01 dicembre 2023

Soledad di Maurizio De Giovanni


Incipit (grazie a incipitmania): 

Potessi farlo, ti parlerei di solitudine.

Che a pensarci è una contraddizione, perché se qualcuno parla con qualcun altro, allora non è solo, ti pare? Se si possono scambiare sguardi a sottolineare le parole, se si può gesticolare, cambiare il tono di voce per esprimere uno stato d’animo a sostegno di un concetto, che solitudine è?

E quindi no, non posso parlarne. Ma lo farei volentieri. Ti parlerei di solitudine.

E ti direi che è qualcosa di ben diverso da ciò che la gente pensa.

Perché la gente di solitudine non sa niente. Immagina che sia una condizione, piú o meno momentanea; uno dice: mi trovo da solo, mi guardo attorno e studio la situazione. E magari perfino gli piace, essere solo; perché si gusta la pace, l’equilibrio, scopre il modo di osservarsi dentro e di meditare.

Ci può addirittura essere qualcuno che alla solitudine anela. Che la vuole, e cerca di procurarsene un po’, in una vita di corse e di lotte per la sopravvivenza nella quale gli altri, tutti gli altri, sono nemici o elementi di disordine.

La solitudine, si potrebbe credere, è ordinata: perché nella solitudine non c’è nessuno che porti confusione.

Niente di più sbagliato.

Perché di solitudine può parlare soltanto chi la prova in ogni istante. Anche nel sonno, quando si riesce a dormire, quando si inganna la mente con pensieri sparsi e superficiali per distoglierla dall’abisso.

Potessi farlo, ti parlerei di solitudine.

Solitudine.

Questo nuovo capitolo del nuovo corso del commissario Ricciardi ha al centro il tema della solitudine che, come scopriremo al termine del romanzo, è un male che può colpire anche le persone che non sono solo, che hanno qualcuno accanto. Anche se si è sotto il periodo di Natale quando si dovrebbe essere tutti felici per l’arrivo delle festività.
Ma questo è un Natale diverso dagli altri: siamo nel 1939, l’Europa è già in guerra, dopo che la Germania di Hitler ha invaso la Polonia. L’Italia è al momento neutrale, ma già si sentono le voci, alimentate dalla propaganda fascista per “rompere gli indugi”, seguire l’alleato germanico, a cui siamo legati da un patto di ferro, nel prendersi tutta l’Europa.

Perché siamo una nazione da un milione di baionette, che il Duce ha risollevato dalla miseria e dal caos dopo la prima guerra mondiale, ha riportato l’impero sui colli fatali di Roma, ha fatto arrivare in orario i treni. Poco importa che a causa delle sanzioni, manchino tanti beni agli italiani, che delle glorie dell’impero saprebbero che farsene, se non ci fosse la polizia politica a zittire il dissenso.

Si può essere soli perché si è diversi, per esempio una donna in un corpo di un uomo. Oppure se si cerca di pensare con la propria testa e non con quello che ti dice di pensare il regime.
Ma lo stesso vale per il tuo cognome, per la tua religione non è quella , o per quella che viene chiamata “razza”. Ci sono tanti modi di essere soli, pur essendo in mezzo alla gente.

Anche Ricciardi non dovrebbe sentirsi solo: c’è Nelide, la figlia Marta, intelligente, vivace, ci sono i genitori di Enrica. Eppure anche lui sente addosso questa solitudine, o forse è qualcosa di più sottile, una inquietudine legata a questi strani tempi. Dove tutti fanno finta che si stia preparando la tragedia.

Ma sono anche tempi dove si uccide: chissà per cosa sarà morta, la donna trovata in un palazzo in via Grande Archivio, per fame o per amore?

Si tratta della signorina Erminia Cascetta, trovata morta nella sua stanza, accanto a quella della madre, bloccata nel suo letto.

Qualcuno, un assassino o una assassina è entrata nell’appartamento, senza fare rumore, l’ha colpita da dietro e si è dileguata, senza farsi sentire e vedere da nessuno.
È questo il delitto di cui devono occuparsi Ricciardi e Maione: ma i possibili testimoni, a cominciare dalla madre, sembrano poco collaborativi.

E adesso chi mi pulisce il letto” è l’unico commento della madre, che sembra non approvare la vita della figlia.

Avanzò in quella direzione: il cadavere di una giovane era diverso al suolo. Il vestito era sollevato a scoprire le gambe fasciate da calze color carne prive di smagliature. Il viso poggiava a terra sulla guancia sinistra, lo sguardo vitreo rivolto alle zampe del comò. [..]
A ridosso della parete di fronte, quasi da fare a specchio alla Madonna Addolorata, l'immagine della morte in piedi, il sangue e la materia celebrale che colavano sul collo, gli occhi inespressivi ma con una scintilla di vita residua, sussurrava: egoista, egoista, lasciami vivere. Egoista, egoista, lasciami vivere. Egoista, egoista, lasciami vivere.

Di Erminia rimane solo l’ultimo suo momento, colto dal “fatto”, il dono e anche la condanna di Ricciardi, la sua capacità di sentire le ultime parole delle persone morte in modo violento

Ricciardi, col brigadiere Maione, dovranno cercare nella vita della ragazza, anzi, nel mistero della sua vita: nonostante le due donne vivessero solo della pensione del padre, Erminia viveva nel lusso, la portiera racconta ai due investigatori di un autista che veniva a prenderla.

