La
lunga vita del ponte sullo Stretto, la grande opera non ancora
realizzata che sta drenando tutte le risorse del sud. Verrà
autorizzata la sua costruzione? Tra pochi giorni verrà presentato il
progetto definitivo aggiornato (e non quello di Ciucci del 2005 da
cui è partito Salvini). Quanto è indipendente la commissione di
valutazione ambientale?
Poi
si torna a parlare del piano Mattei, l’enorme spot con cui il
governo Salvini pensa di poter aiutare i paesi africani per limitare
i flussi migratori.
Reportlab:
il turismo nelle Marche
Le
Marche sono la prima e unica regione al plurale d’Italia – così
ci dice il comico Giorgio Montanini, marchigiano convinto.
“Le
Marche sono casa mia, e lo rivendico perché sono marchigiano e
fermano orgoglioso. Le Marche sono una striscia di terra in cui ci
stanno, pur in una piccola striscia di terra, mille realtà diverse,
come in tutta Italia. Però le Marche hanno proprio le differenze dei
dialetti così marcati e distanti: Valentino Rossi è marchigiano
eppure nessuno direbbe che ha il dialetto marchigiano, perché se vai
a Pesaro sei vicino all’Emilia Romagna, se vai a San Benedetto e
Ascoli sei già più vicino all’abruzzese. Ancona io la chiamo la
terra de mezzo de frodo, perché ha un dialetto tutto suo,
particolare, mentre Macerata e Fermo hanno quella connotazione
marchigiana che la gente riconosce in giro per l’Italia. In certi
momenti storici questa zona qua era quella con più Ferrari pro
capite d’Italia, quindi c’era un benessere diffuso, c’era un
altro modo di vivere l’imprenditoria con magari anche una certa
attenzione al versamento delle tasse diversa da quella che c’è
adesso. Adesso lo Stato è un po’ più attento, adesso batte cassa
con più attenzione, prima magari no e quindi i soldi giravano molto
di più. A Fermo c’erano 20 night, quando ci sono i night in un
posto, è Las Vegas oppure ci stanno i soldi. Qua c’erano i soldi,
i night oggi hanno chiuso tutti..”
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Nel servizio si parlerà di
Macerata che è la città di origine di Dante Ferretti, lo scenografo
di Hollywood ma anche dei film di Fellini e Pasolini, che ha portato
nel cinema la bellezza delle Marche. A Report racconta di come nella
sua città abbia lavorato l’ultima volta solo 20 anni fa, quando ha
rifatto la Carmen, “poi non mi hanno più chiamato”.
La
scheda del servizio LAB
REPORT: LET’S MARCHE!
di
Lucina Paternesi
Collaborazione
Cristiana Mastronicola
Il
rilancio del turismo nelle Marche è stato uno dei cavalli di
battaglia del Governatore Acquaroli che ha istituito un'agenzia
apposita proprio per far conoscere il brand Marche fuori regione e
all'estero. Si chiama Atim e in appena due anni per il suo
funzionamento la Regione ha stanziato circa 12 milioni di euro. Tra
uffici deserti e affidi diretti senza bandi di gara, la Corte dei
conti ha certificato che Atim è un doppione inutile e costoso
dell'assessorato al Turismo di cui lo stesso Acquaroli ha tenuto la
delega.
Il
ponte sullo Stretto (a tutti i costi)
Ci
sono diversi motivi per pensare che ci siano problemi di fattibilità
per la realizzazione del Ponte sullo Stretto (il più grande ponte
senza campate al mondo, costruito su una zona sismica). A cominciare
proprio dal fatto che verrà costruito in una zona ad alto rischio di
terremoti: l’ultimo, un terremoto maremoto, avvenuto nel 1908 a
Messina, che provocò 80 mila morti, il quinto terremoto più
distruttivo nella storia dell’umanità.
Ciucci,
di fronte a questo dato di fatto, ha usato la carta dell’ironia per
non rispondere al giornalista di Report, Danilo Procaccianti “se
vuole fare un esame di questo genere, venga nel nostro ufficio e le
facciamo rispondere dai ns esperti.. se lei è un esperto.”
Forse
Danilo non è un esperto in sismologia, ma nemmeno il ministro lo è.
Ma all’istituto nazionale di Vulcanologia gli esperti ci sono: a
Report hanno raccontato che nell’intorno di Reggio Calabria hanno
registrato oltre seimila terremoti, “sul fatto che il ponte insista
su un’area geologicamente viva e che sia si una struttura che possa
essere area epicentrale non ci sono dubbi.”
