12 gennaio 2025

Anteprima inchieste di Report – le questioni aperte sulla mafia e il potere delle lobby israeliane

Si torna a parlare di mafia, a Report e non nell’agenda del governo: a due anni dall’arresto di Matteo Messina Denaro (la pupiata) quali conti ancora da saldare ci sono? – si chiede il conduttore Sigfrido Ranucci nell’anteprima della puntata.

Poi il grande tabù italiano, il rapporto mafia e politica: quanti soldi sono stati trasferiti da Berlusconi a Dell’Utri, il fondatore di Forza Italia condannato per mafia. Poi un servizio sulla situazione a Gaza.

Reportlab – la città sottoterra

Coober Pedy è una piccola cittadina vicino Adelaide, in Australia, dove la gente vive sottoterra, a più di 70 metri sotto la superficie.

La scheda del servizio: Una vita sottoterra di Alessandro Spinnato

Collaborazione di Celeste Gonano

Coober Pedy, la cittadina dell’Australia dove la vita si svolge sotto terra.

Sperduta nel deserto dell’Australia meridionale, a circa 850 chilometri da Adelaide, nel mezzo del nulla, sorge Coober Pedy, una piccola cittadina dove la gente vive e lavora sottoterra. Fu scoperta nel 1915 da due cercatori d’oro che, scavando a profondità relativamente basse, trovarono una grande quantità di Opale nobile, una pietra preziosa molto rara e ricercata. Inizialmente luogo di rifugio dei reduci della Seconda guerra mondiale, negli anni cinquanta diventa la meta dei minatori di tutto il mondo ma anche di coloro che scappavano da stili di vita nei quali non si riconoscevano. È uno dei posti più torridi al mondo. Per sfuggire al caldo e alle fredde notti invernali, i suoi abitanti hanno deciso di costruire delle case scavando nel sottosuolo. Si vive sottoterra, si lavora sottoterra e sempre sottoterra si va in chiesa. Con le telecamere di Report siamo scesi a 70 metri di profondità per capire come lavorano i cercatori di opale, conoscere le loro difficoltà ma anche il loro stile di vita.

I conti aperti con la mafia

Al funerale di Berlusconi, due anni fa, tanti politici erano lì in Duomo, ad ascoltare l’omelia dell’arcivescovo su questo uomo politico, tanto potente quanto divisivo. Ancora oggi. Lo si ama o lo si odia.

Nonostante i processi, uno aperto come mandante per le stragi di mafia del 1993, nonostante la condanna per frode (scontata coi lavori sociali), nonostante l’aver governato il paese come una sua azienda, a Berlusconi sono stati concessi funerali di Stato, un francobollo, l’aeroporto di Milano.

Chi lo ama gli ha perdonato tutto, anche di aver scelto come fondatore del suo partito un manager come Dell’Utri, il ponte con la mafia.


Nonostante il costante tentativo della politica di cancellare i fatti avvenuti in Italia nella stagione 1992-93, le indagini sono ancora aperte come aperti sono alcuni punti su queste stragi: per esempio la donna che è stata vista nei luoghi delle stragi di Firenze e Milano, presenze che non c’entrano coi mafiosi
In via dei Georgofili una donna è stata vista da testimoni oculari abbandonare il veicolo che esplode – racconta a Report il procuratore di Lagonegro Gianfranco Donadio e a via Palestro a Milano più di un teste descrisse l’allontanamento di una donna dalla Fiat Uno che esplose, “questa pista appare ovviamente alternativa alla presenza esclusiva dei mafiosi nella campagna stragista del 1993-94”.
Nel 2023 nuovi collaboratori di giustizia parlano di Dell’Utri: il calabrese Girolamo Bruzzese racconta che il contatto con la cosca dei Piromalli per Silvio Berlusconi ce l’aveva Marcello Dell’Utri mentre Emanuele Celona di Gela rivela che Pippo Scaduto nel 2000 e i fratelli Manuello nel 1996 hanno indicato in Dell’Utri la persona dietro a cosa nostre in relazione alle stragi del 1993-94.

