28 novembre 2024

Un omicidio a novembre di Simon Mason

 

Uno

La sicurezza al Barnabas era ridicola, lo dicevano tutti. Rincantucciato con grazia in un’area irregolare alle spalle della High, il Barnabas Hall è uno dei college più deliziosi di Oxford. Possiede molte caratteristiche di grande fascino: gli edifici del XVI secolo nella Old Court, per esempio, con i loro tetti in ardesia che il tempo ha gonfiato in onde delicate e le facciate in mattoni in tonalità ruggine...

Segnatevi questo nome, Simon Mason, di professione scrittore: ho iniziato a leggere questo romanzo spinto dalla curiosità di ritrovarmi dentro la Oxford del (giovane) ispettore Morse e una volta iniziato, non ho più smesso, fino alla fine dove un inaspettato colpo di scena chiude il racconto, prima di una serie che vede come protagonisti una coppia di ispettori, che più diversi non potrebbero essere, che spero ritrovare presto in libreria.

Bella l'ambientazione, questa Oxford dove nei college si forma la classe dirigente (e anche leggermente spocchiosa) del paese:

Come tutti i college di Oxford, il Barnabas è un business di valore inestimabile che ha legami con società e governi di tutto il mondo, uno snodo in una rete globale di informazione superveloce, con i suoi professori e studiosi che vendono conoscenze specialistiche a centinaia di aziende.

Il racconto, l’indagine su un omicidio avvenuto dentro un college ad Oxford, non cala mai di tensione, non fatevi spaventare dalle 472 dentro cui vi immergerete senza volervene staccare: c’è il giallo, l’indagine, ma c’è anche spazio per l’indagine dentro questi due personaggi, i protagonisti del racconto, due persone che non si dimenticheranno facilmente.

Sono un bianco e un nero, tutti e due si chiamano Wilkins di cognome, ma non c'è nessuna parentela. Perché il primo, Ryan, è cresciuto in un campo caravan fuori città, con un padre violento e alcolizzato e una madre sottomessa alla sua violenza. Tutta quella violenza gli ha lasciato dentro una rabbia verso quelle autorità che non lo hanno protetto da piccolo, e una sorta di insofferenza verso le classi più abbienti a cui tutto sembra concesso.

.. sembrava più un criminale che un poliziotto, il prototipo del sottoproletariato bianco, smilzo e rozzo, con la sua tuta, il giaccone largo e un cappellino da baseball portato con la tesa all’indietro

L'altro ispettore si chiama Ray ed è invece un nero che proviene proprio da tutt'altra classe sociale: studi ad Oxford, una bella moglie, bei vestiti e una certa ambizione di far carriera nella Thames Valley Police.

Raymond Wilkins era una delle promesse dell’arma, rappresentante della nuova generazione di giovani investigatori neri in carriera che si stavano imponendo. Trent’anni, laurea a Oxford, serio, con buone capacità espressive, grazie al programma di avanzamento rapido per laureati aveva ottenuto in fretta la promozione..

Per un caso fortuito, Ray e Ryan si troveranno ad indagare assieme per questo “omicidio a novembre”, avvenuto nel cuore del potere della città e alla fine di una cena organizzata dal rettore, sir James, in onore di un Emiro dagli Emirati, ospite e anche finanziatore del college.

Il suo piano era di fare colpo sul benefattore con il genere di evento rilassato, intimo, di altissimo livello intellettuale per il quale Oxford andava famosa

L’atmosfera in questa cena è però particolarmente tesa, sia per l’atteggiamento dell’emiro, sospettoso che qualcuno voglia attentare alla sua incolumità, sia per quello degli altri docenti invitati a dar supporto al rettore.

Ma a rovinare del tutto la festa, la scoperta del cadavere:

Sulla moquette grigio pallido giaceva una giovane donna in maglietta e blue-jeans. La T-shirt le era risalita sul ventre, scoprendolo.

Chi è questa donna, “legata ed arrotata” dentro la stanza del rettore? Come ha fatto ad entrare senza che nessuno se ne sia accorto? Sono le prime domande nella testa dell’ispettore Wilkins, chiamato a seguire l’indagine, peccato che sia il Wilkins “sbagliato” che, nei primi approcci con i docenti e soprattutto col rettore, mostra tutto la sua ruvidezza per non dire la sua insolenza.

Perché Ryan è un investigatore capace di scorgere le incongruenze, nella scena del crimine e nelle persone che si trova davanti e, in effetti, sia il rettore che le altre presenti alla Barnabas Hall quella sera sembra che abbiamo qualcosa da nascondere.

Ma Ryan è un poliziotto con un problema nel controllare la sua rabbia, tanto da rovinare sul nascere l’indagine e il rapporto col partner, il molto più diplomatico, Ray Wilkins.

Nemmeno l’indagine disciplinare, l’ennesima punizione, come ai tempi della scuola, o quando si trovava nello stanzino dell’assistente sociale, fermano però la determinazione di Ryan nel trovare questo assassino.

Il volto di quella donna, a cui Ray e Ryan fanno fatica a dare un nome, come se gridasse tutta la sua rabbia per quella fine, è uno sprone ad andare avanti.

Fino alla scoperta del (o della) colpevole dove l’autore dimostra tutta la sua bravura, avendoci portato a spasso per tutto il libro, mentre avevamo la soluzione sotto gli occhi.

Parafrasando la massima, in un college chiuso, l’assassino è il maggiordomo...

A dare spessore al libro sono anche gli altri temi toccati nel racconto, come l’immigrazione dai paesi devastati dalla guerra: ragazzi e ragazze costrette ad attraversare confini e a mettere la loro vita in gioco per poi approdare in un paese dove gli immigrati sono visti con ostilità

Alla fine erano arrivati in Gran Bretagna, dove Ameena era stata informata dell’ammontare del suo debito con gli uomini che l’avevano portata lì ed era stata messa a lavorare in vari locali di Londra

Uomini e donne costrette ad accettare lavori umili pur avendo studiato in patria, consapevoli di aver su di loro gli occhi ostili della brava gente e spesso anche delle autorità

«A casa vostra o in galera», e le era stato detto di non provare neppure per sogno a rivolgersi alle autorità.

Altro tema quello degli emarginati e delle periferie, come quelle da cui arriva lo stesso Ryan: luoghi dove la polizia non è ben vista e dove i giovani sono messi fin da subito davanti al bivio tra il crimine e una vita piena di difficoltà, pur di rimanere a galla.

Luoghi dove un lavoro, un qualunque lavoro, è una zattera di salvataggio per un riscatto dalla miseria.

Le tante differenze tra i due investigatori si rileveranno una leva in più per dare una svolta alle indagini: infatti, superate le iniziali diffidenze, Ryan e Ray impareranno ad apprezzare nell’altro quegli aspetti così peculiari, come le intuizioni di Ryan, capace di “vedere” le cose anche fuori dagli schemi, anche in modo sfacciato. E l’approccio metodologico di Ray, rispettoso delle regole e delle gerarchie.

Anche perché c’è una cosa che li unisce, nel profondo: si tratta della paternità, quella desiderata da parte di Ray e della moglie, per quel figlio tanto atteso. E quella sofferta di Ryan, ragazzo padre di Ray junior, a cui dedica tutto il suo amore

«Papà?». «Cosa c’è?». «È difficile fare il papà?». Fu come se nel petto gli si fosse gonfiato un palloncino, si chinò verso suo figlio e sorrise.

«Essere il tuo papà? No-oo, per niente. È facilissimo».

Omicidio a novembre è un romanzo, dunque, molto attuale, dove si mescola azione, l’indagine e un pizzico di humor: l’autore ha già pubblicato tre romanzi di questa serie, l’anno prossimo è attesa un nuovo capitolo, il quarto della serie con gli ispettori Wilkins

La scheda del libro sul sito di Sellerio

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon


24 novembre 2024

Anteprima inchieste di Report - gli impatti del Giubileo, la Concordia, come si comprano i voti

Questa sera Report accenderà le luci sul prossimo Giubileo, poi si ritornerà a parlare della Fondazione Milano Cortina per le Olimpiadi invernali del 2026.

