Il calcolo opaco di Antonella Cignarale
Sempre più servizi pubblici e privati vengono gestiti da algoritmi, dall’analisi di un esame, al premio di un dipendente. Ma chi controlla gli algoritmi e come prendono le loro decisioni, su quali dati?
E come la mettiamo quando gli algoritmi prendono decisioni sulle persone, sui loro diritti civili?
Le
regole della democrazia chiederebbero un controllo su come si
prendono queste decisioni ma spesso si riscontra una opacità su
questi algoritmi, anche nella pubblica
amministrazione.
Nell’assegnazione dei docenti c’è un
algoritmo ad esempio: la giornalista di Report ha raccolto
testimonianze di diversi docenti in cui il sistema automatizzato, che
è un atto amministrativo del ministero, aveva preso delle decisioni
errate mandando i docenti in luoghi diversi dalle loro scelte.
C’è
poi il mondo delle assicurazioni online: il report dell’università
di Padova sui preventivi online racconta di come molte assicurazioni
considerino il luogo di nascita (a sfavore di chi è nato all’estero)
come fattore della tariffa.
E’
sufficiente ricorrere ai vari comparatori di preventivi che
confrontano i prezzi di diverse compagnie cambiando il luogo di
nascita ma residenti nello stato quartiere, alcune assicurazioni
(Genertel, Direct) danno premi più altri per chi è nato fuori
dall’Italia.
Anche 170 euro in più se sei nato in Spagna, ad
esempio, per l’algoritmo di Genertel: colpa del “merito
creditizio” che si ottiene interrogando banche dati esterne,
spiega la compagnia che assicura come il luogo di nascita non venga
calcolato.
Ma alla fine basta fare delle verifiche e se sei nato fuori dall’Italia sei discriminato.
Curioso come nel Preventivatore IVASS, l’ente regolatore, il luogo di nascita non venga mai richiesto, così alla fine per Genertel si calcolano i preventivi più cari per le guidatrici nate in Spagna e a Roma (l’esempio usato dalla giornalista di Report).
Nei
paesi Bassi hanno usato un algoritmo per assegnare dei fondi per le
famiglie con problemi: ma a seguito dell’errata assegnazione dei
sussidi da parte dell’algoritmo, che penalizzava i cittadini non
olandesi, ha portato ad uno scandalo e alle dimissioni dei
ministri.
Molte famiglie ritenute come frodatrici hanno ricevuto
una richiesta di restituzione dei fondi, si sono sentite
criminalizzate, hanno perso la casa e in alcuni casi anche i
figli.
Hanno schedato le persone in base alla nazionalità: oggi
l’amministrazione fiscale ha ammesso l’errore e ha istituito un
fondo da 5 ml di euro per risarcire le persone, ma in ogni caso il
danno di immagine per l’Olanda è enorme.
La mal'aria di Emanuele Bellano
Le nostre città sono tra le più inquinate d’Europa, Torino tra queste è la più inquinata di Italia: Report ha raccolto la testimonianza della madre di un bambino nato a Torino, che si è ammalato più volte di bionchioliti.
A
Torino il limite del pm10 è stato superato in modo costante dal
2008: la cappa di smog soffoca la città, tutte le persone la devono
respirare, anche i bambini come Andrea con un asma. Dopo 5 anni la
famiglia di Andrea ha deciso di trasferirsi fuori città ma ha fatto
causa al comune: perché ci sono anche bambini che non possono
lasciare la città, come hanno potuto fare loro.
L’esposizione
ad un inquinamento elevato, come quello di Torino, può produrre dei
danni nei bambini? Esiste un rapporto documentato di causa effetto
tra inquinamento e malattia? Oggi sappiamo che l’inquinamento
produce malattie come asma, bronchite cronica e tumore polmonare, c’è
una relazione anche con l’ictus e con l’infarto al miocardio.
Nel
2022 sono morto 60mila persone per cause legate all’inquinamento –
sostiene l’Unione Europea: è l’inquinamento da ozono, dal pm10 e
dal pm2,5, se si osserva un polmone malato si vedono fenomeni di
accumulazione di particelle come nei fumatori.
Ci sono anche
particolati più sottili nell’aria, con diametro inferiore ai 10
nanometri: sono fenomeni causati da fenomeni di combustione della
legna, dalle emissioni delle automobili.
Queste
polveri ultrasottili entrano in circolo nel sangue e possono così
raggiungere tutto il corpo: le
ARPA, gli organi che dovrebbero misurare gli inquinanti nell’aria,
spiegano che non sono in grado di misurare le particelle ultra fini,
che poi sono le più pericolose per l’uomo.