Sta
di fatto che l’istituto nazionale di geofisica e vulcanologia non è
stato coinvolto formalmente per dare un parere sulla pericolosità
sismica insita nel ponte.
Dovesse
arrivare un terremoto di magnitudo 7,1 l’unica cosa che resterebbe
in piede sarebbe il ponte ci dicono i sostenitori del progetto del
ponte: è vera questa affermazione?
Danilo
Procaccianti lo ha chiesto a Carlo Doglioni, presidente INGV: “è
famoso il ponte di Takoma che è crollato perché è andato in
risonanza per la frequenza dell’oscillazione legata al vento. In
questo caso le frequenze sono così basse, di diverse decine di
secondi, che il terremoto non farebbe crollare il ponte. Ma il
terremoto potrebbe danneggiare fortemente le fondazioni delle Torri
e degli ancoraggi, in questo senso il ponte rischierebbe anche di
crollare”.
Doglioni ha più volte chiesto che venissero fatti
maggiori studi per verificare la fattibilità del ponte, soprattutto
ha chiesto che venissero utilizzati coefficienti di accelerazione più
alti per verificare il rischio sismico.
“Il ponte è costruito
ipotizzando 0,58 [come coefficiente] ma noi sappiamo che nelle zone
epicentrali queste accelerazioni per terremoti di magnitudo anche
inferiore a 7, sono state spesso anche superiori ad 1G. Il terremoto
della Turchia, del Giappone
nel gennaio di quest’anno [2024], ci sono state accelerazioni che
hanno superato anche i 2G quindi accelerazioni anche più grandi di
quelle che vengono ipotizzate. Deve essere realizzata una struttura
che resista qualunque cosa succeda.. ”
Non sarebbe stato
meglio farlo prima questo approfondimento?
“Noi come INGV non
siamo stati coinvolti formalmente per dare un parere sulla
pericolosità sismica..”.
A queste osservazioni, l’AD della
società per il ponte Ciucci risponde che non ha voglia di fare
polemiche con nessuno, noi con INGV collaboriamo.. Un modo per non
rispondere alla domanda: due tecnici dell’istituto hanno
collaborato con la società ponte sullo stretto a titolo personale,
non c’è stata nessuna ufficialità da parte dell’istituto.
Dunque non è stata l’INGV come istituto a dare il via libera e ha
dato pareri che siano stati utilizzati formalmente nella
progettazione.
A onor del vero la procedura di approvazione non
prevedeva alcun via libera ufficiale da parte dell’INGV.
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Un
altro problema potenziale del ponte è la sua altezza: il ministro
Salvini in conferenza stampa ha assicurato che l’altezza sarà
almeno di 65 metri, a massima capienza cioè con auto e treni (perché
su quel ponte passeranno anche i treni). Le navi potranno passarci
sotto, “perché è stato studiato dagli ingegneri..”
Ma
in realtà non è così: nel 2023 hanno attraversato lo stretto di
Messina 5 navi da crociera e 15 portacontainer con altezza superiore
a 65 metri, col ponte non avrebbero potuto farlo. Sono dati che
arrivano direttamente dal ministero dei Trasporti di Salvini.
Questo
sembra preoccupare solo le associazioni locali, come il WWF contrarie
a questa opera: questo ponte dovrebbe comportare la variazione delle
carte nautiche per il superamento dello Stretto – racconta
l’avvocata Aurora Notarianni “questo significherebbe strozzare il
porto di Gioia Tauro, uno dei porti di maggiore rilievo nel
Mediterraneo e tutto il traffico crocieristico che si sta
incrementando a Messina.”
Ma la società stretto di Messina
risponde che il ponte normalmente sta sopra i 70 metri: “è come
nascondere il sole con un dito, non è così”.
Che il progetto
sia tutt’altro che definitivo lo dimostrano anche le incertezze sui
cavi, due per lato, che dovrebbero reggere il ponte, che rendono
complicata la distribuzione dei carichi in un ponte così lungo (2988
metri).
È il primo progetto al mondo di un ponte a campata
unica così lungo – in effetti: l’ex direttore del dipartimento
di ingegneria industriale e meccanica di Catania, Antonino Risitano
racconta a Report che con quattro corde (per tenere il carico, due
per ogni lato) “quando mi sposto da un lato non so come si
ripartisce il carico, di quanto una viene caricata più
dell’altra.”
I dubbi sui cavi hanno una storia lunga tanto
che anche i progettisti originali per verificarne la tenuta
raccomandavano prove di fatica.
“Ci sono due pagine nel
progetto definitivo in cui sono indicate quali prove devono essere
fatte e soprattutto l’attrezzatura con cui devono essere eseguite
le prove ma queste prove non sono mai state fatte ” continua il
professor Risitano.