A seguire un servizio sulle elezioni regionali in Piemonte e su come i voti seguano i buoni benzina.
Poi si torna a due servizi andati già in onda: gli allevamenti di suini sulla pianura padana e gli imbarazzanti sostenitori di Trump.

Grandi eventi, grandi affari


Dalle Olimpiadi invernali del 2026 al prossimo Giubileo a Roma: grandi eventi che si trasformano in grandi affari.

Partiamo dalle Olimpiadi Milano Cortina: dovevano essere green, a zero impatto ambientale, a costo zero per le casse dello Stato.

Invece le Olimpiadi invernali Milano Cortina del 2026 si sono trasformate in altro: per esempio nell’ennesimo poltronificio per figli di ed ex politici.

Tra gli assunti in Fondazione compare anche il figlio del presidente del Senato Ignazio La Russa, Lorenzo: ha lavorato dentro la Fondazione dal 2020 fino al febbraio 2024, quando è stato assunto aveva 25 anni ed era appena laurato, dunque è stata una bella occasione per la sua carriera lavorativa.

Ma, ascoltando le parole del padre, non c’è stata alcuna raccomandazione, anzi: poteva lavorare nello studio del padre e invece ha scelto di sfruttare questa opportunità facendo regolare domanda di assunzione. “Abbiamo bisogno di uno come te con la tua capacità di organizzare gli eventi”

Meglio non insistere con le domande, specie quelle che fanno i giornalisti di Report, col loro modo incalzante dove non ci si accontenta delle risposte scontate: “è maleducazione.. è giornalismo questo?” risponde La Russa alla giornalista. Purtroppo sì, è giornalismo fare domande anche scomode e pretendere delle risposte. Altrimenti è mestiere da portavoce.

Specie se è aperta una inchiesta sulle assunzioni clientelari dentro la Fondazione, i cui conti non sono proprio brillanti e che, alla fine, saremo noi contribuenti ad aggiustare.

Andiamo ora al Giubileo: tra i lavori pianificati c’è un parcheggio interrato tra Castel Sant’Angelo e il Tevere, ma su questi lavori ha espresso parere negativo il primo municipio, spiega l’assessore alla municipalità Adriano Labbucci, poi il dipartimento all’ambiente del comune di Roma “e poi, quello che ha avuto un certo peso, la commissione di manutenzione del palazzo di Giustizia” che ha espresso i suoi dubbi sui lavori, il palazzo della Cassazione è rinomato sin dalla sua costruzione per problemi strutturali, problemi di carattere idrogeologico, perché il parcheggio a qualche decina di metri ha il Tevere.

Come risponde il comune? Il sindaco Gualtieri – commissario straordinario al Giubileo - racconta di come, a seguito di queste rilevazioni, i lavori si siano fermati, è stata nominata una commissione per verificare il rischio idrogeologico.
Ma la conferenza dei servizi nel luglio del 2023 aveva detto che le criticità emerse erano insuperabili, dunque come mai questo progetto sia rimasto.

Sul sito di Raiplay trovate una anticipazione del servizio che si occupa del porto turistico di Fiumicino che, per le opere di contenimento delle mareggiate, hanno cambiato la morfologia del litorale, spostato la spiaggia sempre più verso l’interno e cambiando sia il corso delle maree che la vita dei pescatori che qui hanno sempre pescato dai loro bilancioni, vecchie casette di pesca vicino al faro.

L’idea del porto turistico è della società Fiumicino Waterfront, partecipata dal gigante delle navi da crociera Royal Caribbean, che ha rilevata la concessione per la gestione del porto turistico per 90 anni. Per farne cosa?
Pietro Spirito è l’ex presidente di autorità di sistema portuale del mar Tirreno Centrale: non è possibile fare entrambe le cose, il porto turistico e un porto crocieristico – spiega a Report – “perché hai due concessioni, una turistica e una crocieristica, vanno valutate e messe a gara separatamente, qui si è fatta una macedonia unica e non si è neanche messo a gara, al di là dell’immaginazione”.

Prosegue David Di Bianco – portavoce del comitato tavoli del porto di Fiumicino – “Sarebbe il primo caso in Italia di un porto privato che esercita la funzione crocieristica, la stessa capitaneria di porto ha parlato di antinomia [Contraddizione, reale o apparente, fra due leggi o disposizioni di legge – Treccani] normativa”.

Ma non stavamo parlando di Giubileo?

La scheda del servizio: ORA ET LABORA

di Claudia Di Pasquale

La scheda del servizi: Collaborazione Giulia Sabella, Marzia Amico

Il Giubileo 2025 è alle porte e Roma si sta preparando ad accogliere oltre 32 milioni di pellegrini. 322 gli interventi previsti, di cui 204 essenziali e indifferibili. Più altri 500 interventi del programma Caput Mundi per la rigenerazione del patrimonio storico culturale. Il risultato è che la capitale da più di un anno è un cantiere a cielo aperto, i monumenti sono impacchettati, il traffico è in tilt, e i cittadini e i turisti sono costretti a fare lo slalom tra passerelle e strettoie a loro dedicate. Disagi che saranno compensati dalla riqualificazione di piazze, strade, parchi urbani, fontane e stazioni. Insomma, grazie al Giubileo Roma dovrebbe tornare a splendere più che mai. Ma siamo davvero pronti per l'apertura della Porta Santa?

Make america ..


Report aveva raccontato di come, tra i sostenitori di Trump, non ci fossero solo i classici esponenti di Dio, patria e famiglia, ma anche personaggi, diciamo, ambugui. Ex killer della mafia o anche ex boss mafioso.

Trump ha vinto in tutti gli stati in bilico, inclusa la Pennsylvania, considerata il vero ago della bilancia: qui l’ex boss della mafia Joey Merlino ha rivendicato pubblicamente un ruolo di primo piano nell’elezione di Trump. Alla radio rivendica questo suo lavoro: “abbiamo schierato le nostre truppe, mandato gli italiani e gli irlandesi di Philadelphia sud a votare.. abbiamo preso tutti gli hamish.. sono stato accusato nel 2020 di aver truccato le elezioni con Joe Biden, fake news, ma questa volta mi ci sono messo ..”
Merlino è stato per decenni il capo della mafia a Philadelphia che aveva il controllo su Atlantic City la città dove sorge il casinò di Donald Trump: la mafia lavorava con tutti i proprietari dei casinò, racconta a Report George Martorano – ex mafioso, se volevi il cemento ad Arlantic City dovevi passare per la mafia.

La scheda del servizio: TUTTI I BOSS DEL PRESIDENTE

di Sacha Biazzo

Dietro l’elezione di Donald Trump si cela anche il supporto attivo e dichiarato di ex boss della mafia italo-americana. Oggi trasformati in star dei social media, questi personaggi hanno mobilitato milioni di follower per sostenere l’ex presidente. L’inchiesta si concentra su due figure di spicco come Joey Merlino, ex capo della mafia di Philadelphia, che ha operato nello stato chiave della Pennsylvania, e Salvatore “Sammy The Bull” Gravano, ex sottocapo della famiglia Gambino, protagonista in un altro stato decisivo, l’Arizona.

Lo stato degli allevamenti dei suini

Il presidente di Assosuini ha replicato al servizio di Report andato in onda domenica scorsa: “noi siamo praticamente delle vittime perché non c’è la possibilità di un confronto diretto” si difende. Come se la giornalista di Report non avesse cercato di contattarlo e non avessero avuto uno scambio al telefono, Giulia Innocenzi aveva chiesto una intervista, ma poi Martinelli non si è fatto più sentire. Dunque? Dunque, senza contraddittorio, lo stesso Martinelli nell’intervista a RTV parla di scorrettezze, le immagini riguardavano un momento particolare in due anni di allevamenti. Ma le immagini di Report risalgono ad aprile, maggio e giugno di quest’anno, lo dimostrano le date delle registrazioni, ci sono anche i documenti con le date del parto delle scrofe. Sono immagini recenti, altro che scorrettezze.

