentro la casa circondariale Gramsci, dove Samir Salah è stato rinchiuso per un reato che non aveva commesso (lo spaccio di coca), dopo essersi salvato per un altro reato nel suo paese, la Tunisia, dove è scappato qualche mese prima.

Gli orari della casa circondariale «Antonio Gramsci» non cambiano mai, qualsiasi sia il giorno. 
Ore 8:00: conta. 
Ore 8:30: apertura delle celle. 
Ore 9-11: passeggi, sala polivalente, chiostro interno, a seconda del braccio in cui sei. 
Ore 11-13: socialità, il che significa ora d’aria. 
Dalle ore 13 alle 17:30 apertura delle celle. 
Alle 18, distribuzione cena. 
Alle ore 20, chiusura delle celle. Tutti i giorni sono uguali. Ma alcuni giorni sono più uguali degli altri, e alcune ore più significative.


In carcere tutta la giornata è regolamentata, dal mattino alla sera e tutti gli eventuali extra (per esempio del cibo extra, una telefonata a casa..) devono essere richiesti, come da procedura, compilando un modulo indirizzato alla Vostra Signoria

.. guai a dimenticare di richiedere alla Vostra Signoria, si vede che le carceri sono enti rinascimentali..
Salim non è un carcerato qualsiasi: laureato in economia, istruito, cerca di mettersi in mostra col personale del carcere per trovarsi un lavoro per riempire le giornate.
E per convincere gli assistenti ad assegnargli un incarico, inizia a preparare in cella del cibo procurandosi della carne da un carcerato diverso dagli altri e ingegnandosi per cucinarlo a dovere, secondo le sue ricette

L’aria della piccola cella era una carezza di odori. Coriandolo, cumino, curcuma, noce moscata, prezzemolo, cannella. Tutti aromi che a Gualtiero Molisano, presi singolarmente, facevano schifo. Ma messi in mano a Salim, e messi in padella da Salim, cominciavano una conversazione davanti al fuoco, che sfociava in quel misterioso e indescrivibile sapore di paradiso.

Atteggiamento che convince uno degli assistenti, Molisano, a mandarlo a lavorare in amministrazione, per mettere a frutto le sue qualità perché, citando un proverbio arabo, “non si può tenere il vento in scatola”

- Cerco di non lamentarmi. Importante è avere qualcosa da fare. Non si può tenere il vento in scatola, dice un proverbio delle mie parti. 
- E tu non lavori, già .. - disse Molisano.

Attraverso la storia di Salim inizieremo a comprendere meglio come si vive dietro le sbarre: i pregiudizi contro i nordafricani, tutti musulmani, tutti pronti a saltarti alla gola, pregiudizi che nascono dalla frustrazione degli assistenti, dal fatto che le carceri oggi sono concepite per mortificare la vita delle persone e non per rieducarle.
Come se lo Stato volesse vendicarsi di qualcosa: lo sapevate che per il vitto giornaliero spendiamo meno di 4 euro a persona, che nelle carceri la malattia più diffusa è l'epatite C, perché buona parte della popolazione carceraria è composta da persone con problemi di droga (oltre che persone con condanne per spaccio)?
Lo sapevate che le carceri italiane (ma il problema non è solo dell'Italia) si stanno trasformando in luoghi di radicalizzazione, sempre grazie al gentile trattamento con cui lo Stato tratta i detenuti di origine africana?

Salim si era reso conto che parecchi tra gli africani che entravano in carcere non avevano nessun interesse per la religione all'inizio, e che una volta dentro si radicalizzavano. Parlavano di raggiungere i fratelli in Siria, a combattere contro l'Occidente per la gloria di un Dio che esisteva solo nella loro testa. Per loro l'Islam non era una religione, era una scusa.

Malvaldi in questo romanzo, che ho trovato molto interessante e ben scritto, ci riserva anche un piccolo giallo: perché all'interno dell'istituto sono avvenuti recentemente dei suicidi, sono successe cose strane.
Come quel recluso, Cassarà, che aveva collezionato in cella tante scatole di tonno.
Infine, lo stesso Salim, sarà costretto a dover fare delle scelte in carcere: mettere le sue capacità a frutto di un piccolo boss che in quel carcere riesce a fare lo stesso il suo comodo, oppure cercare un riscatto e cambiare vita?

La scheda del libro sul sito di Sellerio
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30 agosto 2019

Dietro l'accordo il poco o niente

Ancora non posso crederci: il partito dei pdioti e il partito dei grullini si metteranno assieme per un governo di discontinuità, di nuovo umanesimo.
L'unica cosa certa, in attesa del toto ministri e in attesa di un programma (che dovrebbe essere la cosa più importante) è il nome di Giuseppe Conte.



Certo, il discorso in Senato contro Salvini non lo riscatta di mesi al governo in cui quasi tutte le richieste di Salvini sono state fatte passare.
L'uscita di scena del ministro della propaganda e della insicurezza non è sufficiente a colmare tutti i dubbi a riguardo di questa crisi (non un colpo di Stato, ma un colpo di presunzione di Salvini stesso) che è sfociata in un quasi Conte-bis.

Questo governo avrà futuro se avrà una base politica (intesa come programma politico) comune su trasporti, lavoro, investimenti pubblici, scuola, sanità, lotta alle mafie, ambiente e anche sulla gestione dell'immigrazione.
Su cosa si metteranno d'accordo il PD (che Di Maio chiamava fino a ieri partito di Bibbiano ) e il m5s, il partito delle scie chimiche?
Su jobs act, TAV, grandi opere? O forse sui taxi del mare (l'unica nota comune tra Di Maio e Minniti)?

Questo accordo ridà una spinta al PD, sposta ben in là le elezioni, dà modo a Renzi di prepararsi il partito, ridimensiona la bolla Salvini (e chissà se ci sarà un ritorno all'antico nel centro destra?) che ora dovrà accontentarsi delle poltrone e potrà tornare a fare quello che sa fare meglio, la campagna elettorale.
La nuova destra secondo Il Foglio



Ma poi?