E’ possibile dire che dietro le trame che hanno provocato le stragi del 1993 non ci sono solo mafiosi ma anche soggetti diversi: secondo il pm Luca Tescaroli i soggetti esterni a cosa nostra hanno fortemente voluto quelle stragi, soggetti appartenenti al mondo imprenditoriale, finanziario, economico e politico – istituzionale.
Nel giugno 2023 l’ex generale Mario Mori è stato interrogato dai pm fiorentini (che hanno riaperto il fascicolo sulla strage di Firenze) ma si è avvalso della facoltà di non rispondere, su Dell’Utri ha sempre avuto parole di comprensione. In una intercettazione del 9 maggio 2012 il colonnello DE Donno, ex collaboratore di Mori al Ros, chiamava Dell’Utri, poche ore prima la Cassazione aveva annullato la sentenza della Corte d’Appello che lo condannava a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Il colonnello è felice: “nonostante tutto in questo paese c’è ancora speranza, senatore”. Lo stesso DE Donno il giorno dopo chiama Mori che sulla sentenza della Cassazione commenta “è una mazzata terrificante per loro, son contento per lui”, De Donno risponde “alla faccia dei palermitani” (intendendo i pm dell’accusa).
Dell’Utri verrà poi condannato due anni dopo ma nel 2023, assieme a De Donno e Mori, è stato invece assolto nel processo sulla trattativa stato-mafia, alla faccia del pm palermitano Nino di Matteo.
Che a Report commenta: “questa assoluzione non significa come alcuni organi di stampa vogliono far credere che è stata riconosciuta l’estraneità di Dell’Utri dal contesto mafioso. Dell’Utri ha scontato una pensa per concorso esterno in associazione mafiosa e quel concorso è consistito proprio, secondo la sentenza definitiva di condanna, nella sua intermediazione costante fattiva e importante dei rapporti tra i vertici di cosa nostra e Silvio Berlusconi.”
L’evento che aiuta a comprendere la portata dell’accusa – continua Di Matteo – ed è il decreto Biondi del 1994 che portò alla scarcerazione di diversi mafiosi.

Lo scorso ottobre, intervistato dal settimanale Sette, Dell’Utri raccontò che poco prima di morire Berlusconi lo convocò ad Arcore chiedendogli di rifondare Forza Italia “e tu mi devi dare una mano a selezionare i candidati”, come 30 anni prima, come se non fosse successo nulla nel frattempo.

In una recente intervista durante l’inaugurazione di un Mondadori store a Roma l’ex senatore spiegava di non seguire più la politica e di non poter dare un giudizio su questo governo. Lo scorso luglio Piersilvio Berlusconi alla presentazione dei palinsesti aveva detto che un conto era avere una FI di resistenza un altro conto un partito di sfida. Un messaggio duro a Tajani: ma il giovane Berlusconi vuole entrare in politica? Paolo Mondani lo ha chiesto all’ex deputato Cicchitto “non glielo consiglierei, anche un partito personale e anche un partito espresso da un business poi scendendo in politica diventa un partito e quindi deve sempre equilibrare il quadro, non è possibile in Italia un governo di estrema destra ma anche un governo spostato a destra deve avere un centro fortissimo. Questa è l’intuizione di Piersilvio Berlusconi.”
Tradotto, Piersilvio vuole riconquistare i voti del centro regalati a Fratelli d’Italia ma per svecchiare il partito userà le conoscenze di Dell’Utri, consigliere del padre, che ha sofferto per lui tanto da provare a volerlo graziare dal presidente della Repubblica.
La procura della Repubblica di Firenze ha interrogato l’ex ministro (ed ex presidente dell’ARS siciliana) Micciché nel 2023 a proposito di un incontro avvenuto col leader di Italia Viva Matteo Renzi a Firenze il 15 ottobre 2021.
Berlusconi aveva chiesto più volte a Renzi di votare per un presidente che avesse concesso la grazia a Dell’Utri e ad ottobre 2021 ci si preparava alla successione di Mattarella (poi rieletto presidente). Micciché mette a verbale che Renzi sembrava disponibile a questa richiesta e riferì la buona novella a Dell’Utri. Né Renzi né Micciché hanno voluto rispondere alle domande di Report su questo punto.
Ma ne ha voluto parlare Cicchitto, che è stato coordinatore di FI prima di Micciché: “Berlusconi aveva una singolare illusione, se eleggeva Giuliano Amato questo gli avrebbe potuto portare alla grazia o nei confronti di Dell’Utri o nei confronti di sé stesso. Io gli dissi sempre che era sbagliato, la cultura e la preparazione di Giuliano Amato erano in proporzione inversa rispetto al suo coraggio, ma la grazia non l’avrebbe mai concessa..”

La scheda del servizio: IL SIGNOR D di Paolo Mondani

Collaborazione Roberto Persia

Nuovi retroscena emergono dalla storia recente italiana, rivelando l'intreccio tra politica, crimine e affari che ha segnato il nostro paese. Attraverso le indagini della Procura di Firenze sulle stragi e gli attentati del 1993-1994, emergono nuovi dettagli sul ruolo di Marcello Dell’Utri, ancora sotto inchiesta per strage. Al centro della vicenda anche una "montagna di denaro" che getta nuova luce sulle origini dell'impero del Cavaliere. Una storia densa di misteri, potere e denaro, che ha cambiato per sempre il volto dell’Italia.

