Che fine ha fatto la fabbrica italiana auto Torino, una volta nota come Fiat? Oggi questa azienda parla francese e i sindacati italiani per farsi ascoltare devono andare a Parigi e non a Roma. Che conseguenze ha avuto per la nostra economia la nascita di Stellantis? Mentre in Italia gli stabilimenti chiudono, a Parigi si progetta l’auto del futuro.
Un secondo servizio sarà dedicato ai morti per inquinamento, morti silenziose, di cui nessuno parla. È possibile togliere le auto dal centro delle città?
La fine dell’industria dell’auto italiana
Una
volta, tanti anni fa, si diceva che quando la Fiat aveva il
raffreddore tutta l’industria italiana aveva la febbre perché,
come spiegava l’allora presidente Agnelli,
“ciò
che vale per la Fiat vale per l’Italia”. Sono
passati anni, c’è stata prima la fusione con la Chrisler e poi
l’unione col marchio PSA (dentro cui c’è la Peugeot): qual è la
situazione negli stabilimenti italiani della ex Fiat?
Una volta
le auto le sapevamo fare: lo spiega Manuele Bonaccorsi che è andato
a trovare il re del designer Giorgetto Giugiaro, nel suo capannone
nella periferia di Torino sono conservati tutti i modelli disegnati
per l’industria italiana, dalle vetture del boom economico fino
alle supercar elettriche. Dalla Giulia dell’Alfa Romeo, l’850
spider, la Ferrari, tutte auto disegnate e pensate tenendo conto
anche dei costi di produzione, come per l’Alfasud, dove il designer
decise di bloccare il lunotto posteriore perché alzarlo costava
troppo, meglio un bauletto. Negli anni 80-90 ha disegnato le auto più
vendute dalla Fiat, la Panda, la Uno e la Punto: “la Punto è stato
forse il modello che gli ha reso di più, perché quando facciamo un
progetto dobbiamo sapere quanti punti di saldatura, quanti pesi, che
stampi, quanti colpi dello stampo, per limare i costi.”
A
Wolfsburg il designer italiano piace così tanto che nel 2010 la
società di progettazione di Giugiaro,
la
Italdesign, viene acquisita dalla Volkswagen: “andando nella VW ho
trovato nella sala riunioni la 128 Fiat smontata pezzo per pezzo,
loro mi dissero che non sarebbero mai riusciti a fare un prodotto
come la Fiat con quel peso, quell’estetica, quelle misure di
abitabilità e bagagliaio e con quel costo, questo significa che
sapevamo fare le autovetture..” ricorda oggi Giugiaro parlando col
giornalista di Report.
Si possono ancora fare auto in
Italia?
“Fare questo prodotto è come fare una squadra di
calcio, se non ti alleni tutti i giorni e non produci competizione
come puoi sperare di fare una squadra importante?”
John Elkann
continua a dire che non si tratta di una acquisizione di PSA nei
confronti di Fiat, FCA, ma si tratta di un matrimonio tra pari.
“Adesso
il gruppo Peugeot detiene il potere creativo, lei vada a vedere chi
sono i responsabili dei brand italiani, non c’è nessun italiano”
il commento sarcastico del designer.
Ma come siamo arrivati a
questo (deindustrializzazione, perdita di competenze..)?
Lo
stabilimento di Mirafiori una volta occupava decine di migliaia di
operai, secondo i dati della Fiom tra il 2008 e il 2020 il solo
settore metalmeccanico ha perso nella provincia di Torino 32mila
posti di lavoro. La cintura attorno alla città, una volta sede di
una industria ricca e fiorente, oggi è piena di capannoni vuoti,
come quello di Carlo Bava, ex imprenditore, che a Report racconta di
come fossero stati una volta leader nell’armatura dei volanti,
c’erano tre linee di produzione che producevano i pezzi in modo
silenziato, senza vibrazioni, “qui si arrivava a farne 8000 al
giorno per FIAT..”. Alla fine ha dovuto chiudere perché sono
rimasti con dei crediti inesigibili in mano nel momento in cui anche
Fiat aveva dei problemi. Nel 2007 l’azienda viene rilevata dalla
Sila Holding ma tre anni dopo viene fermata la produzione, oggi il
gruppo Sila ha stabilimenti a Melfi, a Chieti e in Polonia ma non più
a Torino.
Quanti altri imprenditori che lavoravano per FIAT sono
stati costretti a chiudere? “Parecchi” risponde a Report il
signor Bava “perché chi lavorava solo per Fiat è stato tra i
primi a chiudere..”
La GKN importante stabilimento fiorentino che produceva semiassi il 9 luglio 2021 ha licenziato con una semplice mail i suoi 422 operai i quali in risposta hanno occupato la fabbrica e da due anni hanno aperto una vertenza per preservare i posti di lavoro.