E se poi i cavi non reggono? Rifacciamo
tutto da capo?
Così per la difficoltà nel fare queste prove i
progettisti nel documento di progetto hanno proposto di usare acciai
di più elevata resistenza per i cavi: “significa cambiare la parte
strutturale più importante del ponte cioè fare un progetto nuovo,
di sana pianta”, continua Risitano che poi conclude in modo netto
“è tecnicamente sbagliato che si possa approvare un progetto
definitivo senza le prove sui cavi, un cavo che cede, il ponte cede.”
Ma
il ministro Salvini crede fortemente a questo progetto, secondo il
ministro gli italiani aspettano questa opera da 50 anni (oltre ai
treni in ritardo, l’acqua nelle case in molte zone del sud..), e
con questo governo si passerà dalla parole ai fatti.
Così
il primo atto da ministro è stato riesumare la società stretto di
Messina spa, che il tecnico Mario Monti aveva deciso di liquidare nel
2013, una società che per non fare nulla ci è già costata 342ml
di euro.
Come
AD di questa società Salvini ha chiamato lo stesso uomo scelto a suo
tempo da Silvio Berlusconi, Pietro Ciucci, colui che per primo parlò
di prima pietra del ponte nel 2005. Venti anni fa. Ciucci è stato
anche presidente e AD di Anas e durante la sua gestione sono crollati
tre viadotti: uno è rimasto nella storia, il rilevato stradale di
Scorciavacche, sulla Palermo Agrigento. Inaugurato senza collaudo
poco prima del Natale 2014, crollato appena sei giorni dopo.
“C’è
stato un errore di progettazione e in fase di realizzazione
dell’opera ma quel viadotto e quel rilevato era una soluzione
tecnica adeguata al problema da superare ..” spiega oggi a Report
lo stesso Ciucci. Ma la procura di Palermo ha ipotizzato dei reati e
nel mese scorso ha chiesto per Ciucci una condanna a 4 anni di
reclusione, una tegola per colui che deve guidare l’operazione
ponte.
Ciucci su questo punto risponde che il ponte non è
crollato, è crollato solo un “modesto rilevato stradale” che è
ceduto quando la strada era chiusa e quindi senza nessun rischio per
nessuno.
Chi sono i membri della commissione tecnica di
valutazione di impatto ambientale del ponte?
C’è
una consigliera comunale di FDI esperta in interior design (con un
dottorato di ricerca in ingegneria ambientale), Margherita Scoccia.
Un altro commissario è il vicesindaco di Pisa, sempre di FDI,
Raffaele Latrofa, un altro rappresentante politico dentro una
commissione che dovrebbe essere terza per poter valutare
correttamente un progetto voluto dalla politica.
La
scheda del servizio:
IL PONTE A TUTTI I COSTI
di
Danilo Procaccianti
Collaborazione
Enrica Riera
Il
Ponte sullo Stretto, il pallino del ministro Matteo Salvini. Nei
prossimi giorni dovrebbe esserci l'approvazione da parte del Cipess
del progetto definitivo aggiornato, ma siamo sicuri che la premier
Giorgia Meloni voglia prendersi la responsabilità di approvare un
progetto sul quale molti tecnici indipendenti hanno posto grossi
dubbi di fattibilità? L'ultimo in ordine cronologico è stato il
presidente dell'INGV (Istituto nazionale Geofisica e Vulcanologia)
Carlo Doglioni, massima autorità in materia sismica in Italia. Altri
tecnici meno critici sono stati nominati nella commissione Via
(valutazione di impatto ambientale) che ha dato il via libera al
progetto. Ma sulla commissione pesa una certa vicinanza ai partiti di
maggioranza e c'è perfino chi ha delle condanne proprio per reati
ambientali.
Aiutiamoli
a casa loro? – il piano Mattei
Il
piano Mattei prevede la realizzazione di diversi progetti nei paesi
africani, tra cui il Congo-Brazaville, anche in collaborazione con
Eni, per diversi miliardi di ml di euro.
Come sono spesi questi
soldi? Che livello di trasparenza c’è in questi progetti e nei
rapporti con questi paesi, dalla Somalia al Kenia, dall’Egitto al
Congo, spesso governati da regimi autoritari.
Paesi
con cui Eni e altre major sono chiamati a trattare: “Più il paese
è ricco più la corruzione è diffusa ” racconta a Report Massimo
Alberizzi direttore di Africa Express “il sociologo svizzero
Ziegler ha descritto il Congo come un mendicante seduto su una
montagna d’oro, poche famiglie sono ricchissime e gestiscono il
petrolio, le concessioni.. Abbiamo avuto dei casi di corruzione molto
pesanti che sono ancora in qualche modo da chiarire
perfettamente”.
