Lo sciopero della fame di Alfredo Cospito, esponente del mondo anarchico, sta suscitando le proteste dei movimenti, ha creato le polemiche in parlamento sul 41 bis: ma per quali reati era in carcere? Per un attentato ad un manager di Ansaldo, che lo portò in carcere, dove successivamente venne accusato di un attentato ad una caserma dei carabinieri. L’attentato, fatto con 500gr di polvere pirica, lasciato in bidoni dell’immondizia, non causò vittime: la Cassazione lo ha ritenuto colpevole di attentato allo sicurezza dello Stato, un reato mai applicato né a Bologna né a Capaci.
Cospito in carcere
ha continuato a mandare lettere per incentivare la lotta e la
rivoluzione: la procura di Perugia lo ha ritenuta una aggravante,
decidendo di mandarlo al 41 bis.
Cospito è un criminale
peggiore di Riina, dei fascisti di Ordine Nuovo? Il ministro della
giustizia ha ignorato la relazione della procura antimafia,
scegliendo di non togliere Cospito dal 41 bis, come invece ritiene la
procura generale di Torino.
Ma dubbi sul 41 bis sono venuti
anche all’ex giudice Zagrebelsky: l’anarchia è un movimento
ideale che rifugge dalle strutture organizzate come la mafia,
racconta a Report, non si deve mostrare il volto arcigno dello
stato.
Ma il 41 bis non è stato applicato bene, alla
fine:la protesta di Cospito ha creato del proselitismo, potrebbe
diventare un profeta e un simbolo del mondo anarchico.
La
sicurezza della collettività del nostro paese è messa a rischio
dalla fine del 41 bis a Cospito?
Paradossalmente sta
diventando un simbolo aggregante per gli anarchici, la sua protesta
potrebbe poi portare ad una riforma del provvedimento stesso.
Perché
Cospito col suo sciopero della fame sta premendo per porre fine al 41
bis anche per i boss mafiosi, criminali di ben altro
spessore.
Cospito si è incontrato con boss mafiosi in carcere:
lo ha fatto sapere al paese il parlamentare Donzelli rivelando alla
Camera stralci di conversazioni dell’anarchico con boss mafiosi,
“non mollare, nel caso anche noi faremo lo sciopero della fame” –
si legge in queste conversazioni, “questa miccia non deve essere
spenta” racconta un boss della Camorra.
Curioso che Cospito
sia stato messo al 41 bis assieme a questi criminali, il 24 dicembre
2022, su indicazione del direttore del carcere e del Gom. Altro
mistero è come Donzelli sia venuto a conoscenza di questo dossier,
con conversazioni riservate: Giorgio
Mottola ne ha chiesto conto al deputato stesso “Per una forma di
rispetto nei confronti di più realtà istituzionali non sto parlando
da un mese dunque non parlerò nemmeno con lei”.
Non
è vero che tutti i parlamentari potevano avere accesso a queste
informazioni, come ha detto
Donzelli che ha pure minacciato il giornalista: “stia attendo a
quello che dice perché un giorno io potrei decidere di fare delle
querele..”.
Nonostante la puerile arrampicata sugli specchi,
la realtà dei fatti è che diversi deputati abbiano chiesto
l’accesso a quegli atti sentendosi rispondere che erano atti
riservati.
Il
deputato Angelo Bonelli ha chiesto copia della relazione della
polizia penitenziaria sventolati da Donzelli: ma il ministero ha
risposto che sono riservati, evidentemente non per Donzelli.
Il
carcere duro dovrebbe bloccare verso l’esterno le strategie
criminali, come ad esempio la strategia dei boss criminali di
appoggiare la protesta di Cospito: era una informazione sensibile,
Donzelli ha vanificato lo spirito del 41 bis con le sue dichiarazioni
pubbliche.
Nordio
nel passato si era dichiarato contrario al 41 bis, peggio della
castrazione chimica. Eppure il boss Graviano, accusati di essere
responsabili delle stragi di via D’Amelio, di Firenze e di Roma, in
carcere è riuscito pure a concepire il figlio.