Dario Salvetti è responsabile del collettivo di fabbrica: “questa era l’ex Fiat di Firenze e aveva la sua importanza strategica e geografica nel fatto che era in grado di servire, e serviva, quasi tutti gli stabilimenti in Italia.”
Oggi
i semiassi montati dalle auto FCA arrivano dalla Polonia, Slovenia:
il lavoro è stato portato fuori e non c’è una politica
industriale che possa salvaguardare le professionalità che c’erano
e che ora stanno andando via.
Report è andata poi a Grugliasco,
di fronte alle porte della LEAR, importante azienda dell’indotto,
ma oggi l’azienda ha annunciato nuovi esuberi, 269 persone
rischiano il posto, più o meno due su tre – ricordano gli operai a
Bonaccorsi: “producevamo sedili per la Maserati, ad oggi le linee
Maserati a Mirafiori in maniera strutturale lunedì e venerdì sono
ferme. Molto spesso si fermano anche il martedì e giovedì.”
A
Mirafiori c’è oggi una produzione della 500 elettrica: ma in
questo stabilimento della LEAR non si lavora alla 500, perché c’è
stata una gara d’appalto con i turchi e hanno vinto loro – spiega
un operaio – che erano appena entrati nel mercato.
La linea di
assemblaggio è a poco meno di un km dallo stabilimento, ma i pezzi
arrivano tutti dalla Turchia, è una delocalizzazione nascosta.
Così,
il 1 giugno un gruppo di oltre 100 operai della Stellantis si
incontra davanti la sede del comune di Torino per partire nel loro
viaggio verso Poissy in Francia, sede dello stabilimento principale
di Stellantis. Gli operai dei vari stabilimenti italiani raccontano
della cassa integrazione, dell’incertezza sul futuro - quali
modelli verranno prodotti in Italia? - e stanno andando in Francia
proprio per avere delle risposte.
Uno di questi racconta di
lavorare tre settimane al mese, poi la quarta viene messa magari in
carico all’Inps, con una riduzione dei costi notevoli mentre il
lavoro nella catena di montaggio rimane alto, ogni 50 secondi esce
una Panda dallo stabilimento di Pomigliano, “significa che ogni
secondo il lavoratore ha un’operazione da compiere, senza riposo”,
siamo alla saturazione al 100% dei tempi, senza nemmeno il tempo per
soffiarsi il naso con un fazzoletto, perché per prendersi un
fazzolettino servono dai 30 ai 40 secondi e la produzione non può
fermarsi.
Bonaccorsi ha chiesto ai lavoratori di Pomigliano cosa
è cambiato con l’arrivo dei francesi: “c’è stato il
tentativo di tagliare sui costi, la pulizia dei bagni, la sicurezza
all’interno dei reparti.. prima della pandemia i bagni si pulivano
con un ciclo di tre volte a turno, oggi il ciclo di pulizia è una
volta al giorno. Stiamo parlando bagni dove arrivano 1000 lavoratori,
trovare bagni sporchi, che puzzano, è una mancanza di rispetto nei
confronti dei lavoratori.”
La scheda del servizio: Da Stellantis alle stalle di Manuele Bonaccorsi
Collaborazione di Madi Ferrucci
Immagini di Davide Fonda, Carlos Dias, Marco Ronca e Paolo Palermo
Ricerca Immagini di Eva Georganopoulou e Paola Gottardi
Montaggio di Marcelo Lippi e Raffaella Paris
Grafiche di Michele Ventrone
Alla fine degli anni ‘80 l’Italia era la prima potenza europea del settore auto, Fiat ne era alla guida e Torino rappresentava la sua capitale industriale
Oggi abbiamo perso le menti e i tecnici che l’avevano resa grande, migliaia di posti di lavoro sono scomparsi e in termini produttivi ci hanno ormai superato anche Romania, Slovacchia e Repubblica Ceca. Dopo la fusione con l’americana Chrysler del 2014, nel 2021 arrivano le nozze con i francesi di PSA da cui nasce Stellantis. Per John Elkann è “un matrimonio tra pari”, ma il vero centro del gruppo sembra ormai Parigi, anche per la presenza dello Stato francese nel capitale azionario. In Italia decine di migliaia di lavoratori sono in cassa integrazione e le aziende dell’indotto sono a rischio chiusura, mentre l’azienda progetta nuovi stabilimenti produttivi in Africa e apre una fabbrica di batterie nel nord della Francia. Con una intervista esclusiva a Nicolas Dufourcq, rappresentante dello Stato francese nel cda di Stellantis, e documenti interni inediti, Report spiega lo spostamento oltralpe della catena del valore dell’industria automobilistica, nonostante l’ingente quantità di aiuti di Stato ricevuti negli ultimi 30 anni.