Ma il Congo rimane un partner importante per
l’Italia e non a caso è stato inserito tra i paesi pilota nel
piano Mattei, il progetto da 5,5 miliardi di euro voluto dalla
presidente Meloni che il 25 novembre scorso ha ricevuto a Palazzo
Chigi il presidente Denise Sassun Nguesso.
Laura
Mazza è rappresentante delle relazioni istituzionali della
repubblica del Congo in Italia: “ha chiesto di dedicarsi alla
gestione dello sviluppo sostenibile legata sia all’energia che
all’acqua ..”
Il progetto in Congo prevede la realizzazione
di una rete idrica per assicurare acqua potabile agli abitanti della
capitale Brazzaville, tra i suoi sostenitori più convinti c’è
anche l’ambasciatore del Congo in Italia, Okemba.
A
Report l’ambasciatore questo progetto consentirà la trasformazione
dell’economia del paese, oggi legata agli idrocarburi: “il
vantaggio del piano Mattei è che non ci viene imposto dall’esterno,
è un piano che stiamo costruendo insieme, attualmente il Congo ha
avviato un programma di sviluppo dell’agricoltura e di tutela
dell’ecosistema forestale, con progetti che permetteranno alla
popolazione locale di beneficiare dei nostri rapporti con l’Eni, ma
anche col governo italiano.”
Eni
è presente in Congo dal 1968 per i pozzi offshore di petrolio è gas
naturale, una collaborazione di lungo corso – racconta il servizio
– che si rinnova nel nome della soddisfazione reciproca.
Lo
racconta l’ambasciatore Henri Okemba “con Eni il Congo è
cresciuto moltissimo e con l’estrazione del gas Eni ha dato al
Congo un margine di sviluppo ancora maggiore. Proprio assieme ad Eni
guardiamo anche alla formazione, all’agricoltura, alle energie
rinnovabili, tutti questi progetti vengono portati avanti in modo
concreto e trasparente.”
A
proposito di trasparenza, a Point-Noire capitale economica della
Repubblica del Congo i cronisti de l’Espresso
nell’ambito di una inchiesta internazionale coordinata dal
consorzio ICIJ, scoprono la casella postale 4801, dove hanno sede due
società: la Petroserve che risulta essere una fornitrice di Eni e la
Elengui, una società offshore intestata a Marie Madeleine Ingoba,
moglie dell’AD di Eni Descalzi.
Lo
racconta Paolo Biondani a Report: la signora ha spiegato che questa
società è stata aperta su suggerimento del suo commercialista per
fare un investimento immobiliare in Congo poi non finalizzato.
Una
società inattiva che ha la stessa sede di Petroserve, un gruppo di
aziende controllate da holding in Lussemburgo e Olanda che negli anni
si è arricchito con Eni, sotto la guida dell’imprenditore
inglese Haly.
Di
Haly ha parlato a Report un ex manager di Eni che per l’azienda ha
gestito le trattative più delicate in Africa: “Haly era
legatissimo a tutti i manager di Eni in Congo ed era lui il volto
operativo di Petroserve”.
In
Lussemburgo le autorità hanno messo gli occhi sulla società anonima
Cardon, l’azienda che a caduta, controlla le aziende che si sono
arricchite con Eni a cominciare dalla Petroserve: scoprono che fino
all’8 aprile 2014 tra i soci figurava, oltre ad Haly, proprio la
signora Ingoba.
“LA Petroserve ha avuto solo in Congo
contratti da Eni per 104 ml di dollari” spiega a Report Antonio
Tricarico di Re Common “per fornitura di navi, per spostare lo
staff sulle piattaforme, ma in tutti questi paese ha avuto contratti,
secondo la Guardia di Finanza, fino a 305 ml di dollari.”
La
moglie di Descalzi esce poi dalla società pochi giorni prima che
Descalzi venga nominato amministratore, nel 2014.
La
scheda del servizio: TESORO
HO PRESO L’AEREO
di
Daniele Autieri
Collaborazione
Andrea Tornago
Quali
sono stati e quali sono gli interessi dell’amministratore delegato
di Eni, Claudio Descalzi, in Congo e di sua moglie Marie Madeleine
Ingoba?
Mentre
Italia e Congo-Brazzaville lavorano alla lista di interventi da oltre
320 milioni di euro previsti dal Piano Mattei nel Paese, Report è in
grado di rivelare una serie di documenti inediti, interni alla più
grande delle aziende controllate dallo Stato italiano che proprio in
Congo è attiva da anni nel settore degli idrocarburi.
