Il viaggio alla ricerca del cuore e dell'anima di Milano è terminato.
Un viaggio lungo, in cui si è attraversata la città geograficamente, dall'ex area industriale di Sesto, fino alle zone del centro, piazzale Cordusio, piazza Fontana e Piazzale Loreto.
Dalla zona industriale, sparita assieme agli operai, alla zona dell'ex Milano da bere, caduta sotto i colpi di Mani pulite. All'Ortomercato che, negli anni passati si è scoperto essere luogo di spaccio in mano alla 'ndrangheta, con boss che entravano nell'area riservata col pass della Sogemi.
Un viaggio che ha attraversato anche storicamente la città, tirandone fuori episodi del passato: la storia della Colonna Infame e la peste in città, che ha permesso all'autore un lungo excursus sulla tortura (cui furono sottoposti Giangiacomo Mora e Guglielmo Piazza ), sui diritti civili, sul rapporto tra cittadini e magistrati. Magistrati della Milano del 1630, raccontata dal Manzoni nel suo libro "Storia della colonna infame" e ne "I promessi sposi".
Magistrati con un altro diverso senso della giustizia come Guido Galli, ma anche Vittorio Bachelet, Occorsio, Emilio Alessandrini, ucciso dai presunti rivoluzionari delle Br e dai loro fratelli minori (ma non meno pericolosi) di Prima Linea.
Magistrati come quelli che indagarono sulla strage di Piazza Fontana, la bomba messa dai neofascisti (con coperture di pezzi dello stato) nella banca dell'Agricoltura, in pieno giorno, il 12 dicembre del 1969. La ferita ancora aperta alla città: non solo per le 17 morti, per la storia del mostro Pietro Valpreda, sbattuto innocente sulle prima pagine dei giornali. Ma anche per il ferroviere Giuseppe Pinelli, morto innocente mentre era nelle mani degli agenti e dei funzionari della Questura milanese.
Magistrati come il pool di Mani Pulite, acclamati dalla cittadini milanesi che si accorsero all'improvviso del marciume dell'amministrazione della cosa pubblica. Dalla peste manzoniana, alla nuova peste la corruzione.
Poi il salto nella Milano fascista: dalla sua genesi nel palazzo di Piazza San Sepolcro, alla sua triste e infame fine, nei luoghi dove le SS, la Gespapo e le tante polizie fasciste, torturarono, seviziarono, uccisero i tanti italiani che si opposero al regime.
Il brutto crespuscolo degli ex dei, consumato a Villa Triste, dove risiedeva la banda Koch.
A via Santa Margherita, sede della SS di Milano, dove esercitava il suo sinistro compito il capitano Theo Saewecke, subito riciclato dai servizi alleati per le sue doti.
A piazzale Loreto, noto non solo per l'esposizione macabro dei cadaveri di Mussolini, della Petacci e di altri gerarchi fascisti. Ma chi si ricorda dei 15 italiani uccisi dai miliziani della Legione Ettore Muti, per rappresaglia, su ordine della Gespapo, nell'agosto 1944. Uccisi e poi lasciati esposti per giorni, come monito?
Il fascismo e il suo rapporto con l'informazione: il Corriere di via Solferino su cui il regime mise le mani cacciando il direttore Albertini.
Il tentativo di normalizzazione dell'informazione, dall'altra parte giornalisti che riuscirono a tenere la schiena dritta come Ferruccio Parri e Giulio Alonzi.
Giulio Alonzi, che rassegnò le dimissioni quando la proprietà del giornale impose un nuovo direttore, più accomodante del precedente (Mario Borsa) e incline ad un modello di informazione compromessa col potere.
E la Milano di oggi: dell'Expo, dei palazzi costruiti da palazzinari col passato poco chiaro e con le idee ben lontane dal rispetto dell'ambiente e della città, dei milanesi. La Milano dell'Ortomercato, si è detto, dove si è scoperto che la mafia era entrata in città, dalla porta di ingresso: una mafia che non spara, che non porta coppola e lupara, ma investe nelle costruzioni, nei locali alla moda, si è costruita attorno come in Sicilia, una sua borghesia mafiosa di avvocati, professionisti, medici, commercialisti. Politici.
