Questa sera le nuove inchieste di Report toccheranno come sempre diversi temi legati all’attualità: come è cambiato il 41 bis in questi anni, il carcere duro per i boss che il caso Cospito potrebbe metttere in discussione. In generale è tutta la legislazione antimafia nata dopo le stragi del 92 ad essere in discussione (arrivando perfino a dire che i mafiosi non parlano al telefono) da esponenti politici, avvocati e lobby. Come vengono individuati i detenuti che possono godere dei benefici in carcere? In questi anni hanno preso il sopravvento nelle carcere associazioni nelle mani di esponenti dell’estrema destra, autori delle pagine più sanguinose della storia italiana.
Il regime del 41 bis
Il regime del 41 bis, ovvero il carcere duro, si applica ai reati previsti nel comma 1 dell’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario: si tratta di reati di mafia o reati commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico, sono reati che possono essere commessi in diversi modi che la legge prescrive in modo preciso.
Oggi il carcere duro è ancora necessario? E come mai il “caso Cospito” lo sta rimettendo in discussione?
Fu
introdotto, a partire da un’idea di Giovanni Falcone, dopo le
stragi del 1992: prima di allora il carcere per i mafiosi era
considerato alla pari di una villeggiatura (coi boss che giravano
liberi la sera per le carceri, col boss Buscetta che aveva perfino
organizzato in carcere il matrimonio della figlia).
L’abolizione
del 41 bis è stata una delle prima richieste di Riina col papello,
perché questo strumento era la leva che stava spingendo, dopo il
1992, molti mafiosi a pentirsi.
Alfredo
Cospito, dopo l’attentato contro la caserma dei carabinieri di
Fossano (per cui non ci sono stati né morti né feriti), è stato
condannato all’ergastolo in quanto la sentenza l’ha riconosciuto
colpevole del reato di attentato alla sicurezza dello Stato.
Questo
reato non è stato contestato agli attentatori fascisti della strage
di Piazza Fontana e nemmeno ai NAR responsabili della strage di
Bologna dove sono morte 85 persone.
Dalla pagina FB di Report:
Per la strage di Bologna, i giudici hanno ritenuto che non si trattasse di attentato alla sicurezza dello Stato perché la bomba di matrice neofascista è stato riconosciuta come "spontaneista".
Oggi gli autori della strage di Bologna, condannati all'ergastolo per l'uccisione di 85 persone, sono tutti in libertà. Giusva Fioravanti ha ottenuto il primo permesso premio dopo 18 anni di carcere e sua moglie, Francesca Mambro, dopo 16 anni: a conti fatti ha scontato circa 2 mesi per ogni vittima. Luigi Ciavardini invece ha ottenuto la semilibertà nel 2009 e oggi guida una delle più potenti associazioni del settore carcerario.
Il
servizio di Report si occuperà, oltre che del 41 bis, anche del
ruolo che queste associazioni legate agli stragisti di estrema
destra, stanno coprendo nelle carceri.
Da strumento per isolare
i mafiosi (e i terroristi) in carcere ed evitare che possano mandare
messaggi ad altri mafiosi, il carcere duro si è trasformato in
altro: ce ne siamo resi conto dopo il discorso alla Camera del
deputato di FDI Donzelli (membro del Copasir) in cui divulgò il
contenuto di alcuni dialoghi captati dal Nucleo investigativo
centrale della polizia penitenziaria tra Cospito e altri detenuti,
usandoli come un’arma contro altri deputati del PD che avevano
incontrato in carcere Cospito: erano conversazioni non secretate ma
che dovevano essere tenute riservate, non potevano essere di certo
usate come arma politica.
Giorgio Mottola ne ha chiesto conto al
deputato stesso, come ha fatto ad entrare in possesso di queste
conversazioni? “Per una forma di rispetto nei confronti di più
realtà istituzionali non sto parlando da un mese dunque non parlerò
nemmeno con lei”.
