18 marzo 2023

Dentro la gabbia di Stefano Cosmo

 


Ero già alla seconda birra e non avrei nemmeno dovuto bere. Come ogni cazzo di atleta avevo degli obblighi, dei limiti. Con il passare degli anni, rispettarli diventava sempre più difficile.

Fissavo ipnotizzato due zanzare che volavano con una certa eleganza sopra una vecchia piastra su cui cuoceva una pastiglia di repellente. Parevano in gran forma. I rifiuti tossici sepolti nell’area del Petrolchimico avevano modificato geneticamente pure loro.

Ci sono romanzi che ti catturano sin dalle prime righe, che ti portano dentro un mondo che dalle pagine che stai leggendo diventa improvvisamente reale. Gli odori, la puzza del petrolchimico di Marghera che incombe sulle case, i suoni, i volti dei personaggi, incattiviti dalla rabbia, scavati dalla fatica. Dentro la gabbia mi ha fatto questo effetto: c’è tutto un universo dentro questo noir duro e cattivo, che viene mostrato per quello che è, senza nessun filtro. C’è il protagonista, narratore in prima persona di tutta la storia, che nella MMA (una forma di arte marziale mista) ha trovato una forma di riscatto e allontanarsi dalla via del crimine e che ora, dopo anni di sacrifici e allenamenti duri, si trova davanti al grande match che potrebbe cambiargli la vita. C’è la criminalità del nordest, dentro cui ritroviamo residuati della mala del Brenta, la mafia albanese e quella cinese.
Prostituzione, traffico di droga, usura. Ma anche affari sulla pelle dei migranti. Quelli che vengono a casa nostra a rubare il lavoro, quelli che “perché dobbiamo dargli 80 euro e farli vivere negli alberghi di lusso”, “perché non se ne stanno a casa loro..”.
C’è il lato oscuro del nordest, che qui a Marghera non è quello dei capannoni industriali e della piccola ricchezza dei piccoli e medi artigiani, ma bensì quello del petrolchimico, con le poche industri ancora aperte per intossicare l’ambiente e i tanti scheletri industriali abbandonati.
E poi, c’è la gabbia, la gabbia dei combattimenti illegali, la gabbia che per il protagonista, Moreno Zanon, il protagonista rappresenterà l’unica strada per la salvezza, sempre che riesca ad uscirne vivo.

C’era stato un tempo in cui agli allenamenti avevo preferito furti e piccole rapine in coppia con mio fratello.
Dovrebbe occuparsi del match contro Dave “l’orgoglio d’Irlanda” McConnor ma ha in testa due pensieri: il primo è per la ragazza di cui è innamorato, Lili, “la più bella creatura che avessi mai visto” , peccato che si tratti della moglie del fratello Marco, finito in carcere per una rapina in cui c’era scappato anche il morto. Una pistola che doveva essere a salve, questo gioielliere che era anche uno strozzino, che si mette a sparare ai rapinatori e quei colpi sparati da Moreno.
Ricordi che non si possono scordare, anche perché era stato il fratello ad addossarsi le colpe e a finire in carcere al posto suo. Lasciando Lili sola..
Pensava di essersi lasciato tutto alle spalle, Moreno, coi viaggi in giro per il mondo per imparare i segreti delle arti marziali, coi tatuaggi e la barba a coprire il viso. Invece no: il maresciallo Di Ciolla, che aveva seguito le indagini su quella rapina e che non si era dimenticato di lui, gli comunica che il fratello è stato accoltellato in carcere, per una questione di debiti non pagati nei confronti di una persona sbagliata

«Chi è la “persona sbagliata” di cui parlava poco fa?» domandai.
«Paolo Trabacchin. Ti dice niente?»
Porca puttana, pensai. Era stato un pezzo grosso della Mala del Brenta..

C’è un solo modo per saldare i debiti del fratello e salvargli la pelle in carcere, ma soprattutto per proteggere Lili e la nipote, Bea, prima che Trabacchin le faccia del male: andare a trattare con l’ex criminale, oggi è un cittadino che ha pagato i suoi debiti e che dirige una cooperativa che si occupa di accoglienza. Moreno però si trova schiacciato nel mezzo tra il maresciallo Di Ciolla, che pretende una confessione dal fratello che gli consenta di mettere le mani su Trabacchin, un chiodo fisso dell’investigatore. Dall’altra parte Trabacchin: se vuole ripagare il debito, deve combattere nel Combat Circus, una specie di Colosseo costruito dentro uno dei tanti impianti industriali dismessi, dove avvengono combattimenti clandestini che attira numerose scommesse illegali gestite da lui stesso assieme ad un cinese “Ciccio Merendina” che viene da Prato (dove i connazionali vengono sfruttati dai piccoli industriali del tessile) e ad un enorme nigeriano, Landlord.
Perché far combattere gli animali, quando puoi far combattere delle persone e arricchirti con le scommesse?