Una volta il
carcere per i mafiosi era come una villeggiatura, i tempi del grand
Hotel l’Ucciardone: poi sono arrivare le stragi del 1992 e la
“pacchia” finì, col sangue di Borsellino e Falcone.
I
boss furono trasferiti nei supercarceri come l’Asinara e Pianosa,
fu introdotto il 41 bis, fucina di nuovi pentiti: questo era stato
pensato da Falcone per isolare i capimafia mentre erano in
carcere.
Questo mina il potere criminale del boss
nell’organizzazione, il carcere è un momento in cui il mafioso non
è più in condizioni di porre in atto il suo potere: il detenuto può
fare un incontro al mese, può socializzare con altri detenuti
nell’ora di socialità.
Ma i boss della mafia hanno
approfittato di ogni falla, sin dai primi anni della sua
applicazione: per esempio i principali boss finiti nelle supercareri
facevano un 41 bis part time, tanto i fratelli Graviano in carcere
hanno concepito un figlio con le rispettive mogli, “l’ho nascosta
tra i vestiti.. tremavo”: non si può non pensare a delle coperture
da parte dello Stato nei confronti dei Graviano.
Nel
1998 i boss sono spostati da Pianosa e Asinara, venne introdotta la
video conferenza per evitare gli spostamenti: ma i detenuti del 41
bis trovano altri espedienti, come i problemi sanitari.
Oppure
tramite i corsi universitari e gli esami: al 41 bis c’è la più
alta concentrazione di detenuti iscritti all’università.
Controllando i libretti universitari dei detenuti al 41 bis Report ha scoperto che quest’ultimi hanno la più alta percentuale di iscrizione all’università, i boss costretti al carcere duro hanno anche i volti più alti. Per esempio Pietro Aglieri, killer dei corleonesi è iscritto a lettere e ha conseguito tutti 30 e 30 e lode. Anche i Graviano si sono distinti: Filippo in Economia ha preso 30 a quasi tutti gli esami e si è laureato con 110 e lode, Giuseppe iscritto a Scienze ha voti eccellenti perfino in fisica, una delle materie più ostiche agli studenti. Una delle note stonate è il figlio di Totò Riina, Giovanni, iscritto a giurisprudenza dal 2015 ma ha dato un solo esame.
La
verifica è stata fatta da Sebastiano Ardita direttore del DAP fino
al 2011: “da una verifica ci siamo accorti che nessun detenuto era
mai stato rimandato in alcuna materia all’università.. è un dato
obiettivamente un po’ anomalo. Io mi sono laureato in 4 anni ma una
volta sono stato rimandato in una materia.”
Molti
boss hanno dato indicazioni al clan anche dal 41 bis: hanno usato i
colloqui coi familiari e con gli avvocati. Ci sono stati casi di
avvocati che hanno assistito “tanti” detenuti, come emerso dal
censimento del DAP: due avvocati in particolare ne assistono almeno
cento, secondo questa relazione nuovamente effettuata dalla relazione
antimafia.
Il
record
lo detiene l’avvocata Farina de l’Aquila: difende boss come
Madonia, Guttadauro e i Graviano, in totale arriva a 108 mafiosi
sotto la sua difesa.
Il difensore dovrebbe rifiutare di
riportare i messaggi di un detenuto al 41 bis ad altri detenuti:
l’avvocato difensore può incontrare i detenuti anche se questi non
possono incontrare i familiari.
La
dottoressa Farina rassicura, non mi è mai stato chiesto di portare
informazioni ad altri detenuti, “io non saluto proprio nessuno”:
è anomalo, sebbene non sia vietato, difendere tutti questi mafiosi,
oltre che pericolosi.
Avere
un buon curriculum universitario non da benefici a meno che i
detenuti non siano spostati ad un regime di semilibertà, ovvero se
il governo e il parlamento decidessero di abolire il regime di 41
bis. Anche ai boss che non si sono mai pentiti nemmeno dissociati,
come il boss Marcello Viola, responsabile
di più omicidi.