Il protagonista, lo scrittore stesso, si aggira smarrito nella città. Dove è finito l'operaio, si chiede? Dove è finita la borghesia di una volta, che viveva a stretto contatto con la classe operaia, riuscendo nonostante conflitti aspri, a sbarrare la strada a oltranzismi e fascismi.
Le vecchie botteghe, i vecchi luoghi, i circoli: «La città, capitale del nord, centro di grandi banche, approdo di traffici internazionali, con una ammirevole storia industriale alle spalle, sembra caduta, più delle altre città italiane, in una apatica regressione antropologica, vittima del massacro della memoria, marchiata da una politica piatta che considera la cultura un additivo, con il compito di far spettacolo e di creare consenso politico. Contano soltanto la moda e gli stilisti. Conta soltanto essere visti in tv».
E continua:
«Milano era una volta una città dura, ma anche affettuosa, ironica, partecipe. L’imperatrice Maria Teresa aveva lasciato il segno di una buona amministrazione che fu recepita nei secoli; il socialismo umanitario primonovecentesco, nutrito da una borghesia avanzata, aveva dato vita a modelli comunitari d’avanguardia, si era preoccupato del futuro dei giovani aprendo scuole d’arti e mestieri, aveva capito l’importanza di costruire case popolari nel centro della città, aveva caldeggiato la nascita di villaggi operai e fondato associazioni di mutuo soccorso. Memorie stridenti in un tempo di degrado civile e di restaurazione politica.
Milano, ora, è una città incattivita, priva di umani abbandoni, che ha cancellato anche il suo linguaggio e ha nascosto chissà dove il suo antico spirito solidale.»
«Sulla comunità (indifferente, ignara o complice), pesa anche la cappa minacciosa della 'ndrangheta, potente a Milano, non soltanto all'Ortomercato, per una sorta di spartizione concordata con Cosa Nostra nelle zone di influenza territoriale. Non sono soltanto gli uomini d'azione criminale di Africo, di Platì, di San Luca, di Bovalino [...]
Sono quanti lavorano con loro e per loro, soci e padroni delegati dell'azienda, finanzieri e consulenti, avvocati, specialisti di diritto civile e di diritto internazionale privato, esperti di società offshore, informatici raffinati [...]
La capitale morale fa di tutto, vergognosa, per nascondere o mascherare quest'altro bubbone. Con sofisticate gli uomini della 'ndrangheta manovrano i traffici della droga, fonte primaria della ricchezza, e, indirizzati dalla loro rete di informatori, comprano aziende, centri commerciali, negozi, interi isolati di case, autosaloni, oltre a soddisfare l'antica passione, l'acquisto di bar, di ristoranti di alberghi nel centro della città .. [] L'expo li trova ansiosi di mettere a frutto le enormi quantità di soldi sporchi in loro possesso per farli risuscitare immacolati e godere così della benedizione della società liquida e anche di quella solida».
Riuscirà Milano a uscire dalla peste morale che assieme alla non meno pericolosa nuova peste delle polveri sottili, sta soffocando la città qui raccontata? .
Il link per ordinare il libro su internetbookshop.
L'intervista all'autore su Radioalt.
Technorati: Corrado Stajano
Un viaggio lungo, in cui si è attraversata la città geograficamente, dall'ex area industriale di Sesto, fino alle zone del centro, piazzale Cordusio, piazza Fontana e Piazzale Loreto.
Dalla zona industriale, sparita assieme agli operai, alla zona dell'ex Milano da bere, caduta sotto i colpi di Mani pulite. All'Ortomercato che, negli anni passati si è scoperto essere luogo di spaccio in mano alla 'ndrangheta, con boss che entravano nell'area riservata col pass della Sogemi.