29 agosto 2019

La Lupa, di Piernicola Silvis



Gargano, Puglia. Masseria Monte del Falco 
Immobile davanti alla finestra, Sonia Di Gennaro stringe gli occhi e segue il profilo inquieto degli alberi che attorniano Monte del Falco. Lungo la strada sterrata che porta alla masseria non ci sono lampioni, e il buio della notte è rotto solo dal chiarore della luna. La tenuta è in una valle boscosa al centro del Gargano, a vari chilometri dal paese più vicino, e anche se conosci la direzione, è difficile arrivarci. Proprio quello che serve al clan.

Sonia di Gennaro, la moglie del boss della famiglia foggiana, Tonino Granatiero, la incontriamo in una notte di primavera: la chiamano la Lupa, oppure zia Sonia.

Lineamenti duri, come duro è il suo carattere: nelle prime pagine la vediamo mentre assiste alla morte di uno studente colpevole solo di aver fatto il suo dovere di cittadino, aver raccontato ai carabinieri di un delitto di cui era stato testimone.
Il potere delle mafie, non solo delle mafie del Gargano, di Foggia, sta anche in questo: nel senso di omertà della popolazione dentro cui vivono, omertà generata sia dalla violenza di questi gruppi criminali, sia perché la popolazione fa fatica a fidarsi dello Stato, degli uomini in divisa. Troppo pochi per presidiare un territorio il cui controllo è nelle mani dell'antistato.

Piernicola Silvis, ex alto dirigente della Polizia di Stato, l'ha conosce molto bene questa mafia pugliese, avendo lavorato proprio in queste province: anche se in modo romanzato, in questo suo secondo giallo con protagonista Gialorenzo Bruni, viene raccontato cosa sia la lotta alla mafia, la difficoltà nel fare le indagini, nel tenere i rapporti con la stampa e infine i difficili rapporti con la politica.
Politica che, da molto tempo, non ha più la lotta alla mafia in cima alla sua agenda politica: ci si occupa delle mafie solo quando si arriva ad un delitto eccellente, quando si arriva ad una strage.
Altrimenti, quando le mafie si muovono in silenzio, gestendo lo spaccio della droga, gestendo il racket dei commercianti, gestendo il traffico di esseri umani da mandare a lavorare nei campi sotto i caporali o a battere per strada, nessuno se ne preoccupa.
Non fa paura la mafia che porta i suoi pacchetti di voti ai politici con pochi scrupoli di coscienza.
Non fa paura la mafia che prende quote azionarie di società che poi vincono appalti pubblici, perché offrono prezzi bassi, perché non ci saranno problemi coi sindacati, nella raccolta rifiuti, nelle costruzioni, nella logistica.

Ne “La Lupa” ritroviamo Gianlorenzo Bruni, dirigente dello SCO che era stato mandato a Foggia per seguire le indagini di zio Teddy, il serial killer psicopatico che uccide i bambini e che aveva anche sfidato lo Stato a catturarlo.
Bruni ripensa alla caccia a zio Teddy: i talk show, il coinvolgimento della politica e della Società Foggiana, l’associazione criminale che spadroneggia su Foggia e provincia. La cosiddetta “quarta mafia” italiana.

Il precedente giallo “Formicae” terminava con la cattura di Diego Pastore, il serial killer, che ora si trova ricoverato in ospedale: non rimarrà a lungo nelle mani dello Stato, perché sarà proprio la Lupa, Sonia di Gennaro, a liberarlo e a portare Diego dentro la famiglia.

Questo diventa il peggior incubo per Bruni e la sua squadra: un assassino psicopatico come Diego Pastore ancora libero e nelle mani della famiglia mafiosa dei Granatiero. Per quale motivo la famiglia dei Granatiero ha messo in piedi quel blitz così rischioso per liberarlo?
Ben presto si intuisce che l'ingresso nella famiglia di un personaggio come zio Teddy (i cui perché saranno chiari dopo alcuni capitoli) sta trasformando il dna delle battiere del foggiano e del Gargano in qualcosa di nuovo, di potenzialmente più pericoloso.

Perché ora queste batterie, su iniziativa della Lupa e anche di Diego, si stanno saldando assieme per costituire un nuovo gruppo criminale, che si estende su tutta la provincia e che intende con questa forza sfidare lo Stato. Che significa far fuori tutti quelli che si mettono in mezzo tra loro e gli affari: non più le solite estorsioni, ma entrare nel traffico della cocaina come i calabresi, entrare nei grandi appalti pubblici, entrare dentro le società di servizio che si prendono questi appalti.

Ma Bruni, che a Foggia lavora assieme alla squadra Mobile del collega Mancini, intuisce subito quanto possa diventare più pericolosa, questa nuova mafia: perché non ci sono pentiti che dall'interno ne raccontino le dinamiche
«Questa è una mafia familistica. Sono tutti figli, nipoti, cugini e fratelli, zii e via dicendo. Non si denunciano l’uno con l’altro, e il primo che tradisce lo ammazzano.»

Perché il livello di attenzione contro questa mafia, da parte della politica si alza solo a seguito di delitti eccellenti:
«Ora, con tutto il rispetto, vi faccio io una domanda: per fare in modo che il Paese si accorga del dramma che vive la provincia di Foggia, bisognerà aspettare ancora una volta l’omicidio di un magistrato.. »

Perché nell'agenda del governo (e anche da parte dei media) la lotta alla mafia non è presente, scalzata dalle grida manzoniane contro la presunta invasione dei clandestini, contro il rischio terrorismo, su cui molti politici hanno basato la loro propaganda: perché impiegare le forze dell'ordine per posti di blocco, per intercettare e indagare contro le famiglie mafiose?
C'è addirittura un politico che si chiede se non sarebbe meglio spostare queste forze per controllare i centri di accoglienza?
All'improvviso Bruni, i suoi uomini, la mobile di Foggia, tutti si trovano in mezzo ad una guerra.
La guerra scatenata dai Granatiero, per l'egemonia nei confronti delle altre famiglie. Una guerra in cui non si guarda in faccia a nessuno e dove a morire sono anche donne e bambini.
La guerra alle spalle da parte di quella parte politica che ha bisogno di un capro espiatorio a cui far pagare quelle morti.
La guerra mediatica da parte di giornalisti che pretendono di conoscere la mafia stando seduti a pontificare nei loro salotti televisivi.