La situazione a Gaza

Non dobbiamo abituarci a quanto sta succedendo a Gaza: i bambini che muoiono per il gelo e per l’assenza di cure, le morti civili, in maggior parte donne, anziani e bambini. I bombardamenti di scuole e ospedali col pretesto che nascondano dei terroristi.



Non è la popolazione civile colpevole della strage del 7 ottobre in territorio di Israele compiuta da Hamas: possiamo chiamarlo come ci pare, ma queste stragi di civili, comprese quelle di Hamas, non sono più accettabili.

Report torna ad occuparsi di Gaza dove oggi buona parte della popolazione è bloccata dentro campi profughi, vive dentro le tende che non sono nemmeno attrezzate per l’inverno e dove nemmeno sono al sicuro dalle bombe dell’esercito israeliano.

Come a Deir Al Balah dove i bambini giocano nel fango, letteralmente, dove le persone sono alle prese con tende da cui filtra l’acqua, molte nemmeno sono più utilizzabili. Dove mancano le coperte per riscaldarsi.

Qui, nelle condizioni mostrate dal servizio di Report, vivono da mesi decine di migliaia di palestinesi: con la pioggia si rischia anche di rimanere annegati dentro queste strutture provvisorie – è la testimonianza di una donna di questo campo che vive in tenda con tre bambini – “di notte fa freddissimo, tutte le coperte sono fradicie di pioggia”.

Oltre al fango e al freddo nelle tendopoli i palestinesi di Gaza devono combattere contro i bombardamenti dell’esercito israeliano che sono proseguiti anche dopo capodanno in modo indiscriminato.

Sono circa 45 mila le vittime civili palestinesi, ma una stima di The Lancet parla di almeno 70 mila vittime, la stragrande maggioranza dei quali civili inermi. Per queste morti il Tribunale internazionale ha emesso un mandato di arresto per il premier israeliano Netanyahu con l’accusa di crimini contro l’umanità. La Corte internazionale di Giustizia ha invece avviato un procedimento contro Israele per genocidio. Le scene che verranno mostrate dal servizio di Report di bambini feriti si ripetono da più di un anno e non trovano parole per commentarle.

Il governo israeliano continua a sostenere che in questa guerra si stiano colpendo quasi esclusivamente soggetti legati ad Hamas, quindi guerriglieri: “tra i pazienti che assisto io ogni giorno no” racconta l’infermiera di Medici senza frontiere Cristina Contù che lavora al Nasser Hospital “io vedo tantissimi bambini, tantissime donne, persone normali che abitavano in abitazioni come le nostre e che si ritrovano a vivere in condizioni disumane.”
Le cose rispetto a qualche mese fa le cose stanno peggiorando: “la popolazione non ha accesso all’elettricità e nemmeno all’acqua potabile, non hanno più pane né farina. Io ho lavorato anche in altre zone di guerra ma credo che questo sia un contesto unico e particolare.”
Il peggior contesto bellico a cui Cristina Cont
ù ha assistito: “le persone non hanno via di fuga, sono rinchiuse qui dentro e oltre ai blocchi umanitari, Israele ci impedisce l’evacuazione medica, abbiamo chiesto l’evacuazione medica di 8 bambini poche settimane fa e c’è stata rifiutata.”

L’infermiera prosegue il suo racconto: “i bombardamenti sono all’ordine del giorno, anche qui nella zona umanitaria che dovrebbe essere la zona dedicata alla popolazione, dovrebbe essere considerata la zona più sicura. Mentre noi continuiamo a ricevere pazienti vittime di questi attacchi, pazienti con fratture, bambini che arrivano e a cui dobbiamo amputare gli arti, gambe, braccia. E con il materiale che scarseggia a volte non riusciamo neanche a garantire gli interventi a tutti i pazienti. La rabbia che abbiamo è che le nostre forniture sanitarie sono a pochi km di distanza perché sono purtroppo bloccate alla frontiera.. garze bende, paracetamolo, antibiotici, tutto il materiale di cui abbiamo bisogno per garantire le cure sanitarie adeguate.”
Chi blocca queste forniture?
“I blocchi sono causati da Israele: bloccano anche dispositivi medici come i concentratori di ossigeno o anche solo le pompe per potabilizzare l’acqua che vengono considerati articoli a doppio uso, quindi non solo ad uso medico ma che potrebbero essere usati anche per altri scopi e quindi Israele non ce li fa arrivare.”