Un viaggio che ha attraversato anche storicamente la città, tirandone fuori episodi del passato: la storia della Colonna Infame e la peste in città, che ha permesso all'autore un lungo excursus sulla tortura (cui furono sottoposti Giangiacomo Mora e Guglielmo Piazza ), sui diritti civili, sul rapporto tra cittadini e magistrati. Magistrati della Milano del 1630, raccontata dal Manzoni nel suo libro "Storia della colonna infame" e ne "I promessi sposi".
Magistrati con un altro diverso senso della giustizia come Guido Galli, ma anche Vittorio Bachelet, Occorsio, Emilio Alessandrini, ucciso dai presunti rivoluzionari delle Br e dai loro fratelli minori (ma non meno pericolosi) di Prima Linea.
Magistrati come quelli che indagarono sulla strage di Piazza Fontana, la bomba messa dai neofascisti (con coperture di pezzi dello stato) nella banca dell'Agricoltura, in pieno giorno, il 12 dicembre del 1969. La ferita ancora aperta alla città: non solo per le 17 morti, per la storia del mostro Pietro Valpreda, sbattuto innocente sulle prima pagine dei giornali. Ma anche per il ferroviere Giuseppe Pinelli, morto innocente mentre era nelle mani degli agenti e dei funzionari della Questura milanese.
Magistrati come il pool di Mani Pulite, acclamati dalla cittadini milanesi che si accorsero all'improvviso del marciume dell'amministrazione della cosa pubblica. Dalla peste manzoniana, alla nuova peste la corruzione.
Poi il salto nella Milano fascista: dalla sua genesi nel palazzo di Piazza San Sepolcro, alla sua triste e infame fine, nei luoghi dove le SS, la Gespapo e le tante polizie fasciste, torturarono, seviziarono, uccisero i tanti italiani che si opposero al regime.
Il brutto crespuscolo degli ex dei, consumato a Villa Triste, dove risiedeva la banda Koch.
A via Santa Margherita, sede della SS di Milano, dove esercitava il suo sinistro compito il capitano Theo Saewecke, subito riciclato dai servizi alleati per le sue doti.
A piazzale Loreto, noto non solo per l'esposizione macabro dei cadaveri di Mussolini, della Petacci e di altri gerarchi fascisti. Ma chi si ricorda dei 15 italiani uccisi dai miliziani della Legione Ettore Muti, per rappresaglia, su ordine della Gespapo, nell'agosto 1944. Uccisi e poi lasciati esposti per giorni, come monito?
Il fascismo e il suo rapporto con l'informazione: il Corriere di via Solferino su cui il regime mise le mani cacciando il direttore Albertini.
Il tentativo di normalizzazione dell'informazione, dall'altra parte giornalisti che riuscirono a tenere la schiena dritta come Ferruccio Parri e Giulio Alonzi.
Giulio Alonzi, che rassegnò le dimissioni quando la proprietà del giornale impose un nuovo direttore, più accomodante del precedente (Mario Borsa) e incline ad un modello di informazione compromessa col potere.
E la Milano di oggi: dell'Expo, dei palazzi costruiti da palazzinari col passato poco chiaro e con le idee ben lontane dal rispetto dell'ambiente e della città, dei milanesi. La Milano dell'Ortomercato, si è detto, dove si è scoperto che la mafia era entrata in città, dalla porta di ingresso: una mafia che non spara, che non porta coppola e lupara, ma investe nelle costruzioni, nei locali alla moda, si è costruita attorno come in Sicilia, una sua borghesia mafiosa di avvocati, professionisti, medici, commercialisti. Politici.
Il protagonista, lo scrittore stesso, si aggira smarrito nella città. Dove è finito l'operaio, si chiede? Dove è finita la borghesia di una volta, che viveva a stretto contatto con la classe operaia, riuscendo nonostante conflitti aspri, a sbarrare la strada a oltranzismi e fascismi.