Una guerra in cui il lettore si trova catapultato dentro e per cui Bruni dovrà anche guardarsi alle spalle.

La lupa è un romanzo che ci racconta un pezzo del nostro paese di cui sappiamo poco, la Puglia dei clan criminali, feroci e determinati, ben lontana dagli stereotipi vacanzieri.
Una mafia feroce che controlla il territorio in modo capillare, che ha a disposizione avvocati e professionisti, che controlla anche politici a livello locale e, almeno nel romanzo, anche a livello nazionale.

Una lotta, tra Stato e antistato che diventa personale, quella tra tra Diego Pastore e Renzo Bruni e che porterà il poliziotto a dover sopportare enormi sacrifici personali, in un crescendo di tensione che si scioglierà solo alla fine.

Di seguito un pezzo dell'intervista all'autore che trovate sul sito Milanonera:

Un serial killer di bambini è una sorta di particolarità nella letteratura di genere italiana, non ha temuto che potesse essere risultare troppo forte per i suoi lettori? 
Sì, ma anche questa è realtà, purtroppo. Il personaggio di zio Teddy si ispira a fatti di cronaca realmente accaduti. E comunque le imprese criminali del serial killer lasciano il posto, dalla metà di Formicae, allo strapotere del crimine organizzato. Ed è lì, credo, che sta l’originalità delle due trame. Non intendevo fare il “solito” serial killer psicopatico, anche perché da noi in Italia – a differenza che negli USA – sono figure delinquenziali rare. Il serial killer è stato per me una sorta di cavallo di troia per poter parlare della guerra fra stato e mafia nel foggiano. In ogni caso, non sono uno che ama il sangue, per cui non descrivo le scene cruente, ma le lascio immaginare. Certo, questo può essere anche più disturbante, la fantasia di ognuno di noi lavora molto. E spesso lavora nell’oscuro, non nel luminoso. E comunque scrivo thriller, e mi si richiede di creare suspense. Se un giorno mi si dovesse chiedere di scrivere un romanzo sentimentale, il mio compito sarà di sedurre il lettore. Ma credo che non succederà mai

La scheda sul sito di Sem editore
Il blog dell'autore Piernicola Silvis
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28 agosto 2019

Le soluzioni di cui non sento parlare

“Si pensi a soluzioni, non a colpire me” (Di Maio, capo politico del m5s)

Soluzioni per le crisi già sul tavolo del ministro del lavoro.
Soluzioni per quella svolta green di cui tutti parlano.
Soluzioni per la crisi di Alitalia, per dare un futuro all'Ilva, ai licenziati di Almaviva.
Soluzioni per combattere la mafia e la criminalità dei colletti bianchi.
Soluzioni per rinforzare il sistema sanitario pubblico, per aprire nuove scuole, nuovi asili, estendere le borse di studio ai meritevoli.
Soluzioni per mettere in sicurezza il territorio, le zone a rischio sismico, a rischio alluvionale.

Ce ne sono di soluzioni da trovare, nell'ottica di un nuovo governo, prima di parlare di poltrone e vicepremier.
Vogliamo andare avanti a parlare di ong, clandestini, porti chiusi o vogliamo veramente preoccuparci dell'Italia di domani?

Marie la strabica, di Georges Simenon



I pasticcini di Fouras 
«Dormi?» 
Sylvie non rispose, non ebbe un sussulto. Respirò solo un po' più forte per simulare un sonno profond, ma non c'era da sperare che la Marie ci cascasse. 
«Lo so che non dormi». 
La voce di Marie era calma, monotona, vagamente lamentosa, come quella di certe donne legate alla malasorte. 
«Lo fai apposta a non dormire» continuò nel buio della camera.

Due ragazze, non ancora donne, non più ragazzine, almeno la seconda delle due, Sylvie.
Bella, con un seno florido che attira gli sguardi degli uomini.
Sylvie e Marie, cresciute assieme nel villaggio di Rochefort e assieme andate alla ricerca di un lavoro, in un albergo per un lavoro stagionale.
Marie, strabica, per nulla appariscente e timida, Sylvie bella e provocante, decisa a tutto pur di raggiungere il suo scopo: fare dei soldi, andare a Parigi e diventare una signora, scappare dalla fame e dalla povertà.
Diventare una signora e tenere a fianco Marie a farle da cameriera.
«Sei sempre decisa?» chiese invece con una punta di sfida nella voce. 
«A far cosa?» 
«Ti sei già dimenticata perché siamo qui?» 
«Per guadagnare un po' di soldi e andare a Parigi». 
«Hai cambiato idea?» 
«Perché mai dovrei aver cambiato idea?» 
«Non lo so, me lo chiedevo». 
«Ti chiedevi se ero sempre pronta a partire con te?» 
«Mi odi?» 
«No». 
«Ma pensi che sia una scostumata senza cuore». 
Marie non rispose. 
«Spengo?»

Per raggiunger questo scopo non esita di fronte a niente: come quando chiede a Louis, un ragazzo con dei problemi che la spia mentre si spoglia, di rubarle dei dolci nella credenza dell'albergo. Un furto che porterà poi al suicidio del ragazzo.
Marie, che ne condivide la stanza, ne intuisce i pensieri, sa cosa le gira per la testa: nella prima parte del romanzo i loro dialoghi ci descrivono bene il loro rapporto, che sembra spezzarsi da un momento all'altro e che invece continua, nonostante l'atteggiamento provocatorio di Sylvie, che Marie disapprova, ma che subisce in silenzio:
Invece, dopo una breve esitazione e con un'espressione più dura sul volto, si sfilò, si sfilò il vestito passandolo sopra la testa e si levò, in piena luce, la sottoveste strappata, che gettò in un angolo.Marie dovette stringere i denti con tutte le sue forze per non dire niente, per non fare domande. Poco ci mancò che supplicasse l'amica di parlare, di raccontare una cosa qualsiasi, anche una bugia, o magari di mettersi a piangere.Non accadde niente del genere. Quel che accadde dopo fu ancora più terribile di ciò che Marie aveva previsto. Completamente nuda nella luce cruda della camera, Sylvie bagnò un asciugamano nell'acqua fredda della bacinella e si lavò lentamente il seno, il ventre e le cosce.