La mal’aria
Nello
scorso fine settimana dentro la festa di Radio Popolare Milano all’ex
OP Paolo Pini, si è discusso di sanità pubblica, dello stadio di
Milano, delle bugie diffuse dall’industria alimentare e anche della
mobilità nelle città. Perché pare che in Italia non si possano
avere città a misura di tutti, dei pedoni e persino dei ciclisti.
Il
servizio di Report di Emanuele Bellano racconterà della
trasformazione di Amsterdam che una volta era una città preda del
traffico, mentre oggi ha una media di auto per popolazione pare a 250
auto ogni mille abitanti (in Italia la media è di 660). L’anno
della svolta è stato il 1970 quando in città si registrarono
incidenti in cui morirono circa mille persone: i cittadini chiesero
dunque un cambiamento e per ottenerlo andarono a manifestare per le
strade della città contro il traffico e gli incidenti. Sulla
mobilità Amsterdam indisse un referendum, volete una città con
poche auto o una città per le auto: il referendum passò col 53% dei
voti e la città si trasformò verso una città ecologica, nel 2018 è
stato approvato il Clim Air Action plan, il cui obiettivo è
trasformarla entro il 2030 in una città con traffico a 0 emissioni.
Il portavoce della municipalità ha spiegato a Report come intendono raggiungere questi obiettivi: dal 2025 tutti i taxi devono essere elettrici, un gran cambiamento che va fatto informando la popolazione ed educandola alle alternative all’auto.
Report ha raccolto la testimonianza di una ragazza italiana venuta qui per fare ricerca: voleva portarsi la sua auto ma questa si è rivelata un’impresa impossibile perché il periodo di attesa per avere il permesso per parcheggiare in strada, non per un posto auto, ma per il diritto di cercarlo, aveva una lista di attesa di circa 8 anni.
Senza questo permesso Stefania Milan avrebbe dovuto pagare un ticket quotidiano per il parcheggio di 75 euro e così alla fine la macchina è rimasta in Italia.
La scheda del servizio: La mal'aria di Emanuele Bellano
Collaborazione di Cecilia Bacci, Chiara D’Ambros e Roberto Persia
Immagini di Chiara D'Ambros, Davide Fonda e Fabio Martinelli
L'inquinamento dell'aria provoca ogni anno in Italia, secondo l'Unione Europea, circa 60mila morti causando malattie non solo all'apparato respiratorio ma anche al sistema cardio-circolatorio
Dal 2006 le Regioni italiane sforano costantemente i limiti di legge previsti per il particolato e il biossido di azoto. Quali misure sono state prese dalle amministrazioni per tutelare la salute dei cittadini? Cosa è stato fatto e cosa invece manca all'appello? Report ha ricostruito il sistema di vigilanza e di misurazione delle sostanza inquinanti: manca un monitoraggio delle particelle più sottili, le ultrafini, che sono le più pericolose per l'organismo, perché entrano capillarmente nel sangue e da lì raggiungono tutti gli organi compromettendo la loro funzionalità. Oltre ai danni alla nostra salute, tutto questo ha una pesante ricaduta economica: le procedure di infrazione aperte dall'Unione Europea rischiano di costarci circa 2 miliardi di euro ciascuna. Mentre i costi sanitari vanno dai 2.000 euro ad abitante all'anno a Torino fino ai 2.800 euro a Milano.
La sicurezza negli stabilimenti della Cremonini
Il
servizio di Bernardo Iovene si occuperà dei lavoratori degli
stabilimenti del gruppo Cremonini e delle malattie in ambito
lavorativo, denunciate dai sindacati.
Prima
di arrivare sulle nostre tavole la carne viene sezionata e disossata
nei macelli: un sistema di produzione dove gli animali sono una merce
come le altre, un sistema intensivo che è crudele per gli animali e
pesante anche per l’uomo, commenta così le immagini del servizio
di Bernardo Iovene il portavoce di Animali Onlus Simone Montuschi. I
lavoratori della carne devono impiegare per ore seghe e coltelli per
disossare le carni, a ritmi molto veloci tanto che quando la
produzione aumenta queste persone accusano problemi di carattere
muscolo scheletrici, come da segnalazione dei sindacati del macello
Inalca, del gruppo Cremonini che, coi suoi marchi, è la più grossa
azienda del settore. Il sindacalista USB racconta al giornalista di
casi da tunnel carpale, la sintomatologia più diffusa, problemi alla
spina dorsale e ernie.