Non
è vero che tutti i parlamentari potevano avere accesso a queste
informazioni, come ha detto
Donzelli che ha pure minacciato il giornalista: “stia attendo a
quello che dice perché un giorno io potrei decidere di fare delle
querele..”.
Nonostante la puerile arrampicata sugli specchi,
la realtà dei fatti è che diversi deputati abbiano chiesto
l’accesso a quegli atti sentendosi rispondere che erano atti
riservati.
Sigfrido
Ranucci sabato sera ha anticipato uno degli scoop del servizio:
controllando i libretti universitari dei detenuti al 41 bis Report ha
scoperto che quest’ultimi hanno la più alta percentuale di
iscrizione all’università, i boss costretti al carcere duro hanno
anche i volti più alti. Per esempio Pietro Aglieri, killer dei
corleonesi è iscritto a lettere e ha conseguito tutti 30 e 30 e
lode. Anche i Graviano si sono distinti: Filippo in Economia ha preso
30 a quasi tutti gli esami e si è laureato con 110 e lode, Giuseppe
iscritto a Scienze ha voti eccellenti perfino in fisica, una delle
materie più ostiche agli studenti. Una delle note stonate è il
figlio di Totò Riina, Giovanni, iscritto a giurisprudenza dal 2015
ma ha dato un solo esame.
La verifica è stata fatta da
Sebastiano Ardita direttore del DAP fino al 2011: “da una verifica
ci siamo accorti che nessun detenuto era mai stato rimandato in
alcuna materia all’università.. è un dato obiettivamente un po’
anomalo. Io mi sono laureato in 4 anni ma una volta sono stato
rimandato in una materia.”
C’è poi il tema delle
associazioni legate al mondo dell’estrema destra che hanno trovato
posto nelle carceri italiane: Giorgio
Mottola ha incontrato Luigi
Ciavardini, ex NAR condannato per la strage di Bologna che oggi
si occupa di carceri (dopo aver scontato 25 anni di pena): l’ultimo
imputato per questa strage, Cavallini,
all’epoca minorenne, ha
lavorato per la cooperativa EsseGi2012
proprio di Ciavardini. Nel provvedimento del Tribunale di
Sorveglianza che ha concesso la semilibertà a Cavallini perché
lavora come operaio presso l’ufficio commerciale della EsseGi2012,
che ha sede presso l’associazione “Gruppo Idee” di
Terni.
L’associazione di Ciavardini presso i tribunali di
sorveglianza gode di buona reputazione, d’altronde le sue
iniziative in carcere si fregiano del patrocinio ufficiale del Coni
che nel 2016 ha tenuto a battesimo il progetto della squadra di rugby
dei “Bisonti”
composta da
detenuti
del carcere di
Frosinone: alla presentazione del progetto era presente Germana De
Angelis moglie di Luigi Ciavardini, pure lui presente nelle seconde
file. Al tavolo dei relatori era seduto Claudio Barbaro, ex
parlamentare di FDI e attuale sottosegretario all’ambiente: Barbaro
– racconta il servizio di Mottola – sembra aver un rapporto molto
stretto con Ciavardini: “Luigi Ciavardini è .. questa è una
domanda che non è oggetto dell’incontro di oggi” così Barbaro
ha provato a scansare la domanda del giornalista “è un fatto che
risale a tanti anni fa e basta.”
Claudio Barbara è anche
presidente dell’associazione un tempo organica al MSI, l’ASI,
associazione sportiva nazionale: in qualità di presidente dell’ASI
nel 2009 ha
fatto ottenere la semilibertà a Ciavardini assumendolo come operaio
quaificato e lo ha poi nominato come responsabile per attività in
carcere per l’associazione, incarico che ricopre ancora oggi.
Il
sottosegretario non ha voluto commentare o rispondere ad altre
domande.