Terminata la stagione, col fantasma di Louis che ancora fa capolino nei loro pensieri, entrambe partono per Parigi. Per una breve parentesi sembra che la vita abbia destinato anche alla povera Marie un pizzico di felicità con un uomo, invertendo i ruolo.
Sylvie in casa a macerarsi nel letto, in cerca di un lavoro, in realtà alla ricerca di una occasione con un uomo.
Marie, che esce la sera con una persona …
Ma non sarà così: Marie appartiene alla categoria di persone segnate dalla sfortuna o, forse, costrette a subire le cattiverie e le crudeltà delle persone vicine.
Adesso sapeva. Lo aveva sempre saputo.Senza togliersi il cappello andò a prendersi la valigia nell'armadio, aprì i cassetti e ammucchiò le sue cose alla rinfusa.Non era a Jean Dubul e ai suoi occhiali dalle lenti spesse che pensava, ma a Louis, fermo nel riquadro della finestra, che contemplava il magnifico seno di Sylvie.

Più di venti anni dopo, le due ormai donne, si ritrovano:
La prima volta in cui Sylvie aveva rivisto la Marie era stato nella primavera del 1945, la mattina della parata della Vittoria..

Sylvie è ad un passo dal realizzare il suo sogno, quell'obiettivo per cui ha lavorato da una vita, senza fermarsi mai, da quando si faceva osservare dalla finestra, toccare dal padrone della locanda ..
Però ha bisogno di un ultimo favore da parte di Marie, perché nonostante siano passati anni, solo di Marie, nel frattempo rimasta sola, può fidarsi.
Ma ora che Sylvie è diventata la signora, almeno sulla carta e Marie, con una certa arrendevolezza, decide di aiutarla, i loro ruoli sembrano in realtà, se non ribaltati, almeno meno netti.

No, nonostante la casa, la ricchezza, l'agiatezza, non è lei, Sylvie, la signora, ma una donna matura vittima della sua stessa fame di ricchezza, del suo cinismo, della sua determinazione.
E Marie, la povera Marie, nonostante la detesti, è destinata a rimanerle accanto.

Ancora una volta, Simenon ci regala due personaggi fuori dal comune, due donne completamente diverse, ma allo stesso tempo legate da un destino comune.
La paura di perdersi.

La scheda del libro sul sito di Adelphi
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27 agosto 2019

Il corriere colombiano, di Massimo Carlotto


Il corriere colombiano si sentì fottuto quando inquadrò lo sguardo del poliziotto. Conosceva il genere d'occhiata. L'aveva vista mille volte nelle strade di Bogotà. Era quella che gli sbirri riservavano a un sospetto prima di fermarlo. Si guardò attorno. Gli altri passeggeri del volo Air France Parigi-Venezia attendevano i bagagli chiacchierando, scherzando e ridendo. Come veri turisti. In mezzo a più di centocinquanta persone lo sbirro aveva deciso che lui era l'unico a non averne l'aria.

Scritto a cavallo del nuovo millennio, quando ancora si parlava in lire e l'Europa Unita era ancora un ideale lontano, questo romanzo di Carlotto, uno dei primi della serie dell'Alligatore, anticipa le trasformazioni delle nuove mafie nel nordest italiano, terreno del miracolo economico delle piccole imprese, dei soldi che giravano nelle tasche delle persone che passavano la settimana al lavoro ma poi nel fine settimana non vedevano l'ora dello sballo.
Ecco pronte, da parte delle mafie di mezzo mondo, la ricetta della felicità: la coca, tagliata a livelli infidi per moltiplicare i guadagni nei passaggi intermedi dai narcos sudamericani.
E poi le altre droghe sintetiche, sottoprodotti chimici per un divertimento a buon mercato:
Se l'eroina era diventata la droga dei disperati, identificabili in una ben precisa sacca di emarginazione, l'uso di cocaina e di sostanze sintetiche come l'ecstasy, legate soprattutto ad un consumo occasionale, era ricollocabile invece ad una vastissima area di cittadini socialmente ben inseriti. Era evidente che la droga piaceva, e molto. Tante brave persone sentivano il bisogno di sballare durante il weekend.[..] scoprimmo che l'insediarsi delle nuove mafie straniere nel territorio aveva reso incontrollabile il mercato. Dai russi, ai nigeriani, ai croati, alla camorra e alla mafia, tutti si erano ritagliati una fetta di torta. E poi c'era il fenomeno degli indipendenti.

Il corriere colombiano è la storia di banditi che ancora cercano di rispettare le vecchie regole del crimine, come per esempio il non tradire i compagni. Di nuove mafie, italiane e straniere, che queste regole non le rispettano avendo trasformato il crimine (il traffico della droga, degli esseri umani, le rapine) in una guerra dove non ci si ferma di fronte al nulla.
E di una operazione dei corpi speciali della Guardia di Finanza e della polizia contro una nuova banda di narcotrafficanti tra Italia e Colombia in cui, pur di arrivare al risultato degli arresti e dello smantellamento della banda, si può anche calpestare qualche regola, evitare tutta quella burocrazia che fa da intralcio.
E pazienza se in mezzo a questa rete ci finisce una persona, un criminale con qualche delitto pesante alle spalle, ma che è stato accusato ingiustamente anche di essere il tramite italiano di questa nuova rete che vuole inondare il nordest con la coca e queste nuove droghe sintetiche.
Quella era una storia di sbirri contro sbirri, e giocare sporco in un'operazione speciale di polizia e guardia di finanza poteva costarci molto caro. L'unica cosa saggia sarebbe stata ritirarsi in buon ordine, abbandonando Nazzareno al suo destino.

La persona finita in questa partita sporca, accusato di traffico internazionale di droga, si chiama Nazzareno Corradi, quasi sessant'anni e con una lunga carriera di ladro alle spalle.
Il suo avvocato contatta Marco Buratti detto l'Alligatore, in memoria del suo passato da frontman blues prima di finire in carcere e ritrovarsi con la “gola seccata”, per cercare di salvare il suo cliente da una condanna ad una lunga detenzione in carcere.
Un incarico che porterà avanti coi suoi amici, Beniamino Rossini, “uno degli ultimi rappresentanti della malavita vecchio stampo” e Max “La memoria”, uno dei reduci degli anni della contestazione, finito in galera per una vecchia storia degli anni settanta e graziato dal presidente della Repubblica.