Monitoriamo le
altre sostante inquinanti, pm10 e pm2,5 ma non stiamo facendo molto
per migliorare la qualità dell’aria: siamo stati condannati dalla
corte di giustizia europea, e rischiamo delle multe miliardarie per
l’inquinamento nelle città italiane.
L’Oms ha dimezzato i limiti dell’esposizione di queste particelle e anche dell’azoto: entro il 2030 dovremo recepire questi nuovi limiti ma le regioni del nord hanno già iniziato a protestare. Emilia, Lombardia e Piemonte sono le regioni tra le più inquinate ma giudicano queste scelte folli, preferendo difendere il profitto delle imprese.
Nessuno
controlla, a nessuno importa degli effetti di questo inquinamento,
almeno fino ad oggi. Fino alla denuncia dei genitori di Andrea, che
hanno fatto causa al comune di Torino.
Potrebbe essere una
sveglia per tutti gli amministratori di regione e comuni.
I
controlli sui mezzi delle città poi non sempre funzionano: a Torino
il controllo della ZTL ad esempio viene fatto solo per poche ore, non
si è mai deciso di estenderla.
Nei 5 anni dell’amministrazione
Appendino si arriva con l’auto sotto palazzo Madama, di fatto c’è
una ZTL inesistente ma, assicurano dal comune, stanno decidendo se
estendere la zona o meno..
Ma anche il divieto di circolazione
dei mezzi inquinanti non sempre viene applicato, perché la polizia
locale non ha mezzi a sufficienza: ci sono furgoni diesel euro 3 che
transitano in città, tanto non ci sono telecamere che monitorano
l’ingresso in città.
Succede così che a Torino siano
penalizzati i mezzi proprio meno inquinanti, ovvero le persone che
usano la bici.
Nessun
controllo nemmeno a Genova e a Roma: si parla ancora di fascia verde
o di anello, ma mancano i controlli (di telecamere e vigili) per
controllare i varchi.
Quando poi il comune ha iniziato a parlare
di ztl, sono partite le proteste dei cittadini, spesso sobillate dai
partiti di opposizione nelle amministrazioni locali.
Certo,
comprare un’auto nuova costa, il trasporto pubblico è
insufficiente. Così le città italiane sono distanti anni luce
rispetto alle altre città europee: manca la sharing mobility,
mancano le alternative alle auto e ogni amministratore ha lasciato
sulle spalle del suo successivo una situazione peggiore, non hanno
preso alcuna decisione in merito.
Chi paga le conseguenze di
questo inquinamento sono i bambini più piccoli: perché inalano più
inquinante rispetto agli adulti, ogni anno si stimano 1200 morti tra
gli adolescenti per malattie respiratorie, chi nasce in aree
inquinante sviluppa col tempo una minore capacità respiratoria.
Ma noi continuiamo a difendere il diritto alle auto (anche vecchie) a circolare.
Ad Amsterdam è successo il contrario: qui le proteste dei cittadini hanno portato allo stop delle auto, come racconta il servizio di Report.
Il servizio di Report di Emanuele Bellano racconterà della trasformazione di Amsterdam che una volta era una città preda del traffico, mentre oggi ha una media di auto per popolazione pare a 250 auto ogni mille abitanti (in Italia la media è di 660). L’anno della svolta è stato il 1970 quando in città si registrarono incidenti in cui morirono circa mille persone: i cittadini chiesero dunque un cambiamento e per ottenerlo andarono a manifestare per le strade della città contro il traffico e gli incidenti. Sulla mobilità Amsterdam indisse un referendum, volete una città con poche auto o una città per le auto: il referendum passò col 53% dei voti e la città si trasformò verso una città ecologica, nel 2018 è stato approvato il Clim Air Action plan, il cui obiettivo è trasformarla entro il 2030 in una città con traffico a 0 emissioni.
Il portavoce della municipalità ha spiegato a Report come intendono raggiungere questi obiettivi: dal 2025 tutti i taxi devono essere elettrici, un gran cambiamento che va fatto informando la popolazione ed educandola alle alternative all’auto.
Report ha raccolto la testimonianza di una ragazza italiana venuta qui per fare ricerca 12 anni fa: voleva portarsi la sua auto ma questa si è rivelata un’impresa impossibile perché il periodo di attesa per avere il permesso per parcheggiare in strada, non per un posto auto, ma per il diritto di cercarlo, aveva una lista di attesa di circa 8 anni.