Inail
ha rilevato all’interno del macello Inalca 35 lavoratori con
malattie professionali come Jhonatan
Romero che
qui ha lavorato per 12 anni e oggi ha diversi problemi fisici, ernie,
un tendine rotto, calcificazioni: oggi deve riempirsi di Oki per
poter lavorare, a 39 anni. Jhonathan è stato licenziato proprio per
i suoi problemi fisici e per i giorni di malattia. Iovene racconterà
poi di come non solo USB, ma anche la CGIL il sindacato confederale,
ha problemi nel rapportarsi con Inalca perché si fa fatica a
discutere con questa azienda di sicurezza e di ritmi di lavoro troppo
veloci che causano anche un aumento di infortuni - spiega Davide
Torbidi della CGIL Agro Industria di Lodi.
La scheda del servizio: Insicurezza sul lavoro di Bernardo Iovene con la collaborazione di Lidia Galeazzo e Greta Orsi
Immagini di Paco Sannino
Grafiche di Federico Ajello
I lavoratori che si occupano del disosso della carne sono a rischio malattie professionali: come vengono tutelati?
All’interno degli stabilimenti Inalca del gruppo Cremonini, l’Inail ha riconosciuto a 35 lavoratori malattie professionali dovute alla modalità di lavorazione del disosso della carne. Ma secondo le testimonianze di lavoratori e alcuni sindacati la situazione sarebbe ancora più grave. Anche l’Ats di Milano è intervenuta con prescrizioni che prevedono più pause e ritmi meno elevati. I sindacati Cgil e Usb denunciano un rapporto difficile con l’azienda in ambito di sicurezza e le prescrizioni dell’ATS non basterebbero a evitare malattie muscolo-scheletriche ai lavoratori. Report ha intervistato un medico del lavoro dell’ATS oggi in pensione, che aveva effettuato un controllo all’interno dell’azienda del gruppo Cremonini per verificare il nesso con il lavoro svolto e 6 casi di malattie e lesioni agli arti. Racconta il suo stupore sia sulla metodologia del lavoro che nel rilevare che all’interno c’erano stati altri 60 casi di patologie simili.
Nelle mani dell’algoritmo
Siamo nelle mani di un algoritmo: quando chiediamo un prestito, quando ci candidiamo per un posto di lavoro, quando chiediamo un preventivo online per una polizza auto. L’università di Padova ha osservato più di 2400 conducenti osservando che gli algoritmi di alcune compagnie tendono ad offrire preventivi più cari a chi è nato all’estero. Lo spiega Alessandro Fabris ricercatore di etica dell’intelligenza artificiale “su 10 compagnie circa la metà usa la località di nascita, tipicamente a sfavore di chi è nato all’estero ..”
E’ sufficiente ricorrere ai vari comparatori di preventivi che confrontano i prezzi di diverse compagnie cambiando il luogo di nascita ma residenti nello stato quartiere, alcune assicurazioni (Genertel, Direct) danno premi più altri per chi è nato fuori dall’Italia.
Anche 170 euro in più se sei nato in Spagna, ad esempio, per l’algoritmo di Genertel: colpa del “merito creditizio” che si ottiene interrogando banche dati esterne, spiega la compagnia che assicura come il luogo di nascita non venga calcolato.
Curioso come nel Preventivatore IVASS, l’ente regolatore, il luogo di nascita non venga mai richiesto, così alla fine per Genertel si calcolano i preventivi più cari per le guidatrici nate in Spagna e a Roma (l’esempio usato dalla giornalista di Report).
La scheda del servizio: Il calcolo opaco di Antonella Cignarale
Collaborazione di Giulia Sabella
Immagini di Giovanni De Faveri, Cristiano Forti, Davide Fonda, Andrea Lili e Paolo Palermo
Ricerca Immagini di Paola Gottardi e Alessia Pelagaggi
Grafiche di Michele Ventrone
Sempre più decisioni sono basate su processi automatizzati.
Nell'era dell’intelligenza artificiale crescono i servizi che hanno alle spalle sistemi capaci di elaborare grandi quantità di dati e di fornire soluzioni che velocizzano le decisioni di enti pubblici e privati: dall’assegnazione di posti di lavoro a polizze assicurative, sussidi e bonus. Gli algoritmi sono progettati allo scopo di valutare, categorizzare e prevedere anche alcune dinamiche sociali. Il loro enorme potenziale, però, può tradursi anche in rischio. A seconda dell’ideazione e settaggio e dei dati che vengono forniti, l'intelligenza artificiale alla base di questi sistemi automatizzati può produrre risultati distorti e avere un impatto negativo sulla vita dei cittadini, anche devastante. Tra le criticità c'è sicuramente la mancanza di trasparenza sul loro funzionamento e gli ambiti di applicazione. Inoltre, quando la decisione non contempla l'intervento umano, per i cittadini diventa impossibile tutelare i propri diritti.
Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.
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