04 aprile 2023

Report – ombre nere

Lo sciopero della fame di Alfredo Cospito, esponente del mondo anarchico, sta suscitando le proteste dei movimenti, ha creato le polemiche in parlamento sul 41 bis: ma per quali reati era in carcere? Per un attentato ad un manager di Ansaldo, che lo portò in carcere, dove successivamente venne accusato di un attentato ad una caserma dei carabinieri. L’attentato, fatto con 500gr di polvere pirica, lasciato in bidoni dell’immondizia, non causò vittime: la Cassazione lo ha ritenuto colpevole di attentato allo sicurezza dello Stato, un reato mai applicato né a Bologna né a Capaci.

Cospito in carcere ha continuato a mandare lettere per incentivare la lotta e la rivoluzione: la procura di Perugia lo ha ritenuta una aggravante, decidendo di mandarlo al 41 bis.
Cospito è un criminale peggiore di Riina, dei fascisti di Ordine Nuovo? Il ministro della giustizia ha ignorato la relazione della procura antimafia, scegliendo di non togliere Cospito dal 41 bis, come invece ritiene la procura generale di Torino.
Ma dubbi sul 41 bis sono venuti anche all’ex giudice Zagrebelsky: l’anarchia è un movimento ideale che rifugge dalle strutture organizzate come la mafia, racconta a Report, non si deve mostrare il volto arcigno dello stato.

Ma il 41 bis non è stato applicato bene, alla fine:la protesta di Cospito ha creato del proselitismo, potrebbe diventare un profeta e un simbolo del mondo anarchico.
La sicurezza della collettività del nostro paese è messa a rischio dalla fine del 41 bis a Cospito?
Paradossalmente sta diventando un simbolo aggregante per gli anarchici, la sua protesta potrebbe poi portare ad una riforma del provvedimento stesso.
Perché Cospito col suo sciopero della fame sta premendo per porre fine al 41 bis anche per i boss mafiosi, criminali di ben altro spessore.
Cospito si è incontrato con boss mafiosi in carcere: lo ha fatto sapere al paese il parlamentare Donzelli rivelando alla Camera stralci di conversazioni dell’anarchico con boss mafiosi, “non mollare, nel caso anche noi faremo lo sciopero della fame” – si legge in queste conversazioni, “questa miccia non deve essere spenta” racconta un boss della Camorra.
Curioso che Cospito sia stato messo al 41 bis assieme a questi criminali, il 24 dicembre 2022, su indicazione del direttore del carcere e del Gom. Altro mistero è come Donzelli sia venuto a conoscenza di questo dossier, con conversazioni riservate: Giorgio Mottola ne ha chiesto conto al deputato stesso “Per una forma di rispetto nei confronti di più realtà istituzionali non sto parlando da un mese dunque non parlerò nemmeno con lei”.

Non è vero che tutti i parlamentari potevano avere accesso a queste informazioni, come ha detto Donzelli che ha pure minacciato il giornalista: “stia attendo a quello che dice perché un giorno io potrei decidere di fare delle querele..”.
Nonostante la puerile arrampicata sugli specchi, la realtà dei fatti è che diversi deputati abbiano chiesto l’accesso a quegli atti sentendosi rispondere che erano atti riservati.

Il deputato Angelo Bonelli ha chiesto copia della relazione della polizia penitenziaria sventolati da Donzelli: ma il ministero ha risposto che sono riservati, evidentemente non per Donzelli.
Il carcere duro dovrebbe bloccare verso l’esterno le strategie criminali, come ad esempio la strategia dei boss criminali di appoggiare la protesta di Cospito: era una informazione sensibile, Donzelli ha vanificato lo spirito del 41 bis con le sue dichiarazioni pubbliche.


