Milano, ottobre 1988, via Lomazzo
Lunedì
Erano in tanti in cosa all'ufficio postale. Giorno di pensione: l'età media dei partecipanti alla kermesse, come si potrebbe sospettare, era alta, ad eccezione di due soggetti poco più che quarant'enni in tuta blu (il Toni degli operai milanesi) che chiacchieravano in fondo alla fila.
Spazientiti.
Per essere precici, quello alto e prestante, con i capelli a spazzola che iniziavano ad ingrigirsi, al secolo Marietto, si rivolgeva all'amico, l'idraulico Giuseppe Possa, detto Pino, utilizzando tutta la sua peculiare, usuale delicatezza.
- Allora, Pino, per mì te see proppi on bell pirla.
- Perché dici così Mario?
- Perché, scolta, ma a te ti sembra che dobbiamo venire in posta proprio oggi che ritirano le pensioni? Mi me son già ròtt i ball di stare in coda.
Chissà se in via Lomazzo esiste veramente il bar William, o se è mai esistito: arrivati alla fine del racconto viene quasi voglia di andarlo a scoprire questo bar, incontrando il signor William, detto Villi, bravo a fare i caffè ma un po’ tirchio con patatine e altro cibo da piluccare.
Avevo letto romanzi gialli con investigatori che vestivano i panni di poliziotti, carabinieri, investigatori privati e perfino preti. Mai mi era capitato di incontrare, come improbabile coppia di investigatori un idraulico (in dialetto milanese el trombee) e un gommista, ovvero Marietto e Pino, gli Sherlock Holmes del Borgh di Ortolan, quella zona di Milano tra via Sarpi, via Canonica e via Piero della Francesca.
Eppure, nonostante le apparente e le tute da lavoro, in dialetto toni, saranno loro due, assieme all’amica Eddy, una ragazza che lavora in un night chiamato BarLafus (anche qui siamo in pieno dialetto) a risolvere un enigma piombato nelle loro vite.
Chi ha spedito a Pino, l’idraulico un po’ naif, quella busta contenente una musicassetta?
Non so se avete presente: siamo nel 1988 e i DVD e i CD ancora non la facevano da padroni (figuriamoci la musica in streaming), per ascoltare la musica c’erano ancora i vecchi LP e le cassette. Ma questa è una cassetta particolare, non esce musica dalle sue tracce, ma un file. Anche qui, per chi non appartiene alla mia generazione, c’era una volta in cui i dati dei primi PC (che non erano nemmeno portatili) venivano salvati su nastro.
Cos’ha di particolare il contenuto del nastro: oltre a dei numeri, sembra a Pino e a Mario una richiesta di aiuto. E loro due, se l’apparenza inganna, sotto sotto hanno quella curiosità, quella voglia di vederci chiaro, che li spinge a fare una loro indagine.
E così, un pezzo
alla volta, riusciranno a mettere assieme tutti i pezzi del puzzle:
un tramviere in pensione coi suoi problemi, una bella infermiera che
deve stare attenta alle spese di casa, uno strano vetraio, che
nemmeno sembra un vetraio e infatti non lo è.
Tra battute in
dialetto milanese, condite con la bicicletta, l’aperitivo del bar
(vino bianco e Campari), i due investigatori da strapazzo con l’aiuto
di Edmonda, una ragazza che è meglio non far arrabbiare, e di
William stesso, il barista psicologo, risolveranno l’enigma.
Tira mòlla e messèda è un intercalare tutto milanese che oggi non si sente nemmeno più:
.. serve a sveltire un discorso di cui non si vogliono rivelare tutti i particolari. Lo diceva sempre anche suo nonno, generalmente a vanvera. Un po’ come l’inutile espressione “gira che ti rigira”.
Si tratta del secondo romanzo di Paola Varalli, scrittrice nata a Varese ma poi trasferitasi a Milano, con la coppia di investigatori Mario e Pino, il primo è il racconto della raccolta Odio l’estate.
La scheda sul sito di Todaro editore.
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