La scheda del servizio: FAKE SUINI

di Giulia Innocenzi

Collaborazione Greta Orsi, Giulia Sabella

Il presidente di Assosuini Elio Martinelli attacca Report, che nella scorsa puntata ha mostrato numerose criticità presenti in tre dei suoi allevamenti, dall’infestazione di topi, alle carcasse sbranate, fino all’amianto sbriciolato, sostenendo che sono immagini vecchie di anni e registrate dagli stessi allevatori. Report risponderà alle critiche e mostrerà nuove irregolarità.

Come si comprano i voti (in un paese dove un italiano su due non vota)

In Italia quasi un italiano su due non vota, deluso dai candidati e dalla loro politica. Il problema è che poi, chi va a votare, ci va perché viene invigliato a presentarsi alle urne grazie a dei regali dei candidati.
Lo racconta il servizio di Report sulle passate elezioni regionali in Piemonte: la signora Kanti Fadelli è stata contattata dalla candidata di FDI Elisa Tarasco il 4 giugno (pochi giorni prima del voto), si incontrano allo stand del partito: le viene data una busta contenente il suo programma elettorale, i santini e due buoni benzina. Sono due coupon da 50 euro, nella borsa della candidata c’erano anche altre buste per altri potenziali elettori.

Un modo che chiedere aiuto, da una parte 100 euro di buoni benzina dall’altra il voto in regione: “io sono rimasta abbastanza interdetta” la reazione della signora Kanti.

La scheda del servizi: IL PIENO DI VOTI

di Luca Bertazzoni

Collaborazione Marzia Amico, Norma Ferrara

Pochi giorni prima del voto delle scorse elezioni regionali in Piemonte, la candidata di Fratelli d’Italia Elisa Tarasco ha consegnato a una donna di origini indiane una busta contenente il suo programma elettorale, i suoi “santini” elettorali e due buoni benzina da 50 euro l’uno. L’inchiesta ripercorre questa vicenda con interviste a tutti i protagonisti della storia.

Il naufragio della Concordia


Del naufragio della Concordia ci ricordiamo solo quella frase “salga a bordo c..”, tra il capitano De Falco e il comandante Schettino. Ci siamo dimenticati dei morti, del rischio di un danno ambientale. Tutta colpa di Schettino, dunque? Report cercherà di ricostruire tutta la vicenda per capire se ci sono altre responsabilità.

La nave era partita da Civitavecchia con 4229 persone, secondo il programma del comandante sarebbe passata molto vicino all’isola del Giglio a circa mezzo miglio dalla costa. Poi però la distanza dall’isola si accorcia ulteriormente. Un evento a cui hanno assistito dall’isola diversi testimoni, con la nave che inizia a ruotare su un fianco fino a dove è rimasta.

Come ha fatto quella nave, con tutte le luci del porto accese, a finire addosso agli scogli? Se lo chiedono in tanti, sull’isola. La Concordia, una nave da 87mila tonnellate e 297 metri di lunghezza e quasi 36 di larghezza, prima tocca gli scogli delle Scole, per proseguire poi per poche centinaia di metri, fino a quando ha iniziato ad accasciarsi su un fianco a poca distanza dal porto. Se non avesse toccato l’ultimo scoglio, quello della Gabbianella, sarebbe proseguita per inerzia fino ad affondare, col rischio di avere maggiori vittime.

Secondo tutti i gradi di giudizio è Schettino il responsabile del naufragio e per questo sta scontando in carcere una pena di 16 anni

Ma un transatlantico come quello non è governato da un uomo solo – spiega a Report il giornalista Alessandro Gaeta, autore del libro Il capitano e la Concordia – ma da un gruppo di lavoro, poi ci sono gli errori del timoniere, “non comprende correttamente gli ordini che gli da il comandante e non sapeva nemmeno l’inglese” e forse nemmeno l’italiano..

Ernesto Carusotti ha fatto causa alla compagnia per danno post traumatico da stress e il Tribunale gli ha dato ragione. In quel gennaio 2012 era in crociera con la moglie: mentre erano a cena, la sera, hanno sentito uno “sferragliamento enorme”, la voce all’altoparlante diceva “state tranquilli, la situazione è sotto controllo”. La voce invitava persino a rientrare in cabina: lo stesso faceva il personale di bordo, tornate in camera e state tranquilli.

La scheda del servizi: L’ULTIMO INCHINO

di Rosamaria Aquino

Collaborazione Marzia Amico, Norma Ferrara

Naufragio di Costa Concordia, sono passati 12 anni. Tra i 32 morti, alcuni sono tra coloro che non riuscendo a scendere dalle scialuppe poste sul lato sinistro della nave, hanno dovuto attraversarla per intero, in pendenza e per giunta al buio. Lo stesso percorso che ha fatto un naufrago, il quale ha denunciato con una causa civile armatore, costruttore e certificatore della nave, per la sua esperienza da incubo di quella notte. Pur senza mai negare la responsabilità del comandante Schettino, che per aver causato l'incidente sta scontando la sua pena di 16 anni, Report ripercorre le tappe di quel naufragio. Cosa è successo quella notte? Quali sistemi esistono oggi per controllare le rotte delle navi in quel tratto di mare? E che danni ha subito l'Isola del Giglio?

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

21 novembre 2024

La velocità della tartaruga di Luca Crovi

 

Acqua alla gola

Parigi, 1804

Un centinaio di cavalieri, nel cuore della notte, guadava il fiume, con le torce accese, legate a lunghe pertiche utili a misurare la profondità dell’acqua. Il fiume era in piena e gli uomini avanzavano lentamente, anche per evitare buche profonde e pericolosi mulinelli.

Cosa c’entrano i soldati di Napoleone che attraversano la Senna, in una scena quasi surreale tanto da scoprire poi che si tratta di un incubo del poeta Gabriele D’Annunzio?

In quella tela pareva esserci qualcosa di malefico che turbava il suo sonno. Eppure era il più celebre dei capolavori firmati da Leonardo da Vinci.

Cosa sta turbando il sonno del “comandante”, come in tanti lo chiamavano dopo le sue imprese nella prima guerra mondiale? Cos’ha di speciale quel quadro che si è messo in camera per poterlo ammirare?

E cosa c’entrano allora il primo volo in aereo, il velivolo a motore, come era stato chiamato dallo stesso D’Annunzio (una delle sue tante invenzioni lessicali, come «tramezzino», «vigili del fuoco»), sopra le alpi?

Era il settembre del 1910, in quella competizione perse la vita al pilota Jorge ChávezDartnell, caduto a poche centinaia di km da Milano, la meta della competizione, mente sorvolava la Val D’Ossola. Il paesino dove un giovane Carlo De Vincenzi imparava una sana diffidenza dalla velocità, per meglio dire dall’ossessione della velocità, tanto amata da quei futuristi che guardavano invece con vivo interesse tutte le scoperte meccaniche del nuovo secolo.

La Gioconda di Leonardo da Vinci trafugata al Museo del Louvre (servizio particolare del «Corriere della Sera») Parigi 22 agosto, notte Una notizia alla quale nessuno oggi voleva credere si è sparsa per Parigi.

E che ruolo hanno in questa storia il misterioso furto della Gioconda, rubata dal Louvre nel 1911 da un ladro che con quel gesto intendeva ridare onore alla sua patria e agli italiani che di quel capolavoro erano stati defraudati?

Un furto per cui vennero accusati niente di meno che Apollinaire e Picasso, giovane artista appena arrivato a Parigi, proprio negli anni in cui D’Annunzio era andato a vivere in Francia a Arcachon.

Ecco, non disperate, se anche farete un pizzico di fatica a capire il nesso, sappiate che sono tutti pezzettini di un puzzle che poi si svilupperà nella seconda parte del libro in una vera e propria indagine del poeta di San Fedele, così come era chiamato il commissario De Vincenzi dai “ligera” de Milan e dai suoi amici, per la sua passione per la letteratura. Passione che si portava fin dentro il suo ufficio nella Questura che, allora, era in piazza San Fedele.

Tutti pezzetti di un enigma che ha come protagonisti il commissario De Vincenzi e la sua cerchia, fatta da amici (come la portinaia Gianna Ballerini) e anche da persone ai margini della legge, come il “pinza”, un ladro “rispettato dai malnatt della ligéra ed era esperto di crimini e criminali”.