Sul Fatto Quotidiano di oggi 3/4, sono uscite due anticipazioni del servizio: Dai 2 Graviano a Capizzi: boss laureandi a pieni voti di Saul Caia dove si parla dei boss mafiosi e dei voti alti agli esami universitari ma anche di una seconda anomalia
Report si sofferma anche su un’altra “anomalia”, sempre a proposito di possibili collegamenti con l’esterno, per i boss detenuti al 41bis. E riguarda gli avvocati difensori. Tra il 2007 e 2008, come racconta lo stesso Ardita, un singolo avvocato arrivò a difendere contemporaneamente 34 detenuti al 41bis. Un dato che va ggiornato. Dal censimento del 2016 del Dap, che Report mostra, risulta che “il record di clienti” sarebbe dell’avvocata aquilana Piera Farina: “109 assistiti al 41 bis”, tra cui gli ‘ndranghetisti Giuseppe Mancuso e Nino Imerti, i mafiosi Piddu Madonia, Giuseppe Graviano e Filippo Guttadauro, cognato di Matteo Messina Denaro. L’avvocata Farina nel 2016 avrebbe incontrato “70 assistiti su 109 totali, tra il carcere dell’Aquila, Ascoli Piceno, Milano, Parma e Sassari”. “Mai e poi mai a me è stato chiesto di fare una cosa illecita – spiega l’avvocata alle telecamere di Rai3 – Mi dicono salutami tizio, io dico: non saluto proprio nessuno”. Ma di regole che impongano agli avvocati un numero massimo di detenuti al 41bis non ce ne sono, e quindi la questione resta tuttora aperta.La seconda anticipazione racconta di una intercettazione tra il figlio di Bruno Vespa e la moglie di Totò Cuffaro, quando quest'ultimo era detenuto a Rebibbia
Vespa jr. alla moglie di Cuffaro: “Quei fogli li faccio entrare io a Rebibbia…” DI MARCO GRASSO
Le telecamere di Rai3 accendono la luce proprio sul Gruppo Idee, divenuta “una delle più potenti associazioni nelle carceri di Roma e del Lazio” che lavorano con i detenuti, dopo lo scandalo Mafia capitale. L’associazione, fondata nel 2009 che si occupa anche del mensile Dietro il cancello diretto da Vespa jr, annovera tra i suoi iscritti detenuti illustri, come Raffaele Bevilacqua, boss di Barrafranca, arrestato da Borsellino nel ‘92. Il direttore di Gruppo Idee è Luigi Ciavardini, ex membro dell’organizzazione terroristica neofascista Nar e condannato per l’omicidio del giudice Mario Amato e per la strage di Bologna. Federico Vespa lo definisce “un grandissimo amico”, e ne sostiene l’innocenza. Sugli affari delle due cooperative di Ciavardini sono stati dedicati diversi approfondimenti giornalistici: e, secondo Report, l’anno scorso avrebbero fatturato due milioni e mezzo di euro (Ciavardini – ripreso dalle telecamere di Rai3 – gira oggi su un Suv da 55mila euro).
La
scheda del servizio: OMBRE
NERE di
Giorgio Mottola
Consulenza Andrea Palladino
Collaborazione
Norma Ferrara
Alfredo Cospito è da 11 mesi al 41 bis. Report mostrerà video e documenti esclusivi che pongono alcuni dubbi sulla sua condanna per l’attentato alla Caserma di Fossano e sulla sua permanenza al carcere duro. Della battaglia dell’anarchico in sciopero della fame da oltre 160 giorni sperano di potersi avvantaggiare i boss della mafia in galera. Da trent’anni provano ad approfittare di tutte le falle del carcere duro: ci sono stati capimafia che dietro le sbarre sono riusciti ad appartarsi con le mogli e concepire i propri figli, come racconta un boss in un documento che Report mostrerà in esclusiva, iscrizioni ad atenei distanti migliaia di chilometri dal luogo di reclusione e carriere universitarie particolarmente generose nei voti, nonché una anomala concentrazione di oltre cento mafiosi difesi dallo stesso avvocato.