Nordio nel passato si era dichiarato contrario al 41 bis, peggio della castrazione chimica. Eppure il boss Graviano, accusati di essere responsabili delle stragi di via D’Amelio, di Firenze e di Roma, in carcere è riuscito pure a concepire il figlio.
Una volta il carcere per i mafiosi era come una villeggiatura, i tempi del grand Hotel l’Ucciardone: poi sono arrivare le stragi del 1992 e la “pacchia” finì, col sangue di Borsellino e Falcone.

I boss furono trasferiti nei supercarceri come l’Asinara e Pianosa, fu introdotto il 41 bis, fucina di nuovi pentiti: questo era stato pensato da Falcone per isolare i capimafia mentre erano in carcere.
Questo mina il potere criminale del boss nell’organizzazione, il carcere è un momento in cui il mafioso non è più in condizioni di porre in atto il suo potere: il detenuto può fare un incontro al mese, può socializzare con altri detenuti nell’ora di socialità.
Ma i boss della mafia hanno approfittato di ogni falla, sin dai primi anni della sua applicazione: per esempio i principali boss finiti nelle supercareri facevano un 41 bis part time, tanto i fratelli Graviano in carcere hanno concepito un figlio con le rispettive mogli, “l’ho nascosta tra i vestiti.. tremavo”: non si può non pensare a delle coperture da parte dello Stato nei confronti dei Graviano.

Nel 1998 i boss sono spostati da Pianosa e Asinara, venne introdotta la video conferenza per evitare gli spostamenti: ma i detenuti del 41 bis trovano altri espedienti, come i problemi sanitari.
Oppure tramite i corsi universitari e gli esami: al 41 bis c’è la più alta concentrazione di detenuti iscritti all’università.

Controllando i libretti universitari dei detenuti al 41 bis Report ha scoperto che quest’ultimi hanno la più alta percentuale di iscrizione all’università, i boss costretti al carcere duro hanno anche i volti più alti. Per esempio Pietro Aglieri, killer dei corleonesi è iscritto a lettere e ha conseguito tutti 30 e 30 e lode. Anche i Graviano si sono distinti: Filippo in Economia ha preso 30 a quasi tutti gli esami e si è laureato con 110 e lode, Giuseppe iscritto a Scienze ha voti eccellenti perfino in fisica, una delle materie più ostiche agli studenti. Una delle note stonate è il figlio di Totò Riina, Giovanni, iscritto a giurisprudenza dal 2015 ma ha dato un solo esame.

La verifica è stata fatta da Sebastiano Ardita direttore del DAP fino al 2011: “da una verifica ci siamo accorti che nessun detenuto era mai stato rimandato in alcuna materia all’università.. è un dato obiettivamente un po’ anomalo. Io mi sono laureato in 4 anni ma una volta sono stato rimandato in una materia.”

Molti boss hanno dato indicazioni al clan anche dal 41 bis: hanno usato i colloqui coi familiari e con gli avvocati. Ci sono stati casi di avvocati che hanno assistito “tanti” detenuti, come emerso dal censimento del DAP: due avvocati in particolare ne assistono almeno cento, secondo questa relazione nuovamente effettuata dalla relazione antimafia.

Il record lo detiene l’avvocata Farina de l’Aquila: difende boss come Madonia, Guttadauro e i Graviano, in totale arriva a 108 mafiosi sotto la sua difesa.
Il difensore dovrebbe rifiutare di riportare i messaggi di un detenuto al 41 bis ad altri detenuti: l’avvocato difensore può incontrare i detenuti anche se questi non possono incontrare i familiari.

La dottoressa Farina rassicura, non mi è mai stato chiesto di portare informazioni ad altri detenuti, “io non saluto proprio nessuno”: è anomalo, sebbene non sia vietato, difendere tutti questi mafiosi, oltre che pericolosi.

Avere un buon curriculum universitario non da benefici a meno che i detenuti non siano spostati ad un regime di semilibertà, ovvero se il governo e il parlamento decidessero di abolire il regime di 41 bis. Anche ai boss che non si sono mai pentiti nemmeno dissociati, come il boss Marcello Viola, responsabile di più omicidi.

