Come ogni scandalo che si rispetti, quello di Taranto è nel piccolo , uno spaccato del sistema Italia.
Non vedo non sento non parlo.
L'avvocato che tranquilliza l'imprenditore, il padrone: "Non avremo sorprese e comunque la visita della Commissione allo stabilimento va un po’ pilotata".
C'era chi era preposto per controllare le emissioni, gli impianti, e che invece eseguiva i controlli pilotati.
C'era chi era preposto per raccogliere i problemi e le segnalazioni dei dipendenti dell'Ilva come i sindacalisti o ex sindacalisti "che non disdegnerebbero promozioni aziendali o l'assegnazione di premi di produzione".
E c'era anche chi avrebbe avuto il dovere morale di parlare, di scrivere quello che succedeva a Taranto, dentro la cokeria e nelle case. E che invece se ne è stato zitto. Il responsabile delle relazioni sul ruolo della stampa: "Bisogna pagare la stampa per tagliargli la lingua. Cioè pagare la stampa per non parlare".
La rete d'oro del pr dell'Ilva, Girolamo Archinà, aveva dentro sindacalisti, preti, politici, giornalisti, avvocati, funzionari dell'arpa.
Tutto questo sistema esce dalle intercettazioni, pubbliche perchè depositate agli atti, e ancora una volta non puoi fare a meno di pensare che è proprio per questo che oggi sono tutti contro le intercettazioni.
Perchè le intercettazioni parlano.
Parlano di un sistema che si ritiene al di sopra delle parti. Della legge. Delle regole.
Il solito capitalismo all'Italiana: liberale coi soldi pubblici.
Quasi con una certa fretta, il governo ha decretato quei 336 milioni di sodi pubblici per la bonifica di un sito di una azienda privata.
l'alibi dell'emergenza sociale e ambientale giustifica tutto, come ai bei tempi della protezione civile alla Maddalena e dell'Aquila.
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