Nonostante tutti i problemi e gli intoppi, il 41 bis è stato lo strumento più importante ed efficace nella lotta contro le mafie. Oggi, però, è sotto attacco. Dopo la sentenza della Corte Europea di Strasburgo e la conseguente riforma dell’ergastolo ostativo, i detenuti mafiosi in alta sicurezza potranno uscire dal carcere senza dover collaborare con la giustizia. Per l’accesso ai benefici e alla libertà anticipata dei boss sarà determinante il ruolo di associazioni e cooperative del settore carcerario. In importanti penitenziari italiani alcune di queste realtà associative sono legate al mondo dell’estrema destra, guidate dai protagonisti delle pagine più sanguinose della storia italiana.
Il payback sanitario
Il
meccanismo del pay back sanitario è stato introdotto nel 2015 dal
governo Renzi e prevede che
se le
regioni superano il tetto massimo di spesa per l’acquisto di
dispositivi medici, saranno
le aziende fornitrici a dover restituire la quota di spesa in
eccesso. Questo
meccanismo prevede anche
che sia il
ministero della salute a
dover pubblicare
entro il 30 settembre di ogni anno un decreto in cui certifica il
superamento del tetto di spesa per l’acquisto di dispositivi
medici, sia a livello regionale che nazionale.
Il
contributo che
devono dare le aziende fornitrici
è stato
pari al 40%
per il 2015, al 45% per il 2016 e al 50% a partire dal 2017, ma
ll
paypack è rimasto inapplicato per sette anni ed è sotto solo con il
decreto aiuti bis dell’agosto 2022 (governo Draghi) che è stato
ufficialmente attivato.
Il
risultato? Molte piccole aziende che lavoravano con la sanità sono a
rischio chiusura e hanno disertato le gare per le forniture, col
rischio che negli ospedali e nelle strutture pubbliche inizino a
mancare i mezzi e gli strumenti per lavorare. Un
altro colpo al sistema sanitario pubblico a favore del
privato.
Report
con Luca Bertazzoni è entrata in una sala operatoria (accompagnata
dal dottor Marco Scatizzi, presidente dell’associazione medici
chirurghi) per mostrare alle persone quello che potrebbe succedere se
il governo non corre ai ripari col payback, ovvero il blocco delle
operazioni perché iniziano a mancare i dispositivi medici, i bisturi
moderni per operare (che taglia e cauterizza contemporaneamente),
senza di cui i chirurghi non sono in grado di garantire la sicurezza
dell’operazione: sabato
scorso a Milano Medicina Democratica e altre associazioni hanno
manifestato in difesa del servizio sanitario pubblico, un tema che è
completamente scomparso dall’agenda del governo, preso dalla
battaglia contro i grilli, la difesa delle parole dell’italiano e
la caccia alle ong (sul divieto della stretta di mano ci stanno
lavorando).
La
scheda del servizio: TAGLIA
IL BISTURI di
Luca Bertazzoni
Collaborazione Goffredo De Pascale
Le Regioni sforano il tetto di spesa per l’acquisto dei dispositivi medici e le aziende fornitrici devono risponderne restituendo fino al 50% di quanto incassato dalle gare di appalto. Il payback sui dispositivi è una legge voluta dal Governo Renzi nel 2015, ma attivata da Draghi subito dopo le dimissioni. Più di 4000 piccole e medie imprese del settore rischiano di chiudere e, senza regole certe, hanno smesso di partecipare alle gare. Pochi giorni fa, il Consiglio dei ministri ha approvato una norma che prevede uno sconto di 1,1 miliardi di euro sui 2,2 inizialmente richiesti. La differenza ce la metterà il Governo che ha preso i soldi dal sostegno alle famiglie contro il caro bollette. Ma quali saranno le conseguenze per il Servizio Sanitario Nazionale? I pazienti rischiano di non poter usufruire di materiali adeguati nelle cure? Dovremo rivolgerci alla sanità privata?
Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.
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