Nel 2016 Filippo Graviano viene chiamato
a testimoniare al processo per la trattativa stato mafia: prima di
parlare, in una intercettazione in carcere Graviano parla con un
altro mafioso, Adinolfi, dicendo di aspettare una sentenza
dall’Europa, che avrebbe messo fine al 41 bis, dunque perché
pentirsi?
La Corte di Strasburgo nel 2019 ha accolto il ricorso
del boss Marcello Viola, boss della ndrangheta: la pena
dell’ergastolo ostativo era di intralcio alla valutazione del
comportamento del mafioso in carcere. Mettere un mafioso di fronte al
bivio, pentiti oppure rimani al 41 bis, è una violazione dei diritti
dell’uomo (Marcello viola si è sempre dichiarato innocente,
nonostante sia stato riconosciuto ispiratore degli omicidi della
faida di Taurianova).
Lo Stato italiano avrebbe negato a Viola
la possibilità di dimostrare di non essere mafioso: ma secondo i
magistrati i collegamenti tra questo boss e l’organizzazione sono
rimasti, nonostante tutti questi anno, i giudici di Strasburgo
avrebbero potuto controllare le sentenze e le relazioni dei colleghi
italiani. Ma la corte europea non ha interpellato i giudici italiani,
consentendo anche ai boss mafiosi di uscire dal carcere anche senza
alcuna collaborazione.
Il governo Draghi ha approvato una
riforma dell’ergastolo ostativo, per cui anche i mafiosi che non
hanno collaborato potranno ricevere i benefici della legge, uscendo
dal carcere: significa sputare in carcere a Falcone a Borsellino
racconta uno dei primi pentiti della mafia, Gaspare Mutolo.
Si
completa il papello di Riina, dopo tanti anni.
Grazie
alla riforma Cartabia i detenuti possono essere scarcerati grazie ai
tribunali di Sorveglianza, 29 tribunali sparsi sul territorio che
spesso prendono decisioni l’uno in contraddizione con gli
altri.
Col risultato che a far l’ago dalla bilancia sarà il
comportamento del detenuto, se partecipa a qualche cooperativa per
attività lavorative. Come le cooperative di Massimo
Ciavardini.
Ciavardini è risultato colpevole della strage
di Bologna, nel 2009 in carcere fonda l’associazione “Gruppo
Idee”, che oggi è una delle più importanti nelle carceri.
Il
gruppo idee
a Rebibbia
distribuisce un giornale “Dietro i cancelli”, che per un certo
periodo ha avuto come direttore l’ex presidente Cuffaro, mentre
oggi è diretto da Federico Vespa, figlio del giornalista Rai.
Vespa
figlio è molto amico di Ciavardini, lo ha difeso con un post, come
anche ha preso a cuore le condizioni in carcere di Cuffaro: in una
intercettazione si sente dire Vespa jr alla moglie di Cuffaro che
l’avrebbe aiutata a portare dei fogli in carcere al marito “Le
metto dentro… un modo si trova sempre. Io ho l’articolo 17,
quindi non mi fanno molte storie se entro con un quaderno”.
Lo scorso anno le due cooperative di Ciavardini hanno fatturato quasi 2 ml di euro, lui gira su un Suv da 55 mila euro: una di queste è la AGM che ha come dirigente anche il vice garante dei detenuti del Lazio, una situazione da potenziale conflitto di interesse.
L’altra
cooperativa è la Essegi2012, dentro cui siede la moglie De Angelis:
come il marito, nemmeno la moglie ha accettato di rispondere alle
domande di report.
Gilberto Cavallini è un altro NAR (pure lui
condannato per la strage di Bologna) che è uscito dal carcere grazie
all’aiuto della Essegi2012, perché ha ottenuto un lavoro grazie a
questa cooperativa nel 2017.
Nel provvedimento del Tribunale di Sorveglianza che ha concesso la
semilibertà a Cavallini perché lavora come operaio presso l’ufficio
commerciale della EsseGi2012, che ha sede presso l’associazione
“Gruppo Idee” di Terni.
