07 agosto 2012

A parti inverse

Provate un pò ad immaginare la questione che vede contro i pm di Palermo e il Quirinale, a parti inverse.
Sul colle non c'è Napolitano ma Berlusconi.
Intercettato dai pm di Palermo mentre parla con un testimone in un processo sulla trattativa: testimone che poi i pm ritengono aver mentito e che finisce così indagato.
Immaginiamo che la notizia delle intercettazioni sia data da un giornale vicino al presidente (quello immaginario).
Che poi venga ripresa da altri giornali che chiedono conto del contenuto delle telefonate e dell'opportunità delle stesse.

Ecco, ad un certo punto, un giornale vicino al presidente accusa i pm di Palermo di aver passato la notizia ai giornali (dunque anche a se stessi) e di aver tenuto un comportamento lesivo delle prerogative del presidente della repubblica, ai limiti dell'eversione.

Detto fatti, il CSM apre un fascicolo contro i pm di Palermo, il procuratore capo e un aggiunto, proprio sulle accuse del giornale.
Ecco, messi così i fatti, ipoteticamente, come li valuteremmo?

Saremmo così certi che i pm palermitano sono andati oltre i loro limiti?
Aggiungete ora questa considerazione: nonostante il conflitto sollevato con la Consulta su queste intercettazioni, oggi Il fatto (uno dei giornali incriminati) scrive della proposta di legge sulle intercettazioni, ad hoc per il caso Mancino.
Che colmi le "lacune" delle leggi esistenti, che non limiterebbero o vieterebbero affatto le intercettazioni indirette al capo dello Stato.
A proposito di prerogative violate.

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