23 gennaio 2025

Finché c'è processo c’è speranza, di Fulvio Ervas


 

13 AGOSTO, GIOVEDÌ

L’osteria di Secondo, nel centro di Treviso, è una meraviglia: belle sedie impagliate, bancone di marmo e atmosfera familiare. Sulle pareti bianche, neri disegni di viti potate.

Spinto dall'ottima serie uscita in Rai "Stucky", mi sono voluto leggere questo libro "Finché c'è processo c'è speranza", uno dei gialli della serie scritta da Fulvio Ervas con protagonista questo ispettore di polizia così particolare, molto lontano dal cliché del poliziotto tutto azione e pistola. Anzi, Stucky, che deve il suo nome alle origini iraniane, è uno di quei poliziotti che la pistola non se la porta proprio dietro.

Anche da questo romanzo era stato tratto un film, sempre con Giuseppe Battiston protagonista: come per altri personaggi di carta, una volta che diventano film o serie televisive, è difficile non vederli tramite gli attorni che li interpretano (è successo per Montalbano, per Rocco Schiavone..).

Una premessa per quelli come me che hanno fatto questo passaggio: nella serie televisiva le indagini di questo ispettore dall'aspetto tranquillo (e che per questo viene spesso sottovalutato dalle persone con cui si imbatte) sono state sceneggiate usando il modello "Tenente Colombo" ovvero si vede fin dall'inizio chi è l'assassino, compito dell'investigatore è scoprire dove ha fallito nel suo piano.

I libri di Fulvio Ervas sono invece dei veri gialli con i morti, le indagini e gli investigatori che si muovono tra la città e le campagne attorno Treviso, la famosa marca trevigiana con le sue dolci colline tutte coltivate a ranghi serrati con le viti per produrre il famoso prosecco.

In ogni romanzo Fulvio Ervas ha cercato di mettere in luce i tanti problemi che affliggono la sua regione: dall'inquinamento di Marghera a quello del passato industriale della regione, il volto oscuro (e non sempre legale) dell'imprenditorialità veneta, che non ama la bellezza o che ha interesse a valorizzare il territorio da cui trae la sua ricchezza.

Anche in questa storia, arrivati alla fine, si scoprirà un altro pezzetto di questa regione che una volta era chiamata "il miracolo veneto" e che si considera quasi un pezzo a parte dello stivale.

Si parte da un morto, un conte molto eccentrico, che viene ritrovato morto nel camposanto di Cison di Valmarino: morto suicida con indosso un pigiama vicino alla tomba di famiglia dopo essersi portato appresso un bottiglione di champagne che aveva stappato con una sciabolata.

Forse un po' troppo eccentrico anche per una persona come il conte Ancillotto, una persona che era stata in sudamerica e poi era tornata in Italia a fare il viticultore: passione che viveva quasi in modo religioso, niente additivi o pesticidi nelle sue vigne, che dovevano produrre la quantità giusta di uva per arrivare ad un vino che fosse vera eccellenza del territorio.

Suicidio, dunque? Non secondo l'oste "Secondo" dove Stucky va a mangiare:

«Vede, ispettore, il conte Ancillotto non si sarebbe mai ucciso a poche settimane dalla vendemmia!..»

Chi potrebbe aver un personaggio noto come il conte? Un uomo benvoluto da tutti, almeno a giudicare dalla folla che si presenta al funerale, nessuna moglie o figli, solo una nipote in Sudamerica e tante compagnie femminili qui in zona.

Due nuovi eventi complicano le delicate indagini di Stucky che, diversamente dal suo superiore, non crede alla versione del suicidio.

La morte del direttore del cementificio, l'ingegnere Speggiorin, ucciso davanti casa mentre rientrava con una bicicletta e un improbabile ombrello da donna.

E poi l'arrivo in paese di un ciclone, la nipote del conte, Celinda Salvatierra, decisa a sradicare le viti per impiantare piante di caffè.

Un uomo come il conte, uno che amava la vita, il vino e le donne, avrebbe potuto suicidarsi? E che legame ci potrebbe essere col secondo morto?

Stucky si muove tra le persone che conoscevano il conte: il prete del paese, la sua amante, l'oste Secondo, la fedele governante.

E poi la vedova dell'ingegnere, la congregazione del prosecco, il prete del paese..

La risposta arriverà dalle parole del matto del paese, Pitusso, uno che passa il suo tempo a togliere la ruggine dalle tombe dei morti: il medico che aveva infettato tutto il paese, il vecchio maestri, l'oste amico del prete:

E mi grato la tomba dell’oste Berto, gran mescitore del paese. Tutti arrivavano da Berto con una sete vigliacca, che se non trovi un bar aperto potresti ammazzare un prete e siccome il prete era il miglior amico di Berto, l’osteria apriva alle prime luci dell’alba.

E poi la tomba della zitella del paese, quella che aveva detto no a tutti i maschi del paese:

Mi grato la tomba incrostatissima di Biz Mariassunta, professione emerita zitella, alta di sponda e bassa di profilo. La Mariassunta, che anche il sottoscritto tentò d’impalmare,

Forse non sono farneticazioni quelle del matto, forse sul paese e sulle persone si è veramente formato uno strato ruggine, non fuori ma cresciuta dentro le persone, con tempo, un male causato dall'avidità delle persone.

Finché c'è processo c'è speranza - come a dire che finché c'è rispetto per la natura, per i suoi cicli, finché non si mette davanti a tutto il solito profitto e il facile arricchimento, anche noi avremo una speranza.

Stucky ebbe, rapida e vivida, la sensazione che dentro quella miriade di bottiglie, lasciate a riposare come i soldati di una guerra culturale, vi fossero non semplici alcoli ma gli spiriti di mille terre, mille racconti, tutto il passato che persisteva oltre il proprio limite.

La scheda del libro sul sito di Marcos y Marcos

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