È stato lui a volerle negare quella vita che chiedeva di vivere?

L’indagine dei due poliziotti, come sempre succede nei romanzi di De Giovanni, si intreccia con le loro vicende personali, che sono comunque frutto dei tempi brutti, difficili, che si stanno vivendo.

C’è un gruppo di ragazzi che si credono di essere “eletti”, chiamati a ripulire la società da tutti gli indesiderati. Le persone non degne di vivere assieme agli altri.
Gli omosessuali, i senzatetto: perché dobbiamo averli sotto gli occhi, perché non dar loro una lezione? Persone come Bambinella, o come il suo gruppo di amiche. O come quella donna, costretta a dormine sopra un cartone la notte perché non ha soldi per pagarsi una casa.
Sono il frutto di questa società, di questo regime che irregimenta i bambini fin da subito. Libro e moschetto, anzi più moschetto, perché magari nei libri si spiega che i veri eroi non sono dei vigliacchi. Magari nei libri si impara a rispettare gli altri.

Bruno è alle prese con le sue paranoie nei confronti del suo collega, il medico romagnolo che considera una spia della polizia politica messo a fianco a lui per incastrarlo.
Si diventa paranoici di questi tempi, si arriva persino a dubitare di chi ti sta a fianco. Perfino degli amici come Ricciardi, colpevole di far finta di niente di fronte a questo regime.

Non ti guardi attorno? La Germania invaso uno stato sovrano, senza motivo. Migliaia di persone, in quel paese e qui, sono cacciate dalle scuole dai posti di lavoro solo per il cognome che hanno. Il pazzo testa di vacca millanta di non voler entrare in guerra, ma continua a stanziare milioni per navi, aerei ed esercito, oltre a mandare truppe in Spagna a sostegno dei fascisti e a radicarsi in Africa, ammazzando i nativi come le mosche, e non dire di no perché si sa con certezza. Il senso, amico mio, e sempre lo stesso restare umani..

Dall’altra parte del mondo c’è una donna, si chiama Laura, ma questo non è il suo vero nome. È scappata qualche anno fa dall’Italia, per cercare di sfuggire ad un dolore, a quei due occhi verdi che non è ancora riuscita a dimenticare.
È sopravvissuta nel nuovo mondo cantando nei locali, la sera, cercando di imparare le canzoni di quella parte del mondo, come Caminito o come Soledad, la canzone scritta dal giornalista Alfredo Le Pera.

- Sai, senora, il tango cancion è più tuo che mio. Il tango tradizionale è una musica india, rabbiosa, una musica criolla; e le parole, insieme alla tristezza, la malinconia, sono arrivate dalla tua Europa. E da quelli che come te - e non dire di no perché ti conosco - hanno lasciato a casa un pezzo importante di sé. Le canzoni, i nostri tangos, sono il richiamo doloroso rivolto proprio a quel pezzo di sé rimasto in patria.

Fino a quando riuscirà a rimanere lontano dal suo mondo, questa donna?

E fino a quando si potrà far finta di vivere in tempi “normali”, a far finta che questo Natale, l’ultimo prima della guerra, sarà come gli altri?
Sono tempi di grandi contrasti, da una parte le parole della propaganda, le parate in divisa, anche con bambini, tutti in orbace, pronti a dare il sangue per la patria. Dall’altra la miseria, la fame, le malattie della povera gente.

L’annuncio della non belligeranza, per esempio. Tutti a tirare un sospiro di sollievo, tutti a pensare di essere fuori dalla mischia. Poi erano iniziati i razionamenti, e di lì la corsa all'accaparramento dei generi alimentari, gli acquisti al mercato nero. E c’era perfino chi premeva per rompere gli indugi e sedersi al tavolo della spartizione di territori da conquistare.
Da più di dieci anni era partita la follia dell'impero, e le conseguenze Modo le aveva sotto gli occhi: le sanzioni internazionali avevano prodotto povertà, denutrizioni, privazioni e morte. E nessuno lo ammetteva, nessuno si lamentava, quasi fosse un male necessario.

Un male necessario, inevitabile: la guerra, i morti, le macerie. E, poi, ancora, la pulizia della patria dalle razze inferiori, persone costrette ad abbandonare le loro case, il loro lavoro.
Qualcosa che arriverà a toccare anche Ricciardi, molto da vicino.

Che fare, in questi tempi? Andar via o rimanere? Cercare una nuova vita lontano, oppure cercare di fare come gli eroi, che di fronte al nemico, non scappano?

È la lezione di Maione di fronte ai suoi figli, l’esempio positivo che un padre può dare ai figli:

Perciò ricordate guagliù, si fa sempre in tempo a diventare eroi, basta non dimenticarsi la differenza con i vigliacchi e pensare a chi ci vuole bene, coi baci, con le carezze e pure con uno schiaffone, se ci vuole. E mò mangiamo e buon Natale a tutti.
Soledad è un romanzo che parla di solitudine, di un sentimento di amore malsano che sarà la causa del delitto, di egoismo e di voglia di vivere. Di paure e di speranze, di eroi e vigliacchi. Un dicembre che sa di amaro per Ricciardi e per molti italiani.

La scheda del libro sul sito di Einaudi
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