Documenti
mai emersi prima, che aggiungono importanti verità alle inchieste
giudiziarie della Procura di Milano aperte sulle attività di Eni in
Congo e sulle assegnazioni dei diritti di perforazione.
I
signori dello sport
Chi
sono i signori dello sport nella politica italiana e perché lo sport
è tanto importante per la politica italiana?
Report
si occupa di questo nel servizio di Carlo Tecce e Lorenzo Vendemiale:
sono andati ad intervistare il ministro dello sport Abodi
chiedendogli dell’operazione portata avanti dal capogruppo di FI
Paolo Barelli, la rimozione del limite dei tre mandati che gli
interessava anche come presidente della federazione nuoto.
Il
ministro ha risposto di aver preso atto della decisione del
Parlamento anche se non è esattamente quello che aveva immaginato.
Ovvero
un mondo con tante porte girevoli o, meglio ancora, senza porte tra
sport e politica con una commistione di ruoli: ma Barelli è stato
capace di svolgere i due ruoli sapendo distinguere le due funzioni –
come sostiene il ministro? “Fino ad adesso si nella misura in cui
non ho avuto nessun tipo di segnale che lo riguarda”.
Ma
Report, che è diffidente di natura, qualche segnale di non
separazione perfetta dei ruoli, l’ha notato: grazie al suo
emendamento Barelli ha potuto farsi rieleggere al terzo mandato con
presidente federale con un plebiscito.
“C’è
consenso perché si è registrata una crescita del nostro sistema in
maniera chiara” racconta a Report lo stesso Barelli “dopo di che
le norme possono permettere ad un presidente di ricandidarsi, il
sostegno dei presidenti delle società c’è sempre stato e per cui
sono qua..”
Barelli ha attraversato 7 mandati da presidente
federale e cinque legislature in Parlamento galleggiando sempre,
anche nelle tempeste giudiziarie. Tre anni di squalifica a livello
internazionale di cui uno scontato e due annullati: è finito di
fronte al comitato etico – spiega Marco Birri dirigente della Lega
Europea nuoto tra il 2025 2023 “perché era contemporaneamente
presidente della federazione europea e presidente della federazione
italiana firmando un documento nel quale tutto il governo della
federazione europea non era assolutamente informato.” Questo il
motivo per cui a livello internazionale Barelli ha perso la sua
credibilità.
C’è poi un’altra vicenda controversa: il
pagamento per la ristrutturazione delle piscine per il foro italico.
Nel 2013 la Federnuoto saldò parte di un debito col Coni detraendo
le fatture di quei lavori che però erano stati già oggetto di un
contributo pubblico, insomma Barelli si fece scontare delle spese che
aveva sostenuto lo Stato. Per quella vicenda è stato prosciolto
dalla giustizia sportiva e penale ma sanzionato da quella contabile.
Una sentenza della Corte dei Conti lo ha condannato a restituire 490
mila euro: il danno erariale è una colpa grave per un uomo delle
istituzioni ma anche per questa vicenda la sua carriera non ha avuto
problemi, a pagare al suo posto è stata la federnuoto. Tutto è
perdonato: Barelli è tornato rafforzato sia nello sport che nella
politica, come racconta il giornalista de Il Domani Vittorio
Malagutti “gode di un potere enorme nel partito, adesso è
capogruppo alla Camera, è uno dei parlamentari più legati al
ministro Tajani ”
La
scheda del servizio: BARELLI
& BINAGHI. I MONARCHI DELLO SPORT ITALIANO
di
Carlo Tecce e Lorenzo Vendemiale
Da
un quarto di secolo Paolo Barelli è il capo indiscusso della
Federazione italiana nuoto. Il suo potere nello sport, però, deriva
anche dalla sua carriera politica: parlamentare da cinque
legislature, è capogruppo di Forza Italia alla Camera e braccio
destro del ministro degli Esteri e vicepresidente del Consiglio
Antonio Tajani. Proprio il doppio ruolo gli ha permesso di superare
indenni diversi ostacoli. Con documenti e testimonianze esclusive,
Report racconta i segreti di Barelli, i suoi conflitti di interessi e
ricostruisce gli affari degli ultimi anni che arrivano fino al suo
partito. Un altro mister B. dello sport italiano è Angelo Binaghi,
presidente della Federtennis che, fra un anno, come Barelli,
festeggerà il suo quarto di secolo al comando.
Le
anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate
sulla pagina FB o
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della trasmissione.