Le vecchie botteghe, i vecchi luoghi, i circoli: «La città, capitale del nord, centro di grandi banche, approdo di traffici internazionali, con una ammirevole storia industriale alle spalle, sembra caduta, più delle altre città italiane, in una apatica regressione antropologica, vittima del massacro della memoria, marchiata da una politica piatta che considera la cultura un additivo, con il compito di far spettacolo e di creare consenso politico. Contano soltanto la moda e gli stilisti. Conta soltanto essere visti in tv».
E continua:
«Milano era una volta una città dura, ma anche affettuosa, ironica, partecipe. L’imperatrice Maria Teresa aveva lasciato il segno di una buona amministrazione che fu recepita nei secoli; il socialismo umanitario primonovecentesco, nutrito da una borghesia avanzata, aveva dato vita a modelli comunitari d’avanguardia, si era preoccupato del futuro dei giovani aprendo scuole d’arti e mestieri, aveva capito l’importanza di costruire case popolari nel centro della città, aveva caldeggiato la nascita di villaggi operai e fondato associazioni di mutuo soccorso. Memorie stridenti in un tempo di degrado civile e di restaurazione politica.
Milano, ora, è una città incattivita, priva di umani abbandoni, che ha cancellato anche il suo linguaggio e ha nascosto chissà dove il suo antico spirito solidale.»
«Sulla comunità (indifferente, ignara o complice), pesa anche la cappa minacciosa della 'ndrangheta, potente a Milano, non soltanto all'Ortomercato, per una sorta di spartizione concordata con Cosa Nostra nelle zone di influenza territoriale. Non sono soltanto gli uomini d'azione criminale di Africo, di Platì, di San Luca, di Bovalino [...]
Sono quanti lavorano con loro e per loro, soci e padroni delegati dell'azienda, finanzieri e consulenti, avvocati, specialisti di diritto civile e di diritto internazionale privato, esperti di società offshore, informatici raffinati [...]
La capitale morale fa di tutto, vergognosa, per nascondere o mascherare quest'altro bubbone. Con sofisticate gli uomini della 'ndrangheta manovrano i traffici della droga, fonte primaria della ricchezza, e, indirizzati dalla loro rete di informatori, comprano aziende, centri commerciali, negozi, interi isolati di case, autosaloni, oltre a soddisfare l'antica passione, l'acquisto di bar, di ristoranti di alberghi nel centro della città .. [] L'expo li trova ansiosi di mettere a frutto le enormi quantità di soldi sporchi in loro possesso per farli risuscitare immacolati e godere così della benedizione della società liquida e anche di quella solida».
Riuscirà Milano a uscire dalla peste morale che assieme alla non meno pericolosa nuova peste delle polveri sottili, sta soffocando la città qui raccontata? .
Il link per ordinare il libro su internetbookshop.
L'intervista all'autore su Radioalt.
Technorati: Corrado Stajano
5 commenti:
ho letto il suo articolo sul corriere della sera online e mi fa rabbia vedere sempre le stesse iposcrisie.
la colpa è sempre e solo di milano e di chi la governa... perchè non si guarda mai a tutte quella persone che la abitano, la sfruttano, si vantano degli aperitivie e delle serate glamour, ma che poi sono i primi a criticare e non fare nulla??? perchè queste persone semplicemente non se ne vanno e lasciano milano a chi davero la ama e potrebbe curarsi di lei?
finchè c'è da guadagnare-lavorare e divertirsi va bene...e poi?
mi fa orrore continuare a vedere questa ipocrisia....
è facile sfruttare e poi criticare.
più difficile capire e impegnarsi per migliorare.
cordiali saluti
scusate gli errori di ortografia... ero presa dall'impeto!
Guardi che mi confonde con altri: non ho scritto nulla sul corriere.
Condivido le sue critiche sebbene mi tocca aggiungere che è difficile amare una città in grado di offrire solo la movida, i localini in ..
mmm scusate, qualcuno ha letto il libro e sa dirmi com'è?
E un libro che vale la pena di leggere, mettiamola così. Specie se ti interessa la storia recente di Milano
aldo
Posta un commento