31 dicembre 1899
San Silvestro
Con la mano insaponata Nina afferra la maniglia. È fredda e e lucida. Cambiata da poco, insieme4 alla serratura del portone.
La presa scivola una, due, tre volte. Alla quarta il portone si apre. Nina si fa avanti e la notte la inghiotte. A Roma stasera tira un vento cattivo, l’ultimo vento del secolo. Nina sta tremando ma non sente il freddo, anche se il cappotto resta troppo leggero.
Fino all’incrocio con via Belsiana sono pochi metri, e da lì sembra tutto dritto, quanto, dieci minuti?
Cinque, se riesce a tenere il passo più veloce che può. Deve pensare solo a questo Nina, a cercare aiuto e a tenere il passo più veloce che può.
Secondo romanzo
della scrittrice romana Sara Vallefuoco dove ritroviamo i tre
personaggi principali del primo racconto “Neroinchiostro”, i due
carabinieri Moretti e Ghibaudo, alle prese coi loro demoni e poi
Amelia Spano, che ha deciso di voler diventare medico sfidando le
regole e la mentalità ottusa del periodo (e forse non solo di questo
periodo).
Non siamo più nella Sardegna dei briganti e delle
storie tra l’epico e il reale, raccontate dai cantori. Siamo a
Roma, nella Roma capitale del regno che sta cambiando faccia, per
l’ambizione di poter diventare una delle principali capitali
europee e non solo più la somma di tanti borghi popolari attorno al
Vaticano.
La storia di questo secondo romanzo si consuma tutta tra capodanno e l’epifania: nella notte di San Silvestro mentre Roma si prepara per il nuovo secolo, una donna si muove di corsa per le strade della capitale: è una modista, avrebbe dovuto consegnare alla sua cliente un abito da sposa, ma l’ha trovata morta dentro la vasca del bagno.
«Nina, che succede?»
«Un donna è annegata nel bagno, signora. Mia sorella è lì, per il vestito, e noi.. lei non respira, voi siete un’infermiera, studiate da dottore. Mi siete venuta in mente solo voi. Non sapevo da chi altri andare.»
L’unica persona a cui può rivolgersi, per chiedere aiuto, è proprio Amelia perché sa che sta studiando medicina (nonostante i regolamenti e i pregiudizi, tanto da dover prendere marito, il vicebrigadiere Ghibaudo)
Il regolamento la costringe a entrare in aula solo dopo che si è seduto l’ultimo studente maschio, e a uscirne per prima. Per giunta, le e anche vietato assistere alle autopsie. I cadaveri hanno l’abitudine di essere nudi, durante le autopsie. Ah, che gran sospiro. Se con il nuovo secolo lei potesse diventare un po’ meno trasparente..
Pur di sfuggire al ricevimento a cui è stata invitata, Amelia assieme al marito e al collega Moretti, si precipitano sul posto in via delle Vite: la donna, la signora Ilide Mariani, giace morta dentro la vasca, con la testa sommersa dall’acqua
Sembra una sirena, pensa Ghibaudo. No, piuttosto un essere marino sbattuto contro gli scogli. Come si chiama quel pesce di cui ha sentito parlare quand’era in Sardegna? Ecco: chimera. Una chimera era risalita dai fondali più profondi e si era infilata per sbaglio nei palamiti di un pescatore.
Un
incidente, quella povera donna potrebbe anche essere morta per un
malore mentre si calava nell’acqua. Ma la scena del crimine non
convince Moretti, convinto sostenitore del metodo scientifico nelle
indagini, la scienza forense applicata alle indagini, con tanto di
impronte, di guanti indossati per non inquinare le prove, di schedari
dove raccogliere volti, schede, impronte. Tutto questo in un paese
dove ancora non esisteva un archivio anagrafico centrale. E dove
anziché le foto della scena, c’è un carabiniere buono a disegnare
che mette su cartoncino quello che vede.
Ma quella donna-pesce,
quella “chimera” ha qualcosa che non va: troppo robusta sui
fianchi per pensare che sia scivolata nella vasca per poi morire.
La
non indagine dei due brigadieri, che il loro maresciallo ha inserito
in un “pomposo” ufficio indagini scientifiche, parte da queste
impressioni. Una morte non facilmente spiegabile, un marito che non
si trova.