E poi il pilota Tazio Nuvolari, amante della velocità come lo era Gabriele D’Annunzio. Proprio quest’ultimo chiamerà, qualche anno dopo i fatti raccontati nella prima parte, De Vincenzi sul lago di Garda ad indagare su un furto avvenuto nella sua villa, il Vittoriale.

Siamo nel 1934, la Gioconda è tornata in Francia, e D’Annunzio passa le sue giornate nella sua villa, sotto l’attenta osservazione del regime: gli occhi di Mussolini incombono su di lui, timorosi che qualche sua uscita contro il regime possa offuscarne l’immagine.

Proprio nel Vittoriale qualcuno ha rubato delle foto che potrebbero creare problemi a D’Annunzio: potrebbero essere usate contro di lui in un momento che, come si è detto, non era sotto una buona luce da parte del regime.

Questo furto potrebbe essere collegato ad un altro, avvenuto a Milano: alla gioielleria Bucellati erano stati portati via tre gioielli a forma di tartaruga. Erano piccoli capolavori che D’Annunzio aveva commissionato all’orafo milanese e che negli anni aveva donato al suo amico Tazio Nuvolari che li custodiva come preziosi portafortuna.

Per ricordo del nostro incontro, dopo colazione il poeta decise di regalarmi questa meravigliosa tartaruga d’oro, con una dedica speciale: “All’uomo più veloce del mondo, l’animale più lento”.

D’altronde per vincere le gare di velocità in auto, in quegli anni, con quei mezzi, con quei circuiti, serviva molta fortuna, per non finire fuori strada e rompere la macchina. O perdere la vita.

De Vincenzi, dopo aver ascoltato il racconto del furto comprende che occorre agire in fretta ma senza usare le vie ufficiali: meglio non fidarsi della polizia e nemmeno del vicequestore Rizzo, assegnato da Mussolini proprio alla protezione del poeta. Un poliziotto famoso, questo Rizzo, troppo bravo per il sesto senso di De Vincenzi, verso cui nutriva una certa diffidenza, soprattutto per come era finita l’inchiesta sulla bomba scoppiata a Milano per la Fiera Campionaria, con l’insabbiamento delle responsabilità dei fascisti milanesi (inchiesta in cui De Vincenzi aveva incontrato lo zio di Andrea Camilleri, il commissario Carmelo Camilleri, poi allontanato dalla Questura).

In effetti, quello che apparentemente sembra un semplice furto, nasconde un piccolo intrigo internazionale di cui non voglio aggiungere altro.
Come finirà questa ennesima indagine per il poeta del San Fedele?

«Avete mai sentito parlare di Zenone di Elea?»

«No, chi era? Un corridore, un atleta dell’antica Grecia?»

«Un filosofo. Si dice che sia stato lui l’inventore della dialettica.»

Il paradosso di Zenone, col passo lento della tartaruga, sarà il passo giusto per arrivare alla verità.

Anche in questo libro Luca Crovi, partendo dal suo certosino lavoro di ricerca negli archivi, riporta in vita pezzi della nostra storia passata andando ad arricchirli con invenzioni letterarie che nulla tolgono alla verità storica.

Vero il furto della Gioconda, da cui parte tutto, come vera anche l’amicizia tra D’Annunzio e Tazio Nuvolari, come vera è stata la prigionia dorata nel Vittoriale, sotto il controllo vigile della polizia fascista. Come reale, purtroppo, fu la prigionia proprio a Milano di Antonio Gramsci, che anche in questa storia compare in un breve cameo.

Rispetto ai precedenti romanzi con De Vincenzi, qui l’azione si sposta anche fuori Milano, per arrivare a Gardone Riviera: non manca però lo spazio per quel dialetto oggi in parte perduto, per quelle espressioni di una Milano così diversa, anche quando si parlava di criminali e ladri, col loro linguaggio “furbesco”:

Le vittime ideali per la ligéra erano le sciancone (donne eleganti e ingioiellate) e gli ambroeus e i fasaan (i sempliciotti facili da derubare).

La scheda sul sito di Rizzoli
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17 novembre 2024

Anteprima inchieste di Report - il seggio di Cosenza, l’olio di Ricino in Africa, la peste suina e gli uomini dietro Vannacci

Report domenica tornerà ad occuparsi del caso Regeni, lo studente italiano torturato e ucciso in Egitto dai servizi segreti di Al Sisi: il caso è ancora aperto grazie alla caparbietà della famiglia e dei magistrati che lavorate alle indagini contro gli 007. Le recenti affermazioni di esponenti del governo Meloni, sull’Egitto come paese sicuro, hanno riacceso il faro su questa brutta vicenda che mette il luce tante ipocrisie sui nostri rapporti con questo paese africano a cui siamo legati (nonostante le violazioni dei diritti civili) da importanti rapporti commerciali.

Poi un servizio sul famoso piano Mattei, che col fondatore delll’Eni non ha nulla a che fare, infine un servizio sulla peste suina: come mai il nostro paese è stato così colpito da questa malattia? Centreranno forse i tanti, troppi, allevamenti intensivi?

ReportLab – il seggio delle schede bianche

Nell’anteprima di Report Giulia Presutti racconterà la storia del seggio uninominale di Cosenza 2 alla Camera dei Deputati: lo sconfitto Andrea Gentile ha vinto il ricorso, facendo ricontare le schede, risultando poi al riconteggio come vincitore. Misteriosamente, alcune schede bianche sono diventate schede valide.

Il mistero di questa storia ruota attorno al grande numero di schede bianche nel colleggio conteso da Orrico e Gentile, al riconteggio della Giunta per le elezioni, sono invece risultate valide, presentavano infatti una X correttamente apposta.
Il padre di Andrea Gentile è stato sottosegretario tra il 2016 e il 2018, parla di un labirinto, “mica qualcuno trucca le schede”: eppure su 414 voti riassegnati, 320 sono andati proprio ad Andrea Gentile, una circostanza definita di particolare rilievo dalla stedda giunta della Camera che sottolinea come, nelle precedenti legislature, il tasso di errore fosse del 3%, mentre in questo caso è stata riassegnata una scheda su 10, per capire cosa sia successo ai seggi la giornalista è andata a cercare i presidenti e i rappresentanti di lista in tutta la provincia di Cosenza.

Uno di questi ha dato appuntamento poco fuori la città: a Castiglione le sei schede bianche sono state riassegnate, eppure, racconta la presidente di seggio di Castiglione le schede erano bianche, senza segni, le schede sono state controllate da tutti. Dare indicazioni sbagliate sulle schede sarebbe come fare una dichiarazione falsa, “sarebbe una follia, in un paese di tremila persone, parliamo sempre di persone che hanno qualcosa da perdere.”

La deputata 5 stelle Orrico, che aveva vinto il seggio, ha posto al ministro degli Interni una informativa urgente, dopo aver visto l’anticipazione del servizio che andrà in onda stasera in forma integrale: nell’informativa ha chiesto al ministro una verifica sulle anomalie che si sarebbero verificate in Calabria alle politiche del 2022, nel seggio di Cosenza 2 dove la percentuale di schede bianche risultate votate è stata anomala pari al 10% quando normalmente si aggira in tutta Italia al 3%. Nella stessa inchiesta – continua la deputata nella sua richiesta al ministro – i presidenti dei seggi raggiunti dalla giornalista hanno confermato che quelle schede in fase di scrutinio fossero bianche.