Nel 2016 Filippo Graviano viene chiamato a testimoniare al processo per la trattativa stato mafia: prima di parlare, in una intercettazione in carcere Graviano parla con un altro mafioso, Adinolfi, dicendo di aspettare una sentenza dall’Europa, che avrebbe messo fine al 41 bis, dunque perché pentirsi?
La Corte di Strasburgo nel 2019 ha accolto il ricorso del boss Marcello Viola, boss della ndrangheta: la pena dell’ergastolo ostativo era di intralcio alla valutazione del comportamento del mafioso in carcere. Mettere un mafioso di fronte al bivio, pentiti oppure rimani al 41 bis, è una violazione dei diritti dell’uomo (Marcello viola si è sempre dichiarato innocente, nonostante sia stato riconosciuto ispiratore degli omicidi della faida di Taurianova).
Lo Stato italiano avrebbe negato a Viola la possibilità di dimostrare di non essere mafioso: ma secondo i magistrati i collegamenti tra questo boss e l’organizzazione sono rimasti, nonostante tutti questi anno, i giudici di Strasburgo avrebbero potuto controllare le sentenze e le relazioni dei colleghi italiani. Ma la corte europea non ha interpellato i giudici italiani, consentendo anche ai boss mafiosi di uscire dal carcere anche senza alcuna collaborazione.
Il governo Draghi ha approvato una riforma dell’ergastolo ostativo, per cui anche i mafiosi che non hanno collaborato potranno ricevere i benefici della legge, uscendo dal carcere: significa sputare in carcere a Falcone a Borsellino racconta uno dei primi pentiti della mafia, Gaspare Mutolo.
Si completa il papello di Riina, dopo tanti anni.

Grazie alla riforma Cartabia i detenuti possono essere scarcerati grazie ai tribunali di Sorveglianza, 29 tribunali sparsi sul territorio che spesso prendono decisioni l’uno in contraddizione con gli altri.
Col risultato che a far l’ago dalla bilancia sarà il comportamento del detenuto, se partecipa a qualche cooperativa per attività lavorative. Come le cooperative di Massimo Ciavardini.

Ciavardini è risultato colpevole della strage di Bologna, nel 2009 in carcere fonda l’associazione “Gruppo Idee”, che oggi è una delle più importanti nelle carceri.
Il gruppo ide
e a Rebibbia distribuisce un giornale “Dietro i cancelli”, che per un certo periodo ha avuto come direttore l’ex presidente Cuffaro, mentre oggi è diretto da Federico Vespa, figlio del giornalista Rai.
Vespa figlio è molto amico di Ciavardini, lo ha difeso con un post, come anche ha preso a cuore le condizioni in carcere di Cuffaro: in una intercettazione si sente dire Vespa jr alla moglie di Cuffaro che l’avrebbe aiutata a portare dei fogli in carcere al marito “Le metto dentro… un modo si trova sempre. Io ho l’articolo 17, quindi non mi fanno molte storie se entro con un quaderno”.


Lo scorso anno le due cooperative di Ciavardini hanno fatturato quasi 2 ml di euro, lui gira su un Suv da 55 mila euro: una di queste è la AGM che ha come dirigente anche il vice garante dei detenuti del Lazio, una situazione da potenziale conflitto di interesse.