L'Alligatore deve affrontare il nuovo caso cercando di dare una risposta ad una serie di domande: chi era il vero contatto italiano di questa nuovo gruppo criminale?
Perché si è mobilitata un'operazione speciale con dentro polizia e la Guardia di Finanza per incastrare Corradi?
E poi, soprattutto, che faccia ha il nemico in questa guerra?
La faccia spietata della “Tia”, Rosa Gonzales Cueva, la signora dei narcos e dei suoi sicarios.
La faccia degli spacciatori indipendenti radicati in quel nordest, che non si fanno scrupolo di spacciare droga davanti le scuole, di importare dall'est o dalle altre aree povere del mondo giovani donne da mettere nei locali, per far divertire la loro clientela.

In questa guerra, contro i narcos e contro lo Stato, quali regole rispettare e quali infrangere? Fino a che punto si potranno spingere l'Alligatore e i suoi soci nella guerra?
«Sia qual è il tuo problema, Marco?» 
«Quale tra i tanti?» tentai di scherzare. 
«Tu non hai ancora capito che le cose sono cambiate. Se vuoi continuare con questo mestiere, accettando casi che riguardano la mala, ti devi adeguare all'idea di giocare sporco. Sempre e comunque». 
«Lo abbiamo già fatto». 
«Si. Ma le altre volte siamo stati costretti per salvarci il culo. In questo caso è una nostra scelta». 
«Una dichiarazione di guerra agli sbirri è pura follia». 
«Un tempo lo sarebbe stata, quando esistevano regole precise, ma oggi è diverso. Con l'arrivo delle organizzazioni straniere è cambiata la malavita, e sono cambiati anche sbirri e giudici. Nemmeno loro rispettano più le regole».

Racconta Carlotto, nelle note finali come, Il corriere colombiano, pur in modo romanzato, racconti una storia vera. quella di un suo amico, finito in carcere per non aver voluto infrangere della vecchia mala: “Non si esce di galera accusando altri”.

La scheda del libro sul sito di Edizioni e/o
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Conte o morte


La tenacia con cui parte del m5s difende la scelta di Conte, come presidente del Consiglio di un eventuale governo col PD, fa capire come stiano facendo di tutto, davanti il loro elettorato, per recuperare credibilità e voti.
Dopo il mandato zero, i decreti sicurezza, l'abolizione della povertà .. 

26 agosto 2019

La città è dei bianchi, di Thomas Mullen



Era quasi mezzanotte quando uno dei nuovi lampioni installati su Auburn Avenue andò incontro allo sfortunato destino di essere il primo lampione centrato in pieno da una macchina. I frammenti del fanale di una Buick bianca si sparpagliarono sul marciapiede ai piedi del palo colpito e piegato.

Un romanzo che è anche un colpo allo stomaco, per il suo realismo, per la sua brutalità con cui racconta come funzionava la segregazione razziale nell'America post seconda guerra mondiale.
Quella che è considerata la nazione delle libertà, land of opportunity, la nazione che col suo intervento nel conflitto mondiale ha sconfitto il nazifascismo era (e in parte rimane) una nazione dove i neri non erano considerati cittadini a tutti gli effetti, come gli altri.
Anche se potevano iscriversi alle liste elettorali per votare, venivano tenuti lontani a colpi di bastone e di fucile.
Bastonate e fucilate che venivano prese anche dai veterani della guerra che si permettevano di sfilare in divisa dell'esercito americano: no, i “negri” (nel libro l'autore ha scelto consapevolmente di usare questo termine) non erano considerati degni di indossare quella divisa.
La segregazione copriva ogni momento della vita delle persone: negli alberghi c'erano ingressi separati per bianchi e neri, edifici a uso ufficio dove ai neri l'ingresso era consentito solo per lustrare le scarpe, locali con bagni separati. Nemmeno da morti, potevano giacere a fianco, nell'obitorio ..

Se il film “Mississippi burning” ha raccontato la situazione del segregazionismo in una contea della campagna del sud, in questo romanzo Thomas Mullen (romanzato, ma che si basa su storie vere) ci porta in Georgia, ad Atlanta, nel 1948:qui forse le cose sembrano andare meglio, per la comunità, che è riuscita ad ottenere dal sindaco che i quartieri dei neri (separati dai quartieri bianchi) di “Darktown” siano pattugliati da coppie di agenti di colore, otto in tutto.
Possono portare la divisa, perfino una pistola, ma senza disporre di un'auto né della possibilità di fare indagini personali né tanto meno mettere piede nei quartieri bianchi.
E devono sottostare agli insulti dei “colleghi” bianchi che non hanno accettato che la divisa del corpo di polizia sia indossata anche da neri.
Nemmeno nelle aule di un tribunale, davanti ad uno di quei giudici bianchi chiamati a giudicare dei reati degli uomini di colore, assieme ad una giuria di persone bianche:
La prima volta che era stata necessaria la presenza di due agenti di colore a un processo, il giudice si era rifiutato di ammetterli in aula in uniforme, chiedendo che entrassero in abiti da negro.

Il romanzo racconta la storia di due coppie di poliziotti di Atlanta: la coppia di colore Boggs e Smith, che incontriamo sin dall'inizio quando la Buick guidata da un bianco quasi abbatte un palo della luce (in un quartiere di neri, avere l'illuminazione pubblica e avere anche un servizio di raccolta rifiuti non era considerato un diritto).
A fianco dell'uomo, una ragazza di colore che se ne sta zitta e che per questo attira la loro attenzione.

Nemmeno fanno in tempo a chiedere le generalità ai due, che l'auto se ne va via, semplicemente, come se per l'autista (che poi scopriremo essere un ex poliziotto cacciato dal corpo) ritenesse l'essere fermato da uomini di colore sebbene in divisa solo una scocciatura.
La Buick era partita, ma senza nemmeno la decenza di prendere velocità. Il bianco non stava scappando, si era solo stufato di fingere che l’esistenza di quei due contasse qualcosa.