A ciò aggiungo quanto mi viene riportato in una lettera da alcuni elettori – egregio onorevole ci preme informarla che il suo competitor Gentile sta richiedendo presso tutti i comuni del territorio i verbali relativi alle operazioni di scrutinio, inoltre ha predisposto una richiesta per la quale ha voluto la firma di almeno 400 elettori di diversi comuni. Nell’interesse di tutti i calabresi vostri elettori la preghiamo vivamente di seguire con attenzione l’evolversi della situazione [..] inutile dire che la modalità di ricerca di qualche errore sono, come sempre, poco trasparenti e chiare, facilmente potrebbero capolvogere un esiguo risultato di voti ma di grande liberazione morale.”
La deputata ha chiesto che si fermino i lavori della giunta per le elezioni per indagare a fondo su quanto emerge dall’inchiesta e dal lavoro stesso della giunta.
Le accuse della deputata sono gravi, su cui chiede un intervento del ministro, della Camera e della Giunta: “Esiste o no un sistema di controllo pseudo mafioso del voto in Calabria? La sicurezza dei seggi elettorali e di chi presiede le azioni di scrutinio è stata garantita? Il voto in Calabria è un voto libero oppure è condizionato da fattori ambientali riconducibili allo strapotere di alcune famiglie? [..] Vogliamo continuare a nascondere la polvere sotto il tappeto oppure vogliamo restituire dignità e fiducia ai cittadini italiani?”.

La scheda del servizio: L’AGGIUNTA DELLE ELEZIONI di Giulia Presutti

Collaborazione Madi Ferrucci

In Parlamento da oltre un anno si sta giocando una partita silenziosa. La posta in gioco è un seggio della Camera, l'uninominale della provincia di Cosenza: alle scorse elezioni politiche era stato vinto dalla deputata Cinque Stelle Anna Laura Orrico, ma il secondo classificato ha fatto ricorso. Si tratta di Andrea Gentile, ex deputato di Forza Italia e rampollo di una famiglia cosentina da sempre in politica: per contestare il risultato elettorale si è rivolto alla stessa Camera dei Deputati, dove la Giunta delle Elezioni ha riaperto e contato tutte le schede nulle e bianche. Gentile è passato in vantaggio di 240 voti, ma c'è un mistero: perché 440 schede che i verbali di sezione hanno indicato come bianche, risultano ora contrassegnate da una x? I presidenti di seggio dicono che lo spoglio è stato svolto sotto il controllo di più occhi e che solo quando non era presente alcun segno, le schede venivano dichiarate bianche.

La peste suina e gli allevamenti intensivi

Sono bastate le immagini in anteprima del servizio di Giulia Innocenzi (autrice del documentario Food for Profit, che Report aveva trasmesso questa primavera) perché il presidente di Assosuini, Elio Martinelli, mandasse alla trasmissione la diffida a trasmetterlo: certe immagini non si devono far vedere al grande pubblico, come funzionano le cose dentro i grandi allevamenti.



Allevamenti proprio come quello dello stesso Martinelli in provincia di Mantova dove, come mostrerà il servizio che andrà regolarmente in onda, nelle stalle si vedono passeggiare topi, dove i maiali vivi passeggiano accanto alle carcasse degli animali vivi, in condizioni igieniche precarie, con feci strabordanti e animali sporchi, ragnatele incrostate e strutture abbandonate in condizioni di degrado da cui entrano anche altri animali dall’esterno. Fuori, sui muri dell’allevamento, resti di tetti in eternit danneggiati, ancor più pericolosi perché potrebbero rilasciare fibre di amianto nell’aria.
“Purtroppo nelle stalle vecchie ce ne sono ancora di tetti in eternit” risponde il proprietario, Elio Martinelli a cui la giornalista spiegava come questa sia una situazione pericolosa per chi ci lavora vicino “a noi ad esempio è successo che quando c’è stata una piccola tromba d’aria che ha fatto cadere delle lastre sicuramente per terra per qualche giorno c’è stato, ma niente di più.”

Non è solo l’eternit a preoccupare, anche le condizioni di salute degli animali lo sono – racconta nel servizio Giulia Innocenzi: si vedono maiali malati, con ernie, zoppicanti, orecchie morsicate, lasciati nei recinti assieme a quelli sani. E quelli che muoiono, se non vengono raccolti dagli operatori, vengono sbranati dagli altri maiali, perfino le viscere.

Sicuramente non do l’ordine di comportarsi così, però io non sono sempre lì” si giustifica il proprietario “per cui non so se è successo.. noi ci teniamo molto a poter tenere gli animali in salute, purtroppo non riusciamo sempre. Però, insomma, non è che vogliamo avere il non benessere degli animali.”

Come era stato raccontato nel precedente servizio, Food for profit, negli allevamenti si usa ancora l’elettrocuzione per uccidere gli animali ammalati della peste suina: questa operazione, racconterà il servizio, viene fatta fare ad operatori per la prima volta, senza alcuna formazione, come fosse un addestramento o un gioco, visto che nel mentre si uccide il maiale partono anche le batture su delle grigliate da fare.

Il ministro dell’agricoltura che dice di questi abbattimenti per la peste suina? “Noi non ci occupiamo degli abbattimenti” ha risposto a Report, perché la competenza sarebbe del ministero della salute. Ma Lollobrigida nel novembre dello scorso anno in Parlamento si occupò proprio di abbattimenti e difese l’operato della ditta incaricata.
Nella relazione al Parlamento il ministro aveva spiegato come le operazioni di abbattimento degli animali fossero state fatte da ditte specializzate sotto il controllo del personale dell’agenzia della tutela di salute di Pavia, “secondo le buone prassi del caso e in osservanza delle norme sia in termini di biosicurezza che nel rispetto del benessere animale.”
Perché Lollobrigida ha risposto al Question time in Parlamento se non ha la competenza? Per tutelare gli imprenditori, quelli danneggiati dalla peste, per cui il ministro sta cercando risorse per dargli una mano, testuali parole, per sopravvivere e mantenere gli allevamenti in Italia.

Dove gli animali vivono nelle condizioni che abbiamo visto.

Stefano Fanti, direttore del consorzio del prosciutto di Parma, dopo aver visto le immagini della passata di inchiesta di Giulia Innocenzi sugli allevamenti, aveva mandato un messaggio chiaro: “chiediamo a tutti di segnalarci i mascalzoni perché immediatamente provvederemo a segnalare i loro nomi alle autorità competenti, che è il ministero della salute, affinché questi mascalzoni non rovinino l’immagine delle persone serie e oneste”.

Come mai allora nessun allevatore è stato radiato dal consorzio? Perché tra il dire e il fare passa il rimpallo delle responsabilità: il direttore del consorzio spiega ad un giornalista di non avere gli strumenti per farlo, è una potestà in capo solo al ministero della salute. In realtà, spiega il ministero della salute, che la potestà è a capo del ministero dell’agricoltura che a sua volta smentisce quanto detto dal direttore del consorzio affermando che la decisione di escludere un consorziato è in capo al consiglio di amministrazione del consorzio.

Nel frattempo la peste suina sta decimando gli allevamenti e gli allevatori hanno iniziato a chiedere gli aiuti allo stato (solo la regione Lombardia ha stanziato 4 ml di euro lo scorso anno per i focolai di peste): ma questa carne, come racconterà il servizio, potrebbe essere già arrivata nei supermercati. La catena Lidl ha mandato una lettera ai suoi clienti professionali per rintracciare e ritirare dei prodotti a base di maiale, come salsiccia e pancetta, perché potrebbero essere infetti dalla peste suina africana. La Lidl non mette cartelli nelle filiali perché non si tratta di un richiamo al consumatore finale, come confermato dall’ASL incaricata.

Per la riduzione del contagio la catena dovrebbe mettere dei cartelli, a scopo precauzionale – spiega il comandante del nucleo anti sofisticazione dei carabinieri di Bologna Fabrizio Picciolo – “non c’è un rischio per la salute però c’è un rischio di epidemia.”
Tutto nasce da un episodio specifico: dopo aver mandato i suoi maiali al macello, un allevatore piemontese scopre il virus e l’ASL in via precauzionale fa partire l’attività di rintraccio.
Anche il gruppo Aia Veronesi è stato colpito dalla peste: ben sette allevamenti su 21 focolai scoppiati quest’anno in Lombardia. Un allevatore racconta a Report di aver messo in atto tutte le misure di biosicurezza, la doppia dogana: “i maiali sono arrivati da Trovo, una località vicino Vernate (un comune nell’area metropolitana di Milano), da un altro allevamento Veronesi che li ha portati via da Trovo perché dopo il caso di Vernate cadeva nella zona di restrizione. Dopo una settimana hanno trovato il positivo, secondo me sono arrivati già malati.”