Senza
questo permesso Stefania Milan avrebbe dovuto pagare un ticket
quotidiano per il parcheggio di 75 euro e così alla fine la macchina
è rimasta in Italia, perché
ci sono mezzi di trasporto alternativi che funzionano, come i tram
dove si paga effettivamente in base alle fermate, si possono
affittare delle bici pubbliche per muoversi, parcheggiate in posti
controllati.
Mentre a Roma, Bologna, non esiste un servizio
pubblico per bici, ad Amsterdam anche la famiglia reale si muove in
bici.
A
Roma abbiamo bus diesel in circolazione, si sta pianificando adesso
l’acquista di bus elettrici, ci sono solo 3 linee con bus
elettrici: tra il 2020 e il 2021 ATAC ha messo in servizio ancora bus
a gasolio, anche se euro 6.
Anche Ama, la società per la
raccolta rifiuti, usa mezzi a gasolio, a Trieste i mezzi elettrici
per i rifiuti sono solo l’1 %.
Non
siamo riusciti nemmeno a prendere provvedimenti per proteggere le
città vicine alle autostrade: dovremmo ridurre la velocità nei
tratti prossimi alle città, perché meno velocità significa meno
emissioni, ma questo non è fatto perché manca la norma nel codice
della strada.
Il decreto legge dello scorso giugno, il “salva
infrazioni” oggi consentirebbe alle regioni di abbassare questi
limiti di velocità: servirebbe farlo perché l’Italia ha le città
tra le più inquinate in Europa, come la zona della pianura padana.
Dobbiamo proteggere la salute delle persone, che oggi devono spendere
soldi di tasca loro per curarsi dalle malattie respiratorie: per
curarsi dai danni dell’inquinamento ogni cittadino di Torino spenda
fino a 2mila euro e a Milano si arrivi a 2.800 euro.
Da Stellantis alle stalle di Manuele Bonaccorsi
Si parla di inquinamento dell’auto, di auto con motori con meno emissioni e non si può non pensare alla fine del settore automotive in Italia.
Una volta le auto le sapevamo fare: lo spiega Manuele Bonaccorsi che è andato a trovare il re del designer Giorgetto Giugiaro, nel suo capannone nella periferia di Torino sono conservati tutti i modelli disegnati per l’industria italiana, dalle vetture del boom economico fino alle supercar elettriche. Dalla Giulia dell’Alfa Romeo, l’850 spider, la Ferrari, tutte auto disegnate e pensate tenendo conto anche dei costi di produzione, come per l’Alfasud, dove il designer decise di bloccare il lunotto posteriore perché alzarlo costava troppo, meglio un bauletto. Negli anni 80-90 ha disegnato le auto più vendute dalla Fiat, la Panda, la Uno e la Punto: “la Punto è stato forse il modello che gli ha reso di più, perché quando facciamo un progetto dobbiamo sapere quanti punti di saldatura, quanti pesi, che stampi, quanti colpi dello stampo, per limare i costi.”
Giugiaro in Germania disegnò la Golf, una delle auto tedesche più vendute al mondo: a Wolfsburg il designer italiano piace così tanto che nel 2010 la società di progettazione di Giugiaro, la Italdesign, viene acquisita dalla Volkswagen: “andando nella VW ho trovato nella sala riunioni la 128 Fiat smontata pezzo per pezzo, loro mi dissero che non sarebbero mai riusciti a fare un prodotto come la Fiat con quel peso, quell’estetica, quelle misure di abitabilità e bagagliaio e con quel costo, questo significa che sapevamo fare le autovetture..” ricorda oggi Giugiaro parlando col giornalista di Report.
Si
possono ancora fare auto in Italia?
“Fare questo prodotto è
come fare una squadra di calcio, se non ti alleni tutti i giorni e
non produci competizione come puoi sperare di fare una squadra
importante?”
John Elkann continua a dire che non si tratta di
una acquisizione di PSA nei confronti di Fiat, FCA, ma si tratta di
un matrimonio tra pari.
“Adesso il gruppo Peugeot detiene il potere creativo, lei vada a vedere chi sono i responsabili dei brand italiani, non c’è nessun italiano” il commento sarcastico del designer.
Se la direzione è francese, mica danno la responsabilità della produzione ad un italiano. Alfa Romeo e FCA hanno responsabili italiani.
Nel 1999 producevamo 1,4ml di auto, oggi siamo a 473mila veicoli: negli anni abbiamo eroso l’industria dell’auto e anche il marchio, da FIAT siamo passati a Stellantis.
