«Raccatta quella vecchia strega e portala al furgone» abbaiò.
E così, pochi minuti prima che arrivassero le altre centi vittime, sollevai la vecchia e l'accompagnai lungo la strada della Collinetta fino al cancello dove era parcheggiato il furgone, imbrattandola del sangue che mi colava dal mento. Quando la feci sedere sul retro del furgone e mi girai per andarmene, ella si aggrappò al mio polso con le dita contratte dall'ansia e con una forza che non avrei mai immaginato possedesse ancora.
Mi tirò in giù verso di lei, rannicchiata sul pavimento del furgone della morte, e con un piccolo fazzoletto di percalle, che doveva essere il ricordo di tempi migliori, tamponò un po’ del sangue che continuava a colare.
Alzò lo sguardo verso di me, la faccia rigata dal mascara, dal belletto, dalle lacrime, dalla sabbia, ma i suoi occhi scuri splendevano come stelle.
«Ebreo, figlio mio,» sussurrò «tu devi vivere. Giurami che vivrai. Giurami che uscirai vivo da questo posto. Devi vivere, per poter riferire a loro, a quelli che stanno fuori nell’altro mondo, che cosa è successo al nostro popolo qui dentro.
Promettimelo, giuralo sul Sfer Torah.»
E così giurai che sarei vissuto, in qualche modo, a qualsiasi costo. Poi mi lasciò andare. M'incamminai con passo incerto lungo la strada che portava al ghetto, e a metà strada svenni..
Poco dopo essere tornato al lavoro, presi due decisioni. La prima fu quella di tenere un diario segreto, tatuandomi di notte parole e date con uno spillo e dell'inchiostro nero sulla pelle dei piedi e delle gambe, così che un giorno sarei stato in grado di trascrivere tutto quello che era successo a Riga e fornire prove precise contro i responsabili.
La seconda decisione fu quella di diventare un kapò, cioè membro della polizia ebraica.
Fu una decisione dura da prendere, dato che questi uomini scortavano i loro compagni ebrei al lavoro, e spesso ai posti di esecuzione.
Dal diario di Salomon Tauber - Dossier Odessa di Frederick Forsyth Mondadori
Giurami che ricorderai quanto è successo: queste le parole la donna anziana rivolge a Salomon Tauber, un nome di fantasia per rappresentare le migliaia di ebrei passati per il ghetto di Riga. Ricorda cosa è successo al nostro popolo qua dentro.
Dentro i ghetti, nei campi di concentramento e, prima ancora, le persecuzioni che subirono al lavoro, nelle case, nelle strade.
Il thriller di Frederick Forsyth, dove è difficile distinguere il confine tra realtà e invenzione letteraria, si basa su fatti e dati reali: è esistito veramente un Eduard Roshmann, capitano delle SS chiamato il macellaio di Riga. Sono state tremendamente reali le violenze, le umiliazioni, subite dagli ebrei raccolti nel ghetto (non solo dalle SS ma anche dai volenterosi carnefici lettoni).
Come è esistita veramente Odella, l'organizzazione degli ex membri delle SS che, usando l'enorme fortuna che aveva rubato alle loro vittime e che era stata ben custodita nelle banche svizzere (e non solo), riuscì a garantire ai suoi membri di sfuggire alla giustizia, di rifarsi una vita, in sudamerica (come Eichmann o Roshmann) ma anche nella stessa Germania.
Viviamo tempi difficili oggi: un brutto vento di destra sta soffiando nel mondo, si torna a parlare di deportazioni di immigrati, si sente dire da candidati politici che le SS erano solo soldati che ubbidivano agli ordini, accettiamo che trafficanti di esseri umani e torturatori siano trattati coi guanti bianchi e riaccompagnati a casa con tanto di aereo di stato.
Cosa c'entra questo con la giornata della memoria?
Non dimenticare significa anche questo: ricordare come negli anni trenta e quaranta del secolo passato si è accettato che esistessero persone Non degne di vivere, che potevano essere sfruttate fino alla morte.
Colpevoli di queste violenze non sono tutti i tedeschi, o tutti gli italiani, nemmeno Simon Wiesenthal (che pure appare nel romanzo di Forsyth) credeva nella colpa collettiva.
Ma tanti hanno girato la testa dall'altra parte, preferito non vedere. Non vedere le famiglie ebree che perdevano il lavoro, la possibilità di andare a scuola. Che improvvisamente partivano e sparivano, dalla mattina alla sera.
Il fumo del camino si vedeva salire, nei campi di sterminio e nemmeno troppo lontano da noi: in Italia ne avevamo uno di forno crematorio, a Trieste, alla Risiera di San Sabba.
Dopo la seconda guerra mondiale si era detto mai più: mai più accettare l'idea che a talune persone non fossero garantiti gli stessi diritti solo per il fatto di essere nati, oppure nati dalla parte sbagliata del mondo.
La memoria, se dobbiamo coltivarla, non possiamo accettare che sia selettiva.
Oggi ci si è divisi in tifo, o di qua o di là, pro o contro un governo, quello di Israele, senza saper distinguere, senza saper cogliere le differenze tra le scelte di un governo e i suoi abitanti.
E mentre ci si attacca ogni giorno, scontrandosi attorno ad una parola, persone muoiono sotto le bombe. I migranti vengono respinti nei lager, messi all'indice e indicati come i nemici del popolo, da mettere in catene e mandare via, lontano.
Come lo vogliamo chiamare questo?
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