L’altra cooperativa è la Essegi2012, dentro cui siede la moglie De Angelis: come il marito, nemmeno la moglie ha accettato di rispondere alle domande di report.
Gilberto Cavallini è un altro NAR (pure lui condannato per la strage di Bologna) che è uscito dal carcere grazie all’aiuto della Essegi2012, perché ha ottenuto un lavoro grazie a questa cooperativa nel 2017.
Nel provvedimento del Tribunale di Sorveglianza che ha concesso la semilibertà a Cavallini perché lavora come operaio presso l’ufficio commerciale della EsseGi2012, che ha sede presso l’associazione “Gruppo Idee” di Terni.
L’associazione di Ciavardini presso i tribunali di sorveglianza gode di buona reputazione, d’altronde le sue iniziative in carcere si fregiano del patrocinio ufficiale del Coni che nel 2016 ha tenuto a battesimo il progetto della squadra di rugby dei “Bisonti
composta da detenuti del carcere di Frosinone: alla presentazione del progetto era presente Germana De Angelis moglie di Luigi Ciavardini, pure lui presente nelle seconde file. Al tavolo dei relatori era seduto Claudio Barbaro, ex parlamentare di FDI e attuale sottosegretario all’ambiente: Barbaro – racconta il servizio di Mottola – sembra aver un rapporto molto stretto con Ciavardini: “Luigi Ciavardini è .. questa è una domanda che non è oggetto dell’incontro di oggi” così Barbaro ha provato a scansare la domanda del giornalista “è un fatto che risale a tanti anni fa e basta.”

Claudio Barbaro è anche presidente dell’associazione un tempo organica al MSI, l’ASI, associazione sportiva nazionale: in qualità di presidente dell’ASI nel 2009 ha fatto ottenere la semilibertà a Ciavardini assumendolo come operaio qualificato (preso l’ASI) e lo ha poi nominato come responsabile per attività in carcere per l’associazione, incarico che ricopre ancora oggi.
Il sottosegretario non ha voluto commentare o rispondere ad altre domande.

Il nome di Barbaro compare in una delle carte di una inchiesta su Ciavardini, è stato arrestato per possesso di armi negli anni settanta, è stato indicato dalla Digos come soggetto dell’estrema destra.
“Lei mi sta offendendo” la reazione del sottosegretario oggi, che spazientito dalle domande ha scelto di abbandonare l’incontro dove era ospite.

Emanuele Cellere è un ex terrorista dei NAR, arrestato dopo l’omicidio dell’autista del faccendiere Mokbel: in galera chiede aiuto ai camerati rimasti fuori: parla di contatti con Angelo Marroni, esponente del PD, garante dei detenuti nel Lazio, e di contatti di Marroni che portano a Francesca Mambro e Giusva Fioravanti.

Oggi Cellere lavora come operaio, prosciolto dalle accuse per il caso Fanella: la Mambro è stata condannata anche per altri 8 omicidi, oltre che per la strage di Bologna, oggi ha scontato in regime ordinario solo 16 anni di carcere, per poi passare ad un regime di semilibertà.

I permessi a Mambro e Fioravanti sono arrivati grazie all’aiuto dell’associazione Nessuno tocchi Caino, dell’ex Prima Linea Sergio D’Elia.

Oggi nemmeno la Mambro vuole rispondere alle domande di Report: nemmeno la foglia Arianna Fioravanti, proprietaria di un immobile a Roma comprato nel 2001, mentre i genitori si sono sempre dichiarati incapienti.
Curioso anche questo: ai familiari delle vittime Mambro e Fioravanti dovrebbero dare 1 miliardo, eppure non hanno mai concesso nulla, da dove arrivano i soldi per la casa?

Ma la casa non è pignorabile dallo Stato perché intestata alla figlia che nel 2001 aveva solo un anno.

Mokbel in una intercettazione (per il caso Sparkle) avrebbe ammesso di aver pagato 1,2ml di euro per la scarcerazione di Mambro e Fioravanti: secondo Macchi di Cellere la Mambro avrebbe avuto un ruolo anche nella scarcerazione del terrorista Concutelli, assassino del giudice Occorsio.

Nelle sue indagini Occorsio prima, e Mario Amato poi, avevano messo assieme le relazioni tra estrema destra, loggia P2, servizi deviati. Sia Amato che Occorsio dopo essere stati isolati e delegittimati, furono poi uccisi.
E tutto torna: per la strage di Bologna si è scoperto solo recentemente del finanziamento da parte di Gelli ai NAR, strage che vede tra i suoi pupari, oltre a Gelli anche Federico Umberto d’Amato e altri uomini dello Stato.

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