C'è un'altra coppia di poliziotti in pattuglia, quella sera, due uomini bianchi: il veterano Dunlow e il suo partner Rakestraw, ex militare e in polizia da poco.
Dunlow colpì ancora il negro. «Allora, te lo chiedo di nuovo: hai sentito cosa ho detto, muso nero?» 
L’uomo stava cercando di dire qualcosa, notò Rakestraw ...

Sono stati chiamati da Boggs per segnalare quest'auto e l'infrazione commessa: ma a Dainlow, che dimostra una certa confidenza con l'autista, fa andare via l'auto, senza segnare nulla. Né il palo divelto né la ragazza che ha un livido sull'angolo delle labbra.

Benvenuti in Atlanta, Georgia negli anni successivi alla guerra:
Due quinti di Confederati razzisti, due quinti di negri e un quinto di qualcosa che non ha ancora un nome. Né città né campagna, ma un’improbabile combinazione delle due..

La guerra aveva sviluppato le industrie del sud che avevamo richiamato una marea di operai, di colore sottopagati e non sindacalizzati, dalle campagne, nella speranza di una vita migliore, lontano dalle vessazione dei latifondisti.
Una marea di neri che vivevano in tuguri in quartieri senza illuminazione, strade senza pavimentazione: non tutti vedevano di buon occhio la presenza nel quartiere dei poliziotti di colore, perché erano loro che dovevano far rispettare la legge, contrastare i reati commessi dalla loro gente, come il contrabbando di alcolici, il gioco d'azzardo, i piccoli furti. Ma non basta una divisa con dentro un uomo col tuo stesso colore della pelle, per dar fiducia nella giustizia:
Tentare di far capire concetti come quello di rispetto della legge e dell’ordine a persone cui non era mai stata data ragione per crederci, e che pertanto avevano sempre cercato e trovato giustizia in sanguinarie faide

Perché oltre a Boggs e Smith, il figlio di un predicatore istruito e cortese e un veterano della guerra con tanta voglia di vendicare i soprusi, nella città girano poliziotti come Dunlow: un poliziotto sporco, così ce lo presenta fin dall'inizio l'autore, che prende il pizzo (o l'accordo) dai piccoli delinquenti di quartiere tanto da mettere in difficoltà il suo collega Rake, che “lo aveva visto intascare mazzette da contrabbandieri e faccendieri e maîtresse di bordello”.

Dalle campagne era arrivata anche una ragazza di colore, di carnagione più bianca, proprio la ragazza che Boggs e Smith avevano visto in quell'auto, con quel livido, auto da cui era poi scappata. Per finire ammazzata, con un colpo al cuore, e gettata dentro una discarica di rifiuti dentro Darktown.
Poi la vide. La pelle sulle prime non gli sembrò pelle, era completamente priva di colore. Ma il vestito lo riconobbe. Il vestito giallo canarino.

La morte di una ragazza di colore, sparata e gettata in una discarica improvvisata, non interessa a nessuno nella polizia, almeno ai poliziotti bianchi: a nessuno eccetto che ai due poliziotti di colore che l'avevano vista quella sera in auto, con quella persona strana, l'ex poliziotto, il cui nome era stato tolto dal verbale redatto da Boggs.
A nessuno eccetto che a Rake, l'altro poliziotto bianco, il poliziotto a metà (come forse metà poliziotti sono i due uomini di colore) che inizia a mettere assieme i fatti.
L'amicizia tra il suo socio, Dainlow e quell'uomo, che si chiama Brian Underhill, e che forse è stato l'ultimo a vedere la ragazza da viva.
Il fatto che il suo socio non abbia fatto nessun verbale e non lo abbia nemmeno citato per nome.

Inizia così una doppia indagine non autorizzata sulla morte di questa ragazza, la ragazza con vestito giallo: quella di Boogs e Smith, che fanno uscire la notizia del delitto su un quotidiano locale, con un direttore di colore chiaramente, sperando che qualche familiare o conoscente possa riconoscerla.

Che senso ha questa indagine di così importante, su un delitto che per la centrale è solo da archiviare, e che causerà loro non pochi problemi, non solo dal punto di vista disciplinare (gli agenti di colore non possono fare indagini)?
Non solo per dare un esempio alla popolazione, perché loro vogliono essere cittadini esemplari
Per i due poliziotti a metà quella ragazza ha diritto a quella giustizia che è mancata a tutte le vittime della segregazione degli uomini di colore: come Maceo Snipes, “Colpito alla schiena per essere stato il primo elettore nero nella contea di Taylor”.
Per tutti i neri linciati perché si erano permessi di indossare una divisa alla fine delle due guerre mondiali.
Sai cosa è successo solo qualche mese dopo, mentre sfilava in parata con altri fieri veterani? L’hanno linciato. Pestato a sangue e impiccato a un albero. Perché l’uomo bianco non può, anzi no, proprio non sopporta di vedere un negro con una bella uniforme

Per quei neri linciati perché cercavano di registrarsi al voto (e spesso erano gli stessi poliziotti a presenziare a questi delitti).

Anche Rake comincia una sua indagine, mettendosi alle costole di questo Underhill: Rake, il cui cognome completo è Rakestraw, è figlio di immigrati tedeschi, una famiglia che ha sperimentato sua pelle cosa significhi il razzismo.
Sa come si comportano i poliziotti bianchi nei confronti delle persone di colore, sebbene ancora giustifichi la segregazione (e che i quartieri neri siano controllati solo dai neri), quel delitto che tutti vogliono archiviare in fretta, ha dentro qualcosa che lo turba e che lo costringe a capire.

Saranno due indagini complicate in cui i tre agenti arriveranno anche a rischiare la vita, perché effettivamente quel delitto nasconde dietro una brutta storia di stupri, di politici progressisti ma solo di facciata e per raccogliere il voto della comunità nera, di una squadra di ex poliziotti chiamata a fare i lavori sporchi che ufficialmente non si possono fare, per tenere i “negri” al loro posto e per procacciare qualche bella ragazza di colore da far usare a suo piacimento a qualche bianco.