Sul Fatto Quotidiano potete leggere una anticipazione del servizio:

Peste suina, il virus è finito sui banchi degli alimentari

Raitre - Secondo “Report” la catena Lidl ha ritirato alcuni prodotti Nessun avviso al pubblico, il pericolo per l’uomo non è dimostrato

Di Luisiana Gaita 17 Novembre 2024

Dai cinghiali ai maiali negli allevamenti, la peste suina è arrivata non solo nella carne di suino, ma anche negli snack vegetali. Nella puntata di Report che andrà in onda stasera, la giornalista Giulia Innocenzi racconta come si è arrivati a questo punto, mostrando in esclusiva la lettera che la catena Lidl ha inviato ai suoi clienti professionali per rintracciare e ritirare dei prodotti a base di maiale, come salsiccia e pancetta. Potrebbero essere infetti da peste suina africana.

A settembre 2024, il virus è stato trovato sugli scaffali dei negozi di alimentari. Lo confermano i Nas di Bologna. I lotti coinvolti sono preparazioni di carni suine prodotte in uno degli allevamenti della filiera del gruppo Aia-Veronesi, particolarmente colpito dalla psa, con 7 dei 21 focolai scoppiati quest’anno in Lombardia. Lo conferma lo stesso gruppo. Il problema è sorto perché un allevatore piemontese ha scoperto il virus dopo aver spedito i maiali al macello.


La scheda del servizio: MADE IN VIRUS di Giulia Innocenzi

Collaborazione Greta Orsi, Giulia Sabella

Perché l'Italia è uno dei paesi europei più colpiti dalla peste suina africana? La strategia del governo per frenare il virus ha fallito? Report può rivelare in esclusiva che l'Ausl di Modena ha fatto partire l'attività di ritiro e rintraccio di alcune partite di carne di maiale finite nei supermercati perché potenzialmente affette dal virus della peste suina. E perché, nonostante le criticità sollevate dagli esperti, anche quest'anno per gli abbattimenti è stato utilizzato il metodo dell'elettrocuzione? Report mostrerà in esclusiva le immagini di abbattimenti di cui ha chiesto conto al ministro Francesco Lollobrigida. La peste suina africana sta mettendo inoltre in difficoltà il comparto delle produzioni DOP. Il Prosciutto di Parma ha adottato un nuovo disciplinare, che prevede che i mangimi provengano almeno al 50% dalla zona di origine limitata. Gli enti controllori preposti verificano che questi criteri vengano rispettati? E qual è lo stato degli allevamenti italiani, dove l'igiene e la biosicurezza sono criteri essenziali per evitare la diffusione del virus?

Egitto, paese sicuro e il caso Mattei

Il 29 ottobre scorso le immagini del servizio di Report dedicato alle ultime ore del ricercatore Giulio Regeni sono state proiettate nell’aula di Corte d’Assise di Roma: la richiesta, accolta dalla presidente Paola Roja, viene sollevata dai difensori dei 4 egiziani accusati del rapimento, delle torture e dell’omicidio di Regeni, avvenuto a fine gennaio 2016. In quegli stessi giorni sul banco dei testimoni dell’aula Vittorio Occorsio di Roma siede lo Stato: ex presidenti del Consiglio, ministri degli Esteri, direttori dei servizi segreti e funzionari che hanno avuto il compito di controllarli e gestirli. È l’espressione più alta e meno visibile del potere chiamata per la prima volta a dare risposte.
Alberto Manenti è stato direttore Aise dal 2014 al 2018: “Giulio Regeni era oggetto di un fermo non ufficiale da parte degli organi di sicurezza egiziani”, come ce ne sono a migliaia in Egitto e in molti altri paesi della regione. Eppure il governo Meloni ha inserito l’Egitto nella lista dei paesi sicuri, quelli dove non c’è il rischio di tortura o di persecuzione politica.

Lo ha ripetuto lo stesso ministro, non competente, Salvini: “Se vogliamo dire che un paese dove vanno quasi 1 ml di italiani in vacanza e altri ci andranno a capodanno, è un paese dove non possiamo espellere un accoltellatore di un controllore allora facciamo ridere .. perché a questo punto non possiamo più espellere nessuno. Fra un po’ manco in Svizzera possiamo espellere”.
Sono dichiarazioni che fanno male – racconta a Report la legale della famiglia Regeni – come altre che abbiamo sentito in questi anni, “poi dal punto di vista giuridico, particolarmente inquietante il fatto che si cerchi sempre di aggirare gli ostacoli sulla pelle delle persone. Perché se tante persone scappano dall’Egitto è perché l’Egitto non è un paese sicuro e, per esperienza, sul corpo di queste persone ci sono sempre segni di torture.”
Dalle ricostruzioni della procura di Roma i luoghi dove Giulio Regeni viene torturato sarebbero più di uno, tra questi un edificio nelle disponibilità della National Security, lo stesso luogo dove viene portato Abbas, un giovane che per la prima volta fa luce sui metodi di tortura degli apparati di sicurezza egiziana.

Il ragazzo è molto sicuro che il luogo dove è stato detenuto fosse lo stesso dove è stato torturato Regeni, “un agente mi ha detto le persone che sono sopra rispettano la legge e le regole, ma tu sei qui sottoterra e qui non ci sono né leggi né regole. Ci sono stati tanti eroi che sono morti proprio in questo posto.. Allora, vuoi andare a casa? Mi devi rispondere e mi devi dire cosa c’è scritto in questo fascicolo sulla mia scrivania, mi devi dire cosa c’è nelle carte sulla mia scrivania. Allora ho detto di nuovo la verità, sono qui per comprare una macchina e a quel punto l’uomo dietro di me ha detto ‘credo che tu abbia bisogno di questo’ e ha cominciato a darmi la scossa in testa e sui genitali a ripetizione, e io ho cominciato a tremare e a urlare, e ho sentito ridere mentre lo faceva.”

Il servizio di Daniele Autieri si occuperà di un testimone chiave dell’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni, “gamma”: avrebbe ascoltato un dialogo tra due ufficiali dei servizi egiziani a Nairobi (dove si parlava dell’omicidio di Regeni facendo riferimento al maggiore Ibrahim MagdiSharif, ) e ne avrebbe parlato ad un sacerdote, padre Giulio, insegnate all’università cattolica di Nairobi. Il giornalista è riuscito a mettersi in contatto con questa persona che, al telefono, nega di aver mai sentito parlare della storia del ricercatore italiano. Forse è un altro il “padre Giulio” da sentire: Giulio Albanese, ex direttore del media center di Nairobi: a Report racconta di essere già stato sentito dal Ros, ma non è lui quel padre Giulio di cui parlava “gamma”. Il Ros aveva scritto che questo testimone era un venditore di libri ambulante, una professione non proprio comune a Nairobi: purtroppo anche questa ricerca è stata infruttuosa, “gamma” sarebbe morto in un incidente d’auto.

E veniamo al piano Mattei: dopo anni di dittatori sanguinari che hanno affamato i popoli il futuro dell’Africa è roseo, almeno per l’Italia – racconta Daniele Autieri nell’anteprima del servizio. I rapporti tra le grandi aziende italiane e i governi africani vengono riscritti col nome di “piano Mattei”, in onore del fondatore dell’Eni. Un piano voluto dalla presidente Meloni per inaugurare una nuova stagione nei rapporti di cooperazione dell’Italia con gli stati africani.

Ciò che contraddistingue il piano Mattei da quelli passati è la sua concretezza, noi non abbiamo scritto un elenco di buoni propositi, abbiamo scritto un piano di obiettivi fattibili, realizzabili, accompagnato da un cronoprogramma ben delineato.”
Il piano viene lanciato nel corso del vertice Italia Africa nel gennaio 2024, è un piano che non riguarda solo Eni, ma tutte le grandi aziende italiane interessate a fare business nel continente.

Cosa significa nel concreto? “L’Italia ha incanalato nel piano Mattei una parte esistente delle risorse della cooperazione italiana e una parte importante di quello che era il fondo per il clima” racconta l’analista di ReCommon Antonio Tricarico “parliamo di 5,5 miliardi di euro”.