Dovevamo accorgerci di questo, quando dalla Fiat sono andati via i grandi designer, gli ingegneri, i progettisti dell’auto. Quando Marchionne anziché puntare sull’elettrico decise di puntare sul metano. Così oggi la Fiat ha solo un modello elettrico, la 500.
Il
taglio della produzione di auto ha comportato il taglio anche degli
stabilimenti e degli operati: a Torino i dipendenti hanno una età
media quasi di 55 anni, molti dei quali tra poco andranno in
pensione.
La strategia di Stellantis per Torino è la
rigenerazione delle auto, ovvero smontare vecchi modelli: non ci
saranno 550 assunzioni nuove, ma sposteranno persone a fare queste
operazioni da sfasciacarrozze. Il testo dell’accordo tra Tavares e
il comune (guida PD) o regione (centro destra) è segreto, non può
essere divulgato nonostante
sia
un accordo firmato con enti pubblici.
La
regione Piemonte avrebbe garantito a Stellantis uno sconto
sull’energia, potrebbe essere pure un aiuto di stato bloccato
dall’Unione Europea.
Tavares nell’accordo parla di
rivalorizzare la zona industriale: già nel 2005 comune e regione
avevano già acquistato il 10% dell’area industriale di Fiat per
70ml in cambio dell’arrivo a Mirafiori del modello Mito dell’Alfa.
Forse una specie di finanziamento pubblico alla Fiat.
Ci sono
progetti per le aree industriali dismesse a Torino? Al momento si
parla di nuovi centri commerciali e poco altro, alla fine il buco nei
conti è rimasto nelle amministrazioni (sono circa 30ml di euro che
qualcuno pagherà).
Quello del 2005 non fu l’unico aiuto di stato: Melfi ha ricevuto 3,3 miliardi di euro di contributi pubblici, la cassa integrazione pagata negli ultimi 14 anni è costata 4,7miliardi di euro. FCA ha ricevuto un prestito garantito dallo stato di 6,3 miliardi.
Cosa rimane della produzione ex Fiat in Italia: la fusione che ha generato Stellantis potrebbe avere ricadute economiche importanti.
Lo
stabilimento di Mirafiori una volta occupava decine di migliaia di
operai, secondo i dati della Fiom tra il 2008 e il 2020 il solo
settore metalmeccanico ha perso nella provincia di Torino 32mila
posti di lavoro. La cintura attorno alla città, una volta sede di
una industria ricca e fiorente, oggi è piena di capannoni vuoti,
come quello di Carlo Bava, ex imprenditore, che a Report racconta di
come fossero stati una volta leader nell’armatura dei volanti,
c’erano tre linee di produzione che producevano i pezzi in modo
silenziato, senza vibrazioni, “qui si arrivava a farne 8000 al
giorno per FIAT..”. Alla fine ha dovuto chiudere perché sono
rimasti con dei crediti inesigibili in mano nel momento in cui anche
Fiat aveva dei problemi. Nel 2007 l’azienda viene rilevata dalla
Sila Holding ma tre anni dopo viene fermata la produzione, oggi il
gruppo Sila ha stabilimenti a Melfi, a Chieti e in Polonia ma non più
a Torino.
Quanti altri imprenditori che lavoravano per FIAT sono
stati costretti a chiudere? “Parecchi” risponde a Report il
signor Bava “perché chi lavorava solo per Fiat è stato tra i
primi a chiudere..”
La GKN importante stabilimento fiorentino
che produceva semiassi il 9 luglio 2021 ha licenziato con una
semplice mail i suoi 422 operai i quali in risposta hanno occupato la
fabbrica e da due anni hanno aperto una vertenza per preservare i
posti di lavoro.
Dario Salvetti è responsabile del collettivo
di fabbrica: “questa era l’ex Fiat di Firenze e aveva la sua
importanza strategica e geografica nel fatto che era in grado di
servire, e serviva, quasi tutti gli stabilimenti in Italia.”
Oggi
i semiassi montati dalle auto FCA arrivano dalla Polonia, Slovenia:
“il
lavoro è stato portato fuori e non c’è una politica industriale
che possa salvaguardare le professionalità che c’erano e che ora
stanno andando via” raccontano
gli operai.
Report
è andata poi a Grugliasco, di fronte alle porte della LEAR,
importante azienda dell’indotto, ma oggi l’azienda ha annunciato
nuovi esuberi, 269 persone rischiano il posto, più o meno due su tre
– ricordano gli operai a Bonaccorsi: “producevamo sedili per la
Maserati, ad oggi le linee Maserati a Mirafiori in maniera
strutturale lunedì e venerdì sono ferme. Molto spesso si fermano
anche il martedì e giovedì.”