La città è dei bianchi racconta il lato nero dell'America del sud, la sua anima razzista, secondo cui è scritto nella Bibbia che neri e bianchi devono stare separati.
Ma c'è anche il racconto l'anima fascista dentro questa parte della popolazione: l'America che aveva combattuto i fascisti e i nazisti in Europa era anche l'America del Ku Klux Klan, il paese dove ai tempi della depressione erano uscite sui giornali storie inventate di stupri di donne bianche da parte di uomini di colore. Storie che avevano portato alla rivolta, una sorta di progrom, contro le persone di colore.
Prese e impiccate ai pali lungo le strade, su cui erano stati lasciati i cappelli delle persone uccise,
..per anni ricordò quei cappelli, e ripensandoci quando era più grande capì che erano lì perché appartenevano ai negri uccisi o picchiati dalla folla, copricapi legati là sopra come tanti trofei. Una distanza minima separava quelle persone da certe tribù che conficcavano le teste del nemico sulle lance perché gli avvoltoi venissero a beccare.

Era (è) l'America dove i manager degli hotel “erano stati accusati dalle Silver Shirts e dalle Brown Shirts e da altri gruppi fascistoidi di tradire la razza bianca assumendo i negri mentre molti bianchi morivano di fame”.
L'America dove a questi gruppi era consentito a marciare a passo dell'oca per le strade della città, per marcare la loro presenza.

La città è dei bianchi è la storia di una indagine che è anche una sfida alla città, la città dei bianchi razzisti e segregazionisti: una sfida per una rivoluzione che forse ancora si deve completare e che passerà per altre battaglie, come quella di Selma del reverendo Martin Luther King per il diritto di voto.
«Come fai a sopportarlo, Lucius?» gli chiese Percy, come se gli leggesse nella mente. 
«Gli sguardi per strada. Questa follia. Sono matti, qui, tutti. Abbiamo sconfitto i fascisti in Europa, ma qui sono loro che comandano.» 
«Le cose stanno migliorando»

Una rivoluzione che ha ingranaggi lenti ma che almeno consentirà di dare giustizia ad una ragazza di colore che era venuta in città in cerca di un futuro migliore, senza dover convivere con la paura e la violenza. Ingranaggi che passano anche per un lampione acceso:
L’agente Boggs raddrizzò le spalle mentre passava oltre. Non vedeva l’ora di trovare quel lampione acceso, la prossima volta che avrebbe camminato per Auburn Avenue durante il turno.

La scheda del libro sul sito di Rizzoli
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25 agosto 2019

Psycho, di Robert Bloch


Nel sentire quel rumore improvviso, Norman Bates ebbe un sussulto.Sembrava che qualcuno stesse battendo alla finestra.Alzò lo sguardo, rapido, pronto ad alzarsi, e il libro gli scivolò dalle mani nell'ampio grembo. Era solo la pioggia. La pioggia del tardo pomeriggio, che batteva sulla finestra del salotto.

C'è un ragazzo che sta leggendo nella sua vecchia casa, che domina il motel di famiglia.
Una lettura interrotta dalla pioggia e dall'arrivo della madre, che vive sempre nella stessa casa.
Perché non ha acceso la luce dell'insegna del motel?
Potrebbe essere una scena comune, il litigio tra una madre possessiva e acida, per la vecchiaia o per le amarezze della vita e un figlio, con poco coraggio per decidere da solo la sua sorte.

Non hai avuto il coraggio di andartene da casa. Di cercarti un lavoro, arruolarti nell'esercito, neanche il coraggio di trovarti una ragazza..” 
Non me l'avresti mai permesso!” 
Questo è vero, Norman. Io non te l'avrei permesso. Ma se tu fossi soltanto un mezzo uomo, avresti fatto a modo tuo.” 
Avrebbe potuto gridarle addosso che si sbagliava, ma non poteva. Perché erano tutte cose che lui continuava a ripetersi da anni. Era tutto vero.Lei aveva sempre dettato legge su tutto, ma questo non significava certo che lui dovesse sempre obbedire. Le madri sono spesso molto possessive, ma non tutti i figli si lasciano possedere in quel modo.

C'è una ragazza che sta guidando da ormai diverse ore su un'auto che non è nemmeno la sua, perché quella l'ha scambiata per una usata, perdendoci del denaro.
Perché quella ragazza, Mary, è in fuga dal suo passato, sta cercando di raggiungere il suo ragazzo con 40mila dollari in contanti in una busta. Sono soldi che si è trovata davanti, e che lei ha preso, cogliendo al volo quell'occasione per cambiare vita. Dopo tanti anni di amarezze.
Un piccolo sforzo ed è fatta, ma è troppo stanca e la pioggia troppo forte:
Fu allora che vide l'insegna, proprio sul ciglio di una strada privata che conduceva ad un piccolo edificio sul lato.MOTEL – CAMERE LIBERE. L'insegna era spenta, ma forse avevano dimenticato di accenderla.

Potrebbe essere una scena comune, il proprietario di un motel con pochi clienti che accoglie quella ragazza carina in una serata di pioggia.
Ma siamo al Bates Motel e questa è la storia che Robert Bloch ha raccontato in Psyco in un romanzo che è anche un viaggio da brividi nella mente dell'uomo in un libro inquietante che ha al centro la storia di uno psicopatico, il doppio (o triplo?) Norman Bates.
Il ragazzino che trovava rifugio gettandosi alle ginocchia della madre. E poi l'adulto capace di razionalizzare la sua situazione, andando a leggere libri di psicologia e che cercava di proteggere sé stesso e la madre.
Era un po' come essere due persone, davvero .. il bambino e l'adulto. Ogni volta che pensava a sua madre tornava a essere piccolo, parlava in modo infantile, e aveva riferimenti e reazioni emotive da bambino. Mentre quando era da solo, magari anche non da solo, ma immerso in un libro .. era una persona matura.

Quella madre così particolare, che non accetta che nessuna ragazza, di quelle di oggi, con così strane idee per la testa, si avvicini al figlio Norman, l'impotente.
Donne come Mary, che Norman si trova a spiare dal buco nel muro: la vede spogliarsi, la vede ancheggiare davanti allo specchio, la vede entrare nella doccia ...
Mary cominciò a gridare, la tenda si aprì ancora di più, e poi ecco .. una mano. E un grosso coltello. Lo stesso che un istante dopo, le mozzò il fiato in gola.E la testa.