Come è possibile che tutto questo avvenga sotto i nostri occhi, senza nessuna presa di posizione netta contro il governo di Israele, se si escludono poche minoranze, tra cui il papa?
La risposta sta nel potere delle lobby che difendono gli interessi del governo di Israele: una di quelle più importanti, che si è insediata anche a Bruxelles di cui si occuperà il servizio di Giorgio Mottola è il
Transatlantic Institute, costola della statunitense American Jewish Commitee.



Marco Scurria, senatore di FDI è presidente del Transatlantic Firends of Israel: “l’American Jewish Commitee è una associazione che promuove questo gruppo nei luoghi decisionali, ma non è la stessa cosa”.
Una lobby dunque, un gruppo di pressione come ne esistono altri: ma il Transatlantic Institute è molto più di una associazione, è iscritto nel registro delle lobby di Bruxelles e incontra regolarmente rappresentanti delle istituzioni europee, lo scorso anno ha gestito ufficialmente un budget di 700mila euro, non dichiara da dove arrivino i soldi ma dai bilanci americani le entrate sembrano dipendere essenzialmente dalla casa madre statunitense,
l’American Jewish Commitee.
Chi finanzia questa lobby americana? Il presidente Scurria non ha avuto interesse a chiarire questo aspetto, “è American quindi non mi interessa”, anche se poi questi finanziamenti arrivano al ramo europeo ovvero Il Transatlantic Institute.
L’AJC ha inviato lo scorso anno in Europa 3,3 ml di euro per attività di advocacy: da quando ha aperto nel 2005 gli uffici della filiale a Bruxelles l’organizzazione americana ha finanziato finora attività lobbistiche in Europa per 44,5 ml di dollari, cifre destinate a salire visto che l’AJC possiede beni per oltre 250ml di dollari e dichiara entrate per 80 ml di dollari che dipendono soprattutto da fondi di beneficenza dai miliardari americani ebrei.

David Cronic è un giornalista ed autore del libro “The Israel lobby and European Union”: “è stato dopo l’attacco alle Torri Gemelle che le lobby filoisraeliane si sono rese conto che dovevano estendere la loro area di influenza anche oltre oceano e così molte organizzazioni che sostengono Israele hanno iniziato ad aprire, quasi contemporaneamente, uffici a Bruxelles e nelle principali capitali europee. L’AJC è stata la prima a capire chiaramente che sarebbe stato fondamentale essere presenti a Bruxelles.”

La scheda del servizio: QUESTIONE DI LOBBY di Giorgio Mottola

Collaborazione Greta Orsi, Silvia Scognamiglio

Mentre prosegue il massacro di palestinesi nella striscia di Gaza, l'Europa ha assunto una posizione di aperto appoggio a Israele. Il rapporto tra le istituzioni europee e il governo dello Stato ebraico è molto cambiato a partire dagli anni 2000 quando a Bruxelles hanno aperto la propria sede molti gruppi di pressione a favore di Israele che in breve tempo sono riusciti a mettere radici nel Parlamento e nella Commissione europea.

Come si vive a Caivano

Al parco Verde di Caivano sono stati trasferiti alcuni abitanti di alcuni quartieri di Napoli dopo il terremoto dell’Irpinia: doveva essere una sistemazione provvisoria e invece queste persone vivono ancora dentro queste abitazioni che avrebbero bisogno di manutenzione. Per togliere le infiltrazioni di umidità dai muri, dal tetto. Tutti lavori a carico delle famiglie.

La scheda del servizio: PROMESSE MANCATE di Luca Chianca

Collaborazione Alessia Marzi

Alla fine di novembre nel Parco Verde di Caivano 36 famiglie vengono sgomberate dalle case che avevano occupato da decenni senza diritto. Costruito negli anni '80 dopo il terremoto dell'Irpinia, il Parco diventa un caso nazionale solo dopo l'ennesima tragedia che si è consumata poco distante dal quartiere. I genitori di due cuginette di 10 e 12 anni denunciano ai carabinieri che le bimbe sono state violentate per mesi da nove ragazzi del posto, sette dei quali minorenni. Don Patriciello, parroco del Parco verde, lancia un appello a Giorgia Meloni che in breve tempo interviene facendo di Caivano un modello che vorrebbe esportare nelle altre zone degradate dell’Italia. Siamo andati a vedere cosa è stato fatto e se il modello funziona davvero.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

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