Mentre Moretti segue la sua indagine sulla vasca e sul corpo della donna, Ghibaudo si imbatte, in un inseguimento dove alla fine si ritrova inseguito, in uno strano giornalista de l’Avanti! - il quotidiano del partito socialista, i cui giornalisti sono tenuti sott’occhio dalle forze dell’ordine per le sue denunce nei confronti delle violenze da parte dei carabinieri (erano gli anni di Bava Beccaris e del re Umberto I, poi ucciso a Monza).
I giornalisti dell’Avanti! Sono brutte bestie, pronte a dar fuoco alle polveri contro la repressione regia dei moti operai e contro le forze dell’ordine di cui il governo si serve, così dicono i commilitoni di dei reati politici.
Tra
Santacroce e
il carabiniere si stabilisce una “strana”
relazione, nonostante la
reciproca diffidenza iniziale,
Ghibaudo ha ancora addosso il ricordo delle sue radici di uomo del
popolo (come tante delle vittime dei soprusi dello Stato), l’essere
stato cacciato di casa ed
essere finito per strada, poi
la scelta dell’arma come ancora di salvataggio. Il giornalista lo
mette su una pista interessante: pochi mesi prima un’altra donna,
Clotilde
Tofanelli, è morta in
condizioni simili, trovata morta dentro la vasca, sposata da pochi
giorni.
Non può essere un caso: c’è un assassino in giro
per Roma, che uccide le sue vittime in un modo che i due carabinieri
ancora non hanno compreso. Cosa lega tra loro queste due donne? Solo
arrivando a questo si potrà arrivare al perché della loro morte e
all’assassino.
Nonostante
ci siano due personaggi maschili, in questo romanzo a più voci (che
rende la lettura un po’ intricata ma sicuramente stimolante per i
cambi di contesto), questo è un racconto al femminile.
Perché
le due vittime sono donne, come sono vittime a modo loro anche le due
sartine, Nina e Marietta, costrette a scappare dal loro paese (dopo
un incidente in famiglia) e
ad arrivare a Roma col sogno di emanciparsi
Amelia non fatica a capire perché: due femmine inutili che potevano morire quando e come volevano, e invece a salire in cielo è stato l’unico erede maschio.
Essere donna, nell’Italia della belle epoque, ma anche nell’Italia di oggi, voleva dire trovare un marito da sposare ed essere moglie, avere figli. Non avere altre ambizioni.
Non è facile essere donna nemmeno per Amelia, sposata da pochi mesi con Ghibaudo in un matrimonio di facciata che conveniva ad entrambi ma che ora si è incagliato nelle prime difficoltà di una vita coniugale. “Sono tua moglie” gli ripete, quando lui fa fatica ad avvicinarsi, ad accettare il suo calore, un suo contatto. Mentre avrebbe bisogno di qualcuno con cui confidarsi, con cui parlare.
Avevano creduto che sarebbero bastate le rispettive volontà per mantenere la promessa degli amici preziosi, l’uno a sostegno dei progetti dell’altra. E invece non sono immuni, né lui né lei, ai legacci che stringe il matrimonio: l’obbligo alla fedeltà, al sesso, alla procreazione. Quanto erano stati giovani e ingenui, solo cinque mesi prima?
Sullo sfondo
una città, che l’autrice descrive con minuzia di dettagli, che
stava cambiando faccia e, probabilmente, anche l’anima. La Roma
dove i prati e le pecore lasciavano il posto ai nuovi quartieri, dove
venivano costruiti enormi monumenti in marmo bianco come il
Vittoriano, una macchia bianca in mezzo al travertino
romano.
Sparivano vecchie botteghe come quelle in via del Corso
con la loro puzza di fritto e di frattaglie che dava fastidio alla
nuova borghesia che passeggiava nel centro. Tutti stranieri in quella
Roma, sia i buzzurri, ovvero
gli immigrati che
venivano dal nord, che
i cafoni gli
operai e i muratori dal
sud per costruire i
nuovi quartieri.
I romanzi di
Sara Vallefuoco non sono semplici, nemmeno troppo lineari, per i
continui salti avanti e indietro nel tempo dei vari protagonisti,
ostaggi del loro passato: è come assistere allo stesso film ma visto
da punti di vista diversi. Protagonisti che il finale inaspettato di
questa storia (per nulla banale, assolutamente coinvolgente) metterà
di fronte a delle scelte da compiere, che vedremo poi all’opera nel
prossimo volume.
La scheda del libro sul sito di Mondadori
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