Sono risorse che finiranno per finanziare progetti ai quali dovrebbero partecipare aziende italiane con l’obiettivo finale di convincere gli africani a rimanere nei paesi d’origine, invece che emigrare in Italia.

Ad oggi abbiamo solo progetti pilota, abbiamo sei settori strategici di intervento, se andiamo a vedere dove sono questi progetti e cosa sono abbiamo una indicazione molto chiara” continua Tricarico “su nove progetti pilota, sette sono su settore strategici per Eni in Africa ..”


La presidente, presentando questo piano, ha ricordato l’ottimo rapporto con gli Stati Uniti in Kenya, “nazione dove stanno prendendo corpo due progetti pilota nel settore delle energie rinnovabili del piano Mattei, per la filiera dei biocarburanti per coinvolgere gli agricoltori, il secondo per la produzione di energia geotermica”.
Per molti, racconta il servizio di Report, il piano Mattei non è altro che il piano Descalzi, l’AD di Eni che ha benedetto il progetto e presenziato a molti degli incontri di Giorgia Meloni e i leader africani.
Lo stesso Descalzi ha parlato di questo piano alla convention di Fratelli d’Italia: i progetti già avviati da diversi anni sull’olio vegetale per i biocarburanti, per abbattere del 90% le emissioni. E poi il Kenya dove 40mila ettari [di terreno agricolo] hanno prodotto più di 85mila posti di lavoro nell’agricoltura.

Report è andata allora in Kenya, in uno dei piccoli villaggi di agricoltori nella contea di Nakuru: qui si trova una comunità di agricoltori impegnati nella coltivazione del ricino, il primo progetto pilota di Eni e del piano Mattei. Con l’olio di ricino.

La scheda del servizio: OLIO DI RICINO di Daniele Autieri

Collaborazione Andrea Tornago

Dal caso Regeni al Piano Mattei, quali sono i rapporti dei nostri governi con i presidenti e i dittatori degli Stati africani? Nell’ultimo mese sul banco dei testimoni del processo contro i quattro egiziani accusati di aver rapito, torturato e ucciso Giulio Regeni si è seduto lo Stato: l’ex-presidente del Consiglio Matteo Renzi, l’ex-ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, e i vertici dei servizi segreti italiani.

Le rivelazioni delle massime cariche dello Stato sulla chiusura del governo egiziano nei confronti delle richieste di trasparenza e verità sul caso Regeni raccontano un’altra storia che si collega al tema della ragion di stato e coinvolge anche l’Eni, la più grande e strategica delle aziende controllate dal governo italiano. Secondo queste testimonianze, nei giorni del sequestro, l’Eni non ha interloquito con il governo egiziano. Ma Report svelerà documenti riservati che dimostrerebbero il contrario.

Perché alle spalle della ricerca di verità sulla morte del ricercatore italiano si è innescato uno scontro geopolitico che ha coinvolto non solo l’Italia e l’Egitto ma anche il Kenya, dove si trova il testimone eccellente del processo Regeni, l’uomo che può inchiodare alle sue responsabilità il Maggiore Magdi Sharif, uno dei quattro egiziani accusati dell’omicidio. Report è riuscito a scoprire l’identità di questo testimone e ha raccolto la sua storia. Ma i rapporti di forza sbilanciati tra il nostro governo e gli autocrati africani promettono adesso di essere riscritti dal Piano Mattei, il maxi stanziamento da 5,5 miliardi di euro lanciato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni per sostenere lo sviluppo di alcuni paesi africani con il sostegno delle aziende italiane. Il primo e più importante progetto del Piano parte proprio dal Kenya.

Gli uomini di Vannacci

La storia dell’ascesa politica del generale Vannacci è emblematica di come funzioni, male, la politica italiana (ma non vale solo per noi) oggi: si parte da un libro, scritto e poi corretto, dove venivano sdoganate tutte le peggiori posizioni sui “diversi”, che siano gay o persone di colore.

Tutti i giornali si sono contese le sue interviste, improvvisamente questa persona e il suo libro sono stati messi al centro della scena politica italiana. Si è costruito un personaggio a cui lo sbocco politico sembrava l’inevitabile conseguenza.
Candidato con la Lega alle europee, è stato eletto con 500000 preferenze, ma il ruolo nel partito di Salvini gli sta stretto: ha fondato un movimento a suo nome, gira l’Italia a presentare il suo libro, continuano le interviste (l’Europa può aspettare). A cosa punta Vannacci? Al primo raduno del movimento era presente anche un senatore della Lega, Umberto Fusco. In questi raduni l’europarlamentare cita spesso il giornalista Mattteo Pucciarelli, che considera ironicamente come colui che l’ha lanciato. Dopo i suoi articoli – racconta Vannacci – è stato contattato da una casa editrice che gli ha pubblicato il libro (“noi un fenomeno così non l’abbiamo mai visto”, riferendosi alle centomila copie in una settimana).
Ma non è un ringraziamento sincero: “è un modo per mettere nel mirino un giornalista, quella cosa la potevi dire una volta, e poteva essere divertente, ma se la ripeti in maniera ossessiva, continuativa, significa voler mettere nel mirino un giornalista ..”
Pucciarelli è stato il giornalista che ha scoperto per primo il libro di Vannacci, autopubblicato su Amazon: dopo averne dato notizia le vendite di questo sono decollate.
“E’ un libro di retorica di estrema destra, non nuova, ma questo libro entra nel dibattito pubblico con la destra al governo che non poteva più dire quelle cose con quella forza come nel passato” spiega il giornalista a Report.
Chi sta dietro il movimento del generale? Lo racconta il blogger Marco Belviso che è stato coordinatore del movimento nel nordest prima di andarsene per problemi con i fondatori del movimento, tutti ex ufficiali, Filomeni, Priolo e Spatara. I tre ex ufficiali gli mandano un messaggio su whatsapp chiedendo un incontro e, dopo esserci presentati a casa, gli comunicano la volontà di espellerlo dal comitato per aver rilasciato una intervista a Il Tempo.

Tu sei un giornalista, vuol dire che sei un infame” gli dicono i tre “quindi non ci possiamo fidare di te”. Alla fine dell’incontro, Belviso avvisa il generale Vannacci dell’accaduto: quando viene a sapere che Belviso è disposto a fare una denuncia ai carabinieri di Udine, il generale gli dice che i panni sporchi si lavano in famiglia, non si lavano sulla stampa.

Luca Chianca ha chiesto ai tre ex ufficiali una spiegazione di quanto accaduto, come mai avessero deciso di cacciare Belviso: “queste sono questioni interne” la risposta che ha avuto, ma hanno tenuto a smentire la ricostruzione del giornalista, perché sarebbe tutto registrato.

La scheda del servizio: TUTTI GLI UOMINI DEL GENERALE di Luca Chianca

Collaborazione Alessia Marzi

Dopo aver scritto "Il Mondo al Contrario" il Generale Roberto Vannacci è stato eletto al parlamento europeo con oltre 500mila voti. In poco tempo è diventato la star del raduno di Pontida, grazie al successo di un libro che in pochi mesi ha venduto oltre 250mila copie fruttando al Generale, per il solo 2023, ben 800mila euro. Ma visto che a distribuirlo è Amazon quante tasse ha pagato Roberto Vannacci? Tra una settimana, il comitato culturale che si è ispirato al suo libro diventerà un movimento politico e le preoccupazioni tra i militanti e i dirigenti della Lega già si fanno sentire perché nel comitato, con la sede a Lamezia Terme e ramificazioni in tutta Italia, troviamo ex militari paracadutisti della Folgore e incursori del “Col Moschin”. Ma chi ruota intorno al Generale da spingerlo così in alto nei sondaggi? Per capirlo Report è volato fino a Bucarest per incontrare il Gran Maestro della Grande Loggia Massonica Nazionale Romena, il generale Savoiu, che si considera l'erede spirituale di Licio Gelli. In Italia, invece, c'è il faccendiere Gianmario Ferramonti che con Savoiu ha fondato la P3. Entrambi, come ha scoperto Report, nelle passate elezioni europee, si sono messi a disposizione per dare una mano al Generale per la sua campagna elettorale.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.