«Poi, un giorno, ho visto un incontro di arti marziali miste e ho avuto l’illuminazione: bastava sostituire i pitbull con altri pitbull… umani. Semplice, no?»

Brutto figlio di puttana, pensai.

«Gestisci un giro di incontri clandestini?»

«Il Combat Circus è molto di più. È un luogo dove la gente decide del proprio futuro.»

Moreno deve rassegnarsi, per salvare il proprio futuro, quello del fratello ma soprattutto quello di Lili, il suo angolo di pace, dovrà passare per il Combat Circus e affrontare altri disperati, costretti come lui a combattere in incontri senza regole, senza arbitri.

Chi sono questi altri disperati? Sono quei migranti che provengono dal sud del mondo, che hanno attraversato il deserto sopra i cassoni dei camion, che sono stati derubati dai carcerieri libici, che qui hanno subito le peggiori torture, picchiati, umiliati, sfruttati. Per poi arrivare qui e sentirsi accusati di voler portare avanti una sostituzione etnica.
Moreno si trova, in quel circo infernale, a combattere con loro e, come spesso accade tra gli ultimi del mondo, a diventarne quasi amico.

Mi chiesi come fossi potuto cadere così in basso. Semplice: un po’ alla volta. Ogni giorno, dall’istante in cui avevo premuto il grilletto durante la rapina..

Un ragazzo che viene dall’Afghanistan per sfuggire dai Talebani passando per la Turchia e la Grecia. Un altro che viene dalla Nigeria: il suo racconto è come quello dei tanti che attraversano l’Africa per arrivare in Europa nella speranza di una vita migliore, passando attraverso la fatica e i rischi del viaggio, i carcerieri libici (i nostri carcerieri libici, quelli degli accordi dei vari governi italiani) fino al razzismo qui da noi:

«Quando muore qualcuno scrivono su Facebook: “uno di meno”, “cibo per pesci”. Sarebbero contenti di sapere quello che ho passato, no?»
«Credo di sì» risposi.
«Direbbero anche che potevi restare a casa tua.»
«Ci sarei rimasto volentieri, ma sembra che a voi piaccia molto il nostro petrolio. 
I nomi di quelle aziende» disse puntando il dito verso il Petrolchimico, «li vedevo da casa mia, in Nigeria.» Un’altra verità negata che la maggior parte degli italiani ignorava.

Per salvarsi da questa discesa agli inferi, per salvare la pelle, per cercare un ennesimo riscatto dopo tutte le bugie, quelle raccontate a Lili, Moreno dovrà allearsi proprio con questi disperati anche loro vittime del Circus, richiedenti asilo come lui, in fondo. La differenza era “che non avevo chiesto protezione a uno stato per scappare dal mio passato, ma a un ring. Mi ero illuso di poter realizzare un sogno, e mi ero giocato tutto.”
Non aspettatevi un lieto fine, non ce lo meritiamo noi e non se lo merita il protagonista: non ci sono buoni contro cattivi, ma criminali “magna sghei”, ingordi, senza scrupoli da una parte e dall’altra parte persone che vivono al confine tra le leggi. Nemmeno la presenza, dopo lontano, di Venezia, aiuterà ad abbellire il paesaggio

La nobile, ricca e romantica Venezia con le sue calli in pietra d’Istria e le gondole. Marghera era il suo lato oscuro, ma più profondo, intriso di un’umanità forgiata da lotte operaie, licenziamenti, povertà, droga, crimine e voglia di rivalsa.
Benvenuti nel Circus! Benvenuti nell’Italia delle ipocrisie, del razzismo viscerale nei confronti degli altri, dei criminali in giacca e cravatta che sfruttano il business dei clandestini. Nei campi, nei laboratori tessili, per lo spaccio.
Benvenuto infine a
Stefano Cosmo con questo nel noir.

La scheda del libro sul sito di Marsilio
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