L’associazione di Ciavardini
presso i tribunali di sorveglianza gode di buona reputazione,
d’altronde le sue iniziative in carcere si fregiano del patrocinio
ufficiale del Coni che nel 2016 ha tenuto a battesimo il progetto
della squadra di rugby dei “Bisonti”
composta da
detenuti
del carcere di
Frosinone: alla presentazione del progetto era presente Germana De
Angelis moglie di Luigi Ciavardini, pure lui presente nelle seconde
file. Al tavolo dei relatori era seduto Claudio Barbaro, ex
parlamentare di FDI e attuale sottosegretario all’ambiente: Barbaro
– racconta il servizio di Mottola – sembra aver un rapporto molto
stretto con Ciavardini: “Luigi Ciavardini è .. questa è una
domanda che non è oggetto dell’incontro di oggi” così Barbaro
ha provato a scansare la domanda del giornalista “è un fatto che
risale a tanti anni fa e basta.”
Claudio
Barbaro
è anche presidente dell’associazione un tempo organica al MSI,
l’ASI, associazione sportiva nazionale: in qualità di presidente
dell’ASI nel 2009 ha
fatto ottenere la semilibertà a Ciavardini assumendolo come operaio
qualificato
(preso
l’ASI) e
lo ha poi nominato come responsabile per attività in carcere per
l’associazione, incarico che ricopre ancora oggi.
Il
sottosegretario non ha voluto commentare o rispondere ad altre
domande.
Il
nome di Barbaro compare in una delle carte di una inchiesta su
Ciavardini, è stato arrestato per possesso di armi negli anni
settanta, è stato indicato dalla Digos come soggetto dell’estrema
destra.
“Lei mi sta offendendo” la reazione del
sottosegretario oggi, che spazientito dalle domande ha scelto di
abbandonare l’incontro dove era ospite.
Emanuele
Cellere è un ex terrorista dei NAR, arrestato dopo l’omicidio
dell’autista del faccendiere Mokbel: in galera chiede aiuto ai
camerati rimasti fuori: parla di contatti con Angelo Marroni,
esponente del PD, garante dei detenuti nel Lazio, e di contatti di
Marroni che portano a Francesca Mambro e Giusva Fioravanti.
Oggi Cellere lavora come operaio, prosciolto dalle accuse per il caso Fanella: la Mambro è stata condannata anche per altri 8 omicidi, oltre che per la strage di Bologna, oggi ha scontato in regime ordinario solo 16 anni di carcere, per poi passare ad un regime di semilibertà.
I permessi a Mambro e Fioravanti sono arrivati grazie all’aiuto dell’associazione Nessuno tocchi Caino, dell’ex Prima Linea Sergio D’Elia.
Oggi
nemmeno la Mambro vuole rispondere alle domande di Report: nemmeno la
foglia Arianna Fioravanti, proprietaria di un immobile a Roma
comprato nel 2001, mentre i genitori si sono sempre dichiarati
incapienti.
Curioso anche questo: ai familiari delle vittime
Mambro e Fioravanti dovrebbero dare 1 miliardo, eppure non hanno mai
concesso nulla, da dove arrivano i soldi per la casa?
Ma
la casa non è pignorabile dallo Stato perché intestata alla figlia
che nel
2001 aveva solo un anno.
Mokbel
in una intercettazione (per il caso Sparkle) avrebbe ammesso di aver
pagato 1,2ml di euro per la scarcerazione di Mambro e Fioravanti:
secondo Macchi di Cellere la Mambro avrebbe avuto un ruolo anche
nella scarcerazione del terrorista Concutelli, assassino del giudice
Occorsio.
Nelle
sue indagini Occorsio prima, e Mario Amato poi, avevano messo assieme
le relazioni tra estrema destra, loggia P2, servizi deviati. Sia
Amato che Occorsio dopo essere stati isolati e delegittimati, furono
poi uccisi.
E tutto torna: per la strage di Bologna si è
scoperto solo recentemente del finanziamento da parte di Gelli ai
NAR, strage che vede tra i suoi pupari, oltre a Gelli anche Federico
Umberto d’Amato e altri uomini dello Stato.
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