A Mirafiori c’è oggi una
produzione della 500 elettrica: ma in questo stabilimento della LEAR
non si lavora alla 500, perché c’è stata una gara d’appalto con
i turchi e hanno vinto loro – spiega un operaio – che erano
appena entrati nel mercato.
La linea di assemblaggio è a poco
meno di un km dallo stabilimento, ma i pezzi arrivano tutti dalla
Turchia, è una delocalizzazione nascosta.
Molti
pezzi della 500 elettrica sono realizzati all’estero, questo ha
causato un impoverimento della Fiat e anche dell’indotto: la
parola d’ordine del nuovo AD di Stellantis è razionalizzazione
della piattaforma, ovvero le auto del gruppo hanno molti pezzi in
comune. Ovvero si useranno solo piattaforme PSA, cioè francesi, non
italiane.
A Melfi ad esempio non arriveranno nuovi modelli
elettrici, né oggi né domani, non per la progettazione e nemmeno
per l’assemblaggio.
Un funzionario di FCA ha mostrato a Report
dei documenti interni: i componenti dei nuovi mezzi provengono tutti
da fornitori non italiani, penalizzando l’indotto italiano dentro
cui oggi lavorano 270mila persone.
Nell’indotto
c’è la Magneti Marelli che, dal 2018 (prima della
fusione coi francesi) è
stata venduto ad un gruppo giapponese, incassando
anche dei dividendi:
le
competenze tecnologiche della Marelli non sono state ritenute
importanti.
Oggi la Marelli ha firmato un accordo per circa un
migliaio di uscite concordate: l’accordo firmato nel 2018 tra FCA e
Marelli non è stato di fatto rispettato.
Di tutto questo se ne era occupato il Copasir, allora diretto da Urso: si paventava lo spostamento di FCA da governance italiana a quella francese con perdita di posti di lavoro.
Ma oggi Urso è stato costretto ad andare in Francia a inaugurare una nuova fabbrica di batterie elettriche.
Così, il 1 giugno un gruppo di oltre 100 operai della Stellantis si incontra davanti la sede del comune di Torino per partire nel loro viaggio verso Poissy in Francia, sede dello stabilimento principale di Stellantis. Gli operai dei vari stabilimenti italiani raccontano della cassa integrazione, dell’incertezza sul futuro - quali modelli verranno prodotti in Italia? - e stanno andando in Francia proprio per avere delle risposte.
Uno
di questi racconta di lavorare tre settimane al mese, poi la quarta
viene messa magari in carico all’Inps, con una riduzione dei costi
notevoli mentre il lavoro nella catena di montaggio rimane alto, ogni
50 secondi esce una Panda dallo stabilimento di Pomigliano,
“significa che ogni secondo il lavoratore ha un’operazione da
compiere, senza riposo”, siamo alla saturazione al 100% dei tempi,
senza nemmeno il tempo per soffiarsi il naso con un fazzoletto,
perché per prendersi un fazzolettino servono dai 30 ai 40 secondi e
la produzione non può fermarsi.
Bonaccorsi ha chiesto ai
lavoratori di Pomigliano cosa è cambiato con l’arrivo dei
francesi: “c’è stato il tentativo di tagliare sui costi, la
pulizia dei bagni, la sicurezza all’interno dei reparti.. prima
della pandemia i bagni si pulivano con un ciclo di tre volte a turno,
oggi il ciclo di pulizia è una volta al giorno. Stiamo parlando
bagni dove arrivano 1000 lavoratori, trovare bagni sporchi, che
puzzano, è una mancanza di rispetto nei confronti dei lavoratori.”
A Poissy i lavoratori francesi raccontano della competizione sui costi, dei turni di lavoro pesanti: anche in Francia si attendono tagli nella produzione, lo stesso Tavares ha creato un gruppo di manager che si chiama Ayatollah della riduzione dei costi.
Lo
stato
francese ha sovvenzionato l’auto francese (tramite la BPI un fondo
sovrano) come anche la nuova gigafactory,
inaugurata anche dal ministro Urso.
E in Italia? La
competizione favorirà la Francia, forse, ma in ogni caso Stellantis
sta puntando anche a nuovi stabilimenti all’est e anche in Algeria.
Il futuro degli operai italiani è quello della cassa integrazione e degli sfascia carrozze, nonostante gli alti profitti del gruppo Stellantis (e di alti dividendi)?
Tavares tra premi di produzione stipendio arriva a 24ml di euro, è il manager più pagato nel settore automobilistico.
Cos’ha da dire il governo italiano?
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