Tocca a Norman proteggere sua madre dalla sua pazzia, non può lasciarla dentro un istituto per pazzi, dove morirebbe. Sua madre doveva rimanere in quella casa, dove tutto era familiare, dove tutto era rimasto uguale a sé stesso da decenni.
Lei doveva stare lì, con lui. Forse era pazza, e un'assassina, ma era tutto quello che aveva. Tutto quello che desiderava. Tutto quello di cui aveva bisogno. Gli bastava sapere che era lì, accanto a lui, mentre si addormentava.

E le vittime dovevamo sparire per sempre, senza lasciare tracce dietro. Ma nessuna persona è un'isola: anche Mery aveva una sorella Lila, che si preoccupa per la sua scomparsa, e un fidanzato Sam, pure lui preoccupato di non avere notizie da parte sua e risposte alle sue lettere.
Strano, si disse Sam, come si dia sempre per scontato di sapere tutto di un'altra persona, magari solo perché la vediamo spesso o per via di un particolare legame emotivo.

Non ci sono solo Sam e Lila, c'è anche un investigatore, Arbogast, sulle tracce dell'impiegata Mary Crane e di quei 40 mila dollari sottratti.
Arbogast riuscirà a risalire a quell'ultima notte di Mary al Bates Motel e, nella speranza di avere ulteriori notizie, cercherà di interrogare la madre di Norman, che ha visto dalla finestra della casa.

Lila, non riesce a rimanere ferma in attesa di notizie dall'investigatore, perché pensa che in fondo tutti siano interessati più ai soldi che a Mary: assieme a Sam si presenta anche lei al Motel, fingendosi una coppia, per capire cosa sia successo alla sorella.
E così, incontrerà in un agghiacciante pre-finale, la signora Norma Bates, la madre di Norman.
Gridò quando vide la vecchia distesa lì, quella vecchia rinsecchita, con i capelli grigi e la faccia marrone e raggrinzita in un osceno ghigno di saluto. 
Signora Bates!” Lila era senza fiato. 
Si.” 
Ma la voce non veniva da quelle mascelle infossate, color cuoio. Veniva dalle sue spalle..

Sorprende, in questo romanzo, lo stile in cui viene raccontata la storia, con cui vengono eviscerati i caratteri dei personaggi e i loro pensieri.
I dubbi di Mary di fronte alla sua scelta.
E la personalità multipla di Norman, la madre possessiva che ha riversato su di lui il rancore bei confronti del padre, l'essere cresciuto attaccato a questa figura a tal punto da averla quasi inglobata dentro.
Nel film di Hitchcock, che deve tutto a questo libro, queste analisi sono sfiorate e dunque val la pena leggersi il romanzo di Bloch. Fino all'incredibile finale:
Ma come, lei che non avrebbe fatto del male neanche a una mosca....


La scheda del libro sul sito di Bompiani
I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

24 agosto 2019

Il silenzio sul terremoto e il rumore del pettegolezzo politico


Ad Amatrice, e negli altri comuni colpiti dal terremoto del 24 agosto 2016, hanno preferito così: ricordare i morti, la distruzione, i paesi distrutti in silenzio, in una celebrazione senza autorità.
Quelle autorità che, nei giorni successivi, avevano fatto passerella sui luoghi colpiti dalle scosse.
Quelle autorità che hanno usato il terremoto e i terremotati (in tenda, mentre diamo soldi ai clandestini, neri ovviamente) per pura speculazione politica.

Bene, il silenzio dello Stato, fermo nell'opera di ricostruzione e fermo anche nell'opera di messa in sicurezza del paese, è la risposta giusta da parte di queste persone, nelle Marche, nell'alto Lazio, la cui vita è oggi sospesa, in perenne attesa di uno sblocco che faccia partire i lavori, che snellisca certe procedure, che ridia vita ai paesi.

Ma questi giorni, queste settimane, non sono state affatto giorni di silenzio.
Sono stati i giorni della ridicola caduta di un governo del cambiamento, il governo del popolo, la cui solidità si poggiava su un contratto di governo e che in venti mesi ha fintamente abolito i clandestini, la povertà, la precarietà sul lavoro, la corruzione e le famigerate ong.

La politica non dovrebbe essere fare comizi in spiaggia, non dovrebbe essere rivolgersi ai social ai propri elettori senza riferire in Parlamento. La politica non si fa parlando alla pancia delle persone (prima gli italiani, prima i terremotati in tenda e si è visto poi..), non si fa senza un programma, una visione comune, uno sguardo ai tempi lunghi.
Il governo giallo-verde era così solido che si è sfaldato come neve al sole appena il ministro della presunta sicurezza ha cercato di passare all'incasso, pensando ai sondaggi e ad un governo con pieni poteri.
Ridicolo, lui e tutti quelli, anche nell'informazione, che hanno costruito questa bolla mediatica.

Ora abbiamo tre possibili scenari: un governo m5s-pd, che nasce male per la pretesa dei 5 stelle di portare avanti il taglio dei parlamentari; andare alle elezioni dove probabilmente vincerebbe l'estrema destra oppure arrivare ad un governo anti-Salvini, che dietro non ha nient'altro e che consentirebbe solo a Salvini (e Renzi) di preparare la campagna elettorale.

Come siamo arrivati a questo?
Un passo per volta, esecutivo dopo esecutivo, a furia di accettare il meno peggio, le dirette social, i politici da salotto, le battute contro giornalisti, magistrati, il nemico dell'occasione (le ong, Carola, la Boldrini, Mattarella che doveva essere messo sotto accusa, i sindacati..).


La copertina de l'Espresso è molto significativa.

Il governo giallo-verde è solo l'ultimo scalino della scala, ne possiamo scendere altri. Teniamolo in mente quando si tratterà di scegliere il prossimo Parlamento.

PS: venti anni fa usciva al cinema Matrix. Chi lo avrebbe mai pensato che, non solo in Italia, avremmo scelto in larga parte la pillola azzurra?