25 marzo 2023

Il dottor Bergelon di Georges Simenon


Non c’era bisogno di essere medico per fare quella diagnosi: Bergelon aveva i postumi di una sbornia. La cosa non era sgradevole in sé, soprattutto finché se ne stava a letto. Sudando come sudava, gli sembrava che tutta la sua fatica, tutto ciò che di turpe aveva dentro gli uscissero lentamente dalla pelle. Senza contare quella specie di prurito da ferita che si cicatrizza... Di lì a poco, quando si fosse alzato, non sarebbe più stato così. Avrebbe avuto un gran mal di testa, si sarebbe sentito confuso. Anche se non gli dispiaceva quella sorta di vaghezza, né i pensieri dolceamari che la accompagnavano: non è male, di tanto in tanto, lasciarsi prendere un po’ dalla malinconia

Dopo il dottor Chabot, protagonista del romanzo “L’orsacchiotto”, ritroviamo un altro medico protagonista di questo romanzo di Simenon, il signor Bergelon medico di famiglia in una piccola città della provincia francese, Bugle.
Dopo anni di lavoro, dopo che si è costruito una famiglia, con una moglie, due figli, anche a Bergelon succede qualcosa che ne incrina il quieto vivere con cui era scandita la sua vita. Una vita in fondo senza pretese, senza pretendere troppo, assecondando anche i desideri della moglie, Germaine.
Un giorno un ginecologo che dirige un’importante clinica di ostetricia privata gli propone un accordo: manderà una delle sue pazienti, in procinto di partorire, nella sua clinica

Senta un po' Bergelon, lei non mi manda mai i suoi malati, lo faccia e non se ne pentirà... La parcella della prima operazione che mi procurerà sarà tutta per lei...In seguito, a ogni paziente che mi manderà faremo la metà.
Questa la proposta del dottor Mandalin (“ho 12 letti da riempire..”), un medico che appartiene ad un’altra categoria sociale, ben più alta della sua: il signor Casson aveva appunto chiesto a Bergelon che sua moglie, al primo figlio, fosse curata nella miglior clinica della città, a qualunque costo.
Dietro questa scelta anche un tentativo di rivalsa da parte di questo impiegato che si era fatto una posizione lavorando in banca dopo tanti sacrifici.
Ma purtroppo le cose col parto della signora Casson prenderanno piega drammatica: nel mentre alla donna arrivano le doglie, Bergelon è invitato da Mandalin nella sua villa. Solo dopo molte telefonate da parte delle infermiere decidono di andare in clinica, dove si presentano ubriachi. Il bambino muore e, poco dopo, anche la madre per una emorragia.

Aveva osato evadere dal suo mondo, fare un’incursione nell’universo dei Mandalin. Gli era andata male, e doveva fatalmente essere così.

La reazione del signor Cosson è violenta dopo la doppia perdita (“il tormento fatto uomo”), contro Mandalin e contro Bergelon, accusati di non aver curato la moglie: ma mentre Mandalin si fa scudo col suo cinismo e con le sue amicizie, la reazione di Bergelon è completamente diversa. Non di paura, nemmeno di indignazione. Arriva a comprendere le minacce di quell’uomo, prima via lettera (“un giorno o l’altro ti farò la pelle”) e poi di persona, in mezzo alla strada.

Nasce tra il medico e l’ex impiegato, che ora passa le giornate a bere, passando le notti assieme ad una amica che è anche una prostituta, uno strano rapporto: non è amicizia, ma è qualcosa che assomiglia ad una confidenza tra persona che si riconoscono.
Arrivano ad ubriacarsi assieme, nella casa della prostituta, mentre Bergelon è posseduto da una strana calma, nonostante le minacce, nonostante il trovarsi davanti un uomo che ha deciso di ucciderlo.
A casa di Casson, dentro questa “nebbia opaca, una di quelle nebbie dalla sfumatura gialla che rendono irreale lo scenario più familiare” il protagonista inizia a rivivere dei momenti del suo passato, della sua infanzia, i ricordi del padre che era un uomo che viveva.
Inizia così la fuga del dottor Bergelon: la fuga dalla moglie, una “portatrice di sventura” che aveva organizzato tutta la sua vita, la fuga dalla sua vita, dalla sua monotonia,
una cosa che faceva sin da giovane quando chiudeva gli occhi per aprirli piano piano e filtrare le immagini, come per chiudersi in un mondo tutto suo.

«Non hai mai avuto voglia di cambiare pelle, tu?»
Ci proverà il dottor Bergelon a cambiare pelle, in questa fuga ma, come tanti altri personaggi partoriti dalla mente di Simenon, anche per lui si profilerà un finale diverso.

E dove era andato in fin dei conti? Non era andato da nessuna parte! Aveva tracciato un largo semicerchio intorno a Bugle per recarsi da casa sua a rue des Minimes. Nient’altro.
Cosson, che era un esagitato, aveva avuto bisogno dell’Africa! Come quelli che una malattia se la fanno coscienziosamente fino in fondo, mentre gli altri se la cavano con una febbriciattola, una sorta di vaccino.

Forse meno riuscito di altri romanzi dell’autore belga, che prende ritmo mano mano, capitolo dopo capitolo, dopo una certa lentezza iniziale: il punto centrale di tutto il racconto rimane però l’analisi psicologica del protagonista la cui vita ad un certo momento si inceppa, si blocca per un evento straordinario (la scelta di entrare nel mondo dei Mandalin, di fare altri soldi per comprarsi, che so, una nuova macchina) che fa cadere tutti i veli e le consuetudini della sua vita borghese. E, con questi, anche la sua stessa identità, portando l’uomo ad un suo sdoppiamento, come nel dipinto di Jean Moral, “Il doppio”

Qual è il momento esatto in cui ci si accorge che un vestito è diventato troppo stretto? Perché non il giorno prima? Perché non l’indomani?

La scheda sul sito di Adelphi e il pdf col primo capitolo

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