16 novembre 2024

Vuoti di memoria, di Valerio Varesi

 

Niente è mai passato in giudicato. Tutto è un mosto in fermento. Anche le sentenze emesse dai tribunali e consegnate al sonno perenne degli archivi della Cassazione, nella loro apparente solidità di cristallo, non sono altro che illusione.

Il commissario pensava a tutto ciò osservando la gramigna forare l'asfalto per riappropriarsi della sua parte di sole.

Appariva ammirevole la caparbietà con cui crivellava il sarcofago di bitume che la ricopriva crescendo a chiazze come la barba di un adolescente.

La memoria del passato: quella dei ricordi che crediamo di aver scolpito nelle nostre teste e che poi scopriamo essere pure ricordi sbagliati. La memoria del passato, di quello da cui veniamo, le nostre tradizioni, anche quelle culinarie (trattandosi del commissario Soneri, soprattutto quelle).

E, infine, la memoria che ci consente di definire chi noi siamo adesso, per orientare le nostre scelte sul domani.
Tutto questo sta al centro di questo romanzo, forse il più “filosofico” della serie dello scrittore Valerio Varesi, parmense di adozione come il suo Soneri: il giallo, l’indagine su un dato per morto che poi si scopre essere vivo e vegeto, è quasi un pretesto per le riflessioni, spesso pessimistiche del commissario, uomo del passato che si trova spaesato in questa società dove siamo bombardati dalle informazioni.

Tutto comincia da un ricordo: ma Boni, quel compagno di classe al liceo, non aveva le basette?
Per tutta una vita uno si porta dietro un ricordo di qualcosa per poi scoprire che non è vero niente: come possiamo fare affidamento sulla nostra memoria se poi questi ricordi sono sbagliati?

Come possiamo stabilire una verità assoluta se nemmeno possiamo fidarci di quello che abbiamo in testa?

Cos'era la memoria se si ostinava a pensare Boni con le basette benché forse le avesse solo immaginate?
E cos'altro aveva immaginato che adesso viaggiava nella sua mente come un passeggero abusivo? Un persistente sospetto si impadronì di lui: quanti passeggeri abusivi ospitava?

Forse la realtà è un enorme equivoco, un grande abbaglio, si ritrova a pensare Soneri: proprio come il caso Orsi, di cui si era occupato un collega mesi prima. Orsi, un piccolo imprenditore del ramo delle cerimonie funebri, era stato dato per morto mesi prima quando il suo socio, Romeo Calandri, venne ucciso, colpito a morte da più colpi di pistola, di cui uno all’inguine, come se l’assassino avesse voluto accanirsi contro di lui.

Invece ora si scopre che Orsi è vivo e vegeto, dopo essere stato ritrovato in uno stato di amnesia sulla sua barca in avaria al largo dell’Adriatico.

L’assassino, o presunto assassino, era stato individuato in un killer della ndrangheta, uno che aveva già sul groppone diverse condanne per omicidio.
E ora questo ritorno a casa: Orsi ha perso la memoria, si ricorda poco dei mesi passati in mare dove, come emerge pian piano dai suoi ricordi, sarebbe stato tenuto prigioniero da una banda di trafficanti.
Ma si può fare affidamento sulla memoria di uno smemorato? Ancora una volta Soneri si trova spaesato, non c’è più alcun punto solido a cui aggrapparsi, un punto chiaro da cui partire.
Perché, forse, questo Orsi non la sta raccontando giusta? È veramente sotto choc per la situazione in cui si è trovato dentro o sta fingendo?

Più si addentrava nell'inchiesta più la vicenda delle basette di boni diventava metafora degli accadimenti c'erano casi lineari dove procedere era una scoperta consequenziale come una successione numerica ma c'erano casi come quello su cui stava indagando che mutavano colore forma spiazzando chiunque tentasse di interpretarli.

Soneri si deve immergere in questa inchiesta, dove nonostante tutto, c’è un morto su cui indagare, l socio di Orsi: emerge una brutta storia di interessi della ndrangheta, intenzionata ad entrare in questo business, quello dei funerali, prendendo controllo delle aziende per soffocarle e prenderne possesso.
Anche all’interno della famiglia di Orsi emergono dei particolari che mettono la vicenda secondo una prospettiva nuova: lui, imprenditore da diverse generazioni, non era in buoni rapporti con la moglie e ogni tanto si prendeva le sue “libertà” con delle gite in barca accompagnato da un amico e da altre donne. Allo stesso modo la moglie, una donna che sembra avere un atteggiamento molto distaccato, quasi freddo, per la scomparsa e poi riapparizione del marito, aveva una sua seconda vita.
Che fare allora per trovare un appiglio da cui partire? Ci penserà il suo assistente, l’ispettore Juvara, andando a prendere le informazioni da un’altra memoria, quella del computer in rete, dove il silicio ha preso il posto delle sinapsi e dei neuroni.
Qui dentro si trova tutto – spiega a Soneri Juvara, basta usare le giuste parole chiave: tutto questo contribuisce a peggiorare l’umore del commissario che si sente sempre più tagliato fuori.

Lui, uomo delle vecchie abitudini, anche nel mangiare, nelle sue passeggiate solitarie per le vie di Parma, si sente come uno straniero in questo modo dove tutto è omologato, a cominciare dal cibo.

Nel corso delle sue passeggiate incontra due personaggi con cui sfogare il suo malessere: l’archivista in pensione Zefirino, che non abbandona il suo lavoro per il terrore che i documenti storici spariscano e muoiano, per incuria, per un incidente, nel disinteresse generale, perché scartati da questa società:

«Muore anche ciò che scartiamo con le nostre interpretazioni errate con le selezioni più o meno inconsce da cui nascono idee fallaci» gli fece col commissario pensando di nuovo alle basette di Boni e alle mutazioni dell'inchiesta.

L’altro incontro notturno, che stimolerà le riflessioni filosofiche di Soneri su questi tempi moderni, è quello con un senzatetto, un uomo mite che si chiama Sbarazza e che vive consolandosi con gli avanzi di cibo lasciati nei ristoranti e anche dall’ammirazione del bello nella vita.

Chi ha ucciso Calandri? È stato il killer della ndrangheta o c’è dell’altro? E questo Orsi, il mistero Orsi, chi è veramente?
Se la memoria fallisce, rimane la scienza, ma anche la scienza, come gli spiega il collega Nanetti, non si basa solo su delle verità scolpite nella pietra, come invece vorrebbe un investigatore:

«La verità che si tratti di scienza o di giustizia e ammalata dal momento noi scienziati ne siamo consapevoli ma voi inquirenti siete convinti di poter mettere il punto definitivo».

Questo malumore, questo sentirsi all’improvviso perso, non potendo fare affidamento sui ricordi, sul passato che forse non è come ce lo ricordiamo noi, crea dei problemi anche nel suo rapporto con Angela, la compagna avvocato.

Che fare allora, se i ricordi sono un peso e non un arricchimento? L’unica e provare ad azzerare i ricordi

Soneri disse: «E se azzerassimo tutto?». «È lecito?» domandò Angela sorridendo.
«Ti lamenti con gli smemorati e adesso vorresti cancellare i ricordi?»
«Senza si vive meglio. Orsi mi appare felice. Credo che abbia cancellato tutto per non soffrire. Potremmo farlo anche noi.»
Lei sorrise di nuovo, questa volta con dolcezza.
«Lo sai che non è possibile. Noi siamo la nostra memoria» disse. E poi ridendo per l’apparente controsenso: «Anche se non ce lo ricordiamo».

Molto più che un giallo, molto più che una indagine con un morto e un investigatore che deve capire chi sia l’assassino: questo “Vuoti di memoria” è soprattutto uno stimolo per un riflessione su questa “società delle opinioni”, in cui tutti noi viviamo nella sfiducia e nella scomparsa del concetto di verità.

La scheda del libro sul sito di Mondadori e la presentazione dell’